mercoledì 5 febbraio 2020

Regina della Famiglia



Una bella Signora 

Adelaide descrive la Vergine Maria chiamandola una bella  signora, una Signora bella e maestosa. La Madonna appare a  Ghiaie sempre avvolta di luce e con grande maestà, mitigata  dalla dolcezza della voce e a volte dal sorriso. È la Madre che  protegge i suoi figli e li ammonisce con fare al tempo stesso  grave e pieno di bontà. 
La bellezza è un mistero: si contempla, non la si definisce.  La Vergine Maria è la madre della bellezza, colei che ha dato  corpo allo splendore della luce eterna, al candore senza macchia,  all'immagine sostanziale dell'invisibile Dio. Maria è la creatura  che irradia la luce dello Spirito Santo; è l'ideale supremo di perfezione che in ogni tempo gli artisti hanno cercato di  riprodurre nelle loro opere; è la donna vestita di sole, nella quale  i raggi purissimi della bellezza umana si incontrano con quelli  della bellezza soprannaturale. La concentrazione in Maria della  Verginità e della maternità, della grazia e della gloria fanno di  lei il più puro ideale della creazione. 

La Madonna mi guardò 

Adelaide dice che la Madonna la guardò e poi le parlò,  oppure, finito che ebbe di parlarle, la guardò per qualche istante,  prima di scomparire. Sappiamo anche che Gesù Bambino e San  Giuseppe non parlarono alla bambina, ma la guardarono con  espressione amabile e sorridente. Maria guarda con un sorriso di  predilezione la piccola veggente che ha davanti. 
Il sorriso illumina ogni volto: chissà come avrà reso  ancora più bello quel volto, il cui splendore faceva arrossare gli  occhi di Adelaide. Ci sono degli sguardi che valgono di più di  lunghi discorsi. Basti pensare allo sguardo di Gesù dato a Pietro,  dopo che lo aveva rinnegato, nella casa di Caifa. 
La Vergine Maria, senza muovere le labbra e proferire  parole, parla nella mente, nel cuore, riempie di luce, di gioia, di  amore e cambia la vita di chi è in grado di udire quella voce  dolce e soave, che Adelaide spesso ricorda. 
Siamo di fronte ad un fenomeno più volte registrato nella  storia della teologia mistica. Alfonso Ratisbonne, di quel muto  colloquio, nel racconto della sua conversione dice: "Come  sarebbe possibile esprimere l'inesprimibile? Qualsiasi descrizione, per quanto sublime, sarebbe soltanto una profanazione  dell'indicibile verità. Tutto ciò che so, è che entrando in chiesa  ignoravo tutto, uscendone vedevo chiaro. Non posso spiegare  questo cambiamento se non per l'analogia di un cieco nato che veda improvvisamente la luce; vede, ma non può definire la luce  che lo illumina e nella quale contempla gli oggetti della sua  ammirazione. Se non si può spiegare la luce fisica, come si  potrebbe spiegare la luce che, in fondo, non è che la verità  stessa? Penso di rimanere nel vero dicendo che non avevo nessuna conoscenza della lettera, ma che intravedevo il significato e  lo spirito dei dogmi. Queste cose, più che vederle, le sentivo, e le  sentivo grazie agli effetti inesprimibili che produssero in me.  Tutto accadeva dentro di me, e queste impressioni mille volte  più rapide del pensiero, mille volte più profonde della riflessione  non soltanto mi avevano commosso l'anima, ma l'avevano per  così dire capovolta e orientata in un altro senso, verso un altro  scopo e una nuova vita" (v. La conversione di Maria Alfonso  Ratisbonne, Casa Centrale delle Figlie della Carità, Torino,  1949, p. 21 e p. 57). 

Severino Bortolan

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