L’Eternità è l’atto di amore puro, vissuto da Dio nella intercomunicazione eterna delle tre divine Persone.
Dio ha il suo gaudio infinito nel possesso perfetto di essersi Egli stesso in sé ciò che si è in un atto beatissimo e trinitario. Se per essere felice avesse bisogno di qualcosa fuori di sé, o potesse godere essenzialmente di qualche cosa che non fosse Lui nell’essersi di per sé, non sarebbe l’Infinita Perfezione.
L’Eternità ha il centro del suo gaudio e la pienezza della sua beatitudine nel fatto che Dio sia ciò che è e come lo è. Poiché così come Dio, per perfezione della sua natura, non può gioire essenzialmente in nessuna cosa al di fuori di Sé, così l’anima, nel trovarsi nella partecipazione dello stesso Infinito, rimane aderita a Lui nel suo modo di vedere, nel suo modo di sentire, nel suo modo di godere. Dio le dà il suo Sguardo perché lo guardi, la sua Espressione perché lo canti, e il suo Amore perché lo ami.
Allora, avendo l’uomo per partecipazione ciò che Dio ha per natura, gode partecipativamente di ciò di cui Dio gode per il suo essere e vive, in partecipazione, ciò che Dio vive per sussistenza eterna. Infatti, essendo innalzato alla grande categoria di entrare nella comunicazione dell’Infinito e a prendere parte della sua vita, l’uomo rimane sublimato così al di sopra delle sue appetizioni, dei suoi desideri e del suo amore, che perde il suo proprio modo di amare, di esprimere e di godere, passando a vivere e a godere di ciò che Dio si è e di ciò di cui Dio gode, essendo questo il gaudio essenziale della creatura creata dall’Infinito per possederlo.
E siccome Dio essenzialmente non può godere se non di ciò che Egli è per la perfezione infinita che racchiude in sé, pur avendo capacità infinita anche di godere infinitamente, l’uomo, messo di fronte a Dio, vedendolo nella sua regalità infinita, contemplandolo traboccante di perfezione e di felicità e sapendolo, con il possesso della stessa sapienza eterna e con il modo divino di sapere ciò che Dio nel suo modo personale si è, soggiogato, rapito, attratto irresistibilmente come da una calamita, rimane colmo e saturo nell’inebriamento infinito che la contemplazione della perfezione eterna gli produce.
E, o sorpresa!, arriva ad operarsi un grande miracolo: la creatura, con la sua mente piccolina e abituata a godere delle cose create, davanti alla contemplazione del Sommo Bene, in possesso di saturazione totale, rimane, nello stesso istante in cui entra nell’Eternità, convertita in un atto di amore puro che ha la pienezza e la felicità del suo gaudio nel fatto che Dio sia ciò che è di per sé.
Com’è buono Dio, com’è grande, com’è felice e com’è infinito! Com’è immenso nel suo eterno potere, per sé e per me…! È tanto ciò che ci si dà, tanto!, che ci si dà in ciò che è, in ciò che ha, in ciò che vive.
E, al darcisi, per perfezione del suo essersi, l’uomo, completamente soggiogato, e rapito dalla Bellezza Infinita, rompe in un gaudio di partecipazione eterna, senza che gli rimanga capacità di godere o volere qualcosa che non sia quella Perfezione che in modo travolgente lo soggioga e che in modo delirante lo innamora.
Dio è così grande e così infinito come buono, come amore, come comunicazione. E quanto più grande lo vediamo, più grande sarà il nostro gaudio, il gaudio che ci produrrà la contemplazione del fatto che Dio è ciò che è di per sé.
Un secondo gaudio avremo nell’Eternità, che sarà gioire nel fatto che Dio sta nella nostra anima posseduto e possedendola.
Ma persino questo stesso gaudio ha due parti. La prima appartiene al gaudio essenziale e consiste nel gioire nel fatto che Dio sta essendosi ciò che è nell’anima, non perché stia nell’anima, bensì perché Egli se lo è possedendoci secondo la sua volontà.
E la seconda parte… Ma c’è una seconda parte nel gaudio dei beati? Può forse l’uomo, contemplando Dio, voltarsi a gioire in qualcosa di proprio? È così povero Dio che non può riempirci totalmente?
No! Il fatto è che la nostra mente è tanto piccolina, che se io qui sulla terra, parlando del possesso dell’Infinito, non indico un gaudio nel quale l’uomo sia il primo attore, il suo pensiero egoista e abituato a vivere per sé e dei sensi corporali, intendendo tutto a modo umano, sembra rimanere nel vuoto, non comprendendo con il suo sguardo rachitico che ci sia qualcosa più grande di lui e che possa gioire con tale perfezione nel gaudio altrui, da arrivare a dimenticarsi totalmente di sé. Né tanto meno può intravedere che ci sia qualcosa di così sublime capace di non lasciargli capacità per guardare se stesso: non per la piccolezza dell’uomo bensì per la grandezza di Dio; non per la piccolezza della capacità dell’essere creato dall’Infinito, bensì per l’immensità trascendente dell’Eterno Essere.
Se la mia eternità nel cielo consistesse nel gaudio che avrò e nel godimento che io sperimenterò perché io sono o perché io ho, non potrei arrivare ad essere Dio per partecipazione, che ha la sua ragione nell’essere e nel godere di ciò che Egli è per perfezione del suo essere.
L’Eternità è entrare nella vita infinita non per esserla con Dio, poiché questo solo appartiene a Lui, bensì per possederla nella sua compagnia; così ciò che in Dio è essere o essersi da sé, in me è possederlo, goderlo, saperlo…
Dio è Sguardo infinito, Contemplazione eterna, in una fecondità così ricca, così piena, che rompe a generare in uno scoppio di Sapienza così espressivo, che l’Esplicazione infinita di questa eterna Sapienza è persona.
E questa Persona, Parola eterna, è così infinita, è tanta Esplicazione, che è tutta l’infinita perfezione in sillabazione eterna. E questa perfezione di Sapienza infinita rompente in Esplicazione, tra il Padre e il Figlio, è di un’adesione così perfetta e di un’intercomunicazione così infinita, che fa sorgere, in gaudio perfetto di sapienza eterna, l’amore infinito in Persona Amore, lo Spirito Santo.
E Dio, che si è così e ha il suo gaudio nel suo modo di essere trinitario e personale, per l’unità del suo essere, ci dà tutto ciò che è, non affinché noi lo siamo, perché questo è ciò che fa che Dio si sia quello che è ed è intrinsecamente suo, bensì affinché lo possediamo e, facendoci una cosa con Lui, lo godiamo.
Ed allora Dio ci dà il suo Sguardo affinché con questo lo guardiamo, affinché con questo lo intendiamo, affinché con questo possediamo il suo modo, il suo stile, la sua interpretazione, e il suo godimento divenga il nostro godimento, il nostro gaudio, la nostra vita.
E ci dà la sua Parola affinché con Lui godiamo scandendo la sua infinita perfezione; e ci si dà a sua volta lo stesso Spirito Santo, e così lo amiamo come Egli si ama.
Ma Dio è così meraviglioso, così eterno, così beato, così buono, così donatore, che, quando si dà, lo fa come è; e rende, colui che si dà, come se stesso per partecipazione.
Ed allora l’uomo, creatura a distanza infinita dell’Essere, è capace, per un’effusione dell’Amore Infinito, di dimenticarsi di sé totalmente e, arrivando a essere Dio per partecipazione, di vivere e di godere di ciò che Dio vive e gode.
Ora vedo che, quando la mia anima si sente chiamata a gioire nel fatto che Dio è Dio, a godere del suo godimento ed a rallegrarsi nel suo gaudio, la misura in cui questo si realizza in me è la misura della mia partecipazione e del mio possesso di Dio. Vedo che l’uomo, quanto più si avvicina a Dio e quanto più Dio lo attrae a Sé e lo tiene in Sé, tanto più si rende capace di adempiere il suo fine, che è gioire in ciò che Dio si è.
Oggi la mia anima vuol essere un inno di lode alla gloria di Dio, per l’attrazione che in me noto a gioire sempre nel fatto che Egli è felice, a cercare sempre e solo che Lui sia contento, a procurare che tutti coloro che mi circondano siano riposo per Dio. E di questo voglio essere riconoscente, non perché Dio stia nella mia anima, ma perché Dio abbia dove poter riporre il suo riposo e manifestare la sua gloria nell’esilio; perché ci siano esseri creati che, pur sotto la luce della fede, diano a Dio il riposo di potersi Egli stesso comunicare loro così profondamente che siano capaci di gioire, nella notte della vita e dietro veli, nel fatto che Egli è ciò che è.
Quando procuriamo che gli uomini gioiscano nel fatto che Dio sia ciò che è, stiamo dando loro la massima felicità, facendo adempiere loro il proprio fine, e stiamo dando a Dio la parte che gli corrisponde fra gli uomini; stiamo facendo della terra il paradiso di Dio e stiamo rendendo l’uomo beato sulla terra, perfino attraverso i veli della fede e nella notte dell’incomprensione.
Dio è felice…! Questo è il mio gaudio, questa è la mia beatitudine terrena, e questo è il piano di Dio compiuto sulla terra in relazione all’uomo.
Che gioia che Dio sia felice…! Quando la mia anima sente questo, il mio esilio è la mia beatitudine, anche se tra veli.
Grazie, Signore, perché questo sentire -Tu ben lo sai- è la respirazione del mio essere (…). Grazie, Signore; grazie, Signore; grazie, Signore…! Grazie per il tuo modo di essere e di attuare, eterno, perfetto e felice!
Madre Trinidad de la Santa Madre Iglesia
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