LIBRO DEL PROFETA GEREMIA
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Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani
d’uomo, eterna, nei cieli. Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste purché siamo trovati vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questa
tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio,
che ci ha dato la caparra dello Spirito.
Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –,
siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire
davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.
Consapevoli dunque del timore del Signore, noi cerchiamo di convincere gli uomini. A Dio invece siamo ben noti; e spero di esserlo anche per le vostre coscienze. Non ci raccomandiamo
di nuovo a voi, ma vi diamo occasione di vantarvi a nostro riguardo, affinché possiate rispondere a coloro il cui vanto è esteriore, e non nel cuore. Se infatti siamo stati fuori di senno, era per Dio; se siamo
assennati, è per voi.
L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli
che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana,
ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava
a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi
supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (2Cor 5,1-21).
Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio.
Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!
Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza:
nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito
di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure
siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece
possediamo tutto!
La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi; il nostro cuore si è tutto aperto per voi. In noi certo non siete allo stretto; è nei vostri cuori che siete allo
stretto. Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, apritevi anche voi!
Non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa
fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro
e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò 18e sarò
per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente (2Cor 6,1-18).
In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la santificazione, nel timore di Dio (2Cor 7,1).
Purtroppo la missione di Geremia risulterà vana. Il popolo non solo non si converte, si ribella e si ostina nella sua idolatria, nella sua immoralità. La sentenza viene applicata, il popolo
distrutto, Gerusalemme rasa al suolo, i suoi tesori presi e trasportati in Babilonia.
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