IL FONDAMENTO
Applicazione alla Trinità Divina.
E ora applichiamo a Dio queste tre considerazioni.
1) Dio pensa un pensiero e questo pensiero è parola.
2) La parola è generata e quindi si chiama Figlio.
3) Questa parola o questo Figlio è personale.
Dio pensa un pensiero, cioè, pensa una parola.
Ma questa parola non è come la nostra molteplice, perché Dio non pensa un pensiero dopo l'altro. Nella mente di Dio, i pensieri non nascono per morire e non muoiono per rinascere. Tutto è presente a Dio, in un istante. In lui, c'è soltanto una parola.
Questo pensiero o questa parola è infinita ed è uguale a Dio stesso che è unico e assoluto. Esso è il primogenito dello spirito di Dio; una parola da cui derivano tutte le parole umane; una parola di cui le cose create sono sillabe o lettere spezzate; una parola che è la sorgente di tutta la sapienza che splende nel mondo. Le ultimissime scoperte scientifiche, le nuove dottrine relative all'immenso espandersi dei cieli, le scienze biologiche, fisiche, chimiche, le scienze più elevate della metafisica, della filosofia e della teologia, tutto l'insieme di queste conoscenze ha la sua sorgente nella parola che Dio eternamente pensa.
L'infinito pensiero di Dio prende nome di Figlio, perché è generato, essendo una realtà vivente. Ciò che invece è fatto non può chiamarsi figlio, perché è una cosa non vivente.
Il pensiero o la parola di Dio non viene dal mondo esterno; ma è generato in lui in modo molto più perfetto del modo con cui la parola Giustizia è generata dal mio spirito.
Ripeto ancora: dare la vita non è limitato agli essere umani. Dice la Scrittura Santa, riferendo le parole di Dio:
— Io che faccio gli altri capaci di generare i figli, non sarò capace di generare? Io che dò la capacità generativa agli altri, sarò sterile?
La prima sorgente di ogni nascita è Dio, la cui parola, quindi, con linguaggio umano, prende nome di figlio. Come nell'ordine umano, il principio d'ogni generazione è chiamato padre, così anche nella Trinità, il principio di ogni generazione è chiamato Padre e il generato è chiamato Figlio, perché è la perfetta immagine e somiglianza del Padre.
Se un padre terreno può trasmettere al figlio la nobiltà del suo carattere e i delicati lineamenti della sua vita, molto più il padre celeste può comunicare al suo eterno figlio tutta la sua nobiltà, tutta la perfezione e l'eternità del suo essere.
Per ultimo, questa parola, o questo figlio, generato da Dio eterno, è personale. Il pensiero di Dio non è dozzinale o banale; ma raggiunge gli abissi di tutto ciò che è conosciuto o che può essere conosciuto. In questo pensiero, Dio mette se stesso tanto intieramente da essere vivente come è vivente lui. Se l'ingegno umano può mettere tutta la sua personalità in un pensiero, in un modo più perfetto Dio può mettere se stesso in un pensiero che sia conscio di se stesso e quindi sia una persona divina.
Il padre non esisteva prima e poi pensava. Dall'eternità Dio è spirito pensante e quindi dall'eternità il figlio è pensato. In Dio, non vi sono successioni, ma tutto è presente in modo eterno. In Dio, niente è nuovo e niente è perduto. Ecco perché il Padre, contemplando la propria immagine, la propria parola, il proprio Figlio, può dire nell'estasi della prima e reale paternità:
— Tu sei mio Figlio; oggi io ti ho generato.
Oggi significa eternità, la quale è una durata indivisibile, senza principio e senza fine. Rifatevi indietro alle origini del mondo; ammucchiate secoli su secoli, età sopra età, ere sopra ere: la parola era con Dio. Andate indietro prima della creazione degli angeli, prima che l'arcangelo Michele riportasse la grande vittoria: la parola era con Dio.
Ecco perché l'evangelista S. Giovanni comincia il Vangelo con le parole: in principio era il Logos (il Verbum o il Verbo o la Parola). E il Verbo era con Dio, e il Verbo era Dio.
Come i miei intimi pensieri li manifesto con le parole, così la parola di Dio si manifestò con l'incarnazione: il Verbo si fece carne e mise la tenda fra di noi.
Questo Verbo è la seconda persona della Trinità, colui che abbraccia il principio e il fine di tutte le cose, che esistette prima della creazione, che fu a capo della creazione come re dell'universo, che si fece carne a Betlemme e sulla Croce, che dimora con la sua divinità e umanità nell'Emanuele Eucaristico.
Il venerdì santo di venti secoli or sono, non segnò la fine del Verbo di Dio, come non ne segnò il principio.
Gesù Cristo ha una preistoria; ma non una preistoria da studiarsi sugli strati della terra o nelle caverne, nel fango o nella polvere delle prime età; ma nel seno del suo eterno padre. Egli solo portò la preistoria alla storia. Egli solo ha diviso gli eventi umani in due periodi: prima e dopo la sua venuta.
Se noi volessimo rifiutare che il Verbo si fece carne e che il figlio di Dio si fece uomo, come potremmo fissare le date della nostra storia?
FULTON J. SHEEN
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