giovedì 3 settembre 2020

Card. Burke: il Preziosissimo Sangue e la battaglia per la vita umana




Durante questo mese [di luglio] dedicato al Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, è opportuno riflettere sull’apostolato fondamentale, che promuove il rispetto per l’inviolabile dignità della vita umana, poiché Cristo ha versato il Suo Sangue per la salvezza di tutti gli uomini.
Esorto i soldati della vita a persistere, sempre più numerosi, nella battaglia contro la cultura della morte: non potremo mai accettare l’attacco ai nostri fratelli e sorelle, innocenti e indifesi.
È il Preziosissimo Sangue di Gesù che ci anima e ci mantiene forti per la battaglia“.
La Chiesa ha designato il mese di luglio per rinnovare la nostra devozione al Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo.
Meditando sul Preziosissimo Sangue, le nostre menti ed i nostri cuori si volgono a due festività dell’Anno Liturgico.
La prima è il Venerdì Santo, il giorno in cui Nostro Signore Gesù Cristo è morto per noi sulla Croce e, dopo la Sua morte, ha permesso alla lancia del soldato romano di perforare il Suo Cuore, da cui scorsero sangue e acqua (cfr. Gv 19, 34).
Il sangue che fluiva dal lato trafitto era un segno del Preziosissimo Sangue, che scorreva incessantemente dal Suo glorioso Corpo trafitto nel Sacramento della Santissima Eucaristia per la nostra guarigione e forza.

La seconda è la festività del Corpus Domini, in cui celebriamo il grande Sacramento mediante il quale Cristo, nel suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità, dimora in noi nella Chiesa.
Nel Preziosissimo Sangue di Nostro Signore, contempliamo il grande Sacramento, il Mistero della Fede, in cui, nelle parole di San Tommaso d’Aquino, «il bene comune spirituale di tutta la Chiesa è contenuto sostanzialmente» (Summa Theologiae, III, q. 65, art. 3, ad 1).
Cristo ha versato il Suo Preziosissimo Sangue per noi nel Sacrificio del Calvario, ma per primo ha versato il Suo stesso Sangue nell’Ultima Cena, istituendo per sempre la Santa Eucaristia.
Ad ogni sacrificio eucaristico, Lui rende sacramentalmente presente il sacrificio del Calvario (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1324).

L’Alleanza restaurata. Con il Preziosissimo Sangue di Dio, il Figlio Incarnato, Dio Padre ha portato a compimento l’alleanza che aveva stretto con noi al tempo del peccato originale. Dopo che Adamo ed Eva, nostri progenitori, ebbero gravemente spezzato la comunione con Dio con il peccato capitale dell’orgoglio, Dio, nel Suo inesauribile e generoso amore, promise di restaurare l’alleanza con Lui estirpando il peccato dalla nostra natura umana e dandoci la vita eterna (cfr. Gn 3, 15).
Nel corso dei secoli, che hanno preceduto la grande opera dell’Incarnazione Redentrice, Dio Padre ha rinnovato la Sua alleanza con noi, simboleggiata nel modo più sorprendente dall’effusione del sangue dell’Agnello Pasquale al tempo dell’Esodo.
Il sangue dell’Agnello Pasquale salvò i nostri antenati nella fede dalla morte e fu la prefigurazione dello spargimento del sangue dell’Agnello di Dio, che in verità toglie i peccati del mondo, salvandoci dalla morte eterna (cfr. Es 12, 3-13; e Gv 1, 29).
Nelle parole della Lettera agli Ebrei: «[Cristo] entrò una volta per sempre nel santuario, non attraverso il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna» (Eb 9, 12).

Nella celebrazione del Preziosissimo Sangue, Dom Prosper Guéranger in L’Anno liturgico commenta: «Il sangue di Cristo deve essere per noi in quest’ora il sangue del testamento, il pegno dell’alleanza che Dio ci propone, la dote costituita dall’eterna Sapienza che invita gli uomini a quella divina unione di cui lo Spirito di santità procura senza fine il compimento nelle nostre anime».
Adorando il Preziosissimo Sangue di Gesù, rallegriamoci del grande mistero dell’amore perenne di Dio verso noi, il Suo matrimonio con noi, sigillato dall’antica Alleanza, che si consuma nell’effusione del Preziosissimo Sangue del Suo unico Figlio generato. Attraverso l’effusione del Preziosissimo Sangue di Gesù dal Suo glorioso Cuore trafitto, lo Spirito Santo dimorerà sempre nei nostri cuori e noi a nostra volta rispondiamo con l’amore puro, altruista, fedele e duraturo per Dio. Lo Spirito Santo purifica e rafforza i nostri cuori nell’unione con il Sacro Cuore di Gesù.
L’apostolato fondamentale. Durante questo mese dedicato al Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, è opportuno riflettere sull’apostolato fondamentale che promuove il rispetto per l’inviolabile dignità della vita umana, poiché Cristo ha versato il Suo Sangue per la salvezza di tutti gli uomini.
Prima di tutto, incoraggio i tanti, eccellenti e instancabili leader pro-life in tutto il mondo ed esorto questi soldati della vita a persistere, sempre più numerosi, nella battaglia contro la cultura della morte e in difesa della civiltà della vita e dell’amore.
È una battaglia lunga e ardua, ed è facile scoraggiarsi. C’è chi dice che l’aborto sia ormai la “legge della terra”; una legge stabilita e che, quindi, dovremmo accettare. Ma non potremo mai accettare l’attacco ai nostri fratelli e sorelle innocenti e indifesi.
Non potremo mai arrenderci dal difendere i più vulnerabili.
Non dobbiamo mai smettere di lottare per coloro che non hanno il potere di difendersi.
È il Preziosissimo Sangue di Gesù che ci anima e ci mantiene forti per la battaglia.

Le parole che aprono l’enciclica Evangelium Vitae di papa Giovanni Paolo II sottolineano il ruolo fondamentale dell’apostolato del rispetto della vita umana: «Il Vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura».
Il Vangelo della Vita è stato insegnato per la prima volta durante la creazione del mondo, quando Dio ha scritto la Sua legge nel cuore degli uomini; una legge il cui primo precetto è il rispetto della vita umana.
Dio rimarca continuamente la sua legge sulla salvezza nel cuore di ogni uomo e donna che chiama ad essere.

Giustamente, è chiamata legge naturale, perché adatta i nostri pensieri, parole e azioni alla realtà oggettiva del mondo in cui viviamo e di cui siamo gli amministratori.
Infatti non ci sorprende che la prima manifestazione del disordine fondamentale e devastante introdotto dal peccato originale sia stata l’omicidio di Abele da parte di suo fratello Caino (cfr. Gen 4, 1-16).
Cristo, mediante la sua Incarnazione Redentrice, ci dà la forza divina, per poter veramente vivere in accordo con ciò che il nostro cuore ci insegna nel profondo del nostro essere.

Una forte testimonianza. Il primo e fondamentale modo di irradiare la verità che Nostro Signore Gesù ci insegna immancabilmente è una forte testimonianza della dignità inviolabile di tutta la vita umana, dal momento del concepimento al momento della morte naturale.
La nostra conversione personale e la trasformazione del mondo verso cui è diretta la nostra fede cristiana devono, prima di tutto, trovare espressione nel salvare e nel promuovere ogni vita umana, in particolare quella «del più piccolo dei miei fratelli», secondo l’insegnamento di Nostro Signore nella parabola sul giudizio universale (cfr. Mt 25, 40, 45).
Nella sua esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, «Sulla vocazione e la Missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo», papa Giovanni Paolo II ha descritto la situazione contemporanea della Chiesa in un mondo sempre più secolarizzato, segnato dalla diffusione pervasiva e costante del relativismo, che «ispirano e sostengono una vita vissuta. come se Dio non esistesse».
Non a caso, in Evangelium Vitae, rivolgendosi alla cultura della morte che segna tragicamente una società totalmente secolarizzata, si fa riferimento a un modo di vivere lontano da Dio e dall’ordine con cui ha creato il mondo e, soprattutto, l’uomo.
Dichiara: «In realtà, vivendo, come se Dio non esistesse, l’uomo smarrisce non solo il mistero di Dio, ma anche quello del mondo e il mistero del suo stesso essere».
E prosegue nel descrivere questa condizione che «conduce inevitabilmente al materialismo pratico, nel quale proliferano l’individualismo, l’utilitarismo e l’edonismo» ed in cui l’uomo confonde il suo stesso essere con beni e piaceri materiali, rifiutando la sofferenza perché insignificante e vedendo il proprio corpo e la sessualità astratti dalla propria persona.

Le conseguenze della predicazione del Vangelo della vita sono evidenti. Dopo aver descritto le basi filosofiche della cultura della morte, papa Giovanni Paolo II ne trae questa conclusione: «Nella prospettiva materialistica fin qui descritta, le relazioni interpersonali conoscono un grave impoverimento. I primi a subirne i danni sono la donna, il bambino, il malato o il sofferente, l’anziano. Il criterio proprio della dignità personale – quello cioè del rispetto, della gratuità e del servizio – viene sostituito dal criterio dell’efficienza, della funzionalità e dell’utilità: l’altro è apprezzato non per quello che è, ma per quello che ha, fa e rende. È la supremazia del più forte sul più debole».
Ad esempio, il mondo di oggi è sempre più testimone della supremazia di potenti forze economiche e politiche, che fingono di definire la vita umana e la sua culla nel legame fedele e duraturo dell’uomo e della donna nel matrimonio.

La frattura tra Vangelo e Vita. Papa Giovanni Paolo II specifica che l’adempimento della responsabilità dei fedeli laici richiede che essi possano «superare in sé stessi la frattura tra il Vangelo e la vita, ricomponendo nella loro quotidiana attività in famiglia, sul lavoro e nella società, l’unità d’una vita che nel Vangelo trova ispirazione e forza per realizzarsi in pienezza».
Nella nostra epoca, in modo particolare, dobbiamo invocare l’aiuto della grazia divina per superare qualsiasi separazione del Vangelo dalla vita, specialmente in ciò che riguarda il cuore del Vangelo: salvare e promuovere la vita umana.
Il Preziosissimo Sangue di Cristo, che scorre dal glorioso Cuore trafitto di Gesù nei nostri cuori, deve ispirare e animare ogni aspetto della nostra vita, in accordo con la verità del Vangelo, che manifesta in modo così potente.

Sottolineo l’importanza di aumentare e sostenere gli strumenti realmente pro-life e pro-family e di organizzare manifestazioni pubbliche a sostegno della dignità inviolabile della vita umana innocente e dell’integrità della famiglia.
La cultura della morte avanza, in gran parte, a causa della mancanza di attenzione e informazione da parte del pubblico in generale.
Inoltre, il pensiero anti-vita e anti-famiglia portato avanti dai media confonde, corrompe le menti e i cuori manipolando le coscienze lontano dalla legge scritta da Dio nel cuore di ogni uomo.

Una strategia pro-life. Papa Giovanni Paolo II dice nell’Evangelium Vitae: «Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita: nuova, perché in grado di affrontare e risolvere gli inediti problemi di oggi circa la vita dell’uomo; nuova, perché fatta propria con più salda e operosa convinzione da parte di tutti i cristiani; nuova, perché capace di suscitare un serio e correttivo confronto culturale con tutti. L’urgenza di questa svolta culturale è legata alla situazione storica che stiamo attraversando, ma si radica nella stessa missione evangelizzatrice, propria della Chiesa. Il Vangelo, infatti, mira a “trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità”; è come il lievito che fermenta tutta la pasta (cfr. Mt 13, 33) e, come tale, è destinato a permeare tutte le culture e ad animarle dall’interno, perché esprimano l’intera verità sull’uomo e sulla sua vita».
La stessa Chiesa deve affrontare quei suoi stessi membri che, sebbene possano essere attivi nell’operato ecclesiale, «cadono in una sorta di dissociazione tra la fede cristiana e le sue domande etiche a riguardo della vita, giungendo così al soggettivismo morale e a taluni comportamenti inaccettabili».
Rinnovando la nostra devozione al Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, riceviamo la chiara ispirazione e il costante incoraggiamento a vivere in Cristo con integrità, esprimendo il Suo amore puro e altruista nella nostra vita quotidiana.
La nostra vita in Cristo non è una questione di idee, è la realtà del Suo Preziosissimo Sangue che anima il nostro stesso essere.
Una delle sue manifestazioni più potenti è l’impegno costante e coraggioso nella battaglia per superare la cultura della violenza e della morte e nel permettere alla civiltà della vita e dell’amore di avanzare.

L’intercessione di Maria Immacolata. Concludo con le parole tratte dalla preghiera con cui papa Giovanni Paolo II chiude l’Evangelium Vitae, invocando l’intercessione di Maria Immacolata: «Fa’ che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita. Concedi loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo, la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell’amore. A lode e gloria di Dio creatore e amante della vita».  + Card. Raymond Leo Burke

Fonte Radici Cristiane

Separatevi dal peccato e vivete una vita di santità.



"Cari figli,
Ecco il Servo del Signore!

Cari figli, ascoltatemi: dobbiamo aprire le vostre orecchie alla voce del Signore! Ti ama e ti conosce per nome. Umilmente vi chiamo: ecco, è necessaria una nuova vita!
Vi annuncio ovunque che c'è un urgente bisogno di un cambiamento nel comportamento umano. La povera umanità si sta allontanando dalla Grazia di Dio, non farlo! Sono con te e ti invito a pentirti dei tuoi peccati. Avvicinati, senza paura, all'amore misericordioso di mio Figlio Gesù. Ti ama e ti chiama a cambiare vita! Separatevi dal peccato e vivete una vita di santità. Ho scelto questo luogo per invitarvi alla preghiera e alla santificazione dei vostri cuori.
Figli e figlie sparsi in tutto il mondo, invito l'intera chiesa ad est e ad ovest a pregare e ad essere fedele a mio Figlio Gesù Eucaristia. Vi sono molto vicino per aiutarvi e, soprattutto, per rafforzare la vostra fede, perché è necessario. Amo tutti perché tutti sono figli Miei e porto tutti nel mio Cuore Materno. Ho bisogno dell'unità dei vostri pensieri, dell'unità dei vostri cuori e della vostra fede. Vi invito a pregare per l'unità di tutti.
Siate i primi apostoli o discepoli dell'unità!
Ho bisogno di una chiesa rafforzata! Qui voglio dimostrare il mio grande amore per tutti.
Ci sono molte persone separate che hanno bisogno dello spirito di unità. Pregate per le piccole comunità affinché abbiano la forza di sopportare questi tempi difficili. La disunità non è una buona cosa. Sapete che se i vostri cuori sono in disaccordo con la sana dottrina di Cristo, sostenuta dai sacerdoti di mio Figlio Gesù, sono in confusione. La chiesa è sostenuta dalle sue colonne, ma ha bisogno della preghiera di tutti. La chiesa santificante offre conforto spirituale alle anime. Non allontanarti dalla chiesa del mio Gesù, che è nel mondo intero. Dove c'è il Santo Tabernacolo, c'è il piano salvifico per le anime dei poveri peccatori. Inizia l'unità della preghiera per tutti affinché tutti possano venire davanti a Dio con un cuore più bianco della neve.
Che Dio ti benedica e ti conceda la sua pace!
Ti amo! Tutti rimangono nel nome della Santissima Trinità ".

Dare la comunione così è un sacrilegio: meglio astenersi




“Dare la comunione  così è un sacrilegio: meglio astenersi”: lo dice in questa intervista che ci ha rilasciato don Leonardo Ricotta, bravo parroco a Palermo-Villabate, parrocchia Sant’Agata V. M.


Don Leonardo, da lunedì darete secondo il protocollo (anche non è contemplato) la comunione in mano e con un guanto in lattice…

La daranno loro, io no. Queste sono aberrazioni liturgiche ed io cerco di rispettare rettamente la fede cattolica. Amministrare così la comunione è un sacrilegio. Frammenti del Corpo di Cristo potranno appiccicarsi ai guanti che poi si buttano. Che faccio getto Cristo nella raccolta della plastica? Preferisco non darla.



Cioè?

Piuttosto che commettere un atto di sacrilegio e farlo fare ai miei parrocchiani, non la distribuirò e farò fare quella spirituale. Se devo dare al mio popolo un cibo avvelenato, molto meglio stare a digiuno. Poi  quella spirituale ha ugualmente valore considerato che essi ne hanno anche nel desiderio. Nel passato  e penso al regime sovietico tanti volevano prenderla  e non potevano: la fede non è morta perché vi era il desiderio. La vita di fede è certamente sacramentale, ma quando non è possibile, o cercano di trasformarla in un sacrilegio,  Dio crea dei bypass.



I suoi superiori potranno valutare la sua condotta  come disobbedienza…

No. Inoltre l’obbedienza va data ad ordini rispondenti al diritto naturale non a cose ingiuste. Io devo rispettare il Vangelo e chiunque mi imponga il contrario, qualunque incarico abbia nella Chiesa, avrebbe il mio garbato, ma fermo diniego. Le faccio un esempio. Se il mio vescovo mi dice che devo andare a fare il parroco dove non mi piace, ci vado e obbedisco. Ma se mi impone di andare contro la fede o di calpestare l’Ostia,  non posso obbedire. Insomma, l’obbedienza si ha nel lecito e non nell’illecito, questa la grande lezione di San Tommaso di Aquino. Quello che stanno per compiere è un atto di macelleria eucaristica, Padre Pio li chiamava macellai.



Insomma, ribadisce il suo no…

Assolutamente non ci sto al sacrilegio.



Che cosa pensa della Chiesa cattolica di oggi?

Si è liquefatta in questo momento, coprendosi di ridicolo, obbedisce senza colpo ferire, dimenticando la sua dignità e lo stesso Concordato al Cesare. Che senso ha una Chiesa di mascherine? E’ ridicola. Questa Chiesa non soffre, non prega, non combatte, sotto l’influsso di  un progetto satanico. In ogni caso Dio interverrà, non può continuare in questo modo, siamo al punto di non ritorno.



Le è piaciuta la preghiera universale tra le religioni contro la pandemia?

Ma quando mai, è frutto di un ecumenismo fasullo e sbagliato, di stampo massonico ed universalista. In più stiamo subendo una invasione islamica.



Non teme  i rimproveri dei superiori?

No. Mi metto serenamente nelle mani di Dio con la coscienza a  posto.




Intervista rilasciata da Don Leonardo Ricotta 16 maggio 2020 al sito La Fede quotidiana

mercoledì 2 settembre 2020

Le quattro consolazioni dello Spirito Santo



"Non possiamo arrivare a una conclusione sullo stato della nostra anima dalla sua sofferenza o dalla sua gioia ... La consolazione indica, certamente, che l'anima ha fatto un passo nella vita spirituale, ma la desolazione può essere un segno che è ancora più vicina al vertice."
- Luis M. Martinez, Vera devozione allo Spirito Santo
Consolazioni e desolazioni, proprio come le stagioni, si susseguono per tutta la vita. Uno spesso precede l'altro. Dio di solito inonda un'anima di consolazioni per rafforzarla per un imminente periodo desertico, ma anche le desolazioni lasciano il posto a ondate di conforto.
Lo scrittore spirituale Luis M. Martinez ha scritto di quattro consolazioni dello Spirito Santo che potremmo non riconoscere mentre stiamo afferrando disperatamente qualsiasi segnale che Dio sia con noi. Tendiamo a considerare i sentimenti caldi come un'indicazione che tutto va bene con la nostra anima, ma ci sono altri modi in cui Dio ci eleva in modi più sottili, persino impercettibili.

La consolazione della libertà

"Se non siamo felici, è perché non siamo liberi, perché portiamo catene di cui potremmo non essere consapevoli o che potremmo persino amare" (p. 213).

La libertà è una consolazione dello Spirito Santo, anche quando viviamo in circostanze insolite o addirittura disumane (pensate ai campi di concentramento e ai gulag). Viktor Frankl, uno psichiatra e sopravvissuto all'Olocausto, ha scritto nel suo classico, Man's Search for Meaning , che nessuno può togliere la propria libertà interiore di scegliere.
Il libero arbitrio è l'ultimo dono dello Spirito Santo.

La consolazione dell'Unione

“… Una consolazione molto solida, intima, una consolazione che ci fa dimenticare i guai della vita, o almeno li avvolge nello splendore della felicità celeste: la consolazione dell'unione” (p. 214).
È difficile respirare alcuni giorni, non è vero? Quando il mondo travolge e le nostre menti girano così velocemente che non abbiamo quasi un momento per fermarci e pregare, ci sentiamo come se potessimo crollare. Io ho.
In diverse occasioni, lo Spirito Santo intercede. Sono sull'orlo di un guasto e improvvisamente intravisto un uccello insolito nel nostro cortile. Oppure uno dei miei figli dice qualcosa di spiritoso. Oppure un amico si ferma con un cesto di dolcetti e regali.
L'unione con Dio avviene a scatti mentre siamo ancora sulla via della Via Unitiva. Queste sono consolazioni destinate a rafforzarci per i tempi in cui siamo stanchi e oppressi dalla vita.
La consolazione della speranza
“Se viviamo la vita cristiana, abbiamo nel nostro cuore 'la sostanza delle cose in cui sperare' (Ebrei 11: 1) ... E ci rallegriamo nella nostra speranza, non solo perché confidiamo nella promessa di Dio, ma anche perché portiamo dentro di noi la garanzia del suo compimento ”(p. 215).
A volte la speranza è tutto ciò che ci resta. Il mondo è in rovina con la polarizzazione politica, disordini e guerre, povertà e corruzione, incertezza con la crisi sanitaria globale e prove personali. Le persone muoiono ancora di cancro, lottano contro l'abuso di sostanze e riescono a malapena a cavarsela finanziariamente.
Dov'è la speranza?
Penso ai momenti in cui ricordo il buono, il bello e il vero. Esistono ancora. A volte dobbiamo cercare a lungo per trovarli, ma stanno sbirciando attraverso i pezzi incrinati delle nostre vite. Per me, è la fedeltà di un'alba, il caloroso canto funebre di un cardinale del cortile o un ricordo della provvidenza di Dio.
La speranza ci trasporta attraverso luoghi sconosciuti e oscuri.

La consolazione del dolore

“Il dolore illumina; ci sono cose che non comprendiamo a meno che non abbiamo sofferto, perché il dolore getta una speciale luce celeste sul nostro spirito ”(p. 244).
Può lasciare perplessi considerare il dolore una consolazione di Dio. Non conosco nessuno che cerchi il dolore come segno del favore di Dio, sebbene molti santi abbiano saggiamente attribuito le loro sofferenze all'amore più profondo di Dio. Non cogliamo veramente la profondità del sacrificio di Gesù per noi finché anche noi non abbiamo sofferto in qualche modo.
La sofferenza può avvicinarci di più al cuore di Dio. Quando il mio dolore fisico e psicologico mi causa un grande dolore, mi rivolgo ancora di più a Dio. Non sempre sento la Sua voce o provo sollievo, ma guardo alla Croce e ricordo che c'è uno scopo misterioso per le mie lotte in questa vita. Qui sta la consolazione.
Dobbiamo ricordare che le stagioni di consolazione ci preparano per i periodi aridi del nostro cammino spirituale. Entrambi sono doni. Le consolazioni possono arrivare in uno di questi quattro modi inaspettati, che spesso sembrano più aspetti di desolazione che comfort. Come per molti aspetti della vita cristiana, le sofferenze e le gioie si mescolano, così da diventare indistinguibili l'una dall'altra.
Tutta la vita è agrodolce. Ed è buono.
Jeannie Ewing

Invocazione al Padre



Padre, dai conforto allo sfiduciato.
Ascoltaci o Padre. Padre, fai Luce allo smarrito di mente e di cuore.
Ascoltaci o Padre. Padre, consola l'afflitto.
Ascoltaci o Padre. Padre, ravviva la nostalgia di Te allo sviato.
Ascoltaci o Padre. Padre, fai coraggio al timido.
Ascoltaci o Padre. Padre, rendi docile il ribelle.
Ascoltaci o Padre. Padre, sollecita al bene chi non è disponibile a farlo.
Ascoltaci o Padre. Padre, rendi strumento di Pace chi semina odio.
Ascoltaci o Padre. Padre, tra i fratelli, figli devoti e fedeli del tuo Amore, suscita coloro che siano capaci di diffondere, anche eroicamente, il profumo della tua Santità.
Ascoltaci o Padre. Padre, nessuno venga meno alla fedeltà nell'esserTi figlio, nell'adempiere il dovere di sostenere con coraggio la diffusione del tuo Regno di Bene e di Pace. Ascoltaci o Padre.

 (Madre Eugenia Elisabetta Ravasio)

Lasciate le cose di questo mondo e fate si che la vostra giornata sia una continua preghiera.



Trevignano Romano, 1 settembre 2020

Chiesa di Santa Maria dell’Assunta
Figli amati, grazie per aver risposto alla mia chiamata nel vostro cuore e grazie per essere qui riuniti nella preghiera. Figli miei, oggi in mezzo a tutto questo dolore vengo a dare speranza, la speranza di un mondo migliore e pieno d'amore, perché il regno di Dio è molto vicino. Presto sentirete nei vostri cuori tanto amore, saggezza, dolcezza, perché presto questo tempo di paura, d’ingiustizia, di orgoglio non esisterà più. Dio sta scuotendo il mondo, la terra e le vostre coscienze affinché voi possiate inginocchiarvi riconoscendo il vostro solo e unico Dio. E’così che Gesù aprirà le sue braccia, dando a chi ha creduto le dolcezze del nuovo mondo. Lasciate le cose di questo mondo e fate si che la vostra giornata sia una continua preghiera. Cari figli, non temete perché io sarò sempre con voi, soprattutto per confortarvi in questi tempi tristi. Ora vi lascio con la mia materna Benedizione, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen.

Santi Martiri del I – II e III Secolo



Dalla Gerarchia Cardinalizia di  Carlo Bartolomeo Piazza 

e dalle Rivelazioni Private della mistica Maria Valtorta 


Martirio delle Sante Perpetua e Felicita. 


1 marzo l944 

Mi dice Gesù, verso le 17: 

«Non era mia intenzione darti questa visione questa sera. Avevo  intenzione di farti vivere un altro episodio dei “vangeli della fede”64. 
Ma è stato espresso un desiderio da chi merita d’esser accontentato. 
E Io accontento. Nonostante i tuoi dolori, vedi, osserva e descrivi. I  tuoi dolori li dài a Me e la descrizione ai fratelli.» 
E nonostante i miei dolori, tanto forti - per cui mi pare di avere il  capo stretto in una morsa che parte dalla nuca e si congiunge sulla  fronte e scende verso la spina dorsale, un male terribile per cui ho  pensato mi stesse per scoppiare una meningite e poi mi sono svenuta  - scrivo. È tanto forte anche ora. Ma Gesù permette che riesca a  scrivere per ubbidire. Dopo... dopo sarà quel che sarà. 
Le assicuro, intanto, che passo di sorpresa in sorpresa; perché per  prima cosa mi trovo di fronte a degli africani, arabi per lo meno,  mentre ho sempre creduto che questi santi fossero europei. Ché non  avevo la minima nozione della loro condizione sociale e fisica e del  loro martirio. Di Agnese sapevo vita e morte.65 Ma di questi! È come  se leggessi un racconto sconosciuto. 
Per prima illustrazione, avanti di svenirmi, ho visto un anfiteatro  su per giù come il Colosseo (ma non rovinato), vuoto per allora di  popolo. Solo una bellissima e giovane mora è ritta là in mezzo e  sollevata dal suolo, raggiante per una luce beatifica che si sprigiona dal suo corpo bruno e dalla scura veste che lo copre. Sembra l’angelo del luogo. Mi guarda e sorride. Poi mi svengo e non vedo più nulla.  
Ora la visione si completa. Sono in un fabbricato che, per la  mancanza di ogni e qualsiasi comodità e per la sua arcigna apparenza,  mi si rivela come una fortezza adibita a carcere. Non è il sotterraneo  del Tullianum visto ieri. Qui sono stanzette e corridoi sopraelevati.  Ma così scarsi di spazio e di luce e così muniti di sbarre e di porte  ferrate e piene di chiavistelli, che quel “che” di migliore che hanno in posizione viene annullato dal loro rigore che annulla la benché più  piccola idea di libertà. 
In una di queste tane è seduta su un tavolaccio, che fa da letto,  sedile e tavola, la giovane mora che ho visto nell’anfiteatro. Ora non emana luce. Ma unicamente tanta pace. Ha in grembo un piccino di  pochi mesi al quale dà il latte. Lo ninna, lo vezzeggia con atto di  amore. Il bambino scherza con la giovane madre e strofina la sua  faccetta molto olivastra contro la bruna mammella materna, e vi si  attacca e stacca con avidità e con subite risatine piene di latte. 
La giovane è molto bella. Un viso regolare piuttosto tondo, con  bellissimi occhi grandi e di un nero vellutato, bocca tumida e piccina  piena di denti candidissimi e regolari, capelli neri e piuttosto crespi  ma tenuti a posto da strette trecce che le si avvolgono intorno al  capo. Ha il colorito di un bruno olivastro non eccessivo. Anche fra noi italiani, e specie del meridione d’Italia, si vede quel colore,  appena un poco più chiaro di questo. Quando si alza per  addormentare il piccino andando su e giù per la cella, vedo che è alta  e formosa con grazia. Non eccessivamente formosa, ma già ben  modellata nelle sue forme. Sembra una regina per il portamento  dignitoso. È vestita di una veste semplice e scura, quasi quanto la sua  pelle, che le ricade in pieghe morbide lungo il bel corpo. 
Entra un vecchio, moro lui pure. Il carceriere lo fa entrare  aprendo la pesante porta. E poi si ritira. La giovane si volge e sorride.  Il vecchio la guarda e piange. Per qualche minuto restano così. 
Poi la pena del vecchio prorompe. Con affanno supplica la figlia di aver pietà del suo soffrire: “Non è per questo” le dice “che ti ho generato. Fra tutti i figli ti ho amata, gioia e luce della mia casa. Ed  ora tu ti vuoi perdere e perdere il povero padre tuo che sente morirsi  il cuore per il dolore che gli dài. Figlia, sono mesi che ti prego. Hai  voluto resistere ed hai conosciuto il carcere, tu nata fra gli agi.  Curvando la mia schiena davanti ai potenti t’avevo ottenuto di esser ancora nella tua casa per quanto come prigioniera. Avevo promesso  al giudice che ti avrei piegata con la mia autorità paterna. Ora egli mi  schernisce perché vede che di essa tu non ti sei curata. Non è questo  quel che dovrebbe insegnarti la dottrina che dici perfetta. Quale Dio  è dunque quello che segui, che ti inculca di non rispettare chi ti ha  generato, di non amarlo, perché se mi amassi non mi daresti tanto  dolore? La tua ostinazione, che neppure la pietà per quell’innocente ha vinto, ti ha valso di esser strappata alla casa e chiusa in questa  prigione. Ma ora non più di prigione si parla, ma di morte. E atroce.  Perché? Per chi? Per chi vuoi morire? Ha bisogno del tuo, del nostro  sacrificio - il mio e quello della tua creatura che non avrà più madre -  il tuo Dio? il suo trionfo ha bisogno del tuo sangue e del mio pianto  per compiersi? Ma come? La belva ama i suoi nati e tanto più li ama  quanto più li ha tenuti al seno. Anche in questo speravo e per questo  ti avevo ottenuto di poter nutrire il tuo bambino. Ma tu non muti. E  dopo averlo nutrito, scaldato, fatto di te guanciale al suo sonno, ora  lo respingi, lo abbandoni senza rimpianto. Non ti prego per me. Ma  in nome di lui. Non hai il diritto di farne un orfano. Non ha diritto il  tuo Dio di fare questo. Come posso crederlo buono più dei nostri se  vuole questi sacrifici crudeli? Tu me lo fai disamare, maledire sempre  più. Ma no, ma no! Che dico? Oh! Perpetua, perdona! Perdona al tuo  vecchio padre che il dolore dissenna. Vuoi che lo ami il tuo Dio? Lo amerò più di me stesso, ma resta fra noi. Di’ al giudice che ti pieghi. 
Poi amerai chi vuoi degli dèi della terra. Poi farai del padre tuo ciò  che vuoi. Non ti chiamo più figlia, non son più tuo padre. Ma il tuo  servo, il tuo schiavo, e tu la mia signora. Domina, ordina ed io ti  ubbidirò. Ma pietà, pietà. Salvati mentre ancora lo puoi. Non è più tempo di attendere. La tua compagna ha dato alla luce la sua  creatura, lo sai, e nulla più arresta la sentenza. Ti verrà strappato il  figlio; non lo vedrai più. Forse domani, forse oggi stesso. Pietà, figlia!  Pietà di me e di lui che non sa parlare ancora, ma lo vedi come ti  guarda e sorride! Come invoca il tuo amore! Oh! Signora, mia  signora, luce e regina del cuor mio, luce e gioia del tuo nato, pietà, pietà!”  
Il vecchio è ginocchioni e bacia l’orlo della veste della figlia e le abbraccia i ginocchi e cerca prenderle la mano che ella si posa sul  cuore per reprimerne lo strazio umano. Ma nulla la piega. 
“È per l’amore che ho per te e per lui che rimango fedele al mio Signore” ella risponde. “Nessuna gloria della terra darà al tuo capo bianco e a questo innocente tanto decoro quanto ve ne darà il mio  morire. Voi giungerete alla Fede. E che direste allora di me se avessi  per viltà di un momento rinunciato alla Fede? il mio Dio non ha  bisogno del mio sangue e del tuo pianto per trionfare. Ma tu ne hai  bisogno per giungere alla Vita. E questo innocente per rimanervi. Per  la vita che mi desti e per la gioia che egli mi ha dato, io vi ottengo la  Vita che è vera, eterna, beata. No, il mio Dio non insegna il disamore  per i padri e per i figli. Ma il vero amore. Ora il dolore ti fa delirare,  padre. Ma poi la luce si farà in te e mi benedirai. Io te la porterò dal  cielo. E questo innocente non è che io l’ami meno, ora che mi sono fatta svuotare dal sangue per nutrirlo. Se la ferocia pagana non fosse  contro noi cristiani, gli sarei stata madre amantissima ed egli sarebbe  stato lo scopo della mia vita. Ma più della carne nata da me è grande Iddio, e l’amore che gli va dato infinitamente più grande. Non posso neppure in nome della maternità posporre il suo amore a quello di  una creatura. No. Non sei lo schiavo della figlia tua. Io ti son sempre  figlia e in tutto ubbidiente fuorché in questo: di rinunciare al vero  Dio per te. Lascia che il volere degli uomini si compia. E se mi ami,  seguimi nella Fede. Là troverai la figlia tua, e per sempre, perché la  vera Fede dà il Paradiso, ed a me il mio Pastore santo ha già dato il benvenuto nel suo Regno”. 
E qui la visione ha un mutamento, perché vedo entrare nella cella  altri personaggi: tre uomini ed una giovanissima donna. Si baciano e  si abbracciano a vicenda. Entrano anche i carcerieri per levare il figlio  a Perpetua. Ella vacilla come colpita da un colpo. Ma si riprende. 
La compagna la conforta: “Io pure, ho già perduto la mia creatura. Ma essa non è perduta. Dio fu meco buono. Mi ha  concesso di generarla per Lui e il suo battesimo si ingemma del mio  sangue. Era una bambina... e bella come un fiore. Anche il tuo è  bello, Perpetua. Ma per farli vivere in Cristo questi fiori hanno bisogno del nostro sangue. Duplice vita daremo loro così”. 
Perpetua prende il piccino, che aveva posato sul giaciglio e che  dorme sazio e contento, e lo dà al padre dopo averlo baciato  lievemente per non destarlo. Lo benedice anche e gli traccia una croce  sulla fronte ed una sulle manine, sui piedini, sul petto, intridendo le  dita nel pianto che le cola dagli occhi. Fa tutto così dolcemente che il  bambino sorride nel sonno come sotto una carezza.  
Poi i condannati escono e vengono, in mezzo a soldati, portati in una oscura cavea dell’anfiteatro in attesa del martirio. Passano le ore  pregando e cantando inni sacri, esortandosi a vicenda all’eroismo.  Ora mi pare di essere io pure nell’anfiteatro che ho già visto. È pieno di folla per la maggior parte di pelle abbronzata. Però vi sono  anche molti romani. La folla rumoreggia sulle gradinate e si agita. La  luce è intensa nonostante il velario steso dalla parte del sole. 
Vengono fatti entrare nell’arena, dove mi pare siano stati già eseguiti dei giuochi crudeli perché è macchiata di sangue, i sei martiri  in fila. La folla fischia e impreca. Essi, Perpetua in testa, entrano cantando. Si fermano in mezzo all’arena e uno dei sei si volge alla folla. 
“Fareste meglio a mostrare il vostro coraggio seguendoci nella Fede e non insultando degli inermi che vi ripagano del vostro odio  pregando per voi e amandovi. Le verghe con cui ci avete fustigato, il carcere, le torture, l’aver strappato a due madri i figli - voi bugiardi che dite d’esser civili e attendete che una donna partorisca per poi ucciderla e nel corpo e nel cuore separandola dalla sua creatura, voi  crudeli che mentite per uccidere perché sapete che nessuno di noi vi  nuoce, e men che mai delle madri che altro pensiero non hanno che  la loro creatura - non ci mutano il cuore. Né per quanto è amore di  Dio né per quanto è amore di prossimo. E tre, e sette, e cento volte  daremmo la vita per il nostro Dio e per voi. Perché voi giungiate ad  amarlo, e per voi preghiamo mentre già il Cielo su noi si apre: Padre  nostro che sei nei cieli...”. In ginocchio i sei santi martiri pregano. 
Si apre un basso portone e irrompono le fiere che, per quanto  sembrano bolidi tanto sono veloci nella corsa, mi paiono tori o bufali  selvaggi. Come una catapulta ornata di corna pontute, investono il  gruppo inerme. Lo alzano sulle corna, lo sbattono per aria come  fossero tanti cenci, lo riabbattono al suolo, lo calpestano. Tornano a  fuggire come pazzi di luce e di rumore e tornano a investire.  
Perpetua, presa come un fuscello dalle corna di un toro, viene  scaraventata molti metri più là. Ma per quanto ferita, si rialza e sua  prima cura è di ricomporsi le vesti strappate sul seno. Tenendosele  con la destra, si trascina verso Felicita caduta supina e mezza  sventrata, e la copre e sorregge facendo di sé appoggio alla ferita. Le  bestie tornano a ferire finché i cinque malvivi sono stesi al suolo. 
Allora i bestiari le fanno rientrare e i gladiatori compiono l’opera.  Ma, fosse pietà o inesperienza, quello di Perpetua non sa uccidere. 
La ferisce, ma non prende il punto giusto. “Fratello, qua, che io ti  aiuti” dice ella con un filo di voce e un dolcissimo sorriso. E, appoggiata la punta della spada contro la carotide destra, dice: 
“Gesù, a Te mi raccomando! Spingi, fratello. Io ti benedico” e sposta  il capo verso la spada per aiutare l’inesperto e turbato gladiatore. 

Dice Gesù: 

«Questo è il martirio della mia martire Perpetua, della sua compagna Felicita e dei suoi compagni. Rea di esser cristiana.  Catecumena ancora. Ma come intrepida nel suo amore per Me! Al  martirio della carne ella ha unito quello del cuore, e con lei Felicita.  Se sapevano amare i loro carnefici, come avranno saputo amare i figli  loro? 
Erano giovani e felici nell’amore dello sposo e dei genitori.  Nell’amore della loro creatura. Ma Dio va amato sopra ogni cosa. Ed esse lo amano così. Si strappano le loro viscere separandosi dal loro piccino, ma la Fede non muore. Esse credono nell’altra vita. 
Fermamente. Sanno che essa è di chi fu fedele e visse secondo la  Legge di Dio. 
Legge nella legge è l’amore. Per il Signore Iddio, per il prossimo loro. Quale amore più grande di dare la vita per coloro che si ama, così come l’ha data il Salvatore per l’umanità che Egli amava? Esse  dànno la vita per amarmi e per portare altri ad amarmi e possedere perciò l’eterna Vita. Esse vogliono che i figli e i genitori, gli sposi, i fratelli e tutti coloro che esse amano di amore di sangue o di amore  di spirito - i carnefici fra questi poiché Io ho detto: “Amate coloro  che vi perseguitano”66 - abbiano la Vita del mio Regno. E, per  guidarli a questo mio Regno, tracciano col loro sangue un segno che  va dalla Terra al Cielo, che splende, che chiama. 
Soffrire? Morire? Cosa è? È l’attimo che fugge. Mentre la vita eterna resta. Nulla è quell’attimo di dolore rispetto al futuro di gioia che le attende. Le fiere? Le spade? Che sono? Benedette siano esse  che dànno la Vita. 
Unica preoccupazione - poiché chi è santo lo è in tutto - di  conservare la pudicizia. In quel momento, non della ferita ma delle  vesti scomposte hanno cura. 
Poiché, se vergini non sono, sono sempre delle pudiche. Il vero  cristianesimo dà sempre verginità di spirito. La mantiene, questa bella  purezza, anche là dove il matrimonio e la prole han levato quel sigillo che fa dei vergini degli angeli. 
Il corpo umano lavato dal Battesimo è tempio dello Spirito di Dio. Non va  dunque violato con invereconde mode e inverecondi costumi. Dalla  donna, specie dalla donna che non rispetta se stessa, non può che  venire una prole viziosa e una società corrotta, dalla quale Dio si  ritira e nella quale Satana ara e semina i suoi triboli che vi fanno  disperare.» 

A cura di Mario Ignoffo

Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò 18 e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente (2Cor 6,1-18).



LIBRO DEL PROFETA GEREMIA 


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Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli. Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste purché siamo trovati vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito.

Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

Consapevoli dunque del timore del Signore, noi cerchiamo di convincere gli uomini. A Dio invece siamo ben noti; e spero di esserlo anche per le vostre coscienze. Non ci raccomandiamo di nuovo a voi, ma vi diamo occasione di vantarvi a nostro riguardo, affinché possiate rispondere a coloro il cui vanto è esteriore, e non nel cuore. Se infatti siamo stati fuori di senno, era per Dio; se siamo assennati, è per voi.

L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (2Cor 5,1-21).

Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio.
Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!

Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!

La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi; il nostro cuore si è tutto aperto per voi. In noi certo non siete allo stretto; è nei vostri cuori che siete allo stretto. Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, apritevi anche voi!

Non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò 18e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente (2Cor 6,1-18).

In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la santificazione, nel timore di Dio (2Cor 7,1).

Purtroppo la missione di Geremia risulterà vana. Il popolo non solo non si converte, si ribella e si ostina nella sua idolatria, nella sua immoralità. La sentenza viene applicata, il popolo distrutto, Gerusalemme rasa al suolo, i suoi tesori presi e trasportati in Babilonia. 

***

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI



SOLO CON LA PREGHIERA SARETE RISPARMIATI!



Domenica 30 agosto 2020 4:00

Figlio mio, Sono Maria, la tua mamma piena di amore per i suoi figli.

A quelli che cercano un rifugio di pace e di tranquillità, dico loro di non temere, perché Li tengo sotto il Mio Mantello Virginale affinché possano ritrovare VITA!

È con la Mia Presenza nel loro cuore che Io posso guidarli fino a Mio Figlio Gesù.



Cari figli, non dimenticate che siete di fronte al Male ed è con la preghiera che voi potete combattere. Uniti al Mio Cuore Immacolato e al Cuore di Mio Figlio con la preghiera, la vostra sicurezza è assicurata in questi giorni di tenebre.

Non dimenticate che il Maligno cerca con tutti i mezzi di traumatizzarvi e a voi scoraggiare. È nella vostra debolezza che Egli viene a cercarvi.

Ogni volta che il vostro cuore si sente pesante, pregate e offrite la vostra pesantezza affinché Dio Nostro Padre trasforma questo male in grazie.


SOLO CON LA PREGHIERA SARETE RISPARMIATI!

L'unica e sola protezione che vi rimane è quella che il Padre vi concede.


Nient'altro potrà essere sufficiente a proteggervi dove tutto crolla per fare posto ad un Nuovo Sistema Mondiale. Il male sarà al suo apice.

Cari figli, CAPITE BENE! che state affrontando la più grande lotta tra Il Bene e il Male e voi siete L'OBIETTIVO. Siate dunque vigilanti e pregate più che mai.


Caro figlio, grazie per il tuo ascolto. Ti amo e Ti benedico. »


Maria, la tua mamma

Robert Brasseur