giovedì 4 giugno 2020

SUOR MARIA-MARTA E LA SUA COMUNITÀ



Nell'immensa famiglia del nostro S.to Ordine, la propria Comunità è una piccola famiglia grandemente amata. Qui ciascuna Religiosa è stata accolta, adottata, educata alla scuola dei nostri Santi Fondatori; qui ha progredito nella cognizione e nell'amore di Gesù suo Sposo, qui si sono stretti i legami di affetto soprannaturale con una Madre venerata e delle dolcissime Sorelle: legami che nemmeno la morte saprebbe sciogliere. L'amore della Comunità assume un carattere particolare di tenerezza mista a riconoscenza e venerazione. 
  
Questi sentimenti si univano nell'affetto, nel culto che Suor M. Marta professava per la sua Comunità di Chambery. 
  
Ciò essa lo doveva in gran parte agli alti insegnamenti della sua Maestra, la N. On. Madre M. Alessia Blanc. Nei suoi trattenimenti con le Sorelle Novizie, questa venerata Madre non si stancava d'inculcare l'affetto, il rispetto, la riconoscenza dovuti alla Comunità “la quale ci ha fatto la carità di riceverci”. Essa riprendeva rigorosamente ogni negligenza a questo riguardo: “Prima di tutto e ovunque, essa insegnava, bisogna pensare alla Comunità. -  
Negli uffizi dimentichiamo noi stesse e i nostri comodi, per far passare avanti il benessere e gli interessi comuni. - Non temiamo il sacrificio, non cerchiamo d'evitarlo, quando si tratta della Comunità. - Il rispetto, l'educazione, la deferenza e non la troppa disinvoltura, la negligenza, è necessario apportare nei luoghi ove si riunisce la Comunità. - La Comunità sta per venire: che tutto sia in ordine perfetto! - La Comunità! questa parola deve servirci di sprone!”. 
  
Lezioni simili si stampavano profondamente nel cuore delle Novizie. 
  
Nessuna ne rimase così compresa come la nostra fervente Conversa. 
  
Nella sua Comunità le cose più ordinarie come le cose più elevate: interessi materiali, luoghi di riunione, tradizioni, beni spirituali, Sorelle e Superiore... tutto le era come sacro. 

La Comunità, oh quanto Suor M. Marta l'amava! Nulla di ciò che la concerneva, la lasciava indifferente. 
  
Come si è potuto intravedere, essa soffriva nel vedersi privata delle riunioni di famiglia, sì dolci nella vita religiosa. Così, quando un bel giorno di festa le concedeva qualche tregua, soprattutto quando le vacanze dell'Educandato venivano a sospendere il suo lavoro consueto; con qual gioia la si vedeva giungere tra noi e offrire i suoi servigi alle sue compagne del velo bianco! 
  
La visita alle Sorelle malate era per lei una dolce consolazione. In brevi parole, ma con delicatezza, esprimeva loro i suoi sentimenti di fraterna ed affettuosa compassione. E quando una di esse era in punto di morte, essa pregava e soffriva per la povera moribonda, con zelo e affettuosità incomparabili benché ignorati. 
  
Essa viveva con la sua Comunità d'oltre tomba... e vedremo in seguito quali rapporti di carità mantenesse con le nostre compiante Defunte. 
  
Ma che dire del suo affetto per le sue Madri? “Per no stra Madre - assicurava Suor M. Marta - io farei qualunque cosa, mi lascerei uccidere!” Se le sapeva afflitte, sentiva il bisogno di consolarle: “Mia buona Madre - le diceva - il mio cuore è in pena perché il Vostro è nell'afflizione”. 
  
Alla sua Comunità essa apparteneva, donandole tutte le forze fino all'esaurimento, le preghiere di giorno e di notte, i suoi sacrifici incessanti. 

Preghiere, sacrifici! Questo ricorda un lato già noto della sua fisonomia. Ciò che la nostra Sorella era per il mondo intero - pregante e vittima - lo era soprattutto per la sua Comunità. 
  
“Vedi, Figliola, - le aveva detto a più riprese il Signore nel 1866 e 1867, - tu sei incaricata con Me di questa porzione del mio gregge... Ogni giorno devi pagare i debiti che ciascuna anima di questa Comunità contrae con la mia Giustizia... Io ti rendo responsabile delle mancanze del tuo prossimo... Tu sarai la vittima che dovrà espiare ogni giorno i peccati di tutte”. 
  
Simili esortazioni le erano pure rivolte nel corso di questi medesimi anni, dalla nostra defunta Madre Maria Paolina Deglapigny che, nel 30 luglio 1873, veniva a completare e precisare i messaggi anteriori: 
  
“Quando una Madre ha visto ciò che la Divina Giustizia esige dalle anime Religiose, in soddisfazione di tante piccole mancanze, che sfuggono sì facilmente, essa arde dal desiderio di vederle, in punto di morte, affrancate da ogni debito. Ho chiesto questa grazia per voi: ma affinché nessuna passi da questa vita senza aver prima saldato ciò che deve alla Divina Giustizia, un membro di questa Comunità deve incaricarsi di soddisfare, e tu sei stata scelta a questo scopo: perciò quando morrà qualche Sorella, tu soffrirai molto. Non lo dimenticare”. 

Suor Maria-Marta, si considerava dunque come incaricata nella Comunità e per la Comunità d'una missione di preghiera e di espiazione. L'atto di offerta che già conosciamo (1) lo specifica chiaramente. 
  
Tutto ci porta a credere che quest'atto di “oblazione” fosse molto accetto al Signore, almeno giudicandone dalle benedizioni che lo seguirono. 
  
L'8 ottobre 1868 Suor Maria-Marta fu incaricata di rimpiazzare la Sorella giardiniera, allora in Ritiro annuale: “Figlia mia, - le disse il Divin Maestro - quest'oggi mi farò giardiniere con te”. E mentre essa lavorava, Gesù le comparve improvvisamente, come era comparso ai suoi discepoli dopo la Resurrezione. Mostrando poi la Piaga gloriosa del Suor Sacro Cuore, e, tendendo le braccia alla sua umile Serva, le disse con inesprimibile tenerezza: “Dammi il tuo cuore!” Essa si affrettò ad offrirglielo e sentì che Gesù lo accettava e lo inabissava nel Suo dicendo: “Ora la Comunità mi possiede interamente!..... Questa unione non è solamente per te; ma per tutti i membri della Comunità”. 
  
Gesù la condusse in ispirito per il Monastero, promettendo la benedizione a ciascun ufficio: “Dirai alle tue Madri che non temano di nulla, Io le amo molto”. 
  
Simili assicurazioni ritornarono ben sovente sulle labbra del Redentore: 
  
“In tutte le occorrenze dovete pregare e Io provvederò... Bisogna vivere di ricono scenza e di abbandono... senza altra preoccupazione che di amarmi e ringraziarmi, allora Io prenderò cura di tutto”. 
  
E un altro giorno: “Considera nel tuo spirito tutte le anime della tua Comunità e domanda a Me delle grazie per ciascuna... La tua Comunità non conosce il tesoro che essa possiede. Io te lo dico: Fino a tanto che avrà il suo tesoro essa non avrà da temere niente!... 
  
“Figlia mia, sono Io in te che forma il tesoro”. E le fu mostrato chiaramente che tutto era compreso nell'offerta perpetua che essa faceva delle Sante Piaghe di N. S. Gesù Cristo. 
  
“Noi avemmo a penar molto per strapparle queste parole, nota il manoscritto. Al colmo della confusione, essa dovette fare uno sforzo violento per articolarle”. 
  
Nel tempo stesso, i manoscritti fan testimonianza delle grazie ricevute. A ogni istante cade dalla penna delle nostre venerate Madri l'espressione della loro gratitudine per la protezione che circonda visibilmente la nostra Comunità. 
  
Noi troviamo negli annali del Monastero, sotto la data del 1873, una nota scritta dalla nostra On.ma Madre Teresa Eugenia, allora assistente: è un trasporto del cuore attestante che “in Cielo solamente noi sapremo quanto Dio ama la nostra Famiglia Religiosa...” Allusione velatissima, ma ora perfettamente chiara per noi. 
  
Infatti, la stessa Annalista dichiara, nei documenti relativi a Suor M. Marta: “E' impossibile enumerare qui tutte le grazie che la Comunità riceve per mezzo di quest'umile Figlia, che vive ignorata tra le sue Sorelle... Noi sentiamo realmente un'assistenza soprannaturale e visibile che circonda questa Sorella benedetta. Tutto ciò di cui ella è incaricata prospera. Tutto ciò che è affidato a quest'anima semplice si moltiplica in modo che ricorda l'olio e la farina di Sarepta e il barilotto inesauribile della Galleria. (2) 

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“Suor Maria Marta Chambon”.

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