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giovedì 15 giugno 2023

IL PROBLEMA DELL'ORA PRESENTE ANTAGONISMO TRA DUE CIVILTA'

 


Delasuss, Henri; 

Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà  

(I Parte - Guerra alla civiltà cristiana) 


COSTITUZIONE DELL'ALTA VENDITA 


Prima d'entrar a narrare le geste dell'Alta Vendita, dobbiamo farla meglio conoscere. 

L'Alta Vendita non si componeva che di quaranta membri, tutti nascosti sotto lo pseudonimo, nelle  lettere che fra loro si scambiavano. "Per un riguardo di alta convenienza - dice Crétineau-Joly - non  vogliamo violare il segreto di questi pseudonimi che oggidì protegge il pentimento o la tomba. La  storia sarà forse un giorno meno indulgente della Chiesa". 

La ragione si è che questi congiurati erano per la maggior parte il fiore del patriziato romano per  nascita e ricchezza, come lo era il Carbonarismo per l'ingegno e l'odio antireligioso. Come si vedrà,  alcuni erano ebrei. Era necessario che il Ghetto vi entrasse. Eckert, Gougenot-Desmoussaux,  Disraeli, si accordano nell'affermare che gli ebrei sono i veri ispiratori di tutto ciò che la  framassoneria concepisce e fa, e che sono sempre in maggioranza nel Consiglio superiore delle  società segrete. 

Il capo dei quaranta avea preso il nome di Nubius, l'uomo delle tenebre e del mistero. Era un gran  signore, che occupava in Roma un alto grado nella diplomazia, il che lo metteva a contatto coi  Cardinali e con tutta l'aristocrazia romana. 

Quando fu decisa dal supremo Consiglio la creazione dell'Alta Vendita, egli era l' unico designato  ad assumerne la direzione. Non avea ancora trent'anni e già della sua fama echeggiavano le loggie  d'Italia, di Francia e d'Alemagna. 

"Egli è qui, è là - scrive Crétineau-Joly - temperando o infiammando lo zelo, organizzando in ogni  luogo una congiura permanente contro la S. Sede, ora sotto un nome, ora sotto un altro". La  missione speciale che il Consiglio supremo voleva affidare all'Alta Vendita, era per l'appunto di  preparare l'assalto finale al sommo Pontificato. Nubius avea dato prove di aver compreso che la  framassoneria altro non è che la contro-Chiesa, la Chiesa di Satana, e che per renderla trionfante  della Chiesa di Dio, era mestieri attaccarla nel Capo. E ciò che fece cadere i voti sopra di lui onde  attuare i disegni che si meditavano. 

Ecco il ritratto che ne fa Crétineau-Joly: 

"Nubius ha ricevuto dal cielo tutti i doni che creano il prestigio intorno a sé. Egli è bello, ricco,  eloquente, prodigo del suo oro come della sua vita; egli ha clienti ed adulatori. È nell'età delle  imprudenze e degli esaltamenti, ma impone al suo capo ed al suo cuore un tal cómpito di ipocrisia e  di audacia, e lo sa eseguire con sì mirabile destrezza, che oggidì, quando tutti i mezzi che egli  metteva in azione son falliti uno dopo l'altro, si resta ancora spaventati dell'arte infernale che  quest'uomo spiegò nella sua lotta contro la fede del popolo. Egli solo, Nubius, è corrotto quanto un  intiero ergastolo. Sorride sempre quando è in compagnia, per darsi il diritto di esser più serio in  seno delle società occulte ch'ei fonda o dirige. Si vede dalle sue lettere indirizzate a' membri  influenti dell'associazione occulta che, grazie al suo nome, alla sua fortuna, alla sua figura,  all'estrema sua prudenza per evitare ogni questione irritante o politica, egli si è creato in Roma una  posizione sicura da ogni sospetto. 

"Da Parigi, Buonarroti, Carlo Testa, Voyer d'Argenson, Bayard, il generale Lafayette, Saint-Simon,  Schonen e Merilhou lo consultano come l'oracolo di Delfo. Dal seno della Germania, da Monaco  come da Dresda, da Berlino come da Vienna o da Pietroburgo, i capi delle principali Vendite,  Tscharner, Heymann, Jacobi, Chodzko, Lieven, Pestel, Mouravieff, Strauss, Pallavicini, Driesten,  Bem, Bathyani, Oppenheim, Klauss e Carolus lo interrogano sulla via da seguire, di fronte al tale o  tal altro avvenimento: e questo giovane uomo, la cui attività è prodigiosa, risponde a tutto,  organizzando in ogni luogo una congiura permanente contro la S. Sede". 

Nubius tenne il timone della Vendita suprema fin verso il 1844. A questo punto, gli si fece bere 

l'Acqua toffana. Egli cadde tosto in una malattia che i più celebri medici non riuscirono a  comprendere né ad arrestare. Questo brillante diplomatico ed abilissimo cospiratore, sentì  annebbiarsi d'improvviso la sua intelligenza e la sua vita spegnersi nell'idiotismo: furono quattro  anni di agonia. Egli lasciò Roma e andò a nascondersi a Malta, dove morì nel 1848, nel momento in  cui il lavoro degli intellettuali della setta era ormai ritenuto abbastanza inoltrato perché al partito  incaricato dell'azione fosse dato l'ordine di mettersi in moto. 

Piccolo Tigre (le Petit Tigre) uno dei primi luogotenenti di Nubius era ebreo. "La sua attività è  infaticabile - scrive Crétineau-Joly - egli non cessa di correr dappertutto per suscitare nemici al  Calvario. Ora egli è a Parigi, ora a Londra, talvolta a Vienna, spesso a Berlino. Dovunque lascia  traccie del suo passaggio, dovunque affiglia alle società segrete, ed anche all'Alta Vendita, degli  zelanti sui quali l'empietà può fare assegnamento. Agli occhi dei governi e della polizia, è un  mercante d'oro e d'argento, uno di quei banchieri cosmopoliti, i quali non vivono che di affari, e non  si occupano che del loro commercio. Veduto da presso, studiato alla luce della sua corrispondenza,  quest'uomo è uno degli agenti più accorti della distruzione preparata. È l'anello invisibile che  riunisce nella stessa comunità di trame tutte le corruzioni secondarie che lavorano alla distruzione  della Chiesa". 

Un terzo, Gaetano, è un ricco lombardo che avea trovato modo di servire la setta e di tradir  l'Austria, diventando, a forza d'ipocrisie, il confidente e il segretario intimo del principe di  Metternich. I grandi ministri, come vedremo, i re e gl'imperatori hanno sempre presso di loro un  delegato della setta, che sa loro ispirare fiducia e piegarli a favorire, coscientemente o no,  l'attuazione dei disegni delle società segrete. Dall'altezza del suo posto, Gaetano osserva ciò che  accade in Europa; conosce appieno i segreti di tutte le corti, ed è in corrispondenza (secondo le  indicazioni del momento) con Nubius, con Piccolo Tigre, con Volpe (le Renard), con Vindice (le  Vengeur), con Beppo: in una parola con tutti quelli che hanno assunto l'impresa - come scrive  Crétineau-Joly - di distruggere il cattolicismo, e di far trionfare l'idea rivoluzionaria. 

Essi non sono che quaranta, ma scelti fra i più intelligenti, i più astuti e i più atti ad esercitare, non  solo nel mondo massonico, ma nel "mondo profano", l'influenza più efficace e più estesa. 

Esaminati e scelti accuratamente, non è loro permesso di declinare il pericoloso mandato. Iniziati,  son costretti ad avvolgersi nel mistero, ed è loro imposta l'abnegazione più assoluta. "Il trionfo  dell'opera nostra - dice Nubius nella lettera a Volpe in cui gli annunzia l'assunta direzione della  Vendita suprema - il trionfo della nostra opera dipende dal più profondo mistero; e nelle Vendite  noi dobbiamo trovare l'iniziato sempre pronto, come il cristiano dell'Imitazione, "ad amare di essere  sconosciuto e riputato per niente". 

Non erano solamente i personaggi componenti l'Alta Vendita che doveano avvolgersi nelle tenebre,  ma l'Alta Vendita medesima. Tutto, fino alla sua origine, dovea restare ignoto alle Vendite ed alle  Loggie le quali tuttavia ricevevano da essa la direzione e l'impulso. Nubius, Volpe e gli altri erano  personalmente accreditati presso di loro; esse obbedivano ad una parola. a un segno di questi  privilegiati della setta; ma tutto quello che sapevano, si è che era necessario eseguire gli ordini dati  senza saperne né l'origine né lo scopo. Questi ordini da cui era governata l'Europa sotterranea erano  in tal modo misteriosamente trasmessi, di grado in grado, fino alla loggia più remota. 

Mazzini, l'anima del Carbonarismo, da cui erano stati sorteggiati i quaranta, Mazzini stesso non  poté penetrare questo mistero. "Per l'istinto della sua natura profondamente viziosa scrive  Crétineau-Joly - Mazzini dubitò che esistesse, al di fuori dei quadri componenti le società segrete,  una affigliazione particolare. Si credette in dovere di sollecitare l'onore di far parte di quest' avanguardia scelta. S'ignora per mezzo di chi o come, ci presentasse la domanda; soltanto una  lettera di Nubius ad un certo personaggio noto nell'Alta Vendita sotto il nome di Beppo, ci fa  conoscere il categorico rifiuto opposto dalla Vendita: 

"Voi sapete - gli scrive il 7 aprile 1836 - che Mazzini si è ritenuto degno di cooperare con noi  nell'opera massima dei nostri giorni. La Vendita suprema ha deciso diversamente. 

"Mazzini ha troppo l'aria di un cospiratore da melodramma, perché possiamo affidargli un mandato  oscuro che noi ci rassegniamo a compiere fino al trionfo. Mazzini ama parlare di molte cose, e  sopratutto di sé ... ; che egli fabbrichi a suo bell'agio giovani Italie, giovani Alemagne, giovani  Francie, giovani Polonie, giovani Svizzere, ecc.; se ciò può giovare al suo insaziabile orgoglio, noi  non ci opponiamo, ma fategli capire nel modo migliore che vi suggerisce la convenienza, che  l'associazione a cui egli accenna non esiste più, se pure è mai esistita; che voi non la conoscete  punto, e che, quand'anche esistesse, siete in dovere di dichiarargli che sarebbesi ingannato assai  scegliendo quella via per entrarvi. Ammesso il caso che essa esista, questa Vendita è certamente  superiore a tutte le altre; è il S. Giovanni in Laterano: caput et mater omnium ecclesiarum. Vi sono  chiamati gli eletti che soli sono giudicati degni d'esservi introdotti. Fino al giorno d'oggi, Mazzini  ne sarebbe stato escluso; non pensa egli che mettendosi di mezzo, per forza o per astuzia, in un  segreto che non gli appartiene, si espone forse a pericoli che egli fece già correr a più d'uno?  Acconciate questa ultima frase a vostro modo, ma fatela pervenire al gran pontefice del pugnale; ed  io che conosco la sua raffinata prudenza, scommetto che questo pensiero produrrà un certo effetto  sull'intromettitore". 

Nubius non s'ingannò guari in questo giudizio del Mazzini, e negli archivi della Vendita suprema  non si trovano più traccie di nessuna comunicazione del povero Giuseppe relativa a questa dimanda.  La minaccia indiretta di un colpo di stile gli fece rientrare "fino al fondo del cuore il sentimento del  suo orgoglio". 

Infine, per colmo del mistero, i quaranta membri dell'Alta Vendita, non sapevano neppur essi d'onde  venisse l'impulso al quale obbedivano, d'onde gli ordini di trasmettere o da eseguire. 

Uno di essi, il Malegani, scrive al dottor Breidenstein nel 1836: "Noi vogliamo infrangere ogni  specie di giogo, e ve n'ha uno che non si vede, che si sente appena, e che pesa sopra di noi. D'onde  viene? Dove si trova? Nessuno lo sa, od almeno nessuno lo dice. L'associazione è segreta, anche per  noi che siamo i veterani delle società segrete. Si esigono cose da noi che, talvolta, ci fanno drizzare  i capelli sulla testa; e lo credereste? mi si riferisce da Roma che due dei nostri, ben conosciuti per  l'odio che hanno contro il fanatismo, furono obbligati, da un ordine del Capo supremo,  d'inginocchiarsi e fare la comunione nell'ultima Pasqua. Io non cerco ragioni per obbedire, ma  vorrei ben sapere dove ci conducono queste cappuccinate". Ecco il vero perinde ac cadaver. E sono  questi schiavi d'un padrone che si sottrae ai loro sguardi, questi uomini che si sentono sempre la  punta del pugnale nel dorso, che fanno leggi contro i religiosi, per l'orrore, dicon essi, d'un voto di  obbedienza! 


sabato 19 novembre 2022

IL PROBLEMA DELL'ORA PRESENTE ANTAGONISMO TRA DUE CIVILTA'

 


Delasuss, Henri; 

Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà  

(I Parte - Guerra alla civiltà cristiana) 




IL PIANO SVELATO PER ORDINE DEI PAPI 

Ecco, secondo Alfredo Nettement, in qual maniera la Carboneria venne introdotta in Francia. Tre  giovani, Dugied, Beslay e Joubert, che aveano dovuto esulare dalla Francia dopo la cospirazione del  19 agosto 1821, furono ammessi in una delle Vendite del Carbonarismo in Italia. Di ritorno in  Francia, convocarono una riunione d'intimi alla loggia degli Amis de la Vérité. Essi fecero  conoscere il meccanismo ingegnoso e terribile di queste Vendite, che lavorano nell'ombra, senza  conoscersi, per uno scopo comune, e messe in relazione in una maniera misteriosa col potere  supremo, da cui veniva la direzione. Sentito ciò, gli Amici della Verità convennero che ciascuno dei  presenti fondasse una Vendita.(1) 
Il mistero in cui avvolgevasi il Carbonarismo, oggidì è scoperto. Le carte dell'Alta Vendita vennero  in possesso della S. Sede sotto il pontificato di Leone XIII che le fece deporre negli archivi del  Vaticano. Per qual via vi sono esse arrivate? È forse per la conversione d'un congiurato? o per un  felice colpo di mano della polizia romana? Non si sa. 
In qual modo di là sono esse venute a cognizione del pubblico, tanto almeno che si possa conoscere  qual fu l'organizzazione dell'Alta Vendita, il cómpito che le fu assegnato, e i mezzi adoperati per  compiere la sua missione? Eccolo. 
Il papa Gregorio XVI, sgomento della raddoppiata attività che osservava nelle società segrete, e  vedendo il pericolo che i loro maneggi faceano correre alla società civile e religiosa, volle, pochi  giorni prima della sua morte, svelarli a tutta l'Europa. Perciò egli mise gli occhi su Crétineau-Joly. Il  20 maggio 1846, gli fece scrivere dal cardinal Lambruschini che venisse a Roma per un progetto di  alta importanza. Lo storico della Compagnia di Gesù stava per imbarcarsi ad Ancona per un viaggio  in Oriente. Vi rinunciò e tosto recossi dal S. Padre. Gregorio XVI gli commise di scrivere la Storia  delle Società segrete e delle loro conseguenze. Gli fece consegnare, per questo lavoro, dal cardinal  Bernetti, vecchio segretario di Stato, i documenti che possedeva, e l'accreditò presso le Corti di  Vienna e di Napoli affinchè ottenesse da esse altri documenti deposti nei loro Archivi segreti. 

Crétineau-Joly recossi dapprima a Napoli ed ivi seppe dal re la morte del Papa. Pio IX succeduto a  Gregorio XVI confermò allo storico il mandato che avea ricevuto dal suo predecessore. Egli si recò  a Vienna, bene accolto dal principe di Metternich; ma gl'impiegati della cancelleria austriaca, per  istinto rivoluzionario o per altri motivi, si prestarono mal volentieri alle sue ricerche. Intanto, il  conte Enrico de Bombelles, francese d'origine ed aio del giovine arciduca, dipoi imperatore  Francesco Giuseppe, avendo saputo il motivo del suo soggiorno a Vienna, gli offerse i suoi servigi.  In tutta la sua carriera diplomatica egli si era occupato delle società segrete, che avea vedute  all'opera in Italia, in Polonia, in Russia. Dietro documenti egli rivelò allo storico, congiure di tal  natura, che gli potè dire: "Divulgate con coraggio questi misteri. Sarà questo il maggior servigio che  mai, forse, sia stato reso alla civiltà. Ma voi non arriverete fino al termine. Se il pugnale dei  carbonari non vi arresta sul cammino, state pur certo che vi saranno dei principi interessati a  condannarvi al silenzio". 
Il primo di questi principi fu Carlo Alberto, re dì Sardegna, il quale, per ambizione, erasi inscritto,  fin da giovane, alle società segrete. Crétineau-Joly narra nelle sue Mémoires, pubblicate in parte  dall'abate Maynard - è qui che attingiamo queste rivelazioni - l'intervista quanto segreta altrettanto  drammatica che egli ebbe a Genova col re, il quale gliela avea con insistenza richiesta. Crétineau  non volle promettergli il silenzio, che gli fu domandato. Allora il re si rivolse al Papa. Pio IX si era  dato premura di conoscere subito i documenti raccolti ed avea fatto dire allo storico di recarsi al più  presto in Roma. Quando ricevette la lettera del re, ne fu scosso. Tuttavia disse a Crétineau di recarsi  a Napoli. Là s'imbattè in un carbonaro, di nome Cocle, che tutto poteva sull'animo del re. Egli era  sacerdote, erasi anzi fatto religioso e si era guadagnato in modo la confidenza del sovrano che era  divenuto suo confessore. Per sua istigazione Ferdinando pure scrisse al Papa. Da una nota rimessa il  4 dicembre 1857 al cardinale Antonelli, risulta che, il 21 dicembre 1846, Crétineau fu ricevuto in  udienza da Pio IX. Il Papa gli disse che la sua carità di padre e il suo dovere di principe si  opponevano alla pubblicazione d'una storia che, nelle circostanze presenti, poteva offrire più d'un  pericolo. Crétineau chinò il capo. 
Nel 1849, mentre il Papa era a Gaeta, il cardinal Fornari, Nunzio a Parigi, impegnò lo storiografo a  riprendere il suo lavoro, e gli mostrò un dispaccio del cardinal Antonelli, il quale diceva che il Papa  non avea per nulla vietato di comporre la Storia delle Società segrete, che solamente ne avea  giudicata inopportuna la pubblicazione nel 1846-1847 ; ma, visto che le circostanze erano cambiate,  ora credeva utile che l'opera fosse continuata. 
Crétineau si rimise al lavoro; ma un'altra volta egli ne fu interrotto da una lettera di Mons. 
Garibaldi, il quale gli diceva che dopo il servizio che il Governo di Luigi Bonaparte avea reso alla  S. Sede, nel 1850, non si poteva dar libero corso ad un libro in cui questo allievo delle società  segrete verrebbe rivelato come tale.  
L'opera era quasi compiuta, in parte anche stampata; l'abate Maynard disse di averne vedute le  bozze di stampa. Crétineau indispettito la gettò alle fiamme. L'Histoire des Sociétés secrètes, che  tanto lume avrebbe proiettato nei bassi fondi delle rivoluzioni che agitano l'Europa, era distrutta.  Nulladimeno, molti di quei documenti che aveano servito a comporla, o copie di essa, erano rimasti  tra le mani dello storico. Egli ne fece entrare alcuni nella Histoire du Sonderbund ed altri nel libro  intitolato: L'Eglise romaine en face de la Revolution. Nella prima dì queste opere Crétineau-Joly fu  ingiusto, anzi crudele nelle sue espressioni verso Pio IX, circa la condotta che il Pontefice avea  creduto dover tenere in quel deplorevole affare. La grand'anima di Pio IX gli perdonò. E quando,  nell'ottobre 1858, lo storicò si recò a Roma portandovi il secondo lavoro, parte in bozze di stampa,  parte in manoscritto, ebbe la gioia di vederlo letto, approvato ed applaudito in Vaticano. Dopo la  sua pubblicazione, Mons. Fioramonti, segretario delle Lettere latine, dichiarò ufficialmente che tutti i documenti pubblicati erano autentici e che egli li aveva collazionati. Poco dopo, Pio IX indirizzò  allo storico, per la seconda edizione del suo libro, un Breve in cui gli diceva: "Caro figlio, voi avete  acquistato particolari diritti alla nostra riconoscenza, allorchè, due anni or sono, avete formato il  progetto di comporre un'opera di fresco terminata e di nuovo licenziata alla stampa, per mostrare,  con documenti, questa Chiesa romana sempre esposta all'invidia e all'odio dei tristi, in mezzo alle  rivoluzioni politiche del nostro secolo sempre trionfanti" (25 febbraio 1861). 
Si mossero dei dubbi sulla sincerità storica di Crétineau-Joly. Non spetta a noi di prenderli qui in  esame. La dichiarazione del segretario delle Lettere latine e il Breve di Pio IX, stampati in testa al  volume in pieno regno del S. Pontefice, sono una garanzia della perfetta fedeltà dei documenti  inseriti nel libro: L'Eglise Romaine en face de la Révolution. 
Non è dunque senza ragione che Claudio Jannet abbia detto di questo libro nella sua introduzione  all'opera del p. Deschamps: Les Sociétés secrètes et la société: "Nessun documento storico offre  maggiori garanzie di autenticità". (P. CVI). Se occorresse una nuova prova di sincerità, la si  troverebbe nell'uso che la Civiltà cattolica fece di questi documenti, sotto gli occhi del Papa, nel  1879. Si può anche aggiungere che Luigi Blanc inserì nella sua Histoire de dix ans alcune lettere  d'un membro dell' Alta Vendita, Menotti, lettere dirette il 29 dicembre del 1830 e il 12 luglio 1831  ad uno de' suoi compagni di congiura, Misley,(2) e pubblicate da Crétineau-Joly. 
I documenti da lui inseriti nel libro: La Chiesa romana in faccia alla Rivoluzione, sono le Istruzioni  segrete date all'Alta Vendita, e alcune lettere che i membri di questa Vendita si scambiarono fra  loro. Nulla può meglio far conoscere la costituzione della framassoneria, la sua maniera di operare,  lo scopo a cui tende e i mezzi che adopera per raggiungerlo oggi come nel 1820. 
Metternich, che, nella sua corrispondenza, parla a più riprese dell'azione direttrice esercitata  dall'Alta Vendita su tutti i moti rivoluzionari dell'epoca, scrive in una lettera indirizzata il 24 giugno  1832 a Newmann, a Londra, che l'Alta Vendita è la continuazione della Società degli Illuminati,  "che ha preso successivamente, secondo le circostanze e i bisogni del tempo, le denominazioni di  Tugendbund, di Burschenschaft, ecc.". Certamente nessuno potè essere meglio informato di lui. 
Le società segrete dell'Illuminismo e dell'Alta Vendita si sono esse trasformate e perpetuate fino ai  nostri giorni sotto un'altra forma, e sotto altri nomi? Chi potrebbe dirlo, neppure fra i framassoni e  fra i Grandi Orienti? Ma, come ognuno può assicurarsi, quello che avviene sotto i nostri occhi è  evidentemente la continuazione di ciò che si fece nei due periodi precedenti. 


giovedì 25 agosto 2022

IL PROBLEMA DELL'ORA PRESENTE ANTAGONISMO TRA DUE CIVILTA'

 


Delasuss, Henri; 

Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà  

(I Parte - Guerra alla civiltà cristiana) 


L'OPERA DEGLI ENCICLOPEDISTI E DEGLI ILLUMINATI RIPRESA DAI CARBONARI 

Il piano di totale disorganizzazione cristiana che vedemmo esposto nella corrispondenza degli  Enciclopedisti e nelle carte degl'Illuminati, non fu abbandonato né nel 1801 né nel 1814. La  Rivoluzione dell'89 non avea potuto attuarlo interamente, e l'istinto di conservazione aveva fatto  entrare la società se non nelle vie più rette, almeno in quelle che pareva dovessero allontanarla  dall'abisso in cui era andata a rischio di cadere.

Barruel, vedendo giungere la reazione, avea fatto fin dal 1798 questa profezia che de Maistre  formulava dal canto suo con non minore sicurezza: 

"Ciò che i settari hanno fatto una prima volta, lo faranno ancora, avanti di venire dì nuovo allo  scoperto. Essi proseguiranno nelle tenebre il grande scopo della loro congiura, e nuovi disastri  insegneranno ai popoli che la Rivoluzione francese non era che il principio della dissoluzione  universale che la setta va meditando". 

La dissoluzione universale mercé la diffusione in tutte le parti del mondo dello spirito  rivoluzionario ch'ebbe in Francia, un secolo fa, la sua prima esplosione, apparisce assai minacciosa,  nell'ora presente, a tutti gli uomini che considerano i fatti che si vanno producendo sui differenti  punti del globo, li confrontano gli uni cogli altri e loro fanno dire d'onde vengono ed a che tendono.  Nuovi disastri, più estesi di quelli della fine del XVIII secolo, e più radicalmente distruggitori, si  annunziano nelle idee correnti, nei fatti che si producono: fatti premunitori, perché ci avvertono di  ciò che racchiudono e di ciò che chiamano le idee più o meno condivise da tutti. 

Al giorno d'oggi come nel XVIII secolo, queste idee sono elaborate nelle società segrete e da loro  introdotte in tutti i paesi come in tutte le classi della società. 

Abbiamo visto i settari che distillavano, prima dell'89, il loro veleno nelle accademie volteriane,  nelle loggie massoniche e nelle retro-loggie illuminate, poi lo inoculavano nel corpo sociale che  corse il rischio di perire. 

Abbiamo visto nel periodo che si estende dal 1802 ai nostri giorni, ricomparire le medesime idee e  prender corpo ora in una istituzione, ora in un'altra. Al giorno d'oggi, siamo giunti al punto di udir  proclamare persino nel Parlamento la certezza di giungere questa volta a rovinare definitivamente la  religione; altrove non si sta contenti di tanto, ma si dice che bisogna rovesciare tutto l'ordine  sociale, abolire la famiglia e la proprietà per sostituire a tutto questo uno stato di cose che non si ha  coraggio dì definire. 

Quelli che manifestano questi disegni, quelli che hanno lavorato durante tutto il corso del XIX  secolo a preparare le vie alla loro attuazione, sono evidentemente gli eredi degli Enciclopedisti e  degli Illuminati, almeno quanto alle idee ed alle intenzioni. Son dessi ancor più di questo? Avvi tra  questi e quelli un vincolo sociale che fa un medesimo essere, che continua a volere nel XX secolo  quello che ha intrapreso nel XVIII? 

Lo stesso scopo, egualmente confessato da ambedue le parti e proseguito senza interruzione, sembra  rivelare la presenza d'un solo e medesimo agente. 

Per credere a questa identità abbiamo qualche cosa di più che dei sospetti ragionevoli. Noi abbiamo,  almeno per gli anni che decorsero tra la Restaurazione e la caduta del potere temporale dei Papi, dei  documenti somiglianti alla corrispondenza di Voltaire e agli scritti sequestrati dalla Corte di  Baviera. Per un caso affatto simile, essi caddero nelle mani dell'autorità pontificia, e siccome il  Governo di Baviera avea pubblicato quelli che avea sequestrati, così i papi Gregorio XVI e Pio IX  fecero pubblicare, come vedremo, quelli che la Provvidenza mise nelle loro mani. 

Riguardo ai tempi che seguirono l'usurpazione piemontese, cioè quelli in cui ci troviamo, ancora  non abbiamo che la luce dei fatti, ma essa è anche troppo chiara. 

Allorché la caduta di Napoleone condusse in Francia la Ristaurazione dei Borboni, la framassoneria  temette, malgrado le precauzioni che avea saputo prendere, un movimento retrogrado per l'opera  rivoluzionaria, in tutta l'Europa. I popoli vedevano la pace succedere alle guerre più terribili,  rinascere la prosperità dal seno delle rovine, il benessere, da tanto tempo assente, diffondersi di  luogo in luogo. L'opinione pubblica, ritornando alle idee monarchiche e religiose in Francia, in  Italia, nella Spagna e nella Germania, comprendeva che tutte le sciagure erano venute  dall'abbandono dei principii sui quali la società fin allora avea riposato. 

I capi supremi della setta si dissero l'un l'altro che non potevano lasciar correre e svilupparsi questo  moto antirivoluzionario. Perciò risolvettero non solo di arrestarlo, ma di riprendere di sottomano  quello che la Rivoluzione non avea potuto stabilire definitivamente. Difatti, noi vedemmo tanto  sotto i re legittimi, quanto sotto i re usurpatori, sotto la seconda e terza Repubblica come sotto il  secondo Impero, svilupparsi un piano di attacco contro la Chiesa e la società che rivelavasi come  saggiamente studiato e proseguito costantemente, sempre trionfante di tutte le difficoltà che  facevano sorgere avvenimenti imprevisti od altri più forti d'ogni umana potenza. 

Tanta accortezza, tanta perseveranza e tale successo rivelavano un organismo non meno potente che  arrendevole in mano dei capi della congiura anticristiana, in sostanza identico a quello che  adoperarono nel XVIII secolo per produrre lo scoppio del 1789. 

È questo organismo che finiranno di farci conoscere i documenti sequestrati da Leone XII. 

Ne vedemmo la principal forza situata, nel XVIII secolo, in Baviera, e mossa dalla mano di  Weishaupt. Nell'epoca della Ristaurazione, lo vediamo trasferito in Italia. Oggidì, la sua azione si fa  sentire soprattutto in Francia, ma si può credere che la mano che gli dà l'impulso è altrove. 

La massoneria è cosmopolita. In tutti i paesi del mondo essa congiura e lavora contro la Chiesa  cattolica. Essa ha giurato di annientarla completamente e per conseguenza dovunque. 

Ma se è presente ed attiva su tutti i punti dell'universo, non si comporta dappertutto nella medesima  maniera. Come lo fa osservare con ragione Claudio Jannet, essa ha i suoi centri di direzione e i suoi  teatri d'operazione. I centri di direzione si dissimulano nei paesi protestanti. Là sono i covi più  segreti della setta; là si preparano le rivoluzioni che devono scoppiare altrove. I teatri d'operazione  sono ordinariamente i paesi cattolici, e particolarmente la Francia e l'Italia contro le quali la  massoneria internazionale ha sempre preparate le sue più formidabili batterie.(1) 

Nell'epoca di cui ci occupiamo, è l'Italia ch'essa mette in rivoluzione, e i suoi principali strumenti  sono il Carbonarismo e l'Alta Vendita, a cui fu data la missione altra volta affidata all'Illuminismo.  Il Carbonarismo fu una società segreta nella società segreta della Massoneria. Fu creato per lavorare  al rovesciamento di tutti i troni e sopratutto alla distruzione del potere pontificio, chiave di vôlta  dell'ordine sociale. L'Alta Vendita fu nel Carbonarismo stesso una società ancor più segreta, che  riceveva istruzioni più misteriose e più precise per dirigere gli sforzi e del Carbonarismo e della  Massoneria, e farli convergere verso lo scopo da noi accennato. 

Nelle società cristiane, quali le aveano costituite la sapienza dei secoli e lo spirito del Vangelo, i  rapporti stabiliti tra il potere civile e il potere religioso per il bene del popolo, facevan sì che  l'autorità temporale fosse al cattolicismo e all'idea cristiana una prima difesa. Quindi, distruggerla,  uccidendo i re e rovesciando i troni, fu la prima opera intrapresa dalla framassoneria. Vedemmo già  in qual giorno e da quali cospiratori fu decretata la morte di Luigi XVI. L'assassinio del duca  d'Enghien e del duca di Berry che seguirono, la cospirazione permanente delle società segrete contro i Borboni di Francia, di Spagna, di Napoli, e di Parma, finita dovunque colla loro espulsione  attraverso fiumi di sangue, e coi più ignobili tradimenti, non possono lasciar più dubbio alcuno sul  significato del motto massonico: Lilia pedibus destrue; e, come disse Deschamps, sarà questo  l'eterno onore della più gloriosa e più paterna delle dinastie reali, d'essere stata scelta come primo  bersaglio nello sconvolgimento della religione e della società, da scellerati fanatici che sotto il nome  di Massoni e di Carbonari, ne han giurato la distruzione. 

Rovesciare i troni fu l'opera assegnata al Carbonarismo. All'Alta Vendita fu assegnata quella di fare  scomparire il potere temporale dei Papi e quella ancor più ardita e più incredibile, di corrompere la  Chiesa cattolica nei suoi membri, nei suoi costumi e perfino nei suoi dogmi. 

Carbonari, Vendita:(2) Questi nomi strani furono presi per nasconder meglio il complotto; i  cospiratori si presentarono come associati per un commercio di carbone.(3) Le Vendite erano di tre  classi o di tre gradi: le Vendite particolari, le Vendite centrali e l'Alta Vendita. L'Alta Vendita era  composta di quaranta membri. Si reclutava da se stessa, ed esercitava su tutta la Carboneria  un'autorità senza limite e senza controllo. Quando la creazione d'una Vendita centrale si riteneva  utile, due membri dell'Alta Vendita si rivolgevano ad un carbonaro che giudicavano idoneo al loro  intento, e, senza fargli conoscere ch'essi appartenevano ad una società ancor più segreta, gli  proponevano di organizzare una Vendita superiore a quella di cui egli faceva parte. 

Parimenti, per formare una Vendita particolare, due membri d'una Vendita centrale sceglievano un  framassone il cui carattere, la posizione sociale e il grado d'iniziazione potevano assicurare alla  Vendita l'influenza voluta. Senza far conoscere quello che essi erano, gli proponevano  semplicemente di formare, con lui e con qualche altro massone da scegliere, una associazione  d'ordine superiore alla framassoneria. Vendite particolari, in numero illimitato, venivano così unite  ad una Vendita centrale mediante due dei loro membri, ch'esse non sapevano essere in rapporto con  un'associazione superiore alla loro; e le vendite centrali, pure in numero illimitato, venivano unite  nella medesima maniera all'Alta Vendita, la quale governava tutto senz'essere scorta in nessuna  parte.(4) Le società segrete erano così costituite in forma di piramide umana, di cui i carbonari  tenevano il centro e delle quali tutti i pensieri, tutti movimenti, erano determinati da una specie di  suggestione lenta che penetrava potentemente nella massa, ma che non era chiaramente conosciuta  che al vertice d'onde discendeva nelle regioni inferiori. L. Blanc, dopo aver lodato l'ammirabile  elasticità di questa organizzazione, ci fa sapere che "fu interdetto ad ogni carbonaro appartenente ad  una Vendita, di introdursi in un'altra Vendita. Questa proibizione, era sanzionata dalla pena di  morte". Vedremo che l'Alta Vendita non era neppur essa più padrona di se stessa delle Vendite  inferiori: essa riceveva le sue direzioni da un Comitato superiore del quale sapeva l'esistenza,  poiché le intimava ordini, ma ne ignorava la sede ed il personale. 

Le Vendite centrali, a più forte ragione le Vendite particolari, si trovavano nella medesima  condizione di fronte all'Alta Vendita. Esse ricevevano istruzioni e parole d'ordine, senza sapere  d'onde né da chi venivano. 

La Carboneria è chiamata da L. Blanc "la parte militante della framassoneria".(5) Egli dice ancora,  e si potrà convincersene, che, come organizzazione, essa fu "qualche cosa di potente e di  meraviglioso". 

 

martedì 8 febbraio 2022

IL PROBLEMA DELL'ORA PRESENTE ANTAGONISMO TRA DUE CIVILTA'

 


Delasuss, Henri; 

Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà  

(I Parte - Guerra alla civiltà cristiana) 


LA FRAMASSONERIA SOTTO LA TERZA REPUBBLICA 

Nell'ottobre 1872 si tenne nella provincia di Novara, a Locarno, un conciliabolo dei principali capi  della massoneria italiana. In questa adunanza Félix Pyat rappresentava la Francia, ed il generale  Etzel rappresentava la Prussia. Ivi fu decisa la dittatura del massone Gambetta. 

L'attuazione di questo progetto sembrava assai inverosimile per non dire impossibile. Gambetta  ritornava da S. Sebastiano, posto tra le rovine della guerra e le rovine della Comune. Egli aveva  inoltre contro di sé i disordini finanziarii della sua prima dittatura ed i brogli che l'aveano  contrassegnata; questi ostacoli pareano insormontabili. 

La massoneria seppe appianarli. Le commissioni d'inchiesta dell'Assemblea tacquero, i ministri si  astennero, sebbene la maggior parte di loro non fossero framassoni; il che dimostra assai bene fin  dove essa, mercè le sue influenze segrete, possa estendere la sua azione. 

Nel viaggio oratorio ch'ei fece dopo che l'Assemblea nazionale avea dichiarato che la sua missione  era compiuta, Gambetta espose a Lilla il programma che la massoneria, sempre audace e perciò  sempre vittoriosa,(1) proponeva al paese: "Fa d'uopo che la nuova Assemblea si levi e dica:  Eccomi! Io sono sempre la Francia del libero esame e del libero pensiero". 

Dopo il 24 maggio 1873, il governo di Mac-Mahon continuò a trattare col Grand'Oriente alla pari.  Leone Renault, prefetto di polizia, apriva, all'insaputa del duca di Broglie ministro dell'interno,  negoziati colla massoneria come con una potenza straniera. 

Le elezioni del 20 febbraio 1876 sostituirono alla Repubblica conservatrice, che l'Assemblea  nazionale erasi lusingata di costituire, la Repubblica rivoluzionaria ed anticristiana. 

Il 16 maggio 1877 Mac-Mahon sciolse quella Camera. 

Alla vigilia delle elezioni che doveano sostituirla, i capi del Governo conservatore rivolsero alla  Francia un supremo appello: 

"Se voi nominate questi uomini - i 363 opportunisti e radicali, - se essi ritornano al governo, ecco  cosa faranno: 

"Sconvolgeranno tutte le leggi; disorganizzeranno tutta la magistratura; disorganizzeranno  l'esercito; disorganizzeranno tutti i servizi pubblici; perseguiteranno il clero; ristabiliranno la legge dei sospetti; distruggeranno la libertà dell'insegnamento; chiuderanno le scuole libere e  ristabiliranno il monopolio; attenteranno alla proprietà privata ed alla libertà individuale;  rimetteranno in vigore le leggi della violenza e della oppressione del 1792; caccieranno via gli  ordini religiosi e richiameranno gli uomini della Comune; essi, rovineranno la Francia all'interno e  l'umilieranno al di fuori". 

Tutte queste minaccie annunziavano di fatto ciò che dovea accadere, ciò che abbiamo veduto e  vediamo; ma non è cogli scongiuri che si trattiene un popolo sulla china del male. 

"I principali mezzi d'influenza e di corruzione adoperati da Gambetta in tutta la Francia per far  trionfare i suoi nello scrutinio - disse il Citoyen, giornale socialista - ebbero per base l'azione della  framassoneria, ed a Parigi specialmente l'amministrazione dell'Assistenza pubblica. 

"Un mese prima della data del decreto di convocazione degli elettori, tutte le loggie massoniche di  Francia furono chiamate a deliberare sulla questione elettorale. 

"Quelle che si mostrarono contrarie alla politica gambettiana non furono più convocate; ma quelle  che vi aderirono, divennero, durante il periodo delle elezioni, e restano ancora centri permanenti  d'azione politica a favore dell'opportunismo. 

"Quanto all'Assistenza pubblica, sappiamo che furono distribuite somme considerevoli, sotto forma  di soccorso per far propaganda elettorale in tutti i quartieri di Parigi dove il gambettismo era  specialmente avversato.(2) 

È sopratutto a Belleville che si scopersero queste distribuzioni insolite dopo due mesi ". 

Hanno luogo le elezioni e si fanno contro "il governo dei parroci". Mac-Mahon si sottomette, poi si  dimette. Si fonda allora l'Unione repubblicana che va dal centro sinistro all'estrema sinistra e  dichiara che ha un nemico da combattere: Il clericalismo. Il clericalismo è il cattolicismo; lo  proclamano ad alta voce e si fanno un dovere di sterminarlo "lentamente sì, ma sicuramente".  Giunge l'ora delle nuove elezioni; il paese si mostrerà egli più illuminato, più previdente? La  Camera del 21 agosto 1881 riuscì peggiore della precedente. Essa forma "il grande ministero" con  Gambetta alla testa.(3) Paolo Bert, ministro dei culti e dell'istruzione pubblica, proclama la  necessità di distruggere la "filossera nera". Questa Camera fa la legge della scuola neutra, la legge  del divorzio e quella delle sepolture civili. Le elezioni del 1885 sono migliori. Il paese sembra  ricredersi e voler fare uno sforzo per iscuotere il giogo massonico. Ma la setta è troppo potente,  troppo ben organizzata, troppo ben governata, per lasciarsi cacciar fuori da uno scrutinio. L'Unione  repubblicana conta 380 membri nella nuova Camera, l'opposizione 204. È troppo. La maggioranza  abusa senza pudore della sua forza per invalidare in massa l'elezione degli avversari, per intimidire  gli elettori, ed aver libere le mani più di prima a compiere il male. Come rappresaglia, da quattro a  cinquecento sacerdoti sono privati del loro assegno, se è lecito usar questa parola; e di propria  autorità, senza consultare i Vescovi, vengono soppressi, per la maggior parte, i vicariati sovvenuti  dallo Stato. 

Da quel momento la setta non conosce più freno, fa quello che vuole, quando e come giudica  opportuno per arrivare con più sicurezza a' suoi intenti. 

La Camera del 1889 fa la legge sulle fabbricerie; quella del 1893 fa la legge dell'aumento; quella  del 1898 prepara la separazione della Chiesa dallo Stato colla legge sulle Associazioni; quella del  1902 vuol compierla prima di finire il suo mandato. 

Nel gennaio 1892, quindici anni dopo la sostituzione della repubblica massonica alla repubblica  conservatrice, i sei Cardinali francesi, ai quali aderirono dodici Arcivescovi compresivi due  coadiutori, sessantacinque Vescovi, compresivi due vescovi titolari, pubblicarono un Resoconto  della condizione fatta alla Chiesa di Francia seguito da una Dichiarazione. 

Incominciavano col ricordare alcune parole che di recente erano state proferite dall'alto della tribuna  francese a nome del Governo: "La Repubblica è piena di riguardi per la religione. Nessun Governo  repubblicano ha mai avuto il pensiero di molestare in alcun modo la religione, o dì restringere  l'esercizio del culto. Noi non vogliamo, e tutto il partito repubblicano non vuole essere  rappresentato come quello che abbia voluto, anche per un momento, invadere il dominio religioso,  ed attentare alla libertà delle coscienze". 

A queste parole impudenti, i Cardinali opponevano i fatti. Essi incominciavano col dire: "Egli è  disgraziatamente vero che, da dodici anni, il governo della Repubblica, è stato ben altra cosa che la  personificazione del pubblico potere: esso è stato la personificazione d'una dottrina, diciamo  meglio, d'un programma, opposto affatto alla fede cattolica, ed applica questa dottrina, realizza  questo programma, in modo che niente vi è oggidì, nè Persone, né istituzioni, né interessi, che non  sieno stati metodicamente colpiti, diminuiti e, per quanto fu possibile, distrutti". 

I nostri lettori sanno bene quale sia questa dottrina, d'onde essa venga, a qual tempo risalga, quali ne  siano stati gl'inventori; e neppure ignorano quale sia la tenebrosa associazione che si è tolto il  cómpito di farla trionfare e di stabilire il suo impero sulle rovine di tutte le istituzioni cristiane, con  gravissimo danno di tutti i legittimi interessi. 

Entrando nei particolari, il resoconto passava in rivista la condotta del Governo rispetto a Dio e al  culto che gli è dovuto; rispetto al clero, all'insegnamento, alla famiglia. Sono già trascorsi tredici  anni, ed ogni anno vide promulgarsi nuove leggi e nuovi decreti improntati tutti della stessa  tendenza: la volontà di annientare il cattolicismo in Francia. 

È ciò che fece osservare il Papa Leone XIII alcuni giorni dopo la Dichiarazione dei Cardinali:  "Come non saremmo colpiti da vivo dolore, nell'ora presente, considerando profondamente  l'importanza della vasta congiura che certi uomini hanno formato di annientare in Francia il  cristianesimo, e l'odio, l'animosità ch'essi manifestano nell'attuare i loro disegni, calpestando le più  elementari nozioni di libertà e giustizia contro i sentimenti della maggioranza della nazione, e di  rispetto per gli inalienabili diritti della Chiesa cattolica? ... Povera Francia! Dio solo può misurare  l'abisso dei mali in cui si sprofonderebbe, se questa legislazione, lungi dal correggersi, si ostinasse  in un tale deviamento che finirebbe con lo strappare dalla mente e dal cuore dei Francesi la  religione che li ha fatti si grandi".(4) 

Ci vorrebbe un volume per ricordare tutti gli atti legislativi, tutti i decreti, tutte le misure prese  durante l'ultimo quarto di secolo per annientare il cattolicismo in Francia, si può anche dire per  distruggere la Francia. Poiché a questo mira la setta internazionale: essa considera sempre la  Francia come il sostegno e l'appoggio terreno della Chiesa edificata sopra di Pietro da N. S. Gesù  Cristo. Essa vorrebbe farla sparire di mezzo alle nazioni. Noi abbiamo dato nella Semaine  Religieuse della diocesi di Cambrai, il riassunto degli atti di persecuzione al tempo delle ultime  elezioni legislative. È inutile qui riprodurlo; i fatti sono ancora nella memoria e sotto gli occhi di  tutti.(5) Ma ciò che importa di constatare si è che tutte queste misure di persecuzione furono  imposte dalla framassoneria. 

"Si può affermare senza temerità - diceva nel settembre 1893 un giornale che passava per fedele  riflesso delle idee preponderanti in seno del Grand'Oriente, il Matin, - che la più parte delle leggi che subiscono i Francesi - parliamo delle grandi leggi politiche, - furono studiate dalla  framassoneria prima di comparire nell'Officiel". Esso aggiungeva: "Le leggi sull'insegnamento  primario, sul divorzio, le leggi d'aumento, le leggi militari, e fra le altre quella sull'obbligo del  servizio militare pei seminaristi, hanno spiccato il loro volo dalla via Cadet verso il palazzo  Borbone; e vi ritornarono inviolabili e definitive". E conchiudeva in aria di trionfo: "Noi siamo  ancora onnipotenti, ma a patto di sintetizzare le nostre aspirazioni in una formula. Da dieci anni, noi  abbiamo camminato ripetendo questo grido: "Il clericalismo, ecco il nemico!" Noi abbiamo  dappertutto scuole laiche, i preti son ridotti al silenzio, i seminaristi portano lo zaino. Non è già un  risultato ordinario in una nazione che si chiama la figlia primogenita della Chiesa".(6) 

La prova di quanto afferma il Matin la troviamo nel Bulletin du Grand Orient. 

Nel 1891, ai 18 settembre, l'assemblea votò la seguente proposta: "L'assemblea massonica invita il  Consiglio dell'Ordine a convocare al palazzo del Grand'Oriente, tutti i membri del Parlamento che  appartengono all'Ordine a fine di comunicar loro i voti espressi dalla generalità dei massoni, come  l'orientazione politica della federazione. Dopo ciascuna di queste riunioni, il Bollettino pubblicherà  la lista di quelli che avranno risposto alla convocazione del Consiglio dell'Ordine, quella di coloro  che si saranno scusati, come pure quella di coloro che non avranno risposto all'invito. Queste  comunicazioni ufficiali del Grand'Oriente, come gli scambi di vedute che le seguiranno, dovranno  essere fatte in uno dei nostri templi, sotto la forma massonica, al grado di apprendista, dirigendo i  lavori il Consiglio dell'Ordine, tenendosi sulle colonne gli invitati".(7) 

Si potrebbe facilmente provare che alla stessa maniera che tutte queste leggi di persecuzione furono  proposte dai framassoni, così fu pure a mezzo di framassoni (obbedienti ad una consegna talvolta  ritardata da un segnale di pericolo che il F... Brisson era incaricato di far alzare sopra l'assemblea)  che esse (leggi) furono votate e infine, dopo la promulgazione, rese più gravi dalle circolari e  regolamenti dei ministri framassoni. 

Molte volte, i giornali hanno messo in rilievo dei ministri che aveano immolato il loro libero  arbitrio ai piedi del Grand'Oriente. In tutti i gabinetti, da ben vent'anni, essi hanno formato sempre  la grande maggioranza. Perciò il F... Colfavra ha potuto dire con tutta verità: "Dai nostri ranghi sono  usciti gli uomini più ragguardevoli del Governo della Repubblica e del partito repubblicano".(8)  Niente è più vero della parola di Mons. Gouthe-Soulard: "Noi non siamo in Repubblica ma in  Framassoneria"; o quella di Gadaud, allora ministro dei lavori pubblici: "La Framassoneria, è la  Repubblica chiusa; la Repubblica, è la Framassoneria aperta". 


Note al capitolo 20 

(1) "Osate, questa parola compendia tutta la politica della nostra rivoluzione". Saint-Just, Relazione  fatta alla Convenzione a nome dei comitati di salute pubblica e della sicurezza generale, 8 ventoso,  anno II. 

(2) È inutile ricordare che nella Francia intera le commissioni degli ospizi e degli uffici di  beneficenza furono rinnovate da cima a fondo. 

(3) Ecco un tratto assai curioso e molto caratteristico: 

Allorché Gambetta era presidente della Camera, diede un giorno un gran pranzo officiale a cui  invitò tutti i membri dell'Assemblea e l'ordine di precedenza fece sedere alla sua destra il più vecchio dei vice presidenti, l'onorevole conte de Durfort de Sivrac, uno dei capi della Destra  cattolica e monarchica. 

Durante il pranzo il deputato d'Anjou osservò il bicchiere singolare e straordinario di cui servivasi il  suo anfitrione e con la famigliarità cortese che gli permetteva il carattere di presidente gli manifestò  il suo stupore e gli chiese se quello strano bicchiere si riferiva a qualche ricordo particolare. 

Infatti - gli rispose semplicemente Gambetta - è il bicchiere di Lutero che si conservava in  Germania da tre secoli e mezzo come una reliquia, e che le società framassoniche d'oltre Reno mi  hanno fatto l'onore insigne di offrirmi come segno di simpatia". 

Chateaubriand nelle sue Mémoires parla pure del bicchiere di Lutero ch'egli avea visto a Berlino  circondato di venerazione, come la sedia di Calvino è custodita religiosamente a Ginevra. 

Affinchè i Tedeschi abbiano potuto privarsi d'un oggetto così prezioso ai loro occhi e ne abbiano  fatto omaggio all'uomo stesso che si atteggiava a personificare in Francia l'idea della guerra ad  oltranza e della riscossa implacabile contro la Germania, quali servizi eccezionali non doveva aver  reso alla setta internazionale! 

(4) Enciclica Inter sollicitudines. 

(5) Quelli che volessero avere alla mano il quadro degli atti legislativi di persecuzione, promulgati  da venticinque anni, potrebbero ricorrere a parecchi opuscoli: La persécution depuis quinze ans, di  un patriota (Maison de la Bonne Presse). Vingt-cinq ans de gouvernement sans Dieu, di Paul  Gréveau (Paris, comité antimaçonníque). Les actes du ministère Waldeck-Rousseau (Paris, chez  Louis Trémaux). La guerre á la religion. Exposé des projets de loi antireligieux, soumis aux  Chambres françaises, di C. Grousseau (Société générale de librairie catholique), etc., etc. 

(6) Articolo del Matin citato dalla "Framassoneria smascherata", settembre 1893, pp. 322-325. 

(7) Bulletin du Grand Orient, 1891, p. 668. 

(8) Congrès international du centenaire, compte-rendu, p. 98. 

domenica 21 novembre 2021

IL PROBLEMA DELL'ORA PRESENTE ANTAGONISMO TRA DUE CIVILTA'

 


Delasuss, Henri; 

Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà  

(I Parte - Guerra alla civiltà cristiana) 


LA FRAMASSONERIA SOTTO L'ASSEMBLEA NAZIONALE 

Giammai reazione più forte e più manifesta uscì dalle viscere della nazione, come quella del 1871.  Gambetta che avea in mano il potere fece il possibile e l'impossibile, dapprima per ritardare le  elezioni, poi per rendersele favorevoli. 

Ecco alcuni dispacci molto significativi: 

Gambetta a Jules Favre. - Io insisto più che mai a considerare le elezioni generali come funeste alla  Repubblica. Io mi rifiuto di accettarle e di darvi corso. 

Delegazione di Tours a Parigi. - Gli elettori sarebbero probabilmente reazionari. Ciò è pieno di  pericoli, Gambetta al Prefetto della Rochelle. - È necessaria un'assemblea repubblicana. Fate tutto quello che  prescriveranno le elezioni. 

Challemel-Lacour (Rhône). - L'Assemblea sarà malvagia, se nominata senza pressione  repubblicana, ecc., ecc. 

Malgrado questa pressione, l'Assemblea nazionale fu cattolica e partigiana della monarchia. Si sa  ciò ch'essa fece. 

Giammai più crudele disinganno succedette ad una sì grande speranza. Il paese vide, senza  rimpianto cadere, il 4 settembre 1870, un regime che per la terza volta avea compromesso la sua  esistenza. Ma nelle elezioni dell'8 febbraio 1871, manifestò la sua poca fiducia nella Repubblica che  era stata proclamata senza di lui. Mandò a Bordeaux per comporre l'Assemblea nazionale una  considerevole maggioranza di deputati ben noti pei loro sentimenti cattolici e realisti. 

Il primo atto dell'Assemblea nazionale fu di chieder preghiere in tutte le chiese "per supplicare Iddio  di calmare le nostre discordie civili e di mettere un termine ai nostri mali". Tre soli deputati si  opposero a questa proposta. Quindi dichiarò di utilità pubblica "la costruzione d'un tempio sul colle  di Montmartre, conforme alla domanda fatta dall'Arcivescovo di Parigi", vale a dire per essere  dedicato al Sacro Cuore come ex-voto di espiazione, di preghiera e di speranza. Essa volea rialzare  il paese umiliato ed abbandonato, e ne dimandava i mezzi a Dio, obbedendo in ciò al suo mandato e  a' suoi propri sentimenti. 

Si deve rifare l'esercito. La legge che lo riorganizza prescrive che ogni domenica e ogni festa sarà  lasciato ai soldati un tempo sufficiente per adempiere i loro doveri religiosi. I cappellani d'armata  sono ristabiliti e non più vincolati ai reggimenti, ma, ciò che è meglio, alle guarnigioni e ai campi.  Dopo l'armata, l'insegnamento. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione è riformato. La  Chiesa ottiene il suo posto nella persona dei vescovi. Poco dopo si dichiara libero l'insegnamento  superiore, e si ricostituiscono le Università cattoliche. 

Poi vengono le Commissioni amministrative degli Stabilimenti di carità: ospizi, ospedali, uffici di  beneficenza sono riorganizzati; il parroco è chiamato a sedere a fianco del sindaco. 

La libertà del bene non è più ostacolata. Non solamente si ricostituisce la società di S. Vincenzo de'  Paoli, ma si fondano nella città circoli d'operai, si moltiplicano nelle campagne i patronati e  l'istruzione religiosa prepara dovunque generazioni cristiane. 

Come mai sì nobile slancio potè essere arrestato, e poi converso in senso opposto? Molti membri  dell'Assemblea nazionale non erano fatti per gl'intrighi del parlamentarismo, e si lasciarono  abbindolare da chi pensava di condurli là dove andar non voleano. Molti eziandio aveano la mente  ingombra di mezze verità del cattolicismo liberale, sovente più funeste, al dire di Pio IX, che gli  errori manifesti. Thiers che, da giovane avea giurato sul crocifisso di odiare la monarchia,(1) e che,  da vecchio, avea ambito di governare la Francia e regnare sopra di essa, s'impadronì ben presto  della direzione dell'Assemblea nazionale. 

Era mestieri fin da principio scongiurare il pericolo d'una ristaurazione monarchica nella persona  del conte di Chambord; questo principe, così cristiano e francese, era in pari tempo così fermo nel  suo programma di governo che non v'era speranza che rinnovasse il fallo commesso da Luigi  XVIII. Tutte le forze della Rivoluzione, tutti i suoi partiti diversi, cominciando dal liberale cattolico,  lavorarono non per un accordo positivo, ma ciascuno per proprio conto, ed a modo suo, per  escluderlo dal trono de' suoi padri. Fu in primo luogo la Comune, protetta da Bismarck, abilmente  sfruttata, nelle prime ore, dal Thiers, e sostenuta dalla framassoneria. Essa volle con un sol colpo e  colla violenza, alla foggia del 93, ciò che si fa oggigiorno in una maniera più sicura e più durevole  in nome della legge. Il 26 aprile 1871, cinquantacinque loggie, più di diecimila framassoni, condotti  dai loro dignitari, vestiti delle loro insegne, si recarono in processione sugli spalti delle mura per  piantarvi le loro bandiere e al palazzo municipale per salutare il potere rivoluzionario. Il F... 

Tiriforque avea detto ai comunardi: "La Comune è la più grande rivoluzione che sia mai stato dato  al mondo di contemplare", e ne adduceva la ragione che essa era "il nuovo tempio di Salomone",  vale a dire la realizzazione del concetto massonico dell'organizzazione sociale. Quel membro della  Comune che fu incaricato di rispondergli disse: "Noi sappiamo che lo scopo della vostra  associazione è identico a quello della Comune, la rigenerazione sociale". 

In ciascuna delle nostre rivoluzioni, si fanno udire le medesime parole, col medesimo scopo da  raggiungere e verso il quale non si cessa di camminare, per vie ora dirette, ora indirette, cioè:  l'annientamento della civiltà cristiana a profitto d'una civiltà opposta. Lo ripeteva brutalmente agli  ostaggi Raoul Rigault: "Sono 1800 anni che ciò dura: bisogna che finisca". 

Vinta la Comune, alla violenza successe l'intrigo. Thiers si diè a tutt'uomo e subito a disgregare la  maggioranza realista dell'Assemblea, a sollevare ogni sorta di diffidenze tra le persone che tutto  dovea conciliare ed unire. 

Intanto il popolo, vedendo che gli uomini gli venivano meno, inalzava la voce a Dio. Si  moltiplicavano i pellegrinaggi ai santuari di S. Michele e della Salette, di Paray-le-Monial e di  Lourdes; per tutte le vie risuonava questo grido al Sacro Cuore: "Salvate Roma e la Francia!" Il 24  maggio 1873, l'Assemblea nazionale riprese possesso di se stessa; ma il paese non era più quello di  due anni prima quando gemeva sotto la mano vendicatrice di Dio. La propaganda rivoluzionaria,  ripresa da Thiers e da' suoi agenti, faceva di giorno in giorno progressi nelle elezioni parziali; e  d'altronde, i cattolici aveano provocato Enrico V a dichiarazioni di cui si servirono per allontanarlo  definitivamente dal trono.(2) 

Dal canto suo, Bismarck, grande dignitario massone, non dissimulò punto, come lo provarono i  dibattiti del processo del conte d'Arnim, suo ex-ambasciatore a Parigi, la sua viva opposizione alla  dinastia tradizionale. Egli è certo che nel 1872, le società segrete si concertarono in tutta l'Europa  per impedire l'avvenimento di Enrico V. Quindici giorni dopo la sua morte, il 9 settembre 1883,  molti framassoni si riunirono alla loggia degli Ospitalieri di Saint-Ouen, e il F... Cuénot vi bevette  "alla salute della morte di Enrico V". Questo brindisi fu coperto di applausi e di risa. Subito dopo, il  medesimo Cuénot bevette alla salute di Bismarck. 

Il 28 ottobre 1873, Mons. Dupanloup avea scritto ad un ministro protestante, il de Pressensé: "È mia  profonda convinzione che i mali della Francia, se fallisce ciò che si prepara,(3) faranno stupire il  mondo; noi cadremo di sventura in sventura fino all'abisso. La maledizione dell'avvenire e della  storia peserà su coloro che potendo rimettere. il paese su basi secolari nella stabilità, nella libertà e  nell'onore, avranno intralciato quest'opera e precipitata questa sventurata Francia, nel momento  stesso che con uno sforzo supremo stava per salvarsi, sul pendio fatale in cui è trascinata, da quasi  un secolo, di catastrofe in catastrofe. Quale tristezza e qual rimorso per certuni costretti a dire: Vi fu  un giorno, un'ora in cui si sarebbe potuto salvare la Francia, in cui il nostro concorso sarebbe stato  decisivo, e noi non abbiamo voluto darlo!"(4) 

Sappiamo bene di quali persone Mons. Dupanloup intendeva parlare co' suoi rimproveri, su chi  volea far cadere la terribile responsabilità di aver rifiutato il proprio concorso alla salvezza della  Francia, e di essersi così meritate le maledizioni dell'avvenire; ma noi dubitiamo che la storia si  associ al pensiero che ha ispirato questi rimproveri e si mostri d'accordo col prelato. Checchè ne sia,  la profezia doveva avverarsi; noi fummo fin da quel momento lanciati sul pendio fatale e corriamo  verso l'abisso. 

L'Assemblea nazionale fece delle buone e belle cose, ma non era dessa che le doveva fare, perché  non poteva assicurarne né la difesa né la durata. Ad essa unicamente spettava il dovere di ricostituire l'autorità, di lasciar venire l'augusto suo rappresentante a riprendere il suo posto alla  nostra testa. 

Essa non lo fece perché molti de' suoi membri erano più o meno bacati di modernismo, vale a dire  imbevuti delle idee moderne, dei principii dell'89. 

"L'essenza del modernismo - dice Charles Perrin - è la pretesa di eliminare Dio dalla vita sociale.  L'uomo, secondo l'idea moderna, essendo Dio a se stesso, signore e sovrano del mondo, fa d'uopo  che nella società tutto si faccia da lui e con la sola autorità della legge ch'ei detta. Questo è il  modernismo assoluto che è in contraddizione radicale coll'ordine sociale fondato dalla Chiesa,  secondo il quale la vita pubblica e la vita privata miravano al medesimo. fine, e dove tutto si faceva  direttamente o indirettamente in vista di Dio e sotto la suprema autorità del potere istituito da Dio  per reggere l'ordine spirituale. 

"Vi è un modernismo temperato che non fa apertamente guerra a Dio, e che, in qualche guisa, viene  a patti con lui. Senza negarlo né combatterlo, gli assegna, ponendolo nel diritto comune, il posto che  può occupare in mezzo agli uomini. Con questa tattica, pur conservando le apparenze d'un certo  rispetto, pone Dio sotto il dominio e la tutela dello Stato. Questo modernismo temperato e  circospetto è il liberalismo d'ogni gradazione e d'ogni tinta ". 

Si può dire con altrettanta verità: è il massonismo, come vedremo più tardi. 

"Secondo le circostanze - continua Charles Perrin - la Rivoluzione piega da una parte o dall'altra,  ma resta sempre la stessa quanto alla sua pretesa fondamentale: la secolarizzazione della vita sociale  in tutti i suoi gradi e sotto tutte le sue forme. 

"Che strana illusione! quale contraddizione singolare è quella di lusingarsi di dare al nostro tempo  qualche stabilità; pur accettando in un grado qualunque, in una maniera od in un'altra, per quanto  possa essere attenuata, l'idea di modernismo".(5) 

Enrico V avea manifestato la sua ferma risoluzione di regolare tutte le questioni politiche e sociali  del tempo, non secondo il modernismo, ma secondo il cristianesimo. Egli avea così formulato il suo  sovrano pensiero: Far rientrare Dio da padrone nella società, affinché egli potesse regnare da re.  Questa frase offese i cattolici liberali; e quelli che non erano infetti di modernismo, o non lo erano  che in piccola dose, n'ebbero paura, e la paura li rese esitanti e perplessi. Davanti a queste esitazioni  la Rivoluzione pigliò ardire e finì col mettersi al suo posto. 


Note al capitolo 19 

(1) Nel 1849, Michel de Bourges ricordò il fatto nel 15° banco dell'Assemblea nazionale: "Noi  giurammo, Thiers ed io, odio alla monarchia con questa circostanza assai pungente: Thiers teneva il  crocifisso quand'io giurava ed io lo teneva quando Thiers giurò odio alla monarchia". Era in una  vendita di Carbonari, se la polizia non interveniva; e se ci fosse intervenuta, era una riunione  d'amici, per festeggiare un laureato. 

La Provence, giornale d'Aix, ricordò lungamente questi fatti nel suo n° del 1° dicembre 1872,  allorché Thiers era Presidente della Repubblica, e che, in questa città, molti amici sorvegliavano  diligentemente tutto ciò che si scriveva di lui. Non venne alcuna smentita. 

(2) "L'Assemblea - dice Samuel Denis nella sua Histoire contemporaine, t. IV, p. 647 - era  composta in gran parte di liberali che erano per giunta cristiani ferventi e convinti". Le quali parole  nel senso dello storico non sono un biasimo, tutt'altro: questo IV volume è tutto rivolto a giustificare  questi cattolici liberali e a rigettare su Enrico V lo scacco subito dalla monarchia. 

(3) Una monarchia parlamentare contrassegnata dalla bandiera tricolore. 

(4) Pubblicato dal marchese de Dreux-Brézé, Notes et Souvenirs per servire alla storia del partito  realista, 1872-1883, pp. 167-168. 

(5) Le Modernisme dans l'Eglise, secondo le lettere inedite di Lamennais. 

domenica 24 ottobre 2021

Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà

 


Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà  

(I Parte - Guerra alla civiltà cristiana) 


LA FRAMASSONERIA SOTTO IL SECONDO IMPERO 

Il moto rivoluzionario del 48 era prematuro. La reazione ch'esso produsse nella pubblica opinione,  in Francia e nei diversi paesi dell'Europa, fece comprendere alla framassoneria che, mantenere la  Repubblica fra noi, avrebbe fatto retrocedere l'opera sua negli altri Stati. Essa dunque decise di  sostituire alla Repubblica una dittatura ed elesse, perchè ne fosse il titolare, un uomo legato ad essa  da terribili giuramenti, che avrà cura più tardi di fargli ricordare: il carbonaro Luigi Napoleone  Bonaparte. Si può vedere nell'opera di Deschamps e Claudio Jannet (t. II. pp. 315 a 324), in quali  guise questa dittatura fu preparata e patrocinata dalla massoneria internazionale e particolarmente  da un suo gran capo, Lord Palmerston, e come la setta che tanto si era adoperata per limitare il  potere di Luigi XVIII e di Carlo X, si prestò a stabilire una vera autocrazia. (1) 

Intanto, salendo al trono, Napoleone III avea compreso, o almeno parve avesse compreso, dove era  riposta la salute della Francia, e quello che esigeva l'interesse della sua dinastia. Egli avea detto  delle belle e buone parole, avea dato al clero delle soddisfazioni, ma nessuna di quelle che  accennassero a colpire le conquiste della Rivoluzione sopra la Chiesa. Fu per questo che avendo domandato a Pio IX di venire a consacrarlo, il Papa avea risposto: "Ben volentieri, ma a patto che  siano abrogati gli articoli organici". Napoleone preferì rinunciare alla consacrazione. 

Nell'opera che avea precedentemente pubblicato sotto il titolo: Idées napoléoniennes, L. Napoleone  avea messo a nudo il fondo de' suoi pensieri. "Gli uomini grandi, hanno questo di comune colla  divinità, ch'essi non muoiono mai interamente; sopravvive il loro spirito, e l'idea napoleonica è  uscita fuori dalla tomba di Sant'Elena nelle stessa guisa che la morale del Vangelo sorse trionfante  malgrado il supplizio del Calvario ... Napoleone, comparendo sulla scena del mondo, vide che la  sua missione era quella di farsi l'esecutore testamentario della Rivoluzione ... Egli stabilì in Francia  e introdusse dovunque in Europa i principali beneficii della grande crisi dell'89 ... L'imperatore  dev'essere considerato come il Messia delle nuove idee". (2) 

Nuove idee, nuovo Vangelo, nuovo Messia, nessun'altra parola può meglio rivelare quello che la  Rivoluzione vuol introdurre nel mondo, e quello di cui Napoleone III, dopo Napoleone I, si è  costituito fedele esecutore. Egli fu più dissimulatore, ma non meno risoluto del suo cugino, il quale,  al Senato, il 25 febbraio 1862, faceva sue queste parole di Thiers nel 1845: "Intendete bene ciò ch'io  penso. Io sono del partito della Rivoluzione, tanto in Francia che in Europa. Mi auguro che il  governo della Rivoluzione resti in mano dei moderati; ma quando questo governo passerà nelle  mani d'uomini ardenti, fossero pure i radicali, non abbandonerò per questo la mia causa; io sarò  sempre del partito della Rivoluzione". 

La tradizione continua. 

Nell'occasione del centenario del Codice civile, il principe Vittorio Napoleone scrisse ad Alberto  Vandal una lettera in cui disse: "Si celebra il centenario del Codice che compendia l'opera sociale  della Rivoluzione francese ne' suoi dati fondamentali, l'emancipazione delle persone e dei beni ..."  Gli uomini del 1789 aveano proclamato i principii del nuovo ordine sociale. Esso s'impadronì di  questi principii; diede loro una forma netta e precisa; ne fece il monumento legislativo che l'Europa  salutò più tardi col nome di Codice napoleonico. Il Codice napoleonico ha consacrato in Francia le  dottrine del 1789. Egli le portò assai al di là delle nostre frontiere". 

Napoleone I ha sempre, come si vede, degli eredi del suo pensiero e dell'opera sua. Come  Napoleone III, come il principe Girolamo, il principe Vittorio lo ha ricevuto in deposito e ne è il  custode fedele. 

Fin dal primo giorno Napoleone III mostrò ch'egli era effettivamente l'uomo della Rivoluzione,  quegli che si credeva o si dava la missione "di radicarla in Francia e d'introdurla dovunque in  Europa ". Appena le truppe francesi aveano aperte a Pio IX le porte di Roma, scrisse ad Edgar Ney:  "Io riassumo così il ristabilimento del potere temporale del Papa: amnistia generale,  secolarizzazione dell'amministrazione, Codice napoleonico e Governo liberale". Amnistia generale,  era un nuovo premio d'incoraggiamento dato a' suoi F... carbonari; secolarizzazione  dell'amministrazione, era la laicizzazione senza altri limiti che l'annientamento assoluto del potere  ecclesiastico;(3) Codice napoleonico significava: distruzione dell'antica proprietà ed abolizione  d'una legislazione a cui presiedevano il nome e l'autorità di Dio; Governo liberale, Napoleone nol  voleva per sè, e pretendeva imporlo al Papa. 

La massoneria voleva anche di più. L'attentato di Orsini venne a ricordarglielo; ed egli dovette  mostrarsi fedele a' suoi giuramenti. Si fece dunque un dovere di compiere quello che la prima  Repubblica, poi il primo Impero aveano tentato: 

la distruzione del potete temporale dei Papi. È nota questa deplorevole storia: l'imperatore, preso fra  gl'interessi evidenti della Francia e della sua dinastia, e la brama di farsi, dietro l'esempio dello zio,  l'esecutore testamentario della Rivoluzione, andava innanzi, indietro, giuocava a doppio giuoco,  l'uno officiale per mezzo de' suoi ministri e ambasciatori, l'altro per mezzo d'una diplomazia  occulta, i cui agenti erano presi dalle società segrete.(4) Lo scopo è raggiunto. Da ben trentacinque  anni l'Italia è una, il potere temporale non è che un ricordo o un'ombra. Non preveniamo i consigli  della Provvidenza; noi non sappiamo se, quando, e come ella renderà al Sommo Pontificato i suoi  mezzi d'azione ordinari e necessari nell'ordine regolare delle cose; ma la setta si tiene omai sicura  che tutto è finito. E se essa vuole un cambiamento in ciò che ha fatto, gli è che il regime attuale  dell'Italia si trasformi in Repubblica. Unendosi alla Repubblica sorella di Francia, alla Repubblica  spagnuola che sorgerà nel giorno e nell'ora fissata dalla massoneria, e senza dubbio ad altre ancora,  essa contribuirà a formare il nucleo della Repubblica universale, o della massoneria che governa  apertamente il mondo da un punto all'altro dell'universo. 

Tutta la politica estera di Napoleone III fu ispirata e diretta dalla volontà di liberare l'Italia e di  compiere il suo giuramento di carbonaro. Egli avea fatto per essa la guerra del 1859, senza riuscire  ad attuare intieramente il suo programma. Vide nel conflitto austro-prussiano il mezzo di liberare la  Venezia, e fu questo il motivo unico della sua segreta collaborazione ai cinici progetti di Bismarck.  "L'Imperatore l'ha aiutato - scrisse Emilio Ollivier - non per debolezza, nè per raggiro, ma con piena  cognizione di causa. Liberamente egli ha contribuito alla sua fortuna, come a quella di Cavour. Egli  vedeva in lui lo strumento provvidenziale pel cui mezzo si compirebbe la liberazione d'Italia".  Allorchè giunse a Parigi, il 3 luglio 1866, la nuova della vittoria riportata dai Prussiani a Sadowa  sull'esercito austriaco, vittoria che sì duramente colpiva la potenza francese, i ministri insistettero  perchè si mobilizzasse l'esercito, e l'imperatore assentì dapprima ai loro desiderii; ma il principe  Napoleone intervenne il 14 luglio e fece pervenire all'imperatore una nota nella quale si diceva:  "Quelli che sognano che l'imperatore abbia il cómpito di far trionfare colla forza la reazione e il  clericalismo europeo, devono spingerlo ad un'alleanza coll'Austria e ad una guerra contro la Prussia;  ma quelli che veggono in Napoleone III, non il moderatore contro la Rivoluzione, ma bensì il suo  capo illuminato, costoro sarebbero ben inquieti il giorno ch`egli entrasse in una politica, la quale  sarebbe la rovina della vera grandezza e della gloria di Napoleone III". Napoleone si arrese ai  consigli dei cugino.(5) 

La guerra del 1870 non ebbe altro scopo nei disegni della setta; la Gazette d'Augsbourg (Augusta)  ne diede questa spiegazione: "Sui campi di battaglia del Reno non abbiamo soltanto combattuto  contro la Francia, ma altresì contro Roma, che tiene schiavo il mondo; noi abbiamo tirato sul clero  cattolico".(6) 

Rovesciare il trono pontificio, favorire il trionfo del protestantesimo in Europa era molto  certamente, ma non bastava per appagare le esigenze della setta. Napoleone III chiese a Rouland,  ministro dell'istruzione pubblica e dei culti, di stendere per suo uso un piano di campagna contro la  Chiesa di Francia. Questo piano, trovato nei cassetti dell'imperatore nel 1870, gli era stato  consegnato nell'aprile 1860. 

Esso porta questo titolo significativo: Mémoire sur la politique à suivre vis-à-vis de l'Eglise. 

Comincia col dimandare se bisogna "cangiar sistema di punto in bianco: espellere le congregazioni  religiose, modificare la legge sull'insegnamento, applicare rigorosamente gli articoli organici".(7)  No. "Bisogna arrivarvi a poco a poco e senza strepito". Chi non riconoscerà in questa frase  l'accorgimento della setta che diede ai Gambetta ed ai Ferry questa parola d'ordine: "A passo lento,  ma sicuro" ? Sono adunque ben ciechi coloro che, in questa persistenza di continui sforzi durante un  secolo e più, si rifiutano ancora di vedere la mano d'un potere sempre vivo ed operoso, e che, nelle  attuali ostilità, non trovano altra ragione che rappresaglie da prendersi contro coloro i quali, senza cospirare contro il regime repubblicano, non hanno per la repubblica massonica che una relativa  ammirazione.(8) 

Il Mémoire addita come un pericolo "la credenza dell'episcopato e dei clero nell'infallibilità del  Papa", "lo sviluppo delle conferenze di S. Vincenzo de' Paoli e delle società di S. Francesco Regis",  "i progressi delle congregazioni religiose dedicate all'insegnamento popolare". 

"Egli è impossibile all'elemento laico - dice a questo proposito Rouland - di lottare su questo terreno  contro l'insegnamento religioso che, in realtà o in apparenza, offrirà sempre alle famiglie maggiori  garanzie di moralità e di abnegazione". E un po' più avanti: "La nostra influenza ne scapiterebbe  assai rispetto al suffragio universale, se tutto l'insegnamento primario cadesse nelle mani delle  congregazioni". Come sono eloquenti queste due frasi! 

Il piano fu tosto messo in esecuzione. 

Da prima la società di S. Vincenzo de' Paoli. - Il ministro dell'interno avvisò i prefetti de' suoi  "intrighi tenebrosi", e volle sottomettere il consiglio centrale, i consigli provinciali e le conferenze  locali, all'autorizzazione del Governo. La società preferì la morte alla degradazione, e cadde come  dovea cadere. Dio ne la ricompensò più tardi col farla rivivere. 

Poi venne la legge del 1850 sulla libertà d'insegnamento. 

Rouland dice nel suo Mémoire ch'essa è un "gran male" ma che volerla sopprimere, susciterebbe  "una lotta immensa, accanita": parole che dimostrano come perseguitando la religione, tutti questi  uomini dei Governo massonico sanno di offendere il sentimento pubblico. Non potendo sopprimere  la libertà d'insegnamento, il Governo imperiale lo attaccò astutamente con decreti amministrativi.  Le congregazioni. - Rouland consigliava di non tollerar più alcun nuovo stabilimento diretto da  religiosi, d'essere severo per le congregazioni femminili, e di non più approvare se non con molta  difficoltà i doni e legati che fossero fatti agli uni o alle altre. 

Il clero secolare. - Si cerca ogni via di seminare la zizzania nel campo della Chiesa, opponendo  gl'interessi del clero inferiore a quelli dell'Episcopato. "Niente sarebbe più saggio e giusto insieme ~  dice Rouland - che aumentare l'assegno del clero inferiore". Ma, nel tempo stesso, domanda che si  susciti "una reazione antireligiosa che eserciti l'ufficio di polizia sulle colpe del clero e formi  intorno ad esso un cerchio di resistenza e di opposizione che lo comprima". Per ciò che concerne i  vescovi, Rouland avea dettato questo modo di agire: "Scegliere risolutamente a vescovi uomini pii,  onorevoli (non si dice punto: istruiti e di fermo carattere), ma noti per il loro attaccamento sincero  all'imperatore e alle istituzioni della Francia ..., senza che il Nunzio vi abbia nulla a vedere". E per  mettere in atto il progetto, si cessa d'invitare ogni cinque anni, come si usava, gli arcivescovi e  vescovi a designare confidenzialmente gli ecclesiastici che credono i più degni di promozione  all'episcopato; si vieta inoltre ai vescovi di riunirsi. Sette fra arcivescovi e vescovi avendo creduto  di poter firmare una risposta collettiva pubblicata nel Monde sulla necessità di tener presenti al  tempo delle elezioni gl'interessi della Chiesa, Rouland scrisse loro che con quell'atto essi han tenuto  una specie di concilio particolare, senza riguardo agli articoli organici, e li citò dinanzi al Consiglio  dì Stato. 

Il pensiero dell'imperatore e de' suoi cortigiani andò più oltre. Venne il momento in cui pensarono  ad una rottura con Roma. 

Un prelato che passava allora per assai devoto alla dinastia, Mons. Thibault, vescovo di  Montpellier, fu chiamato a Parigi. Il ministro dei culti cominciò ad ingannare il povero vescovo ed a  biasimare l'ostilità dei Pie, dei Gerbet, dei Salinis, dei Plantier, dei Dupanloup contro la politica del  Governo francese. Poi Napoleone lo ricevette in udienza privata. Il sovrano gli spiegò che si trattava  di salvare la Chiesa di Francia e di opporre una diga ai progressi dell'irreligione. Il prelato promise  di consacrarsi all'opera che si aspettava da lui e prese l'impegno di far rifiorire "le tradizioni e le  dottrine di Bossuet". 

Ma appena Mons. Thibault era uscito dalle Tuileries, la sua coscienza lo rimproverò d'aver dato  l'assenso a ciò che non era altro che un progetto di scisma. Immediatamente, ordina al cocchiere di  condurlo dall'arcivescovo di Parigi. Era allora il cardinal Morlot che occupava la sede di S. Dionigi.  "Eminenza - disse Mons. Thibault - io sono un gran colpevole. Ho accettato dall'imperatore la  missione di favorire la rottura della Chiesa di Francia colla Santa Sede ...". Queste ultime parole  spiravano sulle labbra del prelato, quando all'improvviso Mons. Morlot vede il suo interlocutore  impallidire e cadere al suolo. Mons. Thibault era morto. 

Nel medesimo tempo che per ogni via si cercava di umiliare la Chiesa, s'incoraggiava apertamente  la framassoneria. Essa viene riconosciuta ufficialmente dal ministro dell'interno, duca di Persigny; e  il principe Murat, inaugurando le sue funzioni di Grande Maestro, disse francamente: "L'avvenire  della massoneria non è più dubbio. L'èra novella le sarà propizia. Noi riprendiamo l'opera nostra 

sotto felici auspicii. È venuto il momento che la massoneria deve mostrare ciò che è, ciò che vuole,  ciò che può". 

Viene il Sillabo che dà l'elenco degli errori contemporanei. Il ministro dei culti si permette di  portarvi il suo giudizio, e lo comunica ai vescovi. Scrive loro che "il Sillabo è contrario ai principii  sui quali riposa la costituzione dell'Impero". Per conseguenza proibisce di pubblicarlo. 

Rouland dice dalla tribuna, e si grida fin nei villaggi, che il Sillabo "impedisce il cammino alla  civiltà moderna". Sicuramente alla civiltà del Rinascimento, della Riforma e della Rivoluzione. Si  lascia dire e si fa dire che "o la Chiesa modificherà la sua dottrina, o la Chiesa perirà"; questo ultimatum è fatto lanciare dal Siècle. Ma la Chiesa, immutata nella sua dottrina, vive sempre, e  l'Impero è caduto. 

È inutile di prolungare questa rassegna e di parlare della lega dell'insegnamento, incaricata di  preparare la scuola neutra, dei collegi femminili, della direzione impressa alla stampa, della  composizione delle biblioteche popolari, delle bettole e delle case di perdizione moltiplicate  dovunque, mezzi tutti destinati a strappare l'anima del popolo all'impero della religione. 

Tutto questo prepara la Comune che formulerà così la sua prima legge: "Art. I. La Chiesa è separata  dallo Stato. Art. II. È soppresso il bilancio dei culti. Art. III. I beni appartenenti alle congregazioni  religiose mobili ed immobili sono dichiarati proprietà nazionale. Art. IV. Un'inchiesta sarà fatta  immediatamente su questi beni per constatarne il valore e porli a disposizione della nazione". Come  sanzione (di questa legge) vennero le fucilate. 

È il programma che si realizza oggidì da un governo che sembra regolare. 

La setta si serve egualmente dei governi regolari ed irregolari, dei legittimi e dei rivoluzionari per  compiere i suoi disegni. Il rapido esame che abbiamo fatto degli eventi che seguirono dal  Concordato all'Assemblea nazionale del 1871, deve convincere tutti i nostri lettori. 

Note al capitolo 18 

(1) Abbiamo parlato del convegno tenuto a Strasburgo nel 1847. Nel 1852 si tenne a Parigi un altro  convegno, dei capi delle società segrete europee. Vi furono decretate la dittatura, sotto il nome  d'impero, nella persona di Luigi Napoleone e la rivoluzione italiana. Mazzini, allora sotto il colpo  d'una condanna a morte pronunciata contro di lui in Francia, non volle recarvisi che col  salvacondotto firmato da Luigi Napoleone stesso. Tre membri solamente del gran convegno  persistettero con lui a chiedere lo stabilimento d'una repubblica democratica. Ma la grande  maggioranza pensò che una dittatura farebbe meglio gli affari della Rivoluzione e l'impero fu  decretato. 

Il 15 ottobre 1852 dieci mesi dopo il colpo di stato del 2 dicembre e sei settimane prima della  proclamazione dell'impero, il Consiglio del Gran Maestro del Grand'Oriente votò un indirizzo a  Luigi Napoleone che terminava così: "La framassoneria vi manda un saluto; non arrestatevi a  mezzo d'una carriera sì bella; assicurate la felicità di tutti ponendo sulla vostra nobile fronte la  corona imperiale; accettate i nostri omaggi e permetteteci di far udire il grido dei nostri cuori: Viva  l'Imperatore!". 

(2) Œuvres de Napoléon III, t. I. Tre anni fa, l'erede dei Napoleonidi diceva in un manifesto: "Voi  conoscete le mie idee. Io credo opportuno oggi di precisarle per i miei amici. Ricordatevi che voi  siete i difensori della Rivoluzione del 1789. Napoleone, secondo la sua propria espressione, ha  purificata la Rivoluzione .. : egli ne ha fortemente conservato i principii". 

(3) Secondo i rilievi stabiliti allora dal Fr. de Corcelles, vi erano nell'amministrazione degli Stati  pontifici, 6836 funzionari laici contro 289 ecclesiastici, compresivi 179 cappellani di prigione e  annessi al Vicariato di Roma. Gli ufficiali dell'esercito non figuravano in questo quadro  comparativo. 

(4) Nel settembre 1896, il Correspondant pubblicò sotto il titolo: Un ami de Napoléon III, le comte  Arese, dei documenti inediti sulle relazioni intime che esistevano durante il secondo impero tra il  carbonaro coronato e il settario italiano. Tra questi documenti havvi una lettera che rivela tutta  l'ipocrisia da lui usata nella questione romana. Mentre i suoi ministri prodigavano dichiarazioni atte  a rassicurare i cattolici francesi, egli teneva col conte Arese delle conversazioni che quest'ultimo  riassumeva come segue in una lettera al conte Pasolini: "Addormentate il Papa; lasciateci avere la  convinzione che voi non lo assalirete, ed io non chiedo nulla di meglio che di andarmene (di ritirare  le truppe da Roma). Dopo, voi farete ciò che vorrete". 

Questa frase attribuita all'imperatore dal suo amico Arese, non richiama alla memoria il motto di  Mons. Pie: "Lavati le mani, o Pilato!" 

(5) Il Journal de Bruxelles riferì le parole pronunciate in quell'epoca dal principe Girolamo in un  pranzo in casa di Girardin:  

"È giunta l'ora in cui la bandiera della Rivoluzione, quella dell'Impero, dev'essere largamente  spiegata. 

"Qual è il programma di questa Rivoluzione? 

"È in primo luogo la lotta ingaggiata contro il cattolicismo, lotta che bisogna proseguire e  terminare; è la costituzione delle grandi Unità nazionali sulle rovine degli Stati artificiali e dei  trattati che fondarono questi Stati; è la democrazia trionfante, che ha per fondamento il suffragio universale, ma che ha bisogno, per un secolo, d'essere diretta dalle forti mani dei Cesari; è la  Francia imperiale all'apice di questa situazione europea; è la guerra, una lunga guerra, come  strumento di questa politica. 

"Ecco il programma e la bandiera. 

"Ora, il primo ostacolo da superare, è l'Austria. L'Austria è il più potente appoggio dell'influenza  cattolica nel mondo; essa rappresenta la forma federativa opposta al principio delle nazionalità  unitarie; essa vuol far trionfare a Vienna, a Pest e a Francfort, le istituzioni opposte alla democrazia;  è l'ultimo riparo del cattolicismo e della feudalità; è mestieri dunque abbatterla e schiacciarla.  "L'opera fu incominciata nel 1859, oggi deve compiersi. 

"La Francia imperiale deve dunque rimanere la nemica dell'Austria; essa dev'essere l'amica e il  sostegno della Prussia, la patria del gran Lutero e che assale l'Austria colle sue idee e colle sue armi;  essa deve sostenere l'Italia che è il centro attuale della Rivoluzione nel mondo, aspettando che la  Francia lo divenga, e che ha la missione di rovesciare il cattolicismo a Roma, come la Prussia ha  per missione di distruggerlo a Vienna. 

"Noi dobbiamo essere gli alleati della Prussia e dell'Italia, e i nostri eserciti saranno impegnati nella  lotta prima di due mesi". 

(6) Extraits cités dans la Politique prussienne, par un Allemand anonyme, pp. 133-134. 

(7) È il metodo seguito ancora al presente; il che ben dimostra che é sempre la medesima potenza  occulta che lo dirige, ieri come oggi. 

(8) V. fra gli altri, la Démocratie chrétienne, mars 1900. 

Delasuss, Henri;