sabato 19 ottobre 2019

COLUI CHE PARLA DAL FUOCO



Parteciperai all'amarezza  della mia Croce.  

(N. Signore a Josefa, 5 agosto 1920).  

Il Cuore ferito di Gesù non tardò a riapparire sull'orizzonte di Josefa. Era stata scelta per una partecipazione speciale alla redenzione delle anime, e il Maestro divino ben presto le ricordò la sua vocazione di vittima.  
Il giovedì 5 agosto, qualche giorno dopo la vestizione, la fa di nuovo partecipare al dolore delle spine che Lo feriscono. Poi la conforta con queste parole: 

 «Se sarai fedele, ti farò conoscere la ricchezza del mio Cuore. Porterai, sì, la mia croce, ma ti colmerò di doni come sposa prediletta».  
«Questa volta - scrive Josefa - Lo vidi circonfuso di uno splendore abbagliante. Il Cuore, avvolto dalle fiamme, sembrava uscirgli dal petto.  
«Il martedì 10 agosto, alla meditazione provai un gran desiderio di consolarlo. Gli ho offerto tutte le azioni della giornata, aggiungendo che se desiderava qualche cosa di più me lo facesse conoscere. Gli ho promesso di non dimenticarlo nemmeno un momento e Gli ho ripetuto continuamente il desiderio di amarlo. Nel pomeriggio, prima di recarmi all'adorazione, entrai nell'oratorio di Mater i per supplicare la Madonna di aiutarmi a consolare Suo Figlio. Nell'entrare in cappella mi trovai ad un tratto alla presenza di Gesù...  
«- Non ho altro desiderio che quello di essere amato. Guarda il mio Cuore, Josefa: lui solo può farti felice. Riposati in Lui».  
Poi continuò: «- Avevo sei spine, tu me ne hai tolte cinque. Una sola ne rimane ed è proprio quella che più ferisce il mio Cuore! Voglio che tu non risparmi nulla per togliermela!».  
«Signore, - risposi - che cosa vuoi che io faccia?».  
«- Voglio che tu Mi ami e Mi sia fedele. Ricordati che Io solo posso farti felice. Ti scoprirò la ricchezza del mio Cuore. Amami senza limiti!».  
«E di nuovo mi lasciò sola».  

Si avvicinava la festa dell'Assunzione e Josefa, teneramente unita alla sua Madre celeste, trascorre questo giorno di preghiera in intima unione con Lei. E siccome il pensiero della spina confitta nel Cuore di Gesù non la lasciava un istante:  

«La supplicai - ella scrive - di prendersi cura di quell'anima e di levare la spina che Gesù mi chiedeva di togliergli.  
«Il giorno dopo, lunedì 16 agosto, verso le tre del pomeriggio, mentre cucivo e offrivo a Gesù il desiderio di trasformare ogni punto in un atto di amore che potesse consolarlo, Lo vidi improvvisamente davanti a me.  
«- Non vengo per consolarti, Josefa, - Egli disse - ma per unirti alla mia sofferenza. 
Toglimi questa spina: vedi come trafigge il mio Cuore! Quest'anima è sul punto di costringermi ad abbandonarla alla mia giustizia».  

Molte sofferenze saranno riservate a Josefa per cooperare alla salvezza di quell'anima in pericolo. Così Gesù l'iniziò, a poco a poco, all'Opera corredentrice che prenderà tanta parte della sua esistenza. Nostro Signore proseguì:  

«- Le offese degli uomini Mi feriscono profondamente, ma nulla tanto Mi affligge quanto quelle delle mie spose.  
«- Questa spina è un 'anima religiosa che ho ricolmata di doni, ed ella se li appropria... l'orgoglio la perde!».  
«La sera mi mostrò il Cuore, tutto fiamma, con la piaga aperta, e sempre... la spina!».  
«- Ho per ogni anima due misure - mi disse - una di misericordia, e questa ha già traboccato... l'altra di giustizia, che è quasi al colmo. Nulla mi offende più che l'ostinazione e la resistenza di quest'anima... le toccherò di nuovo il cuore, ma se non risponde, l'abbandonerò alle sue forze».  
«A questo punto non so esprimere quello che Egli mi fece comprendere... ma darei la mia vita per salvare quell'anima!  
«La sera feci l'ora santa, avendone il permesso, e mi offersi in unione a Lui, nella Sua passione. O Dio, non guardare i peccati di quell'anima!... Guarda il Sangue che hai versato per lei... quel Sangue che può coprire tutti i peccati del mondo!  
«Poi recitai le litanie della Madonna, ripetendo molte volte: "Rifugio dei peccatori, prega per noi". Arrivata all'invocazione: "Agnello di Dio che cancelli i peccati del mondo..." mi sentii ripiena di angoscia. Gesù non diceva nulla, come se non udisse. Sembrava sordo. 
Alla fine dell'ora santa venne col Cuore sempre trafitto dalla spina. Lo supplicai di aver compassione di quell'anima, e siccome non rispondeva, Gli dissi: ma dunque, Signore, non vuoi perdonarla?».  
«- Le toccherò ancora il cuore: se Mi ascolterà, tornerà ad essere la mia sposa prediletta, altrimenti lascerò agire la mia giustizia».  

Trascorsero così parecchi giorni. Josefa moltiplicò le generose offerte, mentre l'anima sua era immersa «in una tristezza indicibile».  

«Credo che mai ho capito come adesso quello che sia resistere alla grazia! Mi sembra di sperimentare qualche cosa dell'infinito dolore del Cuore divino allorché un'anima Gli resiste».  
«- Se tu sei disposta a soffrire - le ripete Nostro Signore il mercoledì 18 agosto - Io aspetterò quell'anima, ma non posso perdonarle finché essa stessa non vuole. L'ho creata senza di lei, ma ella è libera di salvarsi o di perdersi».  

Qualche giorno dopo aggiunge:  

«- Quando trovo un'anima che Mi ama e desidera consolarmi, sono pronto a darle tutto quello che Mi chiede.  
«- Attenderò dunque, busserò ancora alla porta di quel cuore, poiché se vuole, il mio è disposto a perdonano.  
«E mi lasciò l'anima in agonia, insegnandomi a ripetere spesso questa invocazione: 
"Mio Dio, soffrirò tutto per amor Tuo e per consolare il Tuo Cuore!"».  

Tale sofferenza opprime l'anima di Josefa, sembrandole che la collera divina sia caduta su di lei. Gli inviti di Gesù la incalzano, senza lasciarle tregua né giorno né notte. La responsabilità di quest'anima pesa incessantemente sulla sua, senza che diminuisca il suo desiderio di riparare. Il mercoledì 25 agosto, dopo una notte angosciata di supplica, Josefa, sempre fedele all'incontro mattutino, comincia la meditazione con le sue sorelle.  

«Ad un tratto - ella scrive - L'ho visto... così bello che non so ridire... In piedi, vestito di bianco. Con le mani sosteneva il Suo Cuore immerso in una fornace di fuoco. Tutta la persona adorabile irraggiava una luce splendente. I capelli sembravano d'oro, gli occhi due diamanti, il volto... non posso dire... perché non so a che cosa paragonarlo!... il Cuore, sormontato dalla croce, non aveva più la spina! Dalla ferita tutta aperta uscivano fiamme, sembrava un sole... Le piaghe delle mani e dei piedi sprigionavano anch'esse viva fiamma... 
Di tanto in tanto apriva le braccia e le tendeva. Non potei dirgli altro che queste parole: 
Mio Gesù, quanto sei bello!... Tu rapisci i cuori! e la spina?...  
« La spina! non l'ho più! Niente è più forte dell'amore e Io lo trovo nelle mie spose!».  
«Il Cuore sembrava Gli si accendesse sempre di più. Lo ringraziai di avermi chiamata in questa Società del Sacro Cuore e Lo supplicai di avere compassione di me, ogni giorno più miserabile e indegna di trovarmi qui: Mio Gesù, non permettere che la mia miseria formi una macchia nel candido gruppo di queste spose del Tuo Cuore! Non permettere che le grazie da me ricevute siano la mia condanna, poiché sono capace di tutto! Concedimi di esserti fedele o di morire!».  

Così consolata, Josefa ascolta la Messa, qualche istante dopo, unendosi al ringraziamento della SS. Vergine.  

«Dopo la Comunione Lo supplicai di farmi Sua sposa mediante una perfetta fedeltà, ma di lasciarmi nella via comune, poiché mai riuscirò a corrispondere alla Sue grazie».  
«- Abbandonati nelle mie mani, Josefa, mi servirò di te come crederò bene. La tua piccolezza e la tua debolezza poco Mi importano, ciò che ti chiedo anzitutto è di amarmi e di consolarmi. Voglio che tu sappia quanto il mio Cuore ti ama, quali ricchezze racchiude, e che tu sia come cera molle da poter modellare a mio piacere...».  
«- Voglio che tu Mi offra tutto, anche le minime cose, per consolare il mio Cuore di ciò che soffre, soprattutto da parte delle anime consacrate.  
«Voglio che tu riposi tranquilla nel mio Cuore. Guardalo e comprenderai a qual punto è capace di consumare in te tutto ciò che vi si trova d'imperfetto.  
«- Voglio che ti abbandoni al mio Cuore e che ti preoccupi soltanto di piacergli.  
«- Voglio che ciò che ti chiedo tu lo dica con semplicità alla Madre, e che ti abbandoni a tutto ciò che sarà disposto per te. Infine ti ripeto che tu devi essere per Me come cera molle che Io possa modellare a mio piacere... Ricordati che sono tuo Padre, tuo Sposo, tuo Dio!».  
«Poi scomparve. Mai l'avevo visto così bello! Durante quel tempo - nota Josefa - avevo potuto ascoltarlo e parlargli, avendone il permesso. D'ora in poi mi è stato ordinato di non far caso di queste cose e di non rispondergli più».  


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