Gesù e Maria, abbracciando tutte le pene per redimerci, mai furono privi della massima felicità: “Figlia mia, c’è differenza grandissima tra chi deve formare un bene, un regno, e chi deve riceverlo per goderlo. Io venni sulla terra per espiare, per redimere, per salvare l’uomo. Per fare ciò, mi toccava prendere le pene delle creature su di Me, come se fossero mie. La mia Mamma Divina, che doveva essere Corredentrice, non doveva essere dissimile da Me; anzi, le cinque gocce di sangue che mi diede dal suo Cuore purissimo per formare la mia piccola Umanità, uscirono dal suo Cuore crocifisso. Per Noi le pene erano uffici che venimmo a compiere: perciò tutte erano pene volontarie, non imposizioni della fragile natura.
Ma tu devi sapere che, ad onta di tante nostre pene che avevamo per disimpegnare il nostro ufficio, da Me e dalla mia Madre Regina erano inseparabili somma felicità, gioie che mai finivano e sempre nuove, Paradiso continuato. A Noi era più facile separarci dalle pene, perché non erano roba nostra intrinseca, roba di natura, ma roba di ufficio, che separarci dal pelago delle immense gioie e felicità che produceva in Noi, come roba nostra intrinseca, la natura della nostra Volontà Divina che possedevamo. Come la natura del sole è dare luce, quella dell’acqua dissetare o quella del fuoco riscaldare e convertire tutto in fuoco –e se ciò non facessero perderebbero la loro natura–, così è natura della mia Volontà che dove essa regna fa sorgere la felicità, la gioia, il Paradiso. Volontà di Dio ed infelicità non esiste né può esistere, oppure non esiste tutta la sua pienezza e perciò i rivoli della volontà umana formano le amarezze alle povere creature. Per Noi, in cui la volontà umana non aveva nessuna entrata, la felicità era sempre al suo colmo, i mari delle gioie erano inseparabili da Noi. Fin sulla croce e stando la mia Mamma crocifissa ai miei piedi divini, la perfetta felicità mai si scompagnò da Noi; e se ciò avesse potuto succedere, avrei dovuto uscire dalla Volontà Divina e scompagnarmi dalla Natura Divina e agire solo con la volontà e natura umana. Perciò le nostre pene furono tutte volontarie, elette da Noi stessi per l’ufficio che venimmo a compiere, non frutto di natura umana, di fragilità o d’imposizione di natura degradata”. (Vol. 20°, 30-1-1927)
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