Otto anni dopo, l'undici febbraio 1778, a Ecully, villaggio lontano da Dardilly una lega appena, Matteo Vianney sposava Maria Beluse. Matteo Vianney era un buon cristiano, e la sua giovane sposa gli portava, come dote migliore, una fede attiva ed illuminata.
La loro unione fu da Dio benedetta. Ne nacquero sei. figli, che, secondo la commovente pratica di quei tempi, furono consacrati alla Santa Vergine ancora prima della loro nascita: Caterina, che, passata a nozze in giovane età, morì santamente poco dopo il matrimonio; Giovanna Maria, che lasciò la terra per il Cielo a cinque anni circa; Francesco, il futuro erede della casa paterna; Giovanni Maria, che un giorno non sarà quasi più conosciuto, se non col nome di Curato d'Ars; Margherita, che, sola fra tutti, sopravvivrà di molto al suo santo fratello 6; ed infine un altro Francesco, detto Cadet, che, entrato nella milizia, lascerà Dardilly per non più ritornarvi.
Giovanni Maria Vianney nacque verso la mezzanotte 7 del giorno 8 maggio 1786, e fu battezzato il giorno stesso 8. Ebbe per padrino lo zio Giovanni Maria, fratello minore di Pietro Vianney, padre del Santo, e per madrina la zia Francesca Martinon, moglie di Giovanni Maria Vianney. Il padrino fu contento di trasmettere al figlioccio i suoi nomi... 9
Appena questo figlio prediletto poté fissare gli oggetti esterni, la pia madre si compiacque di indicargli il Crocifisso e le immagini religiose, che ornavano le pareti della casa, e, quando le piccole braccia poterono appena muoversi fuori dalle fasce, cominciò a guidare la manina incerta dalla fronte al petto e dal petto alle spalle: il bambino ne ebbe presto l'abitudine. Un giorno, - non aveva allora che quindici mesi, - la madre si era dimenticata di aiutarlo a fare il segno della Croce, prima di dargli la minestra, e l'innocente fanciullo rifiutò di aprire le labbra, ripetendo a più riprese un gesto negativo col capo. Maria Vianney indovinò il desiderio del bambino il quale aprì le labbra dopo che fu aiutato a fare il segno della Croce 10.
È necessario ricordare che fin «dalla culla Giovanni Maria Vianney diede dei segni non dubbi della sua futura santità», come fecero S. Raimondo Nonnato, S. Gaetano, S. Alfonso de' Liguori, S. Rosa da Lima ed altri? Le testimonianze che rimangono non dicono nulla in proposito; ma è certo che nelle cose di pietà fu un ragazzo precoce, e corrispose alle premure di sua madre meglio che i suoi fratelli e le sue sorelle. Era una di quelle nature fortunate, nel cui fondo sta uno slancio che le inclina facilmente a Dio. Non aveva che diciotto mesi ed ogni sera quando la sua famiglia si riuniva per la preghiera in comune, sapeva da solo inginocchiarsi in mezzo ai suoi, ed imitando gli altri, sapeva anche congiungere le sue piccole mani 11.
La pia madre lo collocava poi a riposo, e, prima di abbracciarlo per l'ultima volta, si chinava su di lui, gli parlava di Gesù Bambino, della Santa Vergine, del suo buon Angelo Custode: ed il bambino si addormentava sotto l'impressione di questi pensieri suggeriti dalla voce materna.
Crescendo, fece i suoi primi passi nell'interno della casa o attorno alla stessa, senza però allontanarsi troppo, poiché vi era poco lontano, verso il giardino, un pozzo ove si abbeveravano gli animali. Così Giovanni Maria era sempre vicino a sua madre, la quale, pur essendo tutta premura per gli affari domestici, non lasciava di istruire il bambino con motti ingenui e similitudini infantili. Da lei imparò, con il Pater noster e l'Ave Maria, le prime e più facili nozioni sopra Dio e l'anima, e, bambino oltremodo sveglio per la sua età, poneva poi mille ingenue domande, soprattutto interessandosi dei dolci misteri della infanzia di Gesù, del Natale, del presepio e dei pastori.
Questi semplici trattenimenti alcune sere si prolungavano assai, e, per ascoltare i fatti della Storia Sacra, Giovanni Maria vegliava con Caterina, la più pia delle sue sorelle12: qualche volta si inginocchiava in terra, congiungeva le sue piccole mani13 e le nascondeva in quelle di sua madre.
Durante la bella stagione Matteo Vianney andava al lavoro dei campi subito di buon mattino, e, nella giornata, Maria, sua sposa, lo raggiungeva con l'intera famiglia.
Caterina e Francesco, il fratello maggiore, con una frusta in mano la precedevano di qualche passo, cacciando avanti le vacche e le pecore della cascina; seguiva un asino che portava Giovanni Maria e Margherita, sopranominata Gothon. Nel prato, i ragazzi si divertivano sull'erba o vegliavano il gregge, e Giovanni Maria, sempre allegro e gioviale, sapeva dare vita ad ogni giuoco: non era già, come lascia intendere il suo primo biografo14, uno di quei caratteri che nulla hanno della grazia e della vivacità propria della fanciullezza. Questo ragazzo dagli occhi azzurri, dai capelli bruni, dal colorito oscuro e dallo sguardo vivo, univa alla pietà precoce un'indole arrogante, e, come egli medesimo confessava più tardi, «era nato con un carattere impetuoso» 15, e gli furono necessari lunghi e meritori sforzi per acquistare la virtù della dolcezza. Ma, fin dai primi anni, questo fanciullo sensibile e nervoso fu presto padrone di sé, e sua madre, di illuminata esperienza, conoscendo l'efficacia dell'esempio, non mancava di proporlo come modello ai suoi fratelli ed alle sue sorelle. «Guardate, - diceva, quando la loro obbedienza non era pronta - Giovanni Maria è più obbediente di voi: fa subito quello che gli si comanda» 16.
Ma ecco anche un episodio che fu causa di lagrime. Giovanni Maria aveva una bella corona del Rosario, che gli era oltremodo cara, e Gothon, più giovane di lui di diciotto mesi, appena la vide, la volle per sé: ne nacque un litigio tra fratello e sorella con grida, strepiti, e lotta ed il povero fanciullo, con vivo rammarico, corse a dire le sue ragioni alla madre. «Bambino mio, dà la tua corona a Gothon» - risponde ella con voce dolce, ma ferma, - «dalla per amor di Dio». È tosto Giovanni Maria, pur fra i singhiozzi, cede la corona che cambia così di proprietario 17. Per un ragazzo di quattro anni è già questo un bel sacrificio!
Per farlo tacere la madre, invece di carezze e di complimenti, gli regalò una piccola statua in legno, rappresentante la Santa Vergine. Più volte il fanciullo con grande desiderio aveva osservato quella piccola statua collocata sul camino di cucina, ed ora ne era padrone lui, e lui solo: quanta felicità! A settanta anni di distanza ricorderà questa statua e ripeterà ancora: «Quanto l'amavo! ... non potevo separarmene né giorno né notte, e non avrei neppure potuto dormire tranquillo, se non l'avessi avuta vicino a me nel mio piccolo letto... La Santa Vergine raccolse la mia prima affezione; l'ho amata ancora prima di conoscerla» 18.
I testimoni dei suoi primi anni, tra cui la sorella Margherita, narrano di averlo visto inginocchiarsi per il primo, al suono dell'Ave Maria: lo si vide qualche volta ritirarsi in un cantuccio della casa, collocare su di una sedia la preziosa statua e pregare davanti ad essa con perfetto raccoglimento 19. I piccoli non conoscono quella stoltezza che si chiama rispetto umano ... In qualunque luogo si trovasse, sia in casa che in istrada, Giovanni Maria «consacrava le ore», il che significa che, seguendo l'esempio di sua madre, ogni volta sentiva suonare le ore, faceva il segno di Croce, recitava l'Ave Maria, e chiudeva questa pratica con un nuovo segno di Croce 20. Ciò vide un uomo che lavorava in un giardino di fronte e disse a Matteo Vianney: «Credo che il vostro piccolo brunetto mi prenda per il diavolo! …». Il padre raccontò l'aneddoto a casa.
- Perché hai fatto così? - domandò la madre.
- Io non sapevo che quell'uomo mi vedesse - rispose Giovanni Maria, - ma prima e dopo la preghiera non si deve forse fare il segno della Croce?
Alcuni vicini che avevano sentito il fanciullo pregare ad alta voce, dicevano ai parenti: «Sa già bene le litanie... Del vostro Giovanni Maria bisognerà fare un prete od un frate» 21.
Maria Vianney non ha forse intravisto nulla dell'avvenire meraviglioso del suo figlio prediletto; ma la bellezza della di lui anima non era per questo meno preziosa ai suoi occhi, ed ella si sforzava di preservarla anche dall'ombra del peccato. «Vedi, mio Giovanni, - gli diceva - se le tue sorelle od i tuoi fratelli offendessero il Signore, ne avrei grande pena, ma la mia pena sarebbe maggiore ancora se lo offendessi tu!» 22.
Canonico FRANCESCO TROCHU
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