venerdì 5 giugno 2020

Padre Pio di Pietrelcina, il primo Sacerdote stigmatizzato



LA MESSA DI PADRE PIO  

Mi hanno detto che Padre Pio da Pietrelcina deve dire la Messa a mattutino, quando la chiesetta di San Giovanni Rotondo è ancora immersa nel crepuscolo e sonnecchia tra gli ulivi che la circondano, quasi per ripararla dal soffio riarso che sale dall'ampio Tavoliere delle Puglie sottostante.  

Ma dice sempre la Messa per una moltitudine di anime, anche se la folla non può più assistere al suo serafico: Ite, missa est, con uno di quei mormorii di stupore mistico che paiono racchiudere una sillaba sola appena pronunciata a mezza voce, tutto l'antico grido delle melopee greche.  

Poiché all'Ite, missa est: Padre Pio si volgeva verso la moltitudine che assiepava la chiesuola rozza di montagna, e nel gesto lento che accomuna nella preghiera di rito disparte le anime verso i loro sentieri vitali, doveva necessariamente mostrare le stimmate nelle mani, a metà coperte per ordine della Santa Sede, da guanti di lana nera.  

Tutta la moltitudine veniva per quel gesto di rito e per ricevere dalle mani crismate come quelle di Cristo e del poverello di Assisi, la Benedizione spirituale.  

Può darsi che ora, dopo gli anni di rumore intorno al suo piccolo nome di fraticello; dopo i pellegrinaggi giunti da ogni parte d'Italia, sino ai piedi del suo umile altare; dopo i miracoli attribuiti alla sua intercessione, un po' di silenzio sia stato severamente chiesto da Roma, che non è proclive a lasciar parlare di Santi e di miracoli, allorché gli uomini segnati dalla grazia divina sono ancora in vita.  

E può darsi benissimo che Padre Pio dica la sua Messa transumanata dalla sua passione mistica a mattutino, allorché le stelle impallidiscono e l'Adriatico diventa di madreperla e la terra odora più forte per il risveglio virino dell'aurora e il silenzio degli uomini e delle cose, sembra più profondo per la fatica quotidiana della giornata imminente.  

Una delle Messe dell'agonia di Giacomo Puccini è stata detta da Padre Pio in un mattino del passato. novembre, allorché i passeri degli ulivi di San Giovanni Rotondo non si erano ancora svegliati, e le paranze adriatiche a vele spiegate, portanti i segni santi impressi nelle tele multicolori, rientravano in porto dopo la pesca della notte. Me lo ha detto la figlia di Giacomo Puccini, la buona signora Fosca Leonardi, quando a Bruxelles, in quel grigio e piovigginoso novembre, tutti la chiamavano ancora Foschina e le stringevano le mani fredde di pena mortale.  

Certo, la messa dell'uomo semplice di Dio, che ha sulle mani, sui piedi e sul costato le stimmate del Golgota, deve aver accompagnato l'anima del Maestro amato dalle folle lungo l'ultimo grande viaggio verso l'infinito. Poiché il Maestro credeva.  

Per conto mio ho scritto, giorni or sono, una cartolina al buon Padre che vive laggiù in faccia all' Adriatico inquieto, in una chiesetta che sembra per la sua architettura grecula, esser stata trasportata sulle ali di un sogno da qualche isoletta delle Cicladi, sulle cui notti profumate di mirto, vegliano le sette Pleiadi insonni. E ho ricevuto una breve risposta affermativa dal convento posto a cavaliere del Gargano. Padre Pio vive e prega in silenzio.  

Da sette anni Padre Pio porta sul suo corpo le stimmate, poiché il miracolo cristiano si è compiuto il 20 Settembre 1918 (Venti Settembre). Tre giorni dopo quel 17 settembre che segnò nel 1224 l'aurora della gloria francescana.  

Il fraticello nato a Pietrelcina, nella provincia di Benevento, trentasette anni or sono da una umilissima famiglia di contadini, dopo aver vissuto qualche tempo a Foggia, dedicandosi alla Istruzione dei fanciulli, notato dai superiori per l'ardore della preghiera e le continue estasi, aveva già fatto parlare di sé per certi avvenimenti strani che sembravano dare alla sua figura la mistica aureola degli illuminati. Si diceva che nella sua celluzza di Foggia, si notavano strani rumori, che impressionavano la piccola comunità di frati e che spesso un vago profumo di rose aleggiava intorno alla sua persona.  

E un po' per far cessare tutte queste voci, un po' per la salute malferma di Padre Pio, nell'autunno del 1916, fu inviato al convento di S. Giovanni Rotondo, a ottocento metri di altitudine.  

Quando nel coro della chiesuola, dove Padre Pio celebrava la messa, il fraticello ricevette nel suo corpo i precisi segni del Cristo crocefisso, si nascose per vari giorni nella celluzza che possiede ancora - il numero 5 - e che ha impresso nella rozza porta questa massima dell'Imitazione di Cristo: «La gloria del mondo ha sempre per compagna la tristezza».  

Fu in quella celluzza bianca e riposante, dalla finestra aperta sul lontano mare azzurrino e sui biondissimi campi di grano del Tavoliere che or sono due anni, in un giorno del mio crepuscolo corporale, egli mi volle ricevere per condurmi nell’orticello degli olivi e dei mandorli.  

Pellegrino di un dubbio, che tormentava la mia coscienza, dello stesso affanno che è nell'ora della nostra vita comune, ero andato sino lassù attratto dalla fama del fraticello, che riceveva ondate di millecinquecento pellegrini settimanali, duecento lettere giornaliere e cento raccomandate con denari ogni tre giorni; melopea delle sofferenze e delle speranze umane che si innalzano amo al suo umile altare.  

Nella chiesa avevo trovato Bianca Morselli, la moglie dell'autore di «Glauco», che, morente, aveva avuto la visione di Padre Pio, della quale molto si era confortato. E la signora Bianca, con umiltà di preghiera, accudiva alla pulizia della chiesuola un po' selvaggia, posta tra le rocce e il cielo, degna di raccogliere il miracolo di Parsifal sul Mont Salvat. Ed erano venuti i principi Radziwli, ad unirsi in matrimonio davanti al semplice fraticello, e molti protestanti della Germania e dalla Francia, ad inginocchiarsi davanti alla fede cattolica, e moltissimi pellegrini a chieder grazie dalle differenti contrade dell'Europa e dell’America.  

Ero arrivato nel paese che conta dodicimila abitanti e che brulica di bambini e di capre, la sera ad ora tarda. Ed era appena cessata la quotidiana fatica del fraticello seduto al confessionale ad udire i peccati e dare le penitenze ad una folla di fedeli, ai quali bene spesso si doveva fissare un numero d'ordine e che bisognava affidare a due carabinieri e a due fascisti per tutelarne ogni diritto nell'avvicinarsi al confessionale.  
E mi era stato detto già dei miracoli e delle visioni. La guarigione della signora Bologna, malata di cancro, e della figliuola dell'ingegnere d'Amico di Firenze. Certe confessioni miracolose durante le quali Padre Pio, prima ancora di interrogare il penitente, diceva con parole calme e benevoli i peccati che affioravano dalle coscienze e non erano ancora sulle labbra.  

Ad una madre di Barletta, accorsa a chiedere la grazia per il figlio malato, Padre Pio aveva detto con quella sua voce che chi l'ha udita una volta non la dimentica più:  

- Buona donna, Dio vi concederà la grazia. Ma non è questo figlio che è in pericolo, bensì il minore. Accorrete presto da lui, se volete vederlo ancora.  

- Ma è vivo e sta bene ... - balbettò la madre sorpresa ed impaurita.  

L'indomani la madre l'accoglieva le ultime parole del figlio minore moribondo.  

Avevo fatto, a San Giovanni, una rapida inchiesta parlando con i dottori Merla e Iuva, ed entrambi mi avevano confermato, per le molte visite compiute, non solo il fatto delle stimmate, che la Santa Sede aveva scrupolosamente fatto osservare dal suo inviato speciale prof. Romanelli, ma ancora mi avevano detto delle fortissime febbri a 48° che il fraticello sopportava nei giorni di mistico ascetismo, allorché le piaghe - mi ripeté il dottor Iuva - odoravano di rose,  

Il dottor Meda è anzi in possesso di un termometro da bagno fatto saltare a cinquantadue dalla febbre di Frate Pio.  

La leggenda si era un poco impadronita di lui, circondandolo di quell'aureola di sovrumanità che crea il miracolo.  

Ma Padre Pio non mi aveva detto nulla di tutto questo. Poche parole di saluto, pronunciate con quella pacatezza di chi trovasi ad uno di quei promontori vitali dai quali gli orizzonti terreni si schiudono improvvisamente illuminando inattese aurore, sa parlare all'umanità intera con le parole semplici dei primitivi pastori di popoli. Sorrideva spesso e volentieri, per qualcosa di infantile che sapeva conservare nell'animo, al di sopra e all'infuori della umanità tormentata. Frasi rettilineari di coscienza e di perdono. Nessun scatto, mai. Nessuna particolare colorazione delle parole calme. E lo ricordo con quella barbetta castana che gli incorniciava il viso pallido, e con gli occhi bruni, dallo sguardo profondo e sicuro, e con le belle mani semicoperte dai guanti impostegli dalla Santa Sede, per nascondere le stimmate, le mani che rammentavano quelle di Sant'Agostino e che Sandro Botticelli dipinse in un affresco tra il terzo ed il quarto altare della chiesa di Ognissanti di Firenze.  

Alla mattina prima delle quattro, Padre Pio è in piedi. Si è gettato sul letticciolo a mezzanotte. Alle volte anche più tardi. Poi scende per primo nella chiesetta odorosa di incenso, Contessa i fedeli che lo attendono trepidanti, e poi, allorché i boschi di ulivi e di mandorli diventano le cantorie degli uccelli che cinguettano le loro litanie mattutine, sale all'altare per la sua Messa.  
Ora la dirà a chiesa deserta; poiché pare che la Santa Sede sia molto scrupolosa nel nascondere ogni rumore intorno a questa figura di semplice frate verso cui vanno gli incensi delle folle meridionali invocanti la grazia con grida quasi pagane o lamenti degni delle tragedie dionisiache che si svolgevano ai piedi dell'Olimpo nevoso. Ma la messa di Padre Pio era veramente quella del miracolo.  

Mai nessun uomo di Dio può aver ufficiato con maggiore semplicità secondo l'esempio di Cristo pregante in Galilea. Pallidissimo, gli occhi socchiusi come di chi veda troppo fulgore di luce, Padre Pio dice la sua messa come se venisse da un'altra umanità superiore alla nostra, dicendo a quell'altare semplice e quasi rozzo, attraverso un'atmosfera d'oltre vita. E tutt'intorno a lui, la folla di San Giovanni Rotondo, odorante di selvaggio e di asprigno, riempie la chiesa di un mormorio come di mare in tormento di libeccio. Fuori, le mandrie di pecore e di capre fanno sentire di tanto in tanto il tintinnio delle sonagliere e qualche belato tremulo, mentre la foresta del vicino Monte Nero pare risvegli con gli idilli di tutti gli uccelli, l'anima di Siegfried.  

E la folla si accalca a ondate sin sotto l'altare, sino sui tre gradini, dove parecchie volte si sono inginocchiati per servire messa vari vescovi e qualche cardinale. E la folla assiepa l'altare della mistica messa come un immenso rosaio di sofferenze umane, dal quale, transumato nel suo soffio di lirismo cristiano, Padre Pio pare si sollevi come una fiamma di purezza che tenda verso l'alto. E nel momento in cui il Frate crismato come il Frate Sole, alza l'ostia e poi si volge verso i fedeli a benedire, nel gesto santo che richiede le mani scoperte dai guanti imposti da Roma, alla vista delle stimmate, un urlo erompe dalla folla che attende quel momento e quel gesto, per gettarsi in ginocchio. Passa allora nella chiesetta di San Giovanni Rotondo, un'ala gigante e invisibile, che pare avvolgere tutta quella povera umanità affaticata dalla vita e che chiede di credere nell'oltre vita e che la trasporta come in un soffio verso orizzonti più vasti e più sereni.  

E questa era la messa che Padre Pio diceva al popolo della sua campagna riarsa dal sole delle Puglie e battuta dal vento dell'Adriatico, e che diceva anche a tutta quella folla venuta da lontano, dalle città d'Europa e d'America, per cercare una breve pausa azzurra al ritmo fiammeggiante della vita in febbre.  

E tutti si dissetavano un poco a quella sorgente di purezza: piccolo sorso di serenità alla inestinguibile sete di fede, che arde nelle coscienze umane.  

Non so se le notizie siano vere e se Padre Pio dica la messa nella chiesetta deserta o sull'altare senza luci.  
Ma certo quell'uomo quando celebra la messa è con Dioveramente.  NINOSALVANESCHI  

ALBERTO DEL FANTE 

GESU’ AL CUORE DELLE MAMME



Impara da me Impara da me la dolcezza e la mansuetudine. Discesi dal Cielo e mi feci Bambino; nella casa di Nazaret fui sottomesso a Maria e a Giuseppe. Nella vita di apostolato passai beneficando. Nella mia Passione tacqui, soffrii e perdonai. Fa' anche tu così nella tua vita e avrai un tesoro di grazie.

Non essere tutta spine Chi mai va a cogliere fiori da uno spineto? Tu sei mamma, e come vuoi che da te si colgano i fiori della bontà, se sei tutta spine? Strappa, dunque, da te le spine del tuo carattere e sii tutta dolcezza.

don Dolindo Ruotolo


ACCOGLIERE LA DOTTRINA



Maestro buono,

Metti sulle nostre spalle il tuo giogo, poiché questo giogo è soave! Che la tua dottrina tutta irradiata dalla tua bontà, possa penetrare profondamente in noi! Aiutaci a portare il tuo fardello, poiché il tuo fardello è leggero! Che i tuoi comandamenti, lungi dall'opprimerci, entrino nella nostra vita con la tua dolce benevolenza!
Concedici di osservare la tua legge, poiché questa legge ci libera e ci eleva! Fa' che mai ci lamentiamo di essere incatenati dalla tua parola o dalla tua volontà, poiché tu non hai voluto altre catene che quelle dell'amore!
Dacci di prendere su di noi la tua croce, poiché questa croce è in realtà ben poco pesante, portata sulle tue spalle e abbracciata dalla tua generosità!
Imprimi in noi il tuo ideale, per quanto ci possa costare, poiché nel tuo Cuore ogni fatica diviene riposo, e ogni pena diviene beatitudine.

3 giugno 2020 – Imparate i Comandamenti e viveteli con zelo



Figli, fate ogni sforzo nel momento presente per aumentare in santità attraverso un Santo Amore (Holy Love) più profondo. Ecco come fare: Imparate i Comandamenti e viveteli con zelo"


Ancora una volta, vedo una Grande Fiamma che ho conosciuto come il Cuore di Dio Padre. Egli dice:
Dio Padre
“Figli, fate ogni sforzo nel momento presente per aumentare in santità attraverso un Santo Amore (Holy Love) più profondo. Ecco come fare: Imparate i Comandamenti e viveteli con zelo; Innamoratevi dell’obbedienza ai miei Comandamenti. Essendo voi un esempio di tale obbedienza, aiuterete gli altri nel loro cammino nella santità. Questo è il tipo di evangelizzazione che non richiede alcuna predicazione verbale. Tale evangelizzazione non può mai essere categorizzata come invadente. Non consideratevi mai abbastanza santi. C’è sempre spazio per ancora più amore nel vostro cuore. Poi, mentre cercate di migliorare la vostra immagine in santità, starete anche lavorando segretamente sulla santità del vostro prossimo attraverso l’esempio.”
Leggi 1 Timoteo 6:11-16
Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose; tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni. Al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose e di Gesù Cristo che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti scongiuro di conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi rivelata dal beato e unico sovrano, il re dei regnanti e signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità, che abita una luce inaccessibile; che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere. A lui onore e potenza per sempre. Amen.

Holy Love

ZELO PER LA SALVEZZA DELLE ANIME



L'ARALDO DEL DIVINO AMORE

Parole ed azioni esprimono chiaramente in Geltrude zelo per la salvezza delle anime, e l'amore per la Religione. Quando scorgeva nel prossimo qualche difetto, non si dava pace finchè non l'avesse corretto; e se il suo desiderio non si realizzava, ne era inconsolabile; nulla lasciava d'intentato per raggiungere lo scopo: preghiere, esortazioni, consigli, ambasciate di altre persone. Se, vedendo inutili tali premure, si tentava di consolarla dicendole che, dopo tutto, non doveva crucciarsi per quelle anime incorreggibili, avendo fatto tutto il possibile per salvarle, e che alla fin fine esse sole ne avrebbero scontata la pena: « Ah! », esclamava la Santa, «queste crudeli parole mi trafiggono l'anima come acuto strale! Preferisco morire piuttosto che darmi pace sulla perdita eterna de' miei fratelli».
I sacri ardori dello zelo l'animavano a tradurre dal latino, in uno stile semplice e fresco, i passaggi più oscuri, per renderli evidenti, anche alle intelligenze meno dotate. Da mane a sera era impegnata a sunteggiare i sacri testi, ed a dilucidare i punti più difficili per la gloria di Dio e il vantaggio del prossimo.
Beda esprime in modo mirabile la grandezza di tale lavoro quando afferma: « Non c'è grazia più sublime, nè occupazione più meritoria di quella che guida il prossimo verso l'Autore di ogni bene e che accresce il giubilo della patria celeste, aumentando il numero degli eletti ».
E S. Bernardo: « La vera e casta contemplazione ha come carattere fondamentale il sacro fuoco dello zelo, cioè la brama d'attirare a Dio altri cuori, tanto che l'anima zelante interrompe volentieri persino l'esercizio del divino amore, per darsi all'apostolato; essa poi ritorna alla contemplazione con accrescimento di carità, ottenuto dai frutti abbondanti delle sue fatiche (Trattato della Carità, VIII, 34 e commento del Cant. dei cant., LVII, 9).
Se poi si considera che, come dice S. Gregorio, nessun sacrificio è più caro a Dio dello zelo per la salvezza dei fratelli, si capirà perchè Gesù riposasse con tanta delizia nel cuore di Geltrude, altare vivente, da cui si elevava incessantemente il profumo soave di tale preziosa offerta apostolica. Un giorno il Signore Gesù, il più bello fra i figli degli uomini, le si presentò portando sulle regali e delicate spalle una casa enorme, che pareva sul punto di cadere. « Come vedi - diss'Egli alla sua Sposa - io sono schiacciato sotto il peso di quest'edificio. Esso è la Religione; l'edificio crolla da tutte le parti, e s'incontrano ben poche anime generose che vogliono venirmi in aiuto per sostenerlo! O mia amatissima Sposa, compatisci alla mia stanchezza! ». E aggiunse: « Coloro che, con atti o parole, diffondono la Religione, sono poderose colonne che sostengono il mio peso e mi aiutano a portarlo, secondo le loro forze»«. Geltrude, profondamente commossa e piena di compassione per l'amato suo Signore, propose di dedicare ogni energia al progresso della Religione, e di osservare la Regola al di là delle sue forze, per essere a tutte stimolo di buon esempio.
Dopo qualche tempo di fedeltà rigorosa e assoluta, Nostro Signore, pago delle sue buone disposizioni, la chiamò al dolce riposo della contemplazione, di cui però non era mai stata priva, neppure nel periodo del più intenso lavoro. Egli le fece sapere, da parte di alcuni fedeli amici, che doveva abbandonare ogni occupazione esteriore per non intrattenersi che col Diletto dell'anima sua. Geltrude accettò con gioia questo invito, e si diede tutta al mistico riposo della contemplazione, ricercando nel suo cuore Colui che si degnava comunicarsi a lei con effusioni speciali di grazia.
Non posso tralasciare di rendere note alcune espressioni che scrisse a Geltrude un gran servo di Dio, in seguito ad una rivelazione. « Oh fedele Sposa di Cristo, "entra nel gaudio del Tuo Signore" (Mat. XXV, 21). Grande è la predilezione di Gesù per il sacro ardore con cui hai speso le tue forze nella difesa delle verità; ora desidera vederti riposare tranquillamente all'ombra delle divine consolazioni, per soddisfare alle sue e tue brame. Come l'albero "piantato in riva all'acqua" (Ps. I, 3) produce frutti abbondanti, così tu offri al Diletto, con l'aiuto della divina grazia, frutti soavissimi per ogni pensiero, parola ed opera. Nulla va perduto: il vento cocente della persecuzione non potrà giammai inaridire l'anima tua, continuamente irrorata dal profluvio della grazia celeste. Ricercando in tutte le cose la gloria di Dio e non la tua, offri al Diletto il centuplo di tutto il bene che desidereresti compire, o promuovere negli altri. Di più, il divin Salvatore si compiace di riparare, davanti al Padre suo, le fragilità à le debolezze che deplori in te, o negli altri, e si prepara a ricompensarti come se nulla fosse mancato alla perfezione de' tuoi atti. La Corte celeste gode a tale vista, ed esulta, cantando le lodi del Signore, e ringraziandolo di tutti i beni di cui ti ha ricolmata ».

RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE

In che consiste dunque questa santità di Dio?



CRISTO, VITA DELL'ANIMA 

Tutto è semplice in Dio. Le sue perfezioni sono, in lui, realmente identiche a lui stesso; di più, la nozione di   santità non può essergli applicata che in modo assolutamente trascendente e nei limiti del linguaggio analogico. Noi non abbiamo termini appropriati per rappresentare adeguatamente la realtà di questa perfezione divina; pertanto ci è  permesso di adoperare un linguaggio umano. Che cosa è dunque la santità in Dio?   
   
Secondo il nostro modo di parlare, ci sembra che essa si componga di un doppio elemento: prima di tutto, allontanamento infinito di tutto ciò che è imperfezione, di tutto ciò che è creatura, di tutto ciò che non è Dio stesso.  
   
Questo è soltanto un aspetto «negativo». C'è un altro elemento che consiste in ciò: Dio aderisce per mezzo di un atto immutabile e sempre attuale della sua volontà al bene infinito (che non è altro che Egli medesimo), in modo da conformarsi adeguatamente a tutto ciò che costituisce questo bene infinito. Dio conosce perfettamente sé stesso: la sua Sapienza infinita gli mostra la propria essenza come la norma suprema di ogni attività: Dio non può volere, fare od approvare niente, per la sua sovrana saggezza, che non sia regolato su quest'ultima norma di ogni bene, che è l'essenza divina.  
   
Questa adesione immutabile, questa conformità suprema della volontà divina all'essenza infinita considerata come norma ultima di attività è perfettissima, poiché in Dio la volontà è realmente identica all'essenza.  
   
La santità divina si ricollega dunque all'amore perfettissimo e alla fedeltà sovranamente immutabile, con le quali Dio ama sé stesso infinitamente (1).  
   
E siccome la sua suprema Sapienza mostra a Dio che egli è il Perfettissimo, il solo essere necessario, essa fa sì che Dio riferisca tutto a sé stesso ed alla propria gloria. Perciò i Libri Santi ci fanno sentire il canto degli angeli: «Santo, Santo, Santo ... il cielo e la terra sono ripieni della vostra gloria». È come se gli angeli dicessero: «Voi siete il Santissimo, o Dio, Voi siete la Santità stessa, perché, con una sovrana Saggezza, Voi vi glorificate degnamente e perfettamente».  
   
Da ciò deriva che la santità divina serve di fondamento  primo, di esemplare universale e di sorgente unica ad ogni santità creata. Voi capite infatti che, amando necessariamente sé stesso con infinita perfezione, Dio vuole necessariamente pure che ogni creatura esista per la manifestazione della sua gloria (1), e, restando al suo posto di creatura, agisca soltanto conformemente alle relazioni di dipendenza e di fine che la Saggezza eterna trova nell'essenza divina.  
   
Più dunque c'è in noi dipendenza d'amore verso Dio, di conformità della nostra libera volontà al nostro fine   primario (che è la manifestazione della gloria divina), più noi aderiamo a Dio. Questo può effettuarsi soltanto col distacco da tutto ciò che non è Dio. Più, infine, questa dipendenza, questa conformità, questa adesione, questo distacco sono fermi e stabili, più la nostra santità è elevata (2).  

Beato Dom COLUMBA MARMION 

Quando non hai più forza e non puoi fare nulla, Egli può fare e farà!



Messaggio del Glorioso San Giuseppe ad Edson Glauber | Manaus (AM), Mercoledì 3 Giugno 2020

Oggi, San Giuseppe mi è apparso con il Bambino Gesù tra le braccia e ci ha dato il seguente messaggio:

Pace al tuo cuore!

Figlio mio, guarda Mio Figlio Gesù, tra le mie braccia, e troverai il vero amore e avrai la forza di camminare in questo mondo con più fede e speranza, proclamando le Sue eterne Verità e il Suo Divino Amore per le anime. È colui che verrà sulle nubi del cielo e tutti gli occhi lo vedranno, anche quelli che lo hanno trafitto e tutte le nazioni della terra piangeranno per causa Sua. Lui è l’Alfa e l’Omega, quello che è, che era e che sarà, il Primo e l’Ultimo, Colui che vive. Era morto; ma, come vedi, ora è vivo per sempre e ha le chiavi della Morte e dell’ Abisso.
Quando non hai più forza e non puoi fare nulla, Egli può fare e farà!
Quando cercano di impedirti di parlare delle Sue parole e del Suo amore, che sono eterni, ricorda ciò che ha detto: “Il cielo e la terra passeranno, ma le Mie parole non passeranno”. Perciò, figlio mio, prenditi cura con diligenza delle opere del Signore, prenditi cura della Sua Vigna, poiché il servitore prudente è colui che il Signore, al suo ritorno, trova ancora occupato. A questo servo affiderà tutti i suoi beni.
Ogni persecuzione e disprezzo contro le opere di Dio non sono altro che invidia spirituale, piantata e cresciuta, nel cuore degli uomini. L’invidia annidata nel cuore degli uomini fa grandi danni alle anime. Quante anime vengono rovinate a causa dell’invidia. Molti rattristano lo Spirito Santo di Dio, con il quale sono stati tutti suggellati per il giorno della redenzione. Liberatevi, quindi, da ogni amarezza, indignazione e rabbia, grida e calunnia, così come da ogni male.
Dall’invidia nasce la bugia. Ricorda ciò che Pietro disse ad Anania: “Anania, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo … non è agli uomini che hai mentito, ma a Dio”. Chiunque mente allo Spirito Santo nega la Sua Divinità, poiché è Dio. Il peccato contro lo Spirito Santo porta alla morte dell’anima, perché lo Spirito Divino non può dimorare in un’anima invidiosa e bugiarda,
Entra nel Mio Castissimo Cuore e imparerai la vera Saggezza che viene da Dio e quindi sarai gradevole al Suo Cuore Divino e riceverai da lui, ancora di più nella tua vita, nuove benedizioni e nuove grazie, che illumineranno e guideranno i tuoi passi. Amore, amore, amore, figlio mio, perché solo coloro che vivono nell’amore erediteranno il regno dei cieli.
Ti benedico!

giovedì 4 giugno 2020

Angeli nella scrittura dei santi




Padre Pio to his spiritual daughter, Raffaelina

Mi dici che in mezzo alle sofferenze che ti opprimono, spesso ti rivolgi a me nei tuoi pensieri e mi chiami. Bene, il tuo buon Angelo custode a volte trasmette queste tue necessità e poi, nella mia indegnità, faccio sempre il mio dovere con Gesù, raccomandandoti alla Sua bontà paterna. (Lettere, Vol. II, n. 30)

Offri alla gloria di Sua Divina Maestà il resto che stai per fare, [era costretta a letto con il cancro in questo momento] e non dimenticare mai l'Angelo Custode che è sempre con te, non ti abbandona mai, qualunque cosa tu possa fare. Oh, l'ineffabile bontà del nostro buon Angelo custode! Quante volte - ahimè! - L'ho fatto piangere per non aver voluto soddisfare i suoi desideri, che erano anche di Dio. Possa questo, il nostro amico più fedele, liberarci da ulteriore slealtà. (n. 41)

Oh Raffaelina, che consolazione sapere che si è sempre nella cura di uno spirito celeste, che non ci abbandona (che ammirevole!) Anche quando offendiamo Dio! Quanto è dolce questa grande verità per il credente! Chi dunque teme l'anima devota, che cerca di amare Gesù, avendo sempre vicino un guerriero così grande? Oh, non fu uno dei tanti che, insieme all'angelo San Michele, lassù nei cieli, difese l'onore di Dio contro Satana e contro tutti gli altri spiriti ribelli, e infine li ridusse alla perdizione e li legò all'inferno ?

Bene, sappi che è ancora potente contro Satana e i suoi servi; la sua carità non è diminuita, né fallirà mai nel difenderci. Sviluppa la bella abitudine di pensare sempre a lui; che vicino a noi c'è uno spirito celeste che, dalla culla alla tomba, non ci lascia per un istante, ci guida, ci protegge come un amico, un fratello; sarà sempre una consolazione per noi, specialmente nei momenti più tristi.

Sappi, o Raffaelina, che questo buon Angelo ti prega; offre a Dio tutte le opere buone che realizzi; i tuoi desideri santi e puri. Nelle ore in cui sembri essere solo e abbandonato, non lamentarti di non avere un'anima amichevole a cui puoi liberarti e in cui confidare i tuoi dolori. Per amor di Dio, non dimenticare questo compagno invisibile, sempre presente per ascoltarti, sempre pronto a consolarti.

Oh intimità deliziosa, oh compagnia benedetta! O se tutti gli uomini potessero comprendere questo grande dono che Dio, nel suo eccesso di amore per l'uomo, ci ha assegnato questo spirito celeste. Ricorda spesso la sua presenza. Devi fissare su di lui gli occhi della tua anima: ringraziarlo, pregare per lui; è così raffinato, così sensibile. Rispettalo, abbi costante paura di offendere la purezza del suo sguardo. (n. 64)

Opus Angelorum


Le prove per l’umanità non si faranno attendere, sta per arrivare quello che preoccupa l’uomo: l’economia vacillerà e cadrà e a questo seguirà una moneta unica, che sarà la primizia del dominio dell’Ordine Mondiale.



MESSAGGIO DI SAN MICHELE ARCANGELO
A LUZ DE MARIA

1 GIUGNO 2020


Amato Popolo di Dio:

NEL NOME DEGLI ESERCITI CELESTI VENGO A VOI CON 
PAROLE VERACI SULLA MIA BOCCA, PER DIRVI:
CHI È COME DIO?
NESSUNO È COME DIO!

Non disprezzate più l’opportunità di innalzare una preghiera al Nostro Re e Signore Gesù Cristo cosicché lo Spirito Santo vi aiuti nella crescita spirituale.

È necessario che in questo momento così speciale per l’umanità, chiediate quello di cui siete carenti e che siate docili alla voce dello Spirito Santo (Cfr. 1 Tes 5,19-21).

Si intraprenderanno grandi battaglie di ordine spirituale, morale e religioso ed emergeranno concetti che avranno lo scopo di distruggere la vostra Fede…
Voi non titubate, continuate ad essere fermi e siate veraci, dimostrate senza timori di essere di Cristo e noi verremo in vostro aiuto.

NELLA CHIESA, I MEMBRI CHE LA COMPONGONO NON SONO TUTTI UGUALI, MA C’È UNA COSA NELLA QUALE VI DOVETE UNIFICARE ED È LA FEDELTÀ E L’AMORE PER DIO.

Quello che è l’anima rispetto al corpo dell’uomo, Lo è lo Spirito Santo rispetto al Corpo di Cristo, che è la Chiesa.  Lo Spirito Santo agisce nella Chiesa come lo fa l’anima in tutti le membra di un unico corpo.

NON TEMETE DI FRONTE A NOTIZIE SULLA SOPPRESSIONE DELL’ALIMENTO EUCARISTICO, L’INTENZIONE È QUELLA DI CONFONDERVI, PER MINARE LA FEDE DEL POPOLO DI DIO.

LA MASSONERIA UTILIZZERÀ LE SUE ARMI PIÙ GRANDI CONTRO I FIGLI DELLA NOSTRA REGINA E MADRE DEI CIELI E DELLA TERRA, PER LA PAURA CHE HANNO DI ESSERE SCHIACCIATI DALLA “DONNA VESTITA DI SOLE, CON LA LUNA SOTTO I SUOI PIEDI” (Apoc 12,1).

Voi continuate a compiere i vostri doveri di figli di Dio, che portano i Sacramenti come scudo, le Beatitudini come calzature, le Opere di Misericordia come ali ai piedi, i Comandamenti come spada e l’amore per Dio e per il prossimo come distintivo.

Pregate, di fronte alle continue malattie che riappariranno.

Pregate, di fronte ai flagelli dei grandi terremoti.

Pregate per la Francia e per la Germania, patiranno.

Pregate per gli effetti dell’acqua sui continenti.

FIGLI DI DIO E DELLA NOSTRA REGINA E MADRE DEI CIELI E DELLA TERRA, I CONTINENTI SI DISTANZIERANNO.

IL SOLE STA EMANANDO UN CALORE CHE HA UN IMPATTO SULLA TERRA E L’UOMO CHE NON AVEVA CREDUTO, PENSERÀ A QUELLO CHE ERA STATO ANNUNCIATO DAL CIELO E ALLORA TREMERÀ DI ORRORE E DI SPAVENTO. (*)

La Tailandia soffrirà duramente, tremerà e l’acqua l’invaderà.

Le prove per l’umanità non si faranno attendere, sta per arrivare quello che preoccupa l’uomo: l’economia vacillerà e cadrà e a questo seguirà una moneta unica, che sarà la primizia del dominio dell’Ordine Mondiale.

Popolo di Dio, mantenete alta la Fede, questo non è il momento di vacillare, questo è il momento di rimanere fedeli, al di sopra di tutto.

L’uomo non ha l’umiltà di cercare prima di tutto Dio ed in seguito badare a sé stesso, voi siate la differenza, siate luce in mezzo alle tenebre che invadono la terra (Cfr. Mt 5,16).

Andate alla costante ricerca di Cristo, state navigando in acque tempestose, in mezzo ad uragani e a cicloni, ma dovete essere consapevoli che con il Nostro Re e Signore Gesù Cristo, tutto diventa possibile.

NON TEMETE, CENTRATE IL PENSIERO SUL NOSTRO RE E SIGNORE GESÙ CRISTO, COSICCHÈ LA FEDE NON VENGA MENO ED ABBIATE LA GRAZIA E LA PIENEZZA DELLO SPIRITO SANTO, NELLA CERTEZZA DELL’AUSILIO DIVINO.

Non scoraggiatevi se alcune persone perderanno la Fede, elevate lo sguardo verso l’alto e stendete le mani alla vostra Regina e Madre.

L’uomo non riesce a comprendere che le cose umane sono passeggere, per questo trascura l’anima.

Noi siamo i vostri compagni di cammino, non vi abbandoniamo.

Pregate con Fede, pregate con cuore umile e riceverete le benedizioni che vi fortificheranno sul vostro cammino.

Nel Nome della Trinità Sacrosanta.

CHI È COME DIO?
NESSUNO È COME DIO!

San Michele Arcangelo

AVE MARIA PURISSIMA CONCEPITA SENZA PECCATO
AVE MARIA PURISSIMA CONCEPITA SENZA PECCATO
AVE MARIA PURISSIMA CONCEPITA SENZA PECCATO

SUOR MARIA-MARTA E LA SUA COMUNITÀ



Nell'immensa famiglia del nostro S.to Ordine, la propria Comunità è una piccola famiglia grandemente amata. Qui ciascuna Religiosa è stata accolta, adottata, educata alla scuola dei nostri Santi Fondatori; qui ha progredito nella cognizione e nell'amore di Gesù suo Sposo, qui si sono stretti i legami di affetto soprannaturale con una Madre venerata e delle dolcissime Sorelle: legami che nemmeno la morte saprebbe sciogliere. L'amore della Comunità assume un carattere particolare di tenerezza mista a riconoscenza e venerazione. 
  
Questi sentimenti si univano nell'affetto, nel culto che Suor M. Marta professava per la sua Comunità di Chambery. 
  
Ciò essa lo doveva in gran parte agli alti insegnamenti della sua Maestra, la N. On. Madre M. Alessia Blanc. Nei suoi trattenimenti con le Sorelle Novizie, questa venerata Madre non si stancava d'inculcare l'affetto, il rispetto, la riconoscenza dovuti alla Comunità “la quale ci ha fatto la carità di riceverci”. Essa riprendeva rigorosamente ogni negligenza a questo riguardo: “Prima di tutto e ovunque, essa insegnava, bisogna pensare alla Comunità. -  
Negli uffizi dimentichiamo noi stesse e i nostri comodi, per far passare avanti il benessere e gli interessi comuni. - Non temiamo il sacrificio, non cerchiamo d'evitarlo, quando si tratta della Comunità. - Il rispetto, l'educazione, la deferenza e non la troppa disinvoltura, la negligenza, è necessario apportare nei luoghi ove si riunisce la Comunità. - La Comunità sta per venire: che tutto sia in ordine perfetto! - La Comunità! questa parola deve servirci di sprone!”. 
  
Lezioni simili si stampavano profondamente nel cuore delle Novizie. 
  
Nessuna ne rimase così compresa come la nostra fervente Conversa. 
  
Nella sua Comunità le cose più ordinarie come le cose più elevate: interessi materiali, luoghi di riunione, tradizioni, beni spirituali, Sorelle e Superiore... tutto le era come sacro. 

La Comunità, oh quanto Suor M. Marta l'amava! Nulla di ciò che la concerneva, la lasciava indifferente. 
  
Come si è potuto intravedere, essa soffriva nel vedersi privata delle riunioni di famiglia, sì dolci nella vita religiosa. Così, quando un bel giorno di festa le concedeva qualche tregua, soprattutto quando le vacanze dell'Educandato venivano a sospendere il suo lavoro consueto; con qual gioia la si vedeva giungere tra noi e offrire i suoi servigi alle sue compagne del velo bianco! 
  
La visita alle Sorelle malate era per lei una dolce consolazione. In brevi parole, ma con delicatezza, esprimeva loro i suoi sentimenti di fraterna ed affettuosa compassione. E quando una di esse era in punto di morte, essa pregava e soffriva per la povera moribonda, con zelo e affettuosità incomparabili benché ignorati. 
  
Essa viveva con la sua Comunità d'oltre tomba... e vedremo in seguito quali rapporti di carità mantenesse con le nostre compiante Defunte. 
  
Ma che dire del suo affetto per le sue Madri? “Per no stra Madre - assicurava Suor M. Marta - io farei qualunque cosa, mi lascerei uccidere!” Se le sapeva afflitte, sentiva il bisogno di consolarle: “Mia buona Madre - le diceva - il mio cuore è in pena perché il Vostro è nell'afflizione”. 
  
Alla sua Comunità essa apparteneva, donandole tutte le forze fino all'esaurimento, le preghiere di giorno e di notte, i suoi sacrifici incessanti. 

Preghiere, sacrifici! Questo ricorda un lato già noto della sua fisonomia. Ciò che la nostra Sorella era per il mondo intero - pregante e vittima - lo era soprattutto per la sua Comunità. 
  
“Vedi, Figliola, - le aveva detto a più riprese il Signore nel 1866 e 1867, - tu sei incaricata con Me di questa porzione del mio gregge... Ogni giorno devi pagare i debiti che ciascuna anima di questa Comunità contrae con la mia Giustizia... Io ti rendo responsabile delle mancanze del tuo prossimo... Tu sarai la vittima che dovrà espiare ogni giorno i peccati di tutte”. 
  
Simili esortazioni le erano pure rivolte nel corso di questi medesimi anni, dalla nostra defunta Madre Maria Paolina Deglapigny che, nel 30 luglio 1873, veniva a completare e precisare i messaggi anteriori: 
  
“Quando una Madre ha visto ciò che la Divina Giustizia esige dalle anime Religiose, in soddisfazione di tante piccole mancanze, che sfuggono sì facilmente, essa arde dal desiderio di vederle, in punto di morte, affrancate da ogni debito. Ho chiesto questa grazia per voi: ma affinché nessuna passi da questa vita senza aver prima saldato ciò che deve alla Divina Giustizia, un membro di questa Comunità deve incaricarsi di soddisfare, e tu sei stata scelta a questo scopo: perciò quando morrà qualche Sorella, tu soffrirai molto. Non lo dimenticare”. 

Suor Maria-Marta, si considerava dunque come incaricata nella Comunità e per la Comunità d'una missione di preghiera e di espiazione. L'atto di offerta che già conosciamo (1) lo specifica chiaramente. 
  
Tutto ci porta a credere che quest'atto di “oblazione” fosse molto accetto al Signore, almeno giudicandone dalle benedizioni che lo seguirono. 
  
L'8 ottobre 1868 Suor Maria-Marta fu incaricata di rimpiazzare la Sorella giardiniera, allora in Ritiro annuale: “Figlia mia, - le disse il Divin Maestro - quest'oggi mi farò giardiniere con te”. E mentre essa lavorava, Gesù le comparve improvvisamente, come era comparso ai suoi discepoli dopo la Resurrezione. Mostrando poi la Piaga gloriosa del Suor Sacro Cuore, e, tendendo le braccia alla sua umile Serva, le disse con inesprimibile tenerezza: “Dammi il tuo cuore!” Essa si affrettò ad offrirglielo e sentì che Gesù lo accettava e lo inabissava nel Suo dicendo: “Ora la Comunità mi possiede interamente!..... Questa unione non è solamente per te; ma per tutti i membri della Comunità”. 
  
Gesù la condusse in ispirito per il Monastero, promettendo la benedizione a ciascun ufficio: “Dirai alle tue Madri che non temano di nulla, Io le amo molto”. 
  
Simili assicurazioni ritornarono ben sovente sulle labbra del Redentore: 
  
“In tutte le occorrenze dovete pregare e Io provvederò... Bisogna vivere di ricono scenza e di abbandono... senza altra preoccupazione che di amarmi e ringraziarmi, allora Io prenderò cura di tutto”. 
  
E un altro giorno: “Considera nel tuo spirito tutte le anime della tua Comunità e domanda a Me delle grazie per ciascuna... La tua Comunità non conosce il tesoro che essa possiede. Io te lo dico: Fino a tanto che avrà il suo tesoro essa non avrà da temere niente!... 
  
“Figlia mia, sono Io in te che forma il tesoro”. E le fu mostrato chiaramente che tutto era compreso nell'offerta perpetua che essa faceva delle Sante Piaghe di N. S. Gesù Cristo. 
  
“Noi avemmo a penar molto per strapparle queste parole, nota il manoscritto. Al colmo della confusione, essa dovette fare uno sforzo violento per articolarle”. 
  
Nel tempo stesso, i manoscritti fan testimonianza delle grazie ricevute. A ogni istante cade dalla penna delle nostre venerate Madri l'espressione della loro gratitudine per la protezione che circonda visibilmente la nostra Comunità. 
  
Noi troviamo negli annali del Monastero, sotto la data del 1873, una nota scritta dalla nostra On.ma Madre Teresa Eugenia, allora assistente: è un trasporto del cuore attestante che “in Cielo solamente noi sapremo quanto Dio ama la nostra Famiglia Religiosa...” Allusione velatissima, ma ora perfettamente chiara per noi. 
  
Infatti, la stessa Annalista dichiara, nei documenti relativi a Suor M. Marta: “E' impossibile enumerare qui tutte le grazie che la Comunità riceve per mezzo di quest'umile Figlia, che vive ignorata tra le sue Sorelle... Noi sentiamo realmente un'assistenza soprannaturale e visibile che circonda questa Sorella benedetta. Tutto ciò di cui ella è incaricata prospera. Tutto ciò che è affidato a quest'anima semplice si moltiplica in modo che ricorda l'olio e la farina di Sarepta e il barilotto inesauribile della Galleria. (2) 

***
“Suor Maria Marta Chambon”.

Signore dal Cuore pieno d'amore,



CONSACRAZIONE

Poiché ti sei donato a noi con un amore senza limiti, vogliamo consacrarci a te, abbandonarci e donarci senza riserva al tuo Cuore.
Vogliamo fare di questa nostra consacrazione un atto irrevocabile col quale tu possa prendere totale possesso di noi stessi, per tutto ciò che il tuo amore desidera.
Vogliamo appartenerti con tutto il nostro essere, offrirti i nostri pensieri, i nostri desideri, le nostre azioni, perché tu possa renderli perfettamente conformi ai pensieri, desideri, alle decisioni del tuo Cuore.
Vogliamo abbandonarti il nostro passato, il nostro presente e il nostro avvenire, affinché tutto in noi sia tuo e che in ogni istante la nostra vita sia posseduta dal tuo amore.
Poiché da noi stessi non avremmo la forza di rendere la nostra consacrazione totale e definitiva, imploriamo dal tuo Cuore che ci prenda totalmente e ci custodisca per sempre nella tua fedeltà.
Possa questa consacrazione, realizzata da te, riempirci della generosità illimitata del tuo amore.


Prendimi!

Prendimi, o Cuore di Cristo, in tutto ciò che sono;
Prendimi in tutto ciò che ho e che faccio, in tutto ciò che penso e tutto ciò che vivo!
Prendimi nel tuo spirito, perché aderisca a te;
Prendimi nel mio volere, perché voglia te;
Prendi tutto il mio cuore, perché ami solo te!
Prendimi, o Cuore di Cristo, nei miei desideri più nascosti,
Perché tu sia il mio sogno e il mio unico scopo,
Il mio grande amore e la mia perfetta felicità!
Prendimi con la tua bontà, per attirarmi a te;
Prendimi con la tua dolcezza, per accogliermi in te;
Prendimi col tuo amore, per unirmi a te!
Prendimi, o Cuore di Cristo, nella tua pena e nella tua gioia,
Nella tua vita e nella tua morte, nella notte della tua croce,
Nel giorno immortale della tua resurrezione!
Prendimi con la tua potenza, elevandomi a te;
Prendimi col tuo ardore, infiammandomi per te;
Prendimi con la tua grandezza, per farmi perdere in te!
Prendimi, o Cuore di Cristo, come tuo servo,
Tuo schiavo e al tempo stesso tuo indegno amico;
Prendi tutta la mia dedizione, fino in fondo, senza limiti!
Prendimi per il lavoro della tua grande missione,
Per il dono integrale alla salvezza del prossimo,
E per ogni sacrificio a servizio dei tuoi!
Prendimi, o Cuore di Cristo, senza limite e senza fine;
Prendi ciò che io non son riuscito a offrirti;
Non mi rendere mai più ciò di cui ti sei impossessato!
Prendi per l'eternità ciò che è in me,
Affinché un giorno possa, o divin Cuore, possederti,
Nell'amplesso del Cielo, prenderti e custodirti per sempre!

di Jean Galot s. j.

Geremia



Geremia costretto ad andare in Egitto

1Geremia aveva riferito tutti questi avvertimenti al popolo per incarico del Signore loro Dio. Aveva appena finito di parlare 2che Azaria figlio di Osaia, Giovanni figlio di Kareca e tutti gli altri che erano presenti gli risposero con tono arrogante: 'Sei un gran bugiardo! Il Signore nostro Dio non ti ha incaricato di dirci di non andare a vivere in Egitto. 3È stato Baruc figlio di Neria che ti ha incitato contro di noi. Quello vuol farci prendere dai Babilonesi, così o ci ammazzano o ci portano prigionieri a Babilonia'. 4Giovanni, i capi delle bande armate e la gente che stava con loro non vollero ubbidire al comando del Signore di rimanere nella regione di Giuda. 5Così Giovanni e i capi delle bande armate radunarono gli ultimi superstiti del regno di Giuda. Era gente che prima si era sparsa nelle regioni vicine e poi era ritornata con l'intenzione di stabilirsi nella regione di Giuda: 6c'erano uomini, donne, bambini, le principesse reali, insomma tutta la gente che Nabuzaradan, il comandante generale, aveva lasciato con Godolia figlio di Achikam e nipote di Safan. Portarono con sé anche Geremia e Baruc. 7Andarono tutti in Egitto senza tener conto della proibizione del Signore e giunsero fino alla città di Tafni.

Geremia annunzia l'invasione dell'Egitto

8A Tafni, il Signore disse a Geremia: 9'Prendi delle pietre grandi e nascondile sotto terra in quello spazio che si trova davanti al palazzo del faraone, qui a Tafni. Fa' in modo che ti vedano gli uomini di Giuda. 10Allora riferirai loro questo messaggio: Io, il Signore dell'universo, Dio d'Israele, farò venire qui il mio servo Nabucodonosor re di Babilonia, e collocherò il suo trono su queste pietre che ho fatto sotterrare qui. Sopra di esse egli pianterà la sua tenda. 11Quando egli arriverà, sconfiggerà l'Egitto. Farà morire chi è destinato alla morte, farà deportare chi è destinato alla deportazione e farà massacrare chi è destinato al massacro. 12Incendierà i templi degli dèi egiziani, e brucerà le loro statue o le porterà via. Come un pastore pulisce con cura il suo mantello dai pidocchi, così Nabucodonosor ripulirà tutto l'Egitto e poi se ne andrà indisturbato. 13Spezzerà gli obelischi sacri del tempio del Sole di Eliopoli (città del Sole) e brucerà i templi degli dèi egiziani'.