Gabriele Amorth racconta...
Alle estasi furono presenti anche dei medici, per studiare il fenomeno. Una relazione riporta: «Non c'è corrispondenza tra i battiti del cuore e le pulsazioni, queste erano accelerate e forti, ma i battiti del cuore erano acceleratissimi e fortissimi, come se il cuore volesse scoppiare». Una simile discordanza stupiva i medici di allora; e anche oggi non appare spiegabile.
Nel frattempo l’avversario prova i suoi trucchi. É a Venafro, che Padre Pio vorrebbe confessarsi con padre Agostino. Il demonio gli appare «sotto la forma del padre spirituale, dicendogli che è venuto per confessarlo...». Ma il falso confessore ha una ferita in fronte; dice che l’ha riportata «essendo precipitato per le scale». Ma, sia la ferita, sia «il fenomeno di disgusto» che Padre Pio prova in simili apparizioni mettono il frate in guardia e gli fanno riconoscere il maligno. Già in precedenza, a Pietrelcina, gli era apparso un frate latore di un «severissimo ordine del padre provinciale» di non scrivere più a padre Agostino perché ciò è «contrario alla povertà e di grave impedimento alla perfezione». E quasi quasi Padre Pio ci cascò.
Infine, l’arrivo a San Giovanni Rotondo, dove trascorrerà il resto della sua vita. É il 1917, l’anno più movimentato dell’esistenza del monaco santo, quello in cui ha sicuramente viaggiato di più. Si occupa della formazione dei collegiali; in senso molto ampio, come si può desumere dall’episodio che lo vede protagonista. I collegiali una notte sentono provenire dalla sua stanzetta urla, colpi, tonfi, rumore di catene e risate, anzi sghignazzi tremendi. La mattina seguente Padre Pio appare in condizioni pietose: ha un occhio pesto, è pieno di lividi, la sua stanza è devastata: persino i ferri del letto sono attorcigliati e contorti. Mastro Vincenzo, calzolaio e fabbro, e factotum del convento, cerca di aggiustare alla bell'e meglio il letto. Ha una “praticacela” di ossa e muscoli, e spesso riesce a rimettere in sesto il monaco santo, che secondo le testimonianze esce a volte da queste lotte diaboliche con slogature e altri malanni, e chiede di essere «aggiustato da lui», che con un solo abilissimo colpo, rimette al posto le ossa slogate. Una volta commenta con una risatina, mentre Padre Pio entra in confessionale: «Te l'ha fatta stanotte, eh! Te l'ha fatta!». Il padre Superiore naturalmente chiede spiegazioni: e il monaco santo riferisce che ha dovuto battersi col demonio, per proteggere un suo allievo da una tentazione. «Fui bastonato, ma ho vinto la battaglia». Una documentazione conservata a San Giovanni Rotondo, e citata da Luigi Peroni, ricorda che: «Ogni volta che Padre Pio usciva dalla lotta con il demonio con le ossa slogate o fratturate, voleva essere “aggiustato” da Mastro Vincenzo. C’è chi ricorda che il Mastro una volta aggiustò, con una rapida mossa, un braccio che il padre teneva fuori dello sportello del confessionale mentre stava confessando le donne. Padre Pio indirizzava a lui anche altri clienti. Il fabbro si chiamava Vincenzo Fino. Spesso veniva chiamato d’urgenza al confessionale delle donne e, dopo aver messo a posto, in un batter d’occhio, polso o spalla o braccia, baciava la mano del padre e gli sussurrava: “Eh! te l’ha fatta stanotte, te l’ha fatta!”.
Il padre lo abbracciava e lo ringraziava».
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