sabato 29 febbraio 2020

PERCHÉ DIO HA DETTO “BASTA!” ALL’UMANITÀ DI OGGI



Nemmeno questi e molti altri Insegnamenti divini sul vero modo di  vivere valsero a convertire il popolo di Hanoch.
Ecco ora, dal testo originale, qual era il progresso tecnico e il  modo di vita mondano che si venne a creare, a causa dell’eccessivo benessere, sotto i successivi re i quali “istupidivano  il popolo” per poter regnare indisturbati e diventare sempre più  ricchi e potenti. 
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(GFD/3/194) (Continua il Signore:) 1. «E dopo che Chincàr, il re  di Hanoch, a causa del suo zelo letterario, si trovò innalzato dal  popolo fino oltre alle stelle, egli cominciò a pensare intensamente a  che cosa avrebbe dovuto fare ed inventare in avvenire per venire  sempre più considerato e legittimamente onorato dal popolo. 

2. Egli era di spirito quanto mai inventivo ed essendosi dedicato  alla compilazione dei due libri(8), aveva assimilato molta sapienza;  ed anche perciò gli fu facile produrre ogni tipo di cose e di inventare  ogni tipo di arte. 

3. Nel corso di pochi anni Hanoch pullulava di invenzioni e di  arti di ogni genere, poiché lo zelo del re era di stimolo a tutti gli  altri uomini. E tutti non facevano che meditare per arrivare ad  inventare qualcosa di nuovo da deporre poi ai piedi del re. 

4. Ad Hanoch, come pure nelle altre città, vennero allora escogitate macchine di ogni specie immaginabile, delle quali i più  tardi posteri non hanno anche tuttora(9) nessun concetto. 

5. Vennero costruiti in particolare trattori, motrici, catapulte,  compressori, sollevatori, e con essi si attuarono cose di cui il  mondo attuale(10) non ha affatto nessun concetto, ed è anche molto  meglio che non ce l’abbia. 

6. Ad esempio essi avevano delle catapulte, mediante le quali  potevano gettare pesi di mille quintali a varie miglia di distanza  con violenza spaventosissima; in questo la parte principale era  certo rappresentata dall’invenzione dell’elettricità legata(11) che  essi sapevano talmente intensificare al punto da fare delle cose  veramente spaventose. 

7. Essi inventarono pure la polvere esplosiva e le armi da fuoco,  la pergamena, la carta, e non era loro sconosciuta la violenza [di  espansione] del vapore d’acqua che essi sapevano utilizzare in  varie modalità. 

8. In poche parole, in tutto ciò che il mondo attuale [1843] pur  sempre possiede in fatto di invenzioni ed arti, Hanoch, come pure le  altre città, era allora in anticipo di buoni mille anni, e tutto ciò in un  tempo assai breve! 

9. L’ottica, ad esempio, non appartiene esclusivamente a questo  tempo [1843]: ad Hanoch venivano costruiti anche grandi strumenti ottici. Anche in fatto di aerostatica alora se ne  intendevano molto meglio di voi adesso [1843]. La musica veniva  oltremodo coltivata; però essa era già in voga ai tempi di re Lamec.  10. Niente dava più gioia al re Chincàr quanto una nuova  invenzione; per tale ragione ad Hanoch c’era una pioggia giornaliera  di nuove invenzioni e di perfezionamenti di quelle già inventate. 

11. Venivano coltivate con uguale fervore anche le arti figurative;  e così ben presto Hanoch venne ad assumere l’aspetto di un enorme  palazzo incantato, e Chincàr da parte sua si considerava già quasi un  dio, ed a tale risultato contribuì, certamente più di tutti, suo padre  che era ancora in vita. 

12. E Chincàr diceva ad ogni istante: «Se noi onorassimo Dio nella  Sua Essenza imperscrutabile, allora ci troveremmo ancora sul primo   gradino della cultura, ma siccome Lo onoriamo invece nelle Sue  opere, allora noi siamo già pressoché uguali a Dio, poiché anche noi  siamo creatori, e di nobile specie! 

(GFD/3/195) 1. Che in seguito a queste svariate e numerosissime  invenzioni risultasse quanto mai favorito il commercio con i popoli  esteri, non c’è bisogno di dirlo; ma che poi, naturalmente, la città di  Hanoch ne venisse straordinariamente arricchita di beni terreni,  anche questo sarà facilmente comprensibile per chiunque. 

2. Quali conseguenze ebbe però questa grande ricchezza, ciò non  dovrebbe essere più difficile da indovinare e da enunciare di come lo  è stato in precedenza. 

3. Ma quali conseguenze ha generalmente la ricchezza? Ebbene,  questo lo vedremo adesso! 

4. Le conseguenze naturali della ricchezza sono: brama di  dominio, insensibilità verso i poveri e i bisognosi, lo stimolo  sempre più potente alla soddisfazione sensuale della carne, che si  chiama lussuria, e ugualmente anche l’usura, l’avarizia,  l’invidia, l’odio, l’ira, la totale dimenticanza di Dio, la gola, la  crapula, l’idolatria, il furto, la rapina e l’omicidio». [...] 

(GFD/3/196) (Continua il Signore:) 1. «Ad Hanoch, già dai  tempi del re Ohlad, c’erano scuole pubbliche che suo figlio, il re  Dronel, perfezionò molto e che il re Chincàr ampliò molto ed  estese ad altre città. 

2. Ma il re Giapell fece erigere in aggiunta ancora parecchie centinaia di licei di ogni specie, dove venivano insegnate  pubblicamente le arti più varie, come ad esempio la danza, la  musica, la scultura, la pittura, il nuoto, il volo con mezzi  aerostatici, il cavalcare i cavalli, gli asini, i cammelli e gli  elefanti; la scherma, il tiro con l’arco e poi anche il tiro con il  fucile inventato da Chincàr. 

3. Per tutte queste arti e discipline che abbiamo nominato, e per  moltissime altre ancora, Giapell aveva istituito delle scuole e stabilito  degli insegnanti in tutti i luoghi del suo grande regno. Da queste  scuole uscirono ben presto degli intrattenitori del popolo di ogni  specie che cominciarono ad esibirsi davanti al popolo nei vari teatri a  pagamento; però dei denari incassati essi dovevano sempre versare  una terza parte alla cassa dello stato, e questo perché il re aveva fatto erigere dal popolo gli istituti utili di questa specie nei quali venivano  insegnate simili arti, e così aveva procurato alla gioventù l’occasione  di apprendere molte cose utili ma per questo apprendimento la  gioventù studiosa a sua volta doveva certo pagare i propri maestri. 

4. Con questo mezzo altre grosse somme affluivano al re Giapell, e  dal lato politico egli ci guadagnò, perché il popolo, abbagliato da  questi spettacoli che si rinnovavano sempre, si dimenticava  dell’oppressione ed anzi portava il re in palmo di mano. 

5. Infatti per rendere un popolo il più stupido possibile e per  renderlo insensibile contro ogni oppressione, non c’è mezzo più  efficace di quello degli spettacoli e delle cerimonie di mille  specie. Con ciò viene destata la voglia di curiosare più esteriore,  attraverso la quale l’uomo torna ad affondare nello stato  puramente bestiale e poi sta davanti al mondo come una stupida  mucca sta davanti ad un nuovo portone. 

6. Dunque questi furono altri frutti molto succosi dell’eccellente  politica del re Giapell. 

7. Certamente ad Hanoch, come pure nelle altre città e località,  c’erano ancora parecchi pensatori non ottenebrati da ciò che non  avevano ancora dimenticato la Mia Parola, ma questi in primo luogo  non potevano parlare, perché il re Giapell aveva provvisto per bene  il paese di spioni, ed in secondo luogo però finivano essi stessi col  provare diletto in tutta quella varietà di produzioni artistiche davvero sviluppatissime e non finivano mai di dire come questo e quello  facesse veramente onore all’intelletto umano. 

8. Fra tutte le arti, quelle che avevano maggiore influenza sul  popolo erano la danza, la musica e del tutto particolarmente i  cosiddetti spettacoli estetici.

9. Questi spettacoli estetici consistevano nel fatto che le più belle  ragazze e anche i più bei giovani si presentavano, con ogni tipo di  costumi provocanti e nelle pose più seducenti, su uno splendido  palcoscenico, e ciò ovviamente con l’accompagnamento della musica.  

10. Dopo ogni spettacolo, però, i giovani artisti di entrambi i  sessi rimanevano a disposizione dei libidinosi spettatori, certamente per notevole denaro, e precisamente i giovani per le  donne libidinose e le ragazze per gli uomini libidinosi. 
[Questo succedeva ben 4000 anni fa! N.d.A.] 

11. Questa “impresa artistica” rendeva al re ingenti somme e contribuiva all’istupidimento del popolo più di qualsiasi altra cosa.  

12. Quello però che serviva particolarmente a mantenere il  favore del popolo al re Giapell, era che egli provvedeva ai poveri  erigendo ospedali ed asili nei quali essi venivano ricoverati, in  modo che in nessun luogo si vedevano mendicanti, bensì solo il  benessere. 

13. Ma il fatto che ai poveri dentro gli ospedali non si provvedesse  proprio nel migliore dei modi e che dovessero lavorare, se erano in  grado di farlo, per guadagnarsi il trattamento alquanto magro che  veniva loro offerto all’interno degli ospedali, questo lo si può  certamente arguire considerando che tali istituzioni erano, tutte e senza eccezione, soltanto frutti della politica del re Giapell. Infatti  amore e politica sono i poli più opposti, poiché l’amore appartiene al  Cielo supremo, mentre invece la politica appartiene all’Inferno  più basso qualora essa abbia per fondamento l’avidità e la  brama di dominio. 

(GFD/3/197) 1. Ora avvenne che lo spirito del re Giapell scoprì  ben presto che sulla Terra esistevano ancora varie popolazioni che  non gli erano sottomesse. Perciò non passò molto tempo che egli  chiamò a consulto i suoi ministri e sacerdoti per vedere come  sarebbe stato possibile sottomettere questi popoli con la minor fatica  possibile.

2. I ministri consigliarono l’utilizzo delle forze militari, ma i  sacerdoti invece, con assoluta astuzia, consigliarono l’invio di  emissari a quei popoli. 

3. “Tali inviati”, dissero i sacerdoti, “dovrebbero predicare a  quei popoli i grandi vantaggi offerti dalla città di Hanoch, ed essi  poi dovrebbero convincere ciascun popolo a mandare qui degli  ambasciatori in via del tutto amichevole! Noi li accoglieremo nella  maniera più cortese possibile e mostreremo loro tutte le nostre  invenzioni e i prodotti della nostra arte, e quando avranno  imparato ad apprezzare a dovere i nostri vantaggi, noi li inviteremo  e diremo loro di annettersi al nostro Stato; e diremo loro che, una  volta che questo sarà accaduto, essi diventeranno un solo popolo  con noi e conseguentemente potranno fruire di tutti i nostri  vantaggi!

4. Quando poi questi ambasciatori faranno ritorno ai loro popoli e  racconteranno tutti i vantaggi prodigiosi di Hanoch, certo non vi sarà  in nessun luogo un solo popolo che non vorrà unirsi subito a noi e  che non vorrà riconoscere la nostra sovranità! 

5. Sarebbe solo da augurarsi che questi ambasciatori non scoprissero presso di noi nessun lato oscuro! Ora, questo lato oscuro  consiste per lo più nel libero furto e nel diritto al brigantaggio  [legalizzati dal re Giapell]. Queste due particolarità dovrebbero  all’inizio venire completamente abolite di fronte agli stranieri,  altrimenti essi ne rimarranno intimoriti già sulla via e poi torneranno  sui loro passi maledicendoci!”.  

6. Questo sottile consiglio dei sacerdoti piacque molto al re  Giapell, il quale lo mise immediatamente in pratica. 

7. In breve tempo furono inviati un migliaio di emissari con delle  carovane in tutte le direzioni, allo scopo di cercare tutti i popoli che  vivevano nascosti per annunciare la lieta notizia da parte di Hanoch  a quelli che essi avessero trovato. 

8. I più facili da trovare furono gli abitanti delle alture, e  precisamente in primo luogo i figli di Dio, poi gli Horadaliti e, oltre  a questi, ancora una quantità di altre popolazioni. 

9. Solamente i Sihiniti, i Meduhediti e i Cainiti, come pure i  discendenti dei consiglieri emigrati in Egitto ai tempi di Ohlad, non  furono trovati. 

10. Con la gentilezza estremamente cortese e la raffinata eloquenza  degli inviati, i quali per lo più non erano altro che prestigiatori e che  contemporaneamente si esibivano nelle loro svariatissime arti dinanzi  ai popoli in cui si erano imbattuti, dopo non molto tempo tutte quelle  popolazioni furono conquistate a favore di Hanoch. 

11. Perfino i figli delle alture si lasciarono convincere, ad eccezione  della casa di Lamec, il quale morì precisamente in quell’epoca in cui  la città di Hanoch aveva inviato dappertutto questi “lodevoli” inviati. 
E così avvenne che soltanto Noè con i suoi tre fratelli, cinque  sorelle e sua moglie, che era una figlia di Mutaele e di Purista, e  con i suoi cinque figli, fu l’unico che non si lasciò abbagliare dagli  “apostoli” di Hanoch, bensì restò interamente fedele al Signore. 

12. Giapell intanto era rimasto immensamente soddisfatto di una  simile vittoria; e siccome erano stati i sacerdoti a dargli un tale giudizioso consiglio, allora egli concesse loro il privilegio della  totale libertà [d’azione] ed inoltre diede loro l’assicurazione  impegnativa che tanto egli, quanto ognuno dei suoi successori, si  sarebbe sempre conformato alle loro disposizioni. 

13. In quello stesso anno i sacerdoti istituirono le caste e tutto il  popolo venne diviso in determinate classi, in cui ciascun individuo  doveva, pena la morte, rimanere finché non si fosse riscattato con il  denaro.

14. Così venne stabilita una casta degli schiavi con il nome di  “animali da soma umani”, una casta militare, una casta borghese,  una casta nobiliare, una casta degli artisti, una casta sacerdotale e  varie altre ancora. 

15. La più numerosa era la casta degli schiavi. E perché? Il perché  lo vedremo in seguito!». 

Jakob Lorber – Giuseppe Vesco

Un Mondo secondo il Cuore di Dio



L’ANGELO CADUTO

C’è un altro momento decisivo per l’umanità, e direttamente per il popolo che Dio pensa di eleggere; in quel momento decisivo il “nemico” tenta di far fallire il piano divino. Questo accade quando Dio sceglie un uomo, dal quale deve uscire il Popolo Eletto, e da questo il Messia. Se all’inizio dell ‘umani- tà il demonio si presentò al primo uomo contro il precetto di Dio, qui, all’inizio del Popolo Eletto, si fa passare per Dio stesso: «Dio tentò Abramo» Si vedrà da questo fatto come Dio, nella sua perfettissima giustizia, permette anche questo che, in definitiva, si risolverà in bene per l’anima retta e fedele. L’apostolo Giacomo dice testualmente che: «Dio non tenta nessuno». Inoltre questa tentazione di Abramo da parte di Dio, sarebbe un caso unico nella storia. L’alleanza con Abramo, la sua rinnovazione per mezzo della circoncisione, rende non necessaria una prova simile a quella che esigevano le religioni pagane ispirate dal demonio. Non era forse il demonio che faceva credere, nei popoli che circondavano Israele, alla necessità di sacrificare esseri umani? D’altra parte, è indecoroso per la giustizia perfettissima di Dio, il sottoporre ad una prova che va contro la natura creata da Lui, come è il fatto che un essere razionale sacrifichi il proprio figlio. Se Dio rimprovera Caino per l’uccisione di suo fratello, come può essere l’ispiratore di una simile prova per Abramo? È invece il demonio che di nuovo tenta di frustrare il piano divino, come aveva fatto con Adamo. In Adamo c’era più luce ed egli sapeva che la proposta che gli era stata fatta implicava la disobbedienza a Dio. In Abramo c’era una grande fede e questa per sua natura è oscura. Il demonio si vale di questa oscurità, e si fa passare di fronte ad Abramo per Dio stesso. Nel momento decisivo Dio interviene miracolosamente, e la prova del demonio, permessa da Dio, per la rettitudine di Abramo si converte in frutto di benedizione, venendo egli confermato nella fede e nelle promesse che precedentemente Dio gli aveva fatto. Così come avrebbe confermato in grazia Adamo, se egli avesse superato la tentazione dello stesso nemico 1 . 

C’è un fatto nella storia di Davide che ci può chiarire questo di Abramo. Nel secondo libro di Samuele si legge testualmente: «La collera del Signore si accese di nuovo contro Israele e incitò Davide contro il popolo in questo modo: Su, fa’ il censimento d’Israele e di Giuda». E disse Davide dopo di aver fatto il censimento: «Ho peccato grave- mente facendo quello che ho fatto» 2 . C’è però un altro testo parallelo che ci rivela il vero ispiratore di questa azione di Davide sgradita a Dio. Nel libro delle Cronache si legge: « Satana insorse contro Israele e spinse Davide a censire gli Israeliti». 

Nella storia di Giobbe il demonio appare scopertamente. Ma Giobbe ignora che tutti quei mali che gli succedono sono stati provocati dalla malvagità del demonio. Così si esprime Giobbe: «Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?» Non possiamo nascondere che questa espressione di Giobbe propone un problema difficile da risolvere, se è vero ciò che afferma: da Dio riceviamo i beni e i mali. Dio castiga i cattivi e premia i buoni in questa vita, secondo il pensiero antico. Allora, come mai lui, Giobbe, che è giusto, è schiacciato da tanti mali? Giobbe ignora che esiste un essere, il demonio, che ha chiesto a Dio il permesso di metterlo alla prova. Dio, nella sua giustizia, per aver creato l’angelo libero, glielo permette; permissione che non farà che aumentare la giustizia dell’uomo, se egli rimane fedele a Dio nella prova che lo spirito del male ha provocato. 

La lezione è trasparente per noi: abbiamo un nemico invisibile, il demonio, dal quale ci vengono tutti i mali, cercando egli con ciò la nostra perdizione, facendoci credere che Dio è ingiusto: che i mali cioè vengono da Dio, nonostan- te noi non abbiamo fatto niente per meritarli, perché il vero autore non si lascia riconoscere. Come serviremo un Signore che ci tratta così ingiustamente? Questo è il momento decisivo nella tentazione ordinaria, e se l’uomo si dimentica del “nemico” nascosto, corre il pericolo di cadere nella bestemmia contro Dio, che nella sua giustizia ha permesso qualcosa che è stata voluta da una creatura libera, l’angelo caduto, spirito del male. 

Questa è stata la lotta costante del demonio per portare a termine l’usurpazione della creazione intera, cercando di ostacolare l’ingresso del Dio umanato nel mondo.

presentato da JOSÉ BARRIUSO 

MISTICA CITTA’ DI DIO



COMPOSIZIONE DELLA «MISTICA CITTÀ DI DIO»


Il problema dell'autenticità

Un alone di dubbio si stende a volte intorno all'autenticità della Mistica Città di Dio. La vera autrice di quest'opera sarà realmente la celebre monaca di Agreda, suor Maria di Gesù? La ragione principale per dubitare di ciò consiste nella difficoltà intrinseca al fatto che una monaca di clausura, senza formazione teologica né studi, potesse realizzare un'opera tanto grandiosa, letteralmente impregnata di citazioni dalla sacra Scrittura, piena di dottrina sublime, scritta in uno stile talmente elevato e ieratico, di rara perfezione. Non sarà più ragionevole pensare che sotto la firma della monaca si nasconda l'opera - se non intera, almeno parziale - di qualche frate anonimo dell'Ordine di san Francesco? Il sospetto diventa tanto più consistente, quando sappiamo che i francescani hanno lavorato in modo incredibile per portare avanti la causa della Venerabile e del suo libro. Ci consta altresì che suor Maria nella sua vita mantenne intime relazioni con i padri di quell'Ordine. La nota di scotismo, ripetute volte lanciata come accusa contro l'opera, contribuisce inoltre ad aumentare il sospetto che la paternità dell'opera ricada, in tutto o in parte, sui francescani che la diressero o ebbero a che fare con lei. È’ risaputo anche che i teologi dell'epoca, alquanto impegolati in polemiche di scuola, cercavano appoggio e conferme alle loro posizioni in anime favorite da Dio con visioni e rivelazioni. Per tutto questo, la questione dell'autenticità risulta qui irrinunciabile.

Cominciamo con l'avvertire, tuttavia, che il problema dell'autenticità non dobbiamo intenderlo in modo assoluto, come se per affermare l'autenticità dovessimo dire che suor Maria redasse l'opera da sola, senza nessun genere di influenze e di aiuti. Questo si oppone a ciò che l'Autrice stessa afferma molte volte, che tutti e ciascuno dei temi trattati nell'opera, particolarmente i più difficili, li conferiva con i suoi maestri e direttori spirituali. Evidentemente dovette subire l'influsso, e molto notevole, dei teologi che consultava. Però, da qui ad affermare che fu una redattrice che copiava, poco meno che alla lettera, quel che questi teologi le suggerivano, c'è una bella differenza.
La questione consisterebbe, ancor meglio, nel sapere fino a che punto operò questo influsso dei teologi, se giunse ad essere di tale importanza che non si possa attribuire all'Autrice l'appartenenza formale, e non solo materiale, dell'opera. Non è possibile determinare con esattezza il grado di questo influsso, per la medesima forma in cui si esercitò, poiché si realizzò principalmente per mezzo di conversazioni e consultazioni orali, di cui, naturalmente, non è rimasta prova. Lo stesso deve dirsi delle prediche ascoltate. Però in ogni caso, sebbene non sia possibile determinare questo influsso, crediamo di poter affermare, per le ragioni che vedremo in seguito, che suor Maria di Gesù di Agreda è la vera autrice della Mistica Città di Dio.
Per questo, e come presentazione dell'opera nello stesso tempo, ricordiamo brevemente i punti storici fermi, e cerchiamo di ricostruire la complicata storia della genesi e gestazione di quest'opera, fondandoci soprattutto sui dati che risultano da altri scritti, che certamente sono della Venerabile, in particolare le lettere scritte da lei o dirette a lei, sulle testimonianze dei suoi direttori e su quello che si desume dal testo stesso della Mistica Città di Dio.
Suor Maria di Gesù morì nell'anno 1665. L'edizione principe dell'opera apparve in Madrid cinque anni dopo, ossia nel 1670. Durante i cinque anni che intercorrono tra la morte di suor Maria e la comparsa del libro, questo fu esaminato da una commissione di teologi dell'Ordine francescano, che, rispettando scrupolosamente il testo dell'opera, lo fecero accompagnare da note esplicative e fecero precedere l'edizione da un esteso Prologo Galeato e da una biografia di suor Maria, scritti entrambi dal p. Giuseppe Ximénez Samaniego, Generale dell'Ordine francescano. Per preparare questa edizione principe si portarono a Madrid gli otto volumi della Mistica Città di Dio che, interamente scritti di propria mano dalla Venerabile, si conservavano nel suo monastero di Agreda. Realizzata l'edizione, si tornò a depositare religiosamente gli esemplari autografi nel monastero di Agreda, dove ancor oggi si conservano.
Poche sono le opere celebri di una certa antichità che godano di una posizione tanto privilegiata. Intendiamo dire: è raro che esista l'originale autografo delle medesime, come avviene in questo caso. Consta che tanto la Venerabile come quelli che l'assistevano si impegnarono e interessarono, per ovviare future difficoltà o possibili obiezioni, a lasciare un originale autografo perfetto, scritto di sua mano e convenientemente firmato. Avevano coscienza che si trattava di un'opera grande, trascendentale, e intendevano prevenire ogni possibile obiezione. Del resto, la Venerabile aveva esperienza che le copie o trascrizioni dei suoi scritti, fatte da altri, non sempre erano del tutto fedeli, e fece in modo, senza dubbio, di lasciare una bella copia fatta di suo proprio pugno.
Che la scrittura di questi otto volumi sia della Venerabile non si può ragionevolmente dubitare. Suor Maria di Gesù ha una calligrafia inconfondibile, e confrontando la scrittura di questi volumi con quella degli altri suoi scritti, l'uniformità balza all'evidenza.
Però tutto questo, pur essendo importante, non basta per risolvere il problema; anzi, in parte, lo complica ulteriormente, perché, volendo immaginare inganni o ipotesi possibili, forse non fu fatto tutto questo per nascondere artifici? Non poté suor Maria copiare o scrivere con la sua mano un'opera di cui in realtà non era lei la vera autrice, prendendo precauzioni perché questo non venisse scoperto? È’ necessario confessare che, immaginando ipotesi possibili, per quanto poco probabili, non si può scartare questa congettura.

Suor Maria di Gesù
Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione

venerdì 28 febbraio 2020

LE SETTE ARMI SPIRITUALI



Santa Caterina da Bologna 

La dolce presenza di Cristo 

Ma alla stessa religiosa fu concessa una ancor più grande e meravigliosa grazia, dopo una ulteriore prova alla quale Iddio volle sottoporla.  

Per un certo tempo, le fu tolta la fiamma dell'amore divino e gli occhi della sua mente furono privati della dolce presenza di Cristo Gesù, dalla quale era pur stata consolata molte volte in passato; fu tanta la sua amarezza, che ogni motivo di consolazione si trasformava in tristezza, così da stare giorno e notte in quasi continue lacrime e reputare grande refrigerio il poter piangere liberamente nelle ore concesse per dormire.  

Si avvicinava intanto la festa della natività del nostro Salvatore Cristo Gesù. Giunta la vigilia di Natale, domandò alla madre abbadessa il permesso di vegliare quella notte per sua devozione; avuto l'assenso, entrò in questa chiesa col proponimento di recitare mille volte l'Ave Maria, in supplica e reverenza alla madre di Cristo.  

Alla quarta ora della notte, momento nel quale credo che sia nato il Salvatore, mentre pregava, le apparve improvvisamente innanzi la Vergine gloriosa col suo dilettissimo Figliolo fra le braccia, fasciato esattamente come si usa per gli altri piccoli quando nascono. Facendosi vicina, la Vergine le pose il bambinello in grembo, con somma cortesia e benignità; e la religiosa, per grazia divina rassicurata della presenza del vero Figliolo dell'eterno Padre, dolcemente lo strinse a sé, viso a viso; e tutto, intorno, pareva dileguarsi come cera al fuoco.  

Nessuna mente può essere così gentile da immaginare e nessuna lingua può narrare il soave odore della purissima carne di Gesù benedetto; e del bellissimo e delicato viso del Figliolo di Dio, quando anche ne dicessi tutto ciò che si può dire, sarebbe niente e lo lascio alla immaginazione di ciascuno. Ma ben mi sento di esclamare: - Cuore insensato e più duro di tutte le cose create, come non ti spezzasti o non ti sciogliesti come neve al sole nel vedere, gustare e abbracciare lo splendore della paterna gloria? - perché non fu sogno, né immaginazione, né eccesso mentale; ma realtà aperta, manifesta e senza alcuna fantasia.  

Dopo che ebbe accostato il proprio viso a quello del bambinello, subito la visione disparve; e la religiosa rimase in tanta contentezza e beatitudine, che non solo il suo cuore, ma tutte le sue membra parevano gioire; e l'amara tristezza, che tanto l'aveva afflitta per l'assenza di Cristo Gesù, scomparve in tal modo, che per moltissimo tempo non provò più alcuna melanconia.  

Dilettissime sorelle, siate prudenti e sopportate con pazienza l'assenza dell'amore divino; insistete con forza e costanza nelle consuete orazioni, nelle sante virtù e nell'operare il bene, finché alla clemenza divina piacerà raddoppiare nei vostri cuori la fiamma del suo verginale e castissimo amore. Quando Dio avrà messo alla prova l'anima rimasta vedova e la vedrà ugualmente costante e fedele in tanta penuria, non potrà trattenersi dal consolarla: si ricongiungerà con essa inseparabilmente e le darà una più grande abbondanza di grazie e di doni spirituali.  

Però, io prego con tutto il cuore ogni futura abbadessa di questo luogo di prediligere, con materna carità, quella che dovesse essere afflitta da così amarissima pena e di sostenerla nella mente e nel corpo; perché non vi è dolore maggiore di quello dell'anima, quando pensa e crede di avere perduto la grazia di Dio. Io dico «crede», perché credere, in tale caso, non è sapere: infatti, l'anima, inesperta del perfetto amore divino, pensa di essere privata di tale amore se si ritrova a non gustare più le consuete dolcezze mentali, cioè quando le è tolta la presenza della umanità di Cristo; per questo si duole in tanta mortale miseria, che non la può comprendere chi non la prova.  

Illuminata Bembo

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



L'inferno visto dai tre veggenti di Fatima 

I bambini, ai quali apparve la Madonna a Fatima dal 13 maggio al 13 ottobre 1917, sono Lùcia de Jesus (nata il 22 marzo 1907 e morta il 2005), Francisco (nato l'11 giugno 1908 e morto il 4 aprile 1919) e Jacinta Marto (nata l' 11 marzo 1910 e morta il 20 febbraio 1920). Tra l'altro, la Madonna fece vedere loro l'inferno. Vedemmo, racconta Lucia, "come un grande mare di fuoco e immersi in questo fuoco i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o abbronzate, di forma umana, che ondeggiavano nell'incendio, sollevate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti - simili al cadere delle scintille nei grandi incendi - senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e di disperazione, che terrorizzavano e facevano tremare di paura. I demoni si distinguevano per la forma orribile e ributtante di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti come neri carboni di bracia ". Ai piccoli terrorizzati dalla paura, la Madonna dice: "Avete visto l'inferno, dove vanno le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se farete quello che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace". La Madonna dirà pure: "Quando recitate il Rosario, dopo ogni mistero dite: O Gesù mio, perdonateci, liberateci dall'inferno, portate in cielo tutte le anime, soprattutto quelle più bisognose". Da notare che al tempo delle apparizioni della Madonna Lucia de Jesus aveva 10 anni, Francisco e Jacinta Marto rispettivamente 9 e 7 anni. Anche in questa visione ci sono elementi significativi da rilevare: a) L'inferno appare come un grande mare di fuoco nel quale sono immersi demoni e dannati. E nel fuoco ondeggiano nell' incendio, sollevati dalle fiamme, cadendo da tutte le parti. b) I dannati emettono grida e gemiti di dolore e di disperazione, che terrorizzano e fanno tremare di paura. c) Demoni e dannati appaiono come braci trasparenti e nere o abbronzate di forma umana. I demoni si distinguono per la forma orribile e ributtante di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti come neri carboni di bracia. Le differenze notate (come braci trasparenti e nere o abbronzate) rispondono molto probabilmente alle diverse forme di tormenti dati per i peccati specifici. Oppure vogliono contrassegnare la maggiore o minore colpevolezza dei dannati. d) Dai demoni e dannati escono fiamme e nuvole di fumo. Evidentemente il fuoco infernale permea tutto l'essere, quasi come ad identificarsi con esso. Da notare che la tenera età dei veggenti non ha impedito alla Madonna di presentare loro uno spettacolo così orrendo. Ciò dice qualcosa ad una certa pedagogia che, per risparmiare alle anime uno spavento salutare, lascia che esse corrano il rischio della dannazione eterna. 

Padre Antonio Maria Di Monda

l'Energia nucleare è il flagello dell'umanità



LA SANTISSIMA VERGINE MARIA


Miei Amati, l'energia nucleare è il flagello dell'umanità, l'epidemia terminale, il Caino, l'Erode moderno, il Sansone moderno, il Giuda attuale; la ribellione contro Dio, che viene utilizzata in questo momento con armi demoniache. Per questo le Legioni Angeliche dovranno intervenire per aiutare i fedeli di Dio.

04.10.2015

Regina della Famiglia



La Sacra Famiglia nella chiesa 

La piccola veggente vede, nella nona apparizione, la Sacra Famiglia in mezzo ad una chiesa. 
Il tempio è simbolo di Cristo. Gesù parlando del suo corpo  dice: distruggete questo tempio e io in tre giorni lo ricostruirò. Il  tempio è anche la figura della Chiesa, la quale è una comunità di  uomini salvati ed è una istituzione di salvezza. 
La famiglia deve stare nel tempio spirituale, che è la  Chiesa, perché da essa deve essere guidata, istruita e santificata.  La famiglia, chiesa domestica, come la chiama il Concilio Vaticano II, dalla Chiesa deve trarre la vita divina. La famiglia deve  essere il luogo della preghiera, dell'ascolto della parola di Dio  che i genitori danno in cibo ai figli, perché il loro spirito si nutra,  la palestra, in cui i suoi membri si esercitano nelle virtù e  crescono, sotto l'azione dello Spirito Santo, nella vita divina. La  famiglia deve essere il luogo dell'accoglienza, della solidarietà,  della pazienza, della fedeltà, della mitezza e del perdono. 
Nella famiglia tutto deve essere ordinato, tranquillo, puro e  i suoi membri devono mirare a ciò che è bello, vero, buono. Ma  questa è la famiglia che vive nel tempio di Dio, ben lontana dallo stile di vita di molte famiglie del nostro tempo, le quali  vivono nella superficialità, cercando di riempire il vuoto di una  esistenza senza valori, con le cose frivole e dannose.

Severino Bortolan

Le spose di Gesù



Meditazione

Per meditazione s’intende solitamente la riflessione su alcune verità della nostra fede. Ma perché ci sia vera preghiera ci deve essere amore. Perciò la lettura distesa, senza fretta, può essere un’occasione d’aiuto per dialogare amorevolmente col Signore. È bene che tu legga passi della Bibbia e lasci che la voce di Dio ti arrivi fino al cuore. Devi imparare ad ascoltare la sua voce. E per questo è di fondamentale importanza che tu abbia un ambiente silenzioso, perché la meditazione deve portarti dalla comprensione mentale al cuore. La tua meditazione deve portarti a ripensare la Parola di Dio ed i suoi misteri nel tuo cuore

Padre Angel Peña

La nube della non-conoscenza



L’esatta interpretazione di questa frase del Vangelo:


«Maria ha scelto l’ottima parte»



Cosa significa questa frase: «Maria ha scelto l’ottima parte»? Ogni qualvolta si stabilisce o si nomina una cosa come «ottima», si presume l’esistenza di altre due prima di essa: l’una «buona», l’altra «migliore», cosicché vi sia «l’ottima», che è terza per numero. Ma quali sono queste tre cose buone di cui Maria ha scelto «l’ottima»? Tre tipi di vita, no di certo, poiché la santa chiesa ne conosce soltanto due: la vita attiva e quella contemplativa. E questi due tipi di vita sono allegoricamente raffigurati nel brano evangelico dove si parla delle due sorelle, Marta e Maria. Marta rappresenta la vita attiva, Maria quella contemplativa. Nessun uomo si può salvare senza l’una o l’altra di queste vite; d’altra parte, è impossibile scegliere quale sia l’ottima, dal momento che fra due cose soltanto se ne dà unicamente una migliore dell’altra.
Ma sebbene ci siano solo due tipi di vita, tuttavia in essi sono comprese tre parti, ognuna superiore all’altra. Di queste tre parti si è già parlato prima in questo libro e ciascuna è stata. messa secondo un certo ordine.

La prima parte, come si è detto, consiste in opere di carità e di misericordia corporale, tutte cose buone e oneste. Questo è il primo stadio della vita attiva.
La seconda parte di questi due tipi di vita è composta da efficaci meditazioni spirituali sulla nostra miseria., sulla passione di Cristo e sulle gioie celesti. Se la prima parte e buona, questa e ancora migliore, poiché e il secondo stadio della vita attiva e il primo di quella contemplativa. In questa seconda parte, la vita attiva e quella contemplativa sono unite insieme in una sorta di parentela spirituale, e fatte sorelle come Marta e Maria. Fino a tale altezza di contemplazione può giungere un attivo, e non più in alto, tranne in rarissime occasioni e per una grazia tutta particolare. Fino a tale profondità può scendere verso la vita attiva un contemplativo, e non più in basso, se non in casi rarissimi e per grave necessita.
La terza parte di questi due tipi di vita e tutta racchiusa nella nube della non-conoscenza ed è fatta di innumerevoli slanci d’amore rivolti a Dio così com’è, nel segreto del proprio cuore.
La prima parte è buona, la seconda è migliore, la terza è ottima sotto ogni aspetto. Questa è «l’ottima parte» di Maria. Di qui si può facilmente comprendere perché nostro Signore non disse che Maria aveva scelto «l’ottima vita», dal momento che ci son solo due vite e che tra le due non si può scegliere l’ottima, ma solo la migliore. Di questi due generi di vita «Maria ha scelto — disse — l’ottima parte, quella che non le sarà tolta mai».
La prima e la seconda parte sono sì buone e sante, ma terminano con questa vita. Infatti, nell’altra vita non ci sarà bisogno, come adesso, delle opere di misericordia, né di piangere per la nostra miseria o per la passione di Cristo. E nessuno soffrirà la fame o la sete, come invece su questa terra; nessuno morirà di freddo, né sarà ammalato o senza casa o in prigione; e nessuno avrà bisogno di essere seppellito, perché nessuno dovrà più morire. Ma la terza parte che Maria ha scelto, la scelga chi per grazia di Dio si sente chiamato a seguirla. O meglio, chiunque è scelto da Dio per quella parte, segua con lena e con gioia la sua inclinazione. Quella parte non gli sarà tolta mai: infatti, anche se comincia in questa vita, durerà per sempre.
Lasciate, dunque, che la voce del Signore si levi contro questi attivi, come se stesse parlando loro in questo momento in nostro favore, così come fece allora con Marta per difendere Maria, dicendo: «Marta, Marta!». «Attivi, attivi!, datevi da fare più che potete nella prima e nella seconda parte, ora nell’una, ora nell’altra, o se proprio volete e vi sentite pronti, in tutt’e due contemporaneamente. Ma non impicciatevi degli affari dei contemplativi. Voi non sapete niente del loro travaglio interiore. Lasciateli stare, seduti nel loro riposo a godersi la terza e ottima parte scelta da Maria».

TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO




Monsignor GAUME

AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA MATERNO RIFUGIO



O Regina dell'Universo e Mediatrice tra gli uomini e Dio, Madre di dolore, di amore e di misericordia, consolazione e rifugio di tutte le nostre speranze che, pur spezzandoti il Cuore con tanti disprezzi ed oltraggi, Ti degni ancora di essere propizia verso di noi, figli indegni ed ingrati; ottienici, Ti preghiamo con filiale confidenza e gran fiducia, la grazia di essere liberati dal peccato, che uccide le anime ed ha portato il mondo in rovina. O clementissima Madre, noi riconosciamo di aver incoronato di spine il Tuo Figlio divino e nostro Redentore Gesù e squarciato con molte ferite il Tuo tenerissimo Cuore, per cui abbiamo meritato i flagelli della Giustizia di Dio. Ma ora, ravveduti e pentiti, invocando la Tua protezione ed il Tuo aiuto, ci rifugiamo nel Tuo Cuore materno, unico riparo nel turbine tempestoso che sconvolge il mondo. 

Accogli benigna, con la preghiera per la nostra salvezza, la nostra fervida supplica di riparazione per le molte offese che si commettono, in ogni ora del giorno e della notte, da tanti altri figli ingrati, affinché, illuminati ed attratti dal Tuo materno amo- re, possano trovare anch'essi rifugio e salvezza.  

O Maria, Regina del Cielo e della terra, Madre di Dio, Madre e Mediatrice nostra, Tu che hai tutta la potenza presso Dio e tutto l'amore per la nostra salvezza, in quest'ora triste e tenebrosa, che avvolge e sommerge questa misera e tormentata umanità, tra le forze crescenti e minacciose del maligno infernale, fa' scendere, Ti preghiamo con viva fede, la luce del Tuo materno amore sul mondo tutto e particolarmente nei cuori infedeli ed induriti nella colpa, affinché tutti uniti, come un sol cuore, nella fede e nell'amore del Cuore divino del Tuo e nostro Gesù, possiamo cantare, su tutta la terra, il trionfo della Tua materna misericordia. Così sia.  Indulgenza 200 giorni 

Con approvazione ecclesiastica della Diocesi di Mileto (CZ)  

L'ARALDO DEL DIVINO AMORE



RACCOMANDAZIONE DELLA PERSONA

«Oh, profondità delle ricchezze e della scienza di Dio! come i suoi giudizi sono incomprensibili e come sono impenetrabili le sue vie! » (Rom. XI, 33). Perciò Dio chiama coloro che ha predestinati da vie differenti, misteriose, ammirabili. Dopo d'averli chiamati li colma di grazie, come se adempisse opera di giustizia verso anime, che giudica degne di condividere le sue ricchezze ed eterne delizie.
La cara Santa di cui trattiamo ce ne dà una prova evidente. Simile a giglio splendente di candore, venne posta da Dio nell'aiuola fragrante del giardino della Chiesa, cioè nell'assemblea delle anime giuste, quando, bimba di appena cinque anni la ritirò dalle agitazioni mondane, per introdurla nella dimora nuziale della santa Religione. Al candore del giglio ella univa la magnificenza e la freschezza dei fiori più eletti, così che, non solo affascinava lo sguardo, ma rapiva i cuori. Benchè d'età tenerissima, lasciava intravvedere rara maturità di giudizio, mostrando tale ricchezza di sapere, di eloquenza e facilità nell'apprendere qualsiasi cosa, da farne rimanere rapiti.
Ammessa alla scuola, subito si distinse per vivacità e finezza d'intelligenza, sorpassando le compagne in qualsiasi ramo dell'insegnamento. Con cuore illibato ella trascorse l'infanzia e l'adolescenza, dandosi tutta allo studio delle urti, in modo da preservarsi, per bontà del Padre delle misericordie, da quelle frivolezze, che così spesso trascinano a rovina l'incauta gioventù.
Lodi e ringraziamenti a Te, o Dio onnipotente!
Venne infine il momento in cui Colui, che l'aveva scelta fin dal seno di sua madre, introducendola poi, ancor pargoletta, a condividere il banchetto della vita monastica, volle condurla, per grazia particolare, dalle cose esteriori alla contemplazione interiore, dalle azioni terrestri alla ricerca delle cose celesti; più avanti racconteremo come avvenne tale mutamento (vedi Lib. II, cap. I).
Ella comprese allora di essere restata troppo tempo lungi da Dio, « in ragione dissimilitudinis, in una regione dissimile », (come ben dice S. Agostino, Lib. VII, cap. X), quando, applicandosi con passione allo studio delle lettere, aveva trascurato di fissare la luce della scienza spirituale, ed attratta troppo sensibilmente dal fascino della sapienza umana, s'era privata del delizioso sapore della vera sapienza.
Fedele al divino richiamo, disprezzò gli allettamenti intellettuali che l'avevano fin allora sedotta, e s'abbandonò tutta al suo Dio che volle introdurla nel regno dell'allegrezza e della gioia, sulla montagna di Sion, ammettendola alle delizie della divina contemplazione. Là si spogliò del vecchio uomo e de' suoi atti per rivestirsi dell'uomo nuovo, creato secondo Dio, nella giustizia e santità della verità.
Così si mutò da intellettuale a spirituale, meditando continuamente le pagine divine che poteva procurarsi, e riempiendo il cuore delle dolci, utilissime sentenze della Sacra Scrittura. Perciò, quando venivano a consultarla su questioni religiose, aveva sempre pronti detti scritturali, e lo faceva con tanta opportunità e senno, da convincere pienamente i suoi interlocutori. Ella era avidissima di immergersi nelle dolcezze della contemplazione e di meditare i libri sacri: quelle pagine erano per lei favo di miele, dolce armonia, giubilo spirituale. Simile alla colomba che raccoglie il chicco di grano, Ella scrisse libri spirituali ricchi di grande soavità, ove sono raccolte le parole dei Santi.
Suo scopo era di rendere chiari e luminosi, anche alle intelligenze meno dotate, certi passaggi un po' oscuri. Inoltre compose preghiere veramente ispirate e deliziose, nonchè gli Esercizi spirituali che, ancor oggi, si leggono con frutto, diletto, edificazione.
Il suo stile è così corretto che i maestri, nonché fare appunti sulla sua dottrina, ne subirono l'incanto ed apprezzarono le sue opere, sia per l'agilità dell'esposizione, sia perché infiorate e profumate dai detti della S. Scrittura che loro danno un pregio elevatissimo, specialmente allo sguardo dei teologi e delle anime pie.
E' quindi evidente che tali produzioni non sono il frutto dello spirito umano, ma della grazia celeste, di cui Geltrude era ricolma.
Per non dare a queste lodi un senso puramente umano, aggiungeremo qui un titolo che merita di essere esaltato. La Sacra Scrittura non dice forse: « La grazia esterna inganna e la bellezza è fallace: solo la donna che teme il Signore sarà lodata?» (Prov. XXXI, 30).
Ella era una fortissima colonna della Religione, zelante difesa della giustizia e della verità, tanto che si può applicarla quello che si disse del grande Sacerdote Simone, nel libro della Sapienza: « Ha sostenuto la causa durante la vita » cioè la Religione « ed ha durante i suoi giorni assodato il tempio » (Eccl. L, I), cioè con esempi e consigli, ha riscaldato il sacro tempio della divozione, eccitando nelle anime vivo fervore. Possiamo dunque ripetere che durante il suo terreno pellegrinaggio, « i pozzi hanno riversato le loro acque » (ibld) perchè nessuno più di Geltrude ha diffuso ampiamente le onde di una salutare dottrina.
Ella aveva parola dolce e penetrante, linguaggio eloquente, persuasivo, efficace e così colmo di grazia da meravigliare coloro che l'ascoltavano, parecchi dei quali affermarono che sentivano vibrare lo spirito di Dio, ne' suoi discorsi, sì da esserne inteneriti nel cuore e trasformati nella volontà. Infatti « la parola viva ed efficace, più penetrante di una spada a due tagli, la quale divide l'anima dallo spirito » (Ebr. IV, 12) abitava in essa, operando tali meraviglie. Agli uni essa ispirava quel sincero pentimento che guida all'eterna salvezza, agli altri la luce per conoscere Dio ed approfondire la propria miseria; ad altri ancora dava sollievo e conforto, infine in molti accendeva la fiamma del divino amore.
Parecchie persone esterne, che l'avevano accostata una sola volta, assicuravano d'averne provato dolcezze ineffabili. Però, quantunque possedesse a dovizia í doni che piacciono al mondo, non bisogna concludere che, quanto si racconta in questo libro, sia il frutto del suo ingegno naturale, della vivacità dell'immaginazione, o il risultato della grazia del suo facile eloquio. Tutto in essa procedeva dalla sorgente della divina Sapienza, diffusa nell'anima sua da quello Spirito Santo, « che soffia dove vuole » (Giov. III, 8), quando vuole, per chi vuole e ciò che vuole, secondo la convenienza dei tempi, dei luoghi, delle persone.
Siccome per le cose visibili e invisibili sono generalmente meglio comprese dall'umano intelletto per mezzo di immagini, così è necessario rivestirle di forme concrete Ugo di S. Vittore lo prova chiaramente nel « Discorso dell'uomo interiore » (cap. XVI).
« Le divine scritture, per adattarsi alla fragilità umana, descrivono le cose invisibili sotto forme visibili, imprimendo così nell'intelligenza delle immagini, la cui bellezza ridesta i nostri desideri. Parlano perciò, talora, di una terra ove scorre latte e miele, tal altra di fiori e di profumi: così pure, assai spesso, esprimono l'armonia delle gioie celesti, coi cantici degli uomini ed i concerti degli uccelli. Leggendo l'Apocalisse di S. Giovanni troverete descritta una Gerusalemme celeste adorna d'oro, d'argento, di gemme e di altre pietre preziose. Eppure sappiamo che in cielo, ove nessuna cosa manca, non v'ha nulla di simile, ma tali cose vi sono nella loro « sostanza spirituale ».

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

“Signore, insegnaci a pregare!”



Raccolta di preghiere della Serva di Dio LUISA  PICCARRETA 


Diversi modi di fondersi nella Divina Volontà

Molte volte nei miei scritti dico: “Mi stavo fondendo nel Santo Volere Divino”, e non mi  spiego più... Ora, costretta dall’ubbidienza, dico quello che mi succede in questa fusione nel  Divin Volere.  
Mentre in questo mi fondo, innanzi alla mia mente si presenta un vuoto immenso, tutto di  luce, in cui non si trova né dove arriva l’altezza, né dove giunge la profondità, né i confini di  destra né di sinistra, né quello dinnanzi, né quello opposto... In mezzo a questa immensità, in un  punto altissimo, mi sembra di vedere la Divinità, oppure le Tre Divine Persone che mi  aspettano; ma questo sempre mentalmente. E non so come, una piccola bambina esce da me,  ma sono io stessa; forse è la piccola anima mia...; ma è commovente vedere questa piccola  bambina mettersi in via in questo vuoto immenso, tutta sola, (che) cammina timida, in punta di  piedi, con gli occhi sempre rivolti dove scorge le Tre Divine Persone, perché teme che se  abbassa lo sguardo in quel vuoto immenso, non sa a qual punto deve andare a finire. Tutta la  sua forza è in quello sguardo fisso in alto, che essendo ricambiata con lo sguardo dell’Altezza  Suprema, prende forza nel cammino... Ora, mentre la piccolina giunge innanzi a Loro, si  sprofonda con la faccia nel vuoto per adorare la Maestà Divina; ma una mano delle Divine  Persone rialza la piccola bambina e le dicono: “La figlia nostra, la piccola Figlia della nostra  Volontà: vieni nelle nostre braccia”... Ed essa, nel sentir ciò, si mette in festa e mette in festa le  Tre Divine Persone, che compiacendosi di lei aspettano il disimpegno del suo ufficio, da Loro  affidatole. Ed essa, con grazia propria di bambina, dice: “Vengo ad adorarvi, a benedirvi, a  ringraziarvi per tutti; vengo a legare al vostro Trono tutte le volontà umane di tutte le generazioni, dal primo all’ultimo uomo, affinché tutti riconoscano la vostra Volontà Suprema,  L’adorino, L’amino e Le diano vita nelle anime loro”. 
Poi ha soggiunto: “O Maestà Suprema, in questo vuoto immenso ci sono tutte queste  creature, ed io voglio prenderle tutte per metterle nel vostro Santo Volere, affinché tutte ritornino  al principio da dove sono uscite, cioè alla vostra Volontà. Perciò sono venuta nelle vostre braccia  paterne, per portarvi tutti i vostri figli e miei fratelli e legarli tutti con la vostra Volontà; ed io, a  nome di tutti e per tutti, voglio ripararvi e darvi l’omaggio, la gloria, come se tutti avessero fatto  la vostra SS. Volontà. Ma deh, Vi prego, che più non ci sia separazione tra Volontà Divina e  umana! È una piccola bambina che ciò Vi chiede e ai piccoli so che Voi non sapete negar nulla”... 
Ma chi può dire tutto ciò (che) feci e dissi? Sarei troppo lunga, oltre che mi mancano i  vocaboli di ciò che dico innanzi all’Altezza Suprema. Mi sembra che qui nel basso mondo non si  usa quel linguaggio di quel vuoto immenso. 
Altre volte, poi, mentre mi fondo nel Divin Volere e quel vuoto immenso si fa avanti alla mia  mente, giro per tutte le cose create e vi imprimo un «Ti amo» per quella Maestà Suprema, come  se io volessi riempire tutta l’atmosfera di tanti «Ti amo», per ricambiare l’Amore Supremo di  tanto amore verso le creature; anzi, giro per ogni pensiero di creatura e v’imprimo il mio «Ti  amo»; per ogni sguardo e vi lascio il mio «Ti amo»; per ogni bocca e ad ogni parola vi suggello il  mio «Ti amo»; per ogni palpito, opera e passo e li copro col mio «Ti amo», che dirigo al mio  Dio...; scendo fin laggiù nel mare, nel fondo dell’oceano, e ogni guizzo di pesce, ogni goccia  d'acqua, li voglio riempire del mio «Ti amo». Onde dopo che dappertutto ha operato, come se  avesse seminato il suo «Ti amo», la piccola bambina si porta innanzi alla Maestà Divina e, come  se volesse farle una grata sorpresa. Le dice: “Mio Creatore e Padre mio, mio Gesù e mio Eterno  Amore: guardate tutte le cose e da parte di tutte le creature sentite che Vi dicono che Vi amano.  Dovunque c’è il «Ti amo» per Voi; Cielo e terra ne sono pieni: e dunque, Voi ora non concederete alla piccola piccina che la vostra Volontà scenda in mezzo alle creature, si faccia conoscere,  faccia pace con la volontà umana e, prendendo il suo giusto dominio, il suo posto d'onore, nessuna creatura faccia più la sua volontà, ma sempre la Vostra?” 
Altre volte poi, mentre mi fondo nel Divin Volere, voglio dolermi di tutte le offese fatte al  mio Dio e riprendo il mio giro in quel vuoto immenso, per trovare tutto il dolore che il mio Gesù  ebbe per tutti i peccati; lo faccio mio e giro ovunque, nei luoghi più reconditi e segreti, nei  luoghi pubblici, su tutti gli atti umani cattivi, per dolermi per tutte le offese...; e per ciascun  peccato mi sento che vorrei gridare in ogni moto di tutto il Creato, raccogliendo in me tutto il  dolore di tutte le colpe: “Perdono, perdono”. Non c’è offesa (a) Dio, sia pure la più lieve, (di cui)  io non mi dolga e chieda perdono. E per fare che tutti sentano questo mio implorare perdono  per tutti i peccati. lo imprimo nel rumoreggiare del tuono, affinché tuoni in tutti i cuori il dolore  di aver offeso il mio Dio; “Perdono!”, nello scoppio della folgore; doloroso pentimento nel sibilo  del vento, che gridasse a tutti “pentimento e invocazione di perdono!”; e nel tintinnio delle  campane, “dolore e perdono!”; insomma, così in tutto. E poi porto al mio Dio il dolore di tutti ed  imploro perdono per tutti e dico: “Gran Dio, fate scendere la vostra Volontà sulla terra, affinché  il peccato non abbia più luogo! È la sola volontà umana che produce tante offese, che pare che  allaga la terra di peccati; la vostra Volontà sarà la distruggitrice di tutti i mali. Perciò, Vi prego,  contentate la piccola Figlia della vostra Volontà, che non vuole altro (se non) che la vostra  Volontà sia conosciuta e amata e regni in tutti i cuori”. 
Ricordo che un giorno stavo fondendomi nel Santo Volere Divino ed io guardavo il cielo, che  pioveva a dirotto, e sentivo un piacere nel vedere scendere l’acqua sulla terra; ed il mio dolce  Gesù, movendosi nel mio interno, con amore e tenerezza indicibile mi diceva: “Figlia mia, in  quelle gocce d’acqua che vedi scendere dal Cielo c’è la mia Volontà. Essa corre rapidamente  insieme con l’acqua; si parte per dissetare le creature, per scendere nelle viscere umane (e) nelle  loro vene, per rinfrescarle e costituirsi vita delle creature e portar loro il mio bacio, il mio Amore.  Si parte per annaffiare la terra, per fecondarla e preparare il cibo alle mie creature; si parte per  tanti altri bisogni delle stesse... La mia Volontà vuole aver vita in tutte le cose create, per dare  Vita celeste e naturale a tutte le creature. Ma essa, mentre va come in festa, piena d’Amore verso  tutti, non riceve l'adeguato
ricambio e resta come digiuna da parte delle creature. Figlia mia, la  tua volontà fusa nella Mia corre pure in quell’acqua che piove dal cielo, come insieme a Me  dovunque essa va; non lasciarla sola e dalle il ricambio del tuo amore e della tua gratitudine per  tutti”.  (Vol. 17°, 10.05.1925). 

di D. Pablo Martín

La svalutazione della Parola divina



( secondo il tempo)

Siete interpellati da Me tutti voi che desiderate che il vostro Padre nel Cielo vi parli. E nessuna  Parola vi è stata davvero rivolta invano, perché da ciò potrete sempre di nuovo trarre la Forza ed il  vostro sapere verrà sempre ampliato. E quello che da Me viene guidato una volta sulla Terra,  conserva anche il suo valore, perché sono sempre delle Parole divine, Parole d’Amore e di Grazia e  nessun uomo dovrebbe cercare di svalutarle, perché tutto è l’Irradiazione della Mia Forza d’Amore,  che quindi non perde mai il suo valore. Non è che le Mie Parole possano essere svalutate, quando le  ricevete in tempi diversi, perché la Mia Parola conserva sempre ed eternamente la sua validità e può  essere offerta al ricevente soltanto secondo il suo stato di maturità, e questo lo posso misurare  solamente Io. Se quindi credete di venir ora provveduti diversamente, allora questo può riguardare  solamente, che si va sempre di più verso la fine e che i Miei Ammonimenti ed Avvertimenti  diventano sempre più urgenti, ma lo sviluppo dell’anima rimane sempre ed in eterno lo stesso, e  tutto ciò che Io ho pronunciato una volta, non perde la sua validità. Perché la Mia Parola non si  svaluta in eterno, e dove gli uomini presumono questo, là non sono nello stato d’animo di  comprenderla così, come Io la voglio aver compresa. Perché è sempre la Mia Parola, che vi viene offerta tramite la bocca d’uomo, e non spetta a voi di emettere su questo un giudizio, perché Io so  davvero ciò che è meglio per voi e per quale stato di maturità vi viene data. E la guiderò sempre là,  dove gli uomini hanno bisogno proprio di questa Parola, per svilupparsi verso l’Alto. E se foste tutti  in grado di sentire direttamente la Mia Voce, allora potrei anche parlare ad ognuno e rispondergli le  sue domande, ma dato che questo non è possibile, tento tutti i Miei Discorsi in modo, che servano  ad ognuno e lo aiutino all’ulteriore sviluppo. Perché Io conosco tutti i cuori e sò ciò che  necessitano, anche se voi uomini non lo sapete. Io so davvero ciò che vi serve al perfezionamento.  Perciò non dovete credere che mando alla leggera la Mia Parola sulla Terra, ma parlo sempre ad  ogni singolo uomo come lo richiede il suo stato spirituale e come ne è ricettivo. Sovente vengono  anche interpellate le anime nell’aldilà, a loro viene data la risposta a domande che le muovono e che  solo Io posso rispondere loro in modo come lo comprendono, quindi sempre secondo il loro stato di  maturità. Ma non dovete mai credere, che una Mia Parola giunga sulla Terra senza scopo e meta,  perché conosco tutto, ogni predisposizione dell’interpellato, e nessuna Parola perde il suo valore,  perché si trovano sempre degli uomini che devono essere interpellati così e non diversamente, e  perché dovete solo essere dei diffusori, ma non vi dovete mai arrogare, di valutare la Mia Parola. E  se nella conoscenza dello stato di miseria spirituale mando la Mia Parola sulla Terra apparentemente  alla leggera, allora accettatela anche allora come adatta a questa miseria spirituale, perché nulla  viene dato inutilmente, nulla è senza senso e scopo, tutto serve solo allo sviluppo verso l’Alto ed è  adeguato allo stato di maturità di colui (coloro) che la riceve (ricevono) e così guido anche bene i  pensieri di colui, che riceve direttamente da Me la Mia Parola e provvede alla diffusione.

Amen

Bertha Dudde 7 agosto 1965

Giurare fedeltà al magistero di Bergoglio?



IL REGNO DELL’ANTICRISTO

Il Regno dell’Anticristo ha le sue radici nella “Chiesa Universale dell’Uomo” che ebbe inizio col pontificato di Paolo VI.
Basta leggere il capitolo “La Sua nuova Religione” del libro di don Luigi Villa, “Paolo VI beato?” per scoprire come Paolo VI ha inventato un cristianesimo nuovo schiodato dalla Croce; ha sostituito il “Culto di Dio” col “Culto dell’Uomo”, il primato del soprannaturale col primato del naturale e del temporale, il primato della “Legge di Dio” col primato della “coscienza”, il primato del “Regno di Dio” e della “vita eterna” col primato del “mondo”, della “Pace” e del “paradiso in terra”!
Un cristianesimo che considera Cristo come un “liberatore” non dal peccato ma dalla sofferenza e dall’asservimento; un Vangelo confuso con la “Carta dei Diritti dell’uomo” e messo al servizio della “giustizia sociale”, i “Diritti di Dio” aboliti a profitto dell’esaltazione dei “Diritti” e dei “gusti” dell’uomo; l’evangelizzazione del soprannaturale “docete” ridotta a un “dialogo” che poggia solo sui mezzi umani e non mira alla conversione. Un cristianesimo che, idolatrando l’uomo, ha fatto proclamare la “Libertà Religiosa” come suo diritto fondamentale e assoluto promuovendo un falso amore per lui sul quale Paolo VI ha fondato la Sua “religione dell’Uomo”:

«L’uomo moderno non arriverà, un giorno (...) a tendere l’orecchio alla voce meravigliosa dello Spirito che palpita in essa? Non sarà la religione del domani?».

«L’umanesimo laico e profano è apparso, infine, nella sua terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione di Dio che S’è fatto uomo si è incontrata con la RELIGIONE DELL’UOMO CHE SI è FATTO DIO ...Noi più di chiunque altro, NOI ABBIAMO IL CULTO DELL’UOMO!».

«Tutte queste ricchezze dottrinali (del Concilio) non mirano che a una cosa: servire l’uomo».

«Il Nostro Umanesimo diventa Cristianesimo e il Nostro Cristianesimo diventa teocentrico, tanto che possiamo ugualmente affermare: per conoscere Dio, bisogna conoscere l’uomo»!

«L’uomo ci si rivela gigante. Ci si rivela divino. Ci si rivela divino non in sé, ma nel suo principio e nel suo destino. Onore all’uomo, onore alla sua dignità, al suo spirito, alla sua vita»!
«Onore all’uomo; onore al pensiero! Onore alla scienza! ... Onore all’uomo, Re della Terra ed ora anche Principe del cielo!».

Ma nella Sacra Scrittura sta scritto: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e fa suo braccio la carne e il cui cuore rifugge dal Signore»!

del dott. Franco Adessa