lunedì 24 febbraio 2020

SULLA PREGHIERA



LA PREGHIERA VOCALE 

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I quattro tipi di preghiera vocale 


a)  L’Adorazione 

Magnus Dominus et laudabilis nimis, et magnitudinis eius non est finis: Grande è il Signore e grandemente da lodare, e della Sua grandezza non c’è fine (Sal. 144). Il primo sentimento che ci è necessario, quando innalziamo il cuore a Dio, è l’adorazione, perché l’adorazione è nient’altro che ‘il riconoscimento della Sua altissima sovranità e della nostra più profonda dipendenza’ (Bossuet in conformità alla Tradizione). 

Dio ha creato tutto per Sé Stesso ( Prov. 16.4). Per questo, tutto ciò che esiste, esiste unicamente per Lui: per glorificare la Sua infinita grandezza. L’universo irrazionale Lo glorifica partecipando alle Sue infinite perfezioni – come il Suo essere e la Sua bellezza – mentre gli esseri razionali Lo glorificano anche, e soprattutto, adoperando le loro facoltà spirituali, che sono l’intelligenza e la volontà, per conoscerLo e per amarLo. L’adorazione è un tipo di amore per Dio; di fatti, come abbiamo appena accennato, è il primo atto che conviene a colui che prega. 

Gli essere razionali sono in dovere di adorare e di lodare Dio non solo per conto loro, ma anche in nome dell’universo irrazionale intiero, prestandogli una lingua, per così dire, per glorificare il loro Creatore e Dio in modo più adeguato e degno. I santi del Cielo, prostrati davanti al trono del Padre Eterno, tremando di un santo e gioioso timore, Gli offrono onore e gloria per tutta l’Eternità; gli angeli, velandosi la faccia colle ali, tutti penetrati di uno spirito irresistibile di amore e riverenza, cantano l’inno che non cadrà mai silenzioso: Sanctus Sanctus Sanctus! Finalmente la santissima Madre di Dio, l’Immacolata e tutta Pura Madonna, Regina degli uomini e degli angeli, canta il Magnificat, Lei il cui essere tutto e la vita tutta non fu, e non è altro che un unico atto di adorazione umile e reverenziale di Dio (Padre Nikolaus Gihr nel suo libro insigne Il Santo Sacrificio della Messa). 

‘Glorificate il Signore quanto potete, poiché Egli supererà la nostra lode di gran lunga, e la Sua magnificenza è ammirevole. Benedicendo il Signore, esaltateLo quanto potete, poiché Egli è al di sopra di ogni lode’ (Ecclesiasticus 43.32-33). Dio merita di fatti un’adorazione infinita, che può offrirGli solo il Suo Divin Figlio. Le Sue creature, essendo finite, non sono in grado di prestarGliela, ma solo di unirsi all’atto di adorazione infinita del Padre da parte del Figlio Suo, ossia a quell’atto che è la Santa Messa: il Santo Sacrificio del monte Calvario prolungato attraverso il tempo, dove l’adorazione culmina nel suo atto principale che è il sacrificio. 

Ripetiamo ora ciò che abbiamo già scritto nel prefazio, che cioè ciascuno dei tipi di preghiera si può concretizzare anche in modo puramente meditativo, cioè come intenzione di azione. Scrive Padre Gihr in merito all’adorazione in particolare: ‘In tutti i tempi ed in tutti i luoghi bisogna tenere Dio davanti agli occhi, essere consapevoli della Sua benedetta presenza, ed in seguito essere profondamente penetrati di uno spirito di riverenza e di adorazione profondo. Allora le nostre preghiere saranno ripiene di raccoglimento e di devozione, le nostre opere perfette e sante, la nostra conversazione circospetta ed edificante, i nostri pensieri nobili e casti, i nostri desideri puri e celesti, il nostro intiero comportamento sarà modesto e senza alcuna pretesa’. 

b)  La Petizione 

i)  In genere 

Il Catechismo di Trento distingue due parti principali della preghiera: ‘la domanda ed il ringraziamento da cui, come dal capo, derivano le altre’. Questi due tipi di preghiera, uno che anticipa un beneficio di Dio, e l’altro che lo segue, sono come i due bracci di una bilancia che devono essere in equilibrio. È un difetto umano di chiedere una cosa, anche con insistenza e con fervore, e, quando viene data, di afferrarla senza molto ringraziare, o senza ringraziare affatto. Dei dieci lebbrosi è tornato solo uno per ringraziare il Signore.  

All’inizio di questo saggio abbiamo presentato come definizione della petizione la parola di san Giovanni Damasceno: ‘La preghiera è… la domanda a Dio di beni convenienti’. 

A questo punto qualcuno potrebbe chiedere: ‘Dio sa tutto ed è buono; Egli sa ciò che mi occorre e vuole darmelo, perché bisogna chiederGlielo?’. Bisogna rispondere, come s’è detto sopra, che Dio ci ha comandato esplicitamente di chiedere, colle parole: ‘Chiedete e vi sarà dato’. A ciò siamo quindi obbligati in giustizia. Difatti, vi sono molte cose che Dio ci dà senza che Gliele domandiamo, ma vi sono anche molte altre cose che Dio vuole darci, ma unicamente se Gliele domandiamo. Questi benefici sono, per così dire, legati alle domande.  

Se ci chiedessimo perché Dio ha voluto così, dovremmo rispondere che è probabilmente a causa delle molte virtù che ci acquistiamo tramite la preghiera di petizione. 

Ai motivi per pregare sopra enumerati aggiungiamo questi del Beato Charles de Foucauld: ‘E’ una conseguenza dell’amore esporre con semplicità e abbandono tutte le nostre faccende, tutti i nostri pensieri al nostro Beneamato, e quindi anche i nostri bisogni e i nostri desideri; poi… è ancora una conseguenza dell’amore che si ami ricevere dal proprio Beneamato, che si ami vedere moltiplicarsi smisuratamente i propri debiti verso di Lui, che si ami dovere tutto a Lui, ricevere tutto da Lui e niente da nessun altro, il che comporta naturalmente che si chieda; poi… se il cuore che ama trova la sua gioia nel dare a quest’essere amato, gli è ancora più dolce dare a quest’essere amato quando chiede, piuttosto che quando non c’è domanda da parte sua: noi quindi dobbiamo fare questo favore al Cuore di Nostro Signore Che ci ama tanto. Il cuore di chi ama non conosce nulla di più dolce che l’esaudire le domande di colui ch’egli ama’. 

ii)  L’oggetto della Petizione 

Torniamo alla definizione di san Giovanni Damasceno e chiediamoci: cosa conviene domandare? Come abbiamo già osservato, la Gloria di Dio è il fine ultimo e la ragione di essere di tutte le cose, anche della preghiera; quindi dev’essere questo il primo scopo del nostro pregare. Ciò è già chiaro nella preghiera che il Signore Stesso ci ha dato personalmente, il Pater Noster, in cui le prime tre petizioni sono per la Gloria di Dio, e le seconde tre per le necessità degli uomini. Anche la soddisfazione di queste necessità, infatti, avrà l’effetto di accrescere la Sua propria gloria. 

Ma cosa deve chiede re per sé stesso l’uomo? Cosa gli conviene? In ultima analisi, conviene Dio Stesso, ossia, nelle parole del certosino Padre Augustino Guillerand: ‘EsserGli uniti, essere trasformati in Lui, possederLo ed esserNe posseduti, essere con Lui nei rapporti d’intimità che Lo uniscono a Lui Stesso, divenire Suo figlio attraverso una comunicazione quanto più completa possibile del Suo Spirito d’Amore, e partecipare alla gioia e alla vita che è la Loro gioia e la Loro vita, la Gioia Stessa e la Vita Stessa’. 

Questo ci conviene dunque come nostro fine ultimo (il nostro fine ultimo ‘soggettivo’); ma ci convengono anche i mezzi per raggiungere questo fine, ossia ‘la Fede, il timore, e l’amore di Dio’ nelle parole del Catechismo di Trento, o, concretamente, la Sua grazia: la Sua luce per conoscere, e la Sua forza per compiere la Sua volontà. 

In una p arola, come dice sant’Agostino: ‘Chiedi la gloria del Cielo e quelle cose che ti aiutano a raggiungerla: chi desidera altro desidera nulla’. Osserva il beato Ludolfo il certosino: ‘Dal trono della Sua gloria ci accorda tutto ciò che chiediamo nel Suo nome, ossia per la nostra salvezza, poiché il Suo nome significa Salvatore’. 

Chiaramente la Sua Volontà comprende non solo la pratica della Carità verso di Lui e verso di noi stessi, ma anche verso il prossimo. In questa ottica, il Catechismo di Trento esprime l’oggetto della preghiera di petizione nei termini seguenti: ‘Il nostro bene spirituale, e quanto utile ai comodi della vita, viene chiesto solo in quanto necessario; e chiediamo non solo per noi, ma per tutti: la Chiesa, il clero, i governanti, i parenti, gli estranei, i fedeli, gli infedeli, gli amici, e i nemici’. 

Occorre essere ambiziosi nella preghiera. Sant’Agostino domanda: ‘Quanto chiederesti se un re ti dicesse: ‘Chiedi tutto ciò che vuoi’? Ma adesso te lo chiede Iddio, Che è infinitamente potente e ricco’. San Matteo scrive (Mt. 21.22): ‘Tutto quello che chiederete con Fede nella preghiera, lo otterrete’. ‘Se non riceviamo, è perché ci è mancata la Fede’, fa notare il Beato Charles de Foucauld, ‘o perché abbiamo pregato troppo poco, o perché sarebbe male per noi che la nostra domanda venisse esaudita, o perché Dio ci dà qualcosa di meglio di ciò che chiediamo… mai però accade che noi non riceviamo ciò che chiediamo perché la cosa è troppo difficile ad ottenersi: nulla è impossibile… non esitiamo a chiedere a Dio le cose più difficili, come la conversione dei grandi peccatori, di popoli intieri: tanto più, anzi, chiediamoGliele quanto più sono difficili, con la Fede che Dio ci ama appassionatamente e che più un dono è grande, più colui che ama appassionatamente ama farlo: e chiediamo con Fede, con insistenza, con amore, con buona volontà… E stiamo sicuri che se chiediamo così e con sufficiente costanza noi saremo esauditi, ricevendo la grazia domandata oppure una migliore… Chiediamo dunque arditamente a Nostro Signore le cose più impossibili a ottenersi, quando esse sono per la Sua gloria, e stiamo sicuri che il Suo Cuore tanto più ce le concederà quanto più umanamente s embrano impossibili: perché dare l’impossibile è dolce al Cuore di Chi ama, e quanto non ci ama Lui?’ 

iii)  I benefici della Preghiera di Petizione  

Abbiamo già parlato del beneficio della preghiera in genere per il soggetto; adesso vogliamo parlare del beneficio della preghiera (di petizione) per altri. 

Nella Sacra Scrittura leggiamo come Dio ha misericordia di una moltitudine di persone a causa di un piccolo numero di giusti che trattengono la sua ira con la loro buona vita e la loro preghiera.  

Vogliamo citare due passi della Sacra Scrittura in proposito. In Genesi 18.23 leggiamo le parole seguenti sulla distruzione di Sodoma: ‘Abramo Gli si avvicinò e Gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse ci sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?» …Finalmente il Signore dice: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci»’. 

Si può osservare a quel punto che forse, se il Signore avesse trovato un giusto solo nella  città, l’avrebbe risparmiata. 

In Ezechiele 22.30-31 il Signore parla: ‘Io ho cercato fra loro un uomo che costruisse un muro e lo ergesse sulla breccia di fronte a Me, per difendere il paese perché Io non lo devastassi, ma non l’ho trovato. Io rovescerò su di essi il mio sdegno: li consumerò con il fuoco della mia collera: la loro condotta farò ricadere sulle loro teste’. 

San Giovanni d ’Avila si riferisce a questo brano dicendo che nell’ora della nostra morte sapremo che, se il Signore ci ha mandato la peste, le sconfitte per mano degli infedeli, le eresie, e tanti mali corporali e spirituali, la ragione è che, avendo cercato uomini di preghiera che si mettessero tra Lui e il Suo popolo per addolcire la Sua ira, non li ha trovati. 

A questo riguardo vogliamo richiamare il libro di Esther, la regina che, solo tramite la preghiera, ha potuto salvare tutto il popolo ebreo. Secondo l’interpretazione spirituale dei Padri della Chiesa, Esther, il cui nome significa ‘nascosta’, rappresenta l’anima santa che porta tutta la sua bellezza all’interno dove è ignorata dagli uomini, e che abita nel palazzo del gran Re, cioè nell’intimità di Dio. Ogni volta che c’è bisogno, l’anima santa si reca accanto a Lui, appoggiata come Esther su una serva che è la purezza, e seguita da un’altra che è l’umiltà, e la loro potenza presso il loro Signore è tale che riescono ad ottenere ciò che sembrava impossibile agli altri. 

Nelle vite dei santi vediamo esempi notevoli della potenza della preghiera. Santa Geltrude chiese al Signore di non condannare alcuna anima in un certo giorno. Il Signore rispose: ‘Sai quanto è grande il favore che mi chiedi?’ Ma le ha accordato quel favore. Un altro esempio notevole si legge nella Vita di santa Teresa d’Avila che tramite una sola preghiera infuocata ha convertito diecimila eretici. 

Un esempio meno conosciuto è la salvezza della città francese d’Anvers nell’anno 1622, quando fu minacciata da una flotta del principe Maurizio di Nassau. La madre superiora del convento delle Carmelitane di quella città, informata miracolosamente del pericolo, chiamò le sue figlie per pregare con lei durante la notte. Dopo un certo tempo rinviò le suore nelle loro celle e continuò a pregare da sola. All’indomani mattina una delle suore andò a trovare nella sua cella la madre superiora, che le disse: ‘Ahimè figlia mia, come sono affaticata, mi pare che il mio corpo sia tutto rotto: ho combattuto tutta la notte, mi hanno sforzato a pregare; non potevo più sostenere le mie braccia verso il cielo e comunque mi ripetevano incessantemente: “Prega ancora, ancora, ancora”. Se io avessi sconfitto tutta una milizia non sarei più esaurita’. Continuò a pregare fino a quando sentì una voce dal cielo che disse: ‘È fatto’. Poi rimase calma e tranquilla. 

Due ore più tardi si venne a sapere che durante questa preghiera fervente si era alzata una tempesta così violenta ed un vento così gelido che la flotta nemica che minacciava la città era perita in un attimo. Il principe di Nassau fu stranamente sorpreso che, essendo partito con un tempo calmo e sereno, si fosse alzato in un solo attimo una tempesta così violenta ed un gelo così acuto. Il naratore di questo episodio, tratto dalla vita della venerabile madre Anna di san Bartolomeo, termina con queste parole: ‘La città di Anvers ha visto, tramite questo avvenimento felice, come un’anima santa sia più potente con la forza delle sue preghiere che una milizia con le sue armi’.  

Non pretendiamo di essere al livello di queste sante, ma occorre pregare molto, e pregare molto per la salvezza degli altri. Solo sull’orlo dell’eternità sapremo quante persone abbiamo potuto salvare in collaborazione con la Grazia di Dio. 


c)  Il Ringraziamento 

Come osserva Padre Nikolaus Gihr, ci sono varie circostanze che aumentano il valore di un beneficio ed obbligano il recipiente ad una maggiore gratitudine: la nobiltà ed il pregio del dono, la sua utilità, la frequenza con cui viene dato; la dignità, la generosità, e l’amore del donatore; la viltà, la miseria, e l’indegnità del recipiente. Tutte queste circostanze caratterizzano in modo eccelso i benefici che Dio elargisce ogni giorno sugli uomini: i benefici naturali, ma soprattutto quelli sovrannaturali che culminano nel dono del Suo Stesso Figlio. ‘Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma Lo ha dato per noi’, scrive san Paolo (Rom. 8.32), ‘come potrà non donarci ogni cosa insieme con Lui?’  

Questi benefici non ridondano in alcun modo a Suo vantaggio, in quanto Lui è infinitamente ricco di ogni bene e felicità, bensì vengono elargiti dalle viscere della Sua infinita Bontà e Misericordia unicamente per rendere felici le Sue creature nel tempo e nell’Eternità.  

L’ oggetto principale del nostro ringraziamento dev’essere dunque il dono che l’Uomo-Dio ha fatto di Sé Stesso a noi; tutte le Grazie che ci ha dato, cominciando col santo battesimo; tutti i doni naturali come la nostra famiglia, i nostri amici, i nostri talenti; tutte le nostre gioie, ma anche le nostre sofferenze, poiché anche queste vengono previste da Dio per il nostro maggior bene. 

Comunque possiamo dire con Padre Gihr (nello stesso libro) che un oggetto di ringraziamento ancor più sublime del dono del Divin Figlio a noi è la Gloria stessa di Dio. Questo è di fatti l’oggetto di ringraziamento che ci viene proposto nella preghiera Gloria in excelsis Deo durante la Santa Messa: Gratias agimus Tibi propter magnam gloriam Tuam 1 . ‘Dio è di per Sé Stesso’ scrive l’autore, ‘cioè secondo la Sua natura, infinitamente glorioso, infinitamente degno di gloria, assolutamente glorioso, la stessa Gloria increata. È questa Gloria interna di Dio eternamente immutabile ed impenetrabile che dobbiamo ammirare, lodare, adorare; può costituire anche un oggetto di ringraziamento per noi, in quanto mediante l’amore perfetto di Dio, la divina Gloria diviene in un certo qual modo nostro possesso e fonte per noi di una santa gioia… Niente piace o diletta di più un’anima amante che la considerazione dell’infinita Maestà, Bellezza, Bontà, Santità, Saggezza, Potenza, e Misericordia di Dio; quindi non ci deve sorprendere che l’anima prorompa in un canto gioioso di gratitudine a causa della grande, cioè eterna ed infinita gloria di Dio’.      

Occorre dunque ringraziare Dio, anzi ringraziarLo sempre e dappertutto: dignum et justum est, aequum et salutare, semper et ubique gratias agere; occorre vivere in un atteggiamento costante di gratitudine. ‘In ogni cosa rendete grazie’, ci ammonisce san Paolo (1Tess. 5.18), ‘questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi’.  


d)  L’Espiazione 

Da quando il peccato è entrato nel mondo, occorre espiare (o riparare) l’offesa che ha recato all’infinita Maestà di Dio. L’espiazione adeguata e definitiva per il peccato, quello Originale e tutti i peccati successivi ad esso, fu compiuta da Nostro Signore Gesù Cristo sul duro legno della Croce, ma ogni singola persona è tenuta ad espiare personalmente i propri peccati unendosi a quell’espiazione. 

L’espiazione personale si compie in primo luogo nel sacramento della Penitenza mediante la confessione e la contrizione; in secondo luogo nelle preghiere per la misericordia di Dio e negli atti di contrizione al di fuori del sacramento, come l’Atto di dolore. La contrizione si può concretizzare anche in quell’atteggiamento di umiliazione e di dolore costante per i propri peccati che si chiama ‘compunzione’: un atteggiamento salutare che fa riversare sull’anima la Misericordia infinita di Dio: Cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies. 

Un altro modo per espiare è di vivere, cioè di agire e di patire, con un’intenzione espiatoria. Possiamo distinguerne due livelli. Il primo livello è la coraggiosa accettazione di tutti i disagi e contrattempi della vita, di tutte le tribolazioni e le sofferenze che Dio nella Sua Divina Saggezza vorrà mandarci; il secondo livello è l’offerta a Dio di tutte le nostre sofferenze e gioie, di tutta la nostra vita passata, presente, e futura. Si ricorda la parola di san Paolo (Rom. 12.1): ‘Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Questa offerta è un sacrificio, quindi, che si accompagna, nel caso di alcune anime generose, col voto di vittima: cioè il voto di immolarsi completamente a Dio come vittima di espiazione’.   

Il momento ed il luogo più adatti per esprimere esplicitamente l’intenzione espiatoria è il Santo Sacrificio della Messa. In questa circostanza il fedele, sia celebrante sia assistente, può unire sé stesso e tutta la sua vita all’atto supremo di espiazione del monte Calvario. L’intenzione viene espressa idealmente all’offertorio; e/o all’immolazione e all’elevazione della Vittima Divina durante il canone; e/o al tempo della Santa Comunione e del ringraziamento come scambio di amore con Dio Che a Sua volta Si è dato completamente a noi. 

Vivere coll’i ntenzione espiatoria è vivere nello spirito di sacrificio. In questo modo di vivere si uniscono due forme di preghiera vocale, cioè l’espiazione e l’adorazione, in quanto, come abbiamo già fatto notare, l’adorazione culmina nel sacrificio. 

Abbiamo già osservato che la Santa Messa è la preghiera vocale per eccellenza, in quanto comprende in modo eccelso tutti e quattro i tipi di tale preghiera. Aggiungiamo ora che essa è questo pure nell’unico modo veramente degno di Dio, cioè in modo infinito, in quanto la Santa Messa rende a Dio, da parte del Suo Divin Figlio, un’opera infinita di adorazione, di petizione, di ringraziamento, e di espiazione. Di questa opera si rende partecipe la Chiesa nella persona del suo ministro, il sacerdote. Quanto alla nostra preghiera vocale personale, essa ha valore solo in quanto unita alla Sua. Per questo conviene unirla alla Sua in modo anche consapevole: durante la Santa Messa e poi nel corso della nostra vita intiera. 

Padre Konrad zu Loewenstein

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