LA DIVOZIONE AL S. CUORE DI N. S. GESÙ CRISTO
Le ragioni che persuadono ad amare Gesù Cristo superano ogni sentimento: le anime le gustano secondo il loro stato nella grazia, e pare che il voler investigare altri motivi che ci spingano ad amare N. Signore, sia un dimenticarci di quello che siamo o credere d’ignorare chi Egli sia.
Potrebbe dunque apparire cosa inutile riferire qui i motivi che ci devono spingere alla devozione al S. Cuore di Gesù. Siccome pero non tutti gli uomini sono sempre nelle stesse disposizioni, e non essendo la grazia sempre uguale in essi, ci sembrò opportuno di fare alcune riflessioni su i tre motivi principali che a prima vista ci si presentano, e a cui si arrende ogni uomo ragionevole. Essi si ricavano da tre cose che con più forza influiscono sul nostro spirito e sul nostro cuore, cioè dalla ragione, dall’interesse e dal piacere. Mostreremo in questo capitolo e nei due seguenti: 1° Quanto la devozione al Sacro Cuore di Gesù è giusta e ragionevole; 2° Quanto è utile alla nostra salute e perfezione; 3° Quanto questa devozione contenga di vera dolcezza. E veramente se si considera l’oggetto sensibile di questa devozione, cioè il S. Cuore di Gesù, o ci si fermi sull’oggetto principale e spirituale, ch’è l’amore immenso di Gesù per l’umanità, dì quali sentimenti dì rispetto, dì riconoscenza e d’amore non dovremo esser pieni!
§ 1. Eccellenza del Cuore adorabile di N. S. Gesù Cristo.
Il Cuore di Gesù è santo della santità di Dio stesso; per conseguenza tutti i moti del suo Cuore, data la dignità della Persona che li compie, sono atti di prezzo e di valore infinito, essendo azioni d’un Uomo-Dio. È giusto dunque che si onori il S. Cuore di Gesù con un culto speciale, perché tale onore si tributa alla stia Persona divina.
Se la venerazione che tributiamo ai Santi ci rende il loro cuore così prezioso, se lo consideriamo conte la più preziosa delle loro Reliquie, che si deve pensare del Cuore adorabile di Gesù? Qual’è mai quel cuore che abbia avuto disposizioni così meravigliose e così conformi ai nostri veri interessi? Dove potremo trovarne un altro i cui moti ci siano stati più vantaggiosi? In questo Cuore divino si formarono tutti i disegni della nostra salvezza, e per l’amore che divampa in questo Cuore divino tali disegni vennero mandati ad effetto.
Il S. Cuore di Gesù, dice un gran servo di Dio, è la sede di ogni virtù, la sorgente di ogni benedizione, il rifugio di tutte le anime sante. Le virtù principali che si possono ancora onorare in lui sono: l’amore ardentissimo verso Dio suo Padre, unito al rispetto più profondo e alla maggiore umiltà che mai sia stata; la pazienza infinita nelle pene, il dolore eccessivo per i peccati che si era addossato, la confidenza d’un Figlio tenerissimo unita alla confusione d’un grandissimo peccatore, infine la compassione più sentita per le nostre miserie, l’amore immenso per noi, malgrado le nostre stesse miserie; e non ostante tuffi questi moti, di cui ciascuno al più alto grado immaginabile, un’uguaglianza inalterabile causata da conformità perfetta alla volontà di Dio, da non poter venir turbata da nessun avvenimento, per quanto contrario al suo zelo, all’umiltà, allo stesso amore e a ogni altra disposizione in cui si trovava.
Questo Cuore adorabile nutre ancora, in quanto, è possibile, gli stessi sentimenti, ma soprattutto è, sempre ardente d amore verso gli uomini, sempre aperto per versare su di loro ogni sorta di grazie e di benedizioni, sempre compassionevole ai nostri mali, sempre stimolato dal desiderio di comunicarci i suoi tesori e Se stesso, sempre disposto ad accoglierci per essere nostro asilo, abitazione, paradiso anche in questa vita.
Con tutto ciò Egli non riceve dagli uomini che durezza, oblio, disprezzi, ingratitudine. Questi motivi non devono dunque indurre i buoni cristiani a onorare il S. Cuore e a riparare tanti oltraggi con manifestazioni vibranti d’amore?
§ 2. Le amabilità che si trovano nella persona dì Gesù Cristo,
Non possiamo applicarci a conoscere Gesù Cristo senza trovare in Lui tutto ciò che c’è di più amabile nelle creature ragionevoli, o prive di ragione. Ognuno ha il suo allettamento per amare. Chi è mosso da rara bellezza, chi da insigne mansuetudine; per alcuni una bontà indulgente, una singolare elevatezza congiunta a grande modestia sono attrattive tali a cui non possono resistere. C’è anche chi si fa avvincere da certe virtù che gli mancano, perché gli sembrano più ammirabili di quelle ch’egli possiede. Qualche altro è attirato dalle qualità che gli pare siano più conformi alle sue inclinazioni. Le belle doti e le vere virtù si fanno amare da tutti.
Ma, dice un gran servo di Dio, se esistesse una Persona nel mondo in cui fossero raccolti tutti i motivi d’amare, chi potrebbe negarle l’amor suo? Ora tutti sono d’accordo nel dire che tutto ciò si trova unito in modo eccellente nella Persona adorata di Gesù Cristo. E tuttavia Egli non è amato che da pochissimi.
La bellezza più splendida, dice il profeta, non è che un fiore appassito in confronto di quella del Salvatore divino.
— Mi pareva (così S. Teresa) dopo un’estasi, in cui vidi alcuni raggi della bellezza di Gesù, che il sole non mandasse, sulla terra più che ombre pallide. —
Le creature più perfette di questo mondo son quelle che hanno meno difetti; le doti più belle degli uomini sono unite a tante imperfezioni, che mentre quelle da una parte ci attirano, queste dall’altra ci respingono. Solo Gesù è sovranamente perfetto, ché tutto in Lui è ugualmente amabile e nulla gli manca che attiri i cuori di tutti. In Lui vediamo insieme raccolte tutte le doti di natura, le ricchezze di grazia e di gloria, le perfezioni della divinità. Non vi si scoprono che abissi e come spazi immensi, e una estensione infinita di grandezze. L’Uomo-Dio insomma, che ci ama con tanta tenerezza e che gli uomini invece riamano cosi poco, e l’oggetto dell’amore, degli ossequi, delle adorazioni e delle lodi di tutta la Corte celeste. In Lui è l’autorità suprema di giudicare gli uomini e gli Angeli, nelle sue mani stanno la sorte e la felicità eterna di tutte le creature, il suo dominio si estende su tutta la natura. Tutti gli Spiriti tremano dinanzi a Lui, costretti ad, adorarlo o con sottomissione volontaria d’amore, o col patimento forzato degli effetti della sua giustizia. Egli regna con potere assoluto nell’ordine della grazia e nello stato di gloria, ed ha sotto i suoi piedi il mondo visibile e invisibile.
Non è dunque, o uomini insensati, non è dunque Egli un oggetto degno dei vostri omaggi? E quest’Uomo Dio con tutti i titoli e con tutta la gloria che possiede, amandoci al segno che ci ama, non merita d’essere amato da noi?
Ma ciò che sembra più amabile ancora nel Salvatore divino è ch’Egli unisce tutte queste rare doti, tutti questi titoli magnifici e questa sua elevatezza sublime a una tale tenerezza per noi che giunge all’eccesso. La sua mansuetudine è tanto amabile che incantava persino i suoi nemici più accaniti. Come una pecorella fu portato al macello, dice il profeta, e non apri la sua bocca, come appunto sta muto l’agnello dinanzi al tosatore. (Is 57, 7). Da se stesso ora si paragona a un padre che non può frenare la sua gioia al ritorno del figlio traviato (Lc. 15, 5); ora a un pastore che, avendo ritrovato la pecorella smarrita, se la pone sulle spalle e invita gli amici e i vicini a rallegrarsi con lui perché ha ritrovato la sua pecorella. (Lc. 15, 4). Nessuno ti ha condannato? — dice all’adultera — e nemmeno io ti condanno; va’ e non peccar più in avvenire. (Gv 8,11). Né minore dolcezza egli mostra ancora ogni giorno verso di noi. È strano quante attenzioni dobbiamo usare nella società per non urtare la suscettibilità d’un amico. Gli uomini sono d’una delicatezza così sensibile, che spesso basta un pochino di malumore per far dimenticare fino i quindici o più anni di servigi, e una parola detta fuor di proposito rompe alle volte la amicizia più antica.
Non è così però Gesù Cristo. La cosa sembra incredibile, ma tuttavia è vera: non possiamo trovare un amico più riconoscente di Lui. Non lo si creda capace di romperla con noi per la più leggera ingratitudine.
Egli vede le nostre infedeltà, sa le nostre debolezze e sopporta con bontà incredibile tutte le miserie di quelli che ama; le dimentica e finge di non accorgersene.
La sua compassione s’inoltra fino a consolare egli stesso le anime che ne son troppo afflitte, perché non vuole affatto che il timore che abbiamo di dispiacergli arrivi sino a turbarci e a tormentarci lo spirito. Brama che si evitino le minime colpe, ma non vuole però che ci turbiamo delle gravi; vuole che la gioia, la libertà e la pace del cuore siano l’eredità eterna di quelli che l’amano davvero.
Basterebbe la metà di queste qualità in un grande della terra per acquistargli il cuore di tutti i sudditi. Il solo racconto di qualcuna di tali virtù in un principe che non si è mai veduto e mai si vedrà, fa impressione. E Gesù Cristo, il solo in cui si trovino raccolte tante belle doti, virtù e tutto quel che si possa immaginare di grande, d’eccellente o d’amabile, come mai tante ragioni non possono farcelo veramente amare? Eppure nel mondo basta spesso tanto poco a guadagnare il nostro cuore! Noi lo doniamo il nostro cuore, lo prodighiamo in ogni occasione per cosa da nulla, e per Te solo, Signore, per Te solo non c’è posto!
Come si può riflettere a queste cose e non amare ardentemente Gesù, e non avere almeno il dispiacere sensibile ch’Egli si ami sì poco? Noi gli dobbiamo certo il nostro cuore per diversi motivi; ma possiamo rifiutarglielo quando a questi si aggiungano i benefici immensi coi quali ci ha prevenuti, e l’ardore e la tenerezza eccessiva con cui ci ha amato e ancora ci ama, mai cessando, nemmeno un giorno, di darci prove manifeste dell’amore immenso che ci porta?
§ 3. Prove sensibili dell’amore immenso di Gesù verso di noi.
Di tutte le prove d’amore, quelle che maggiormente toccano il cuore degli uomini sono i benefici, o perché nulla meglio dimostra la passione di chi ama, oppure perché niente piace di più al nostro genio, naturalmente interessato, quanto un amore che ci è utile. Anche qui Gesù ha procurato di obbligarci ad amarlo col prevenirci e colmarci di mille benefici, il numero considerevole dei quali supera tutto ciò che potevamo meritare o attenderci, o ragionevolmente desiderare. Tutti ricevono senza tregua i suoi benefici, tutti riconoscono l’eccesso di quell’amore, i cui benefici sono prove così manifeste, eppure quanto pochi sono guadagnati da questi, quanto pochi sono grati all’amor suo! A forza di sentir parlare di Creazione, Incarnazione, Redenzione, ci si abitua a queste parole e al loro significato; tuttavia non c’è uomo così poco ragionevole che non si sia sentito subito acceso d’amore per un altro, da cui abbia avuto la centesima parte del più piccolo di tali favori.
Ci sentivamo poco mossi dal ricordo di un Essere tutto spirituale, essendo per lo più l’anima nostra soggetta ai sensi nelle sue operazioni; perciò prima della Incarnazione del Verbo, per quanto grandi fossero i prodigi che Dio compieva in favore del popolo suo, pare che fosse più temuto che amato; ma finalmente questo Dio s’è reso, per così dire, più sensibile col farsi uomo, e quest’Uomo medesimo ha fatto più di quello che possiamo credere che sia capace di obbligare gli uomini ad amarlo. Se Egli non avesse voluto riscattarci, non sarebbe stato meno santo, né meno potente, né meno felice, è tuttavia ha avuto così fortemente a cuore la nostra salute, che a considerare ciò che ha fatto e il modo con cui l’ha fatto si direbbe che la sua felicità dipendesse dalla nostra.
Poteva riscattarci con pochissima spesa, ed ha voluto meritarci la grazia della salvezza con la morte, e la morte di Croce più disonorevole e crudele; poteva applicarci i suoi meriti in mille modi, ed ha scelto quello del più prodigioso abbassamento, che ha fatto stupire il Cielo e la natura intera: e tutto questo per toccare dei cuori naturalmente sensibili al minimo beneficio e al minimo segno d’amicizia. Una nascita povera, una vita laboriosa e oscura, una Passione colma d’obbrobri, una morte infame e dolorosa sono meraviglie a noi superiori, e son pure effetti dell’amore che ha per noi Gesù.
Abbiamo mai capito bene la grandezza del beneficio della nostra Redenzione? E se l’abbiamo capito, come possiamo essere mossi tanto poco al solo ricordo di questo beneficio? Il peccato del primo uomo ci ha causato tanti mali e privato di tanti beni; ma come si può guardare Gesù nel presepio, mirarlo sulla Croce o nell’Eucaristia senza confessare che le nostre perdite sono state con tanto vantaggio riparate, e che i vantaggi dell’uomo ricomprato dal Sangue adorabile di Gesù Cristo pareggiano almeno i privilegi dell’uomo innocente?
La qualifica di Redentore universale è motivo non meno potente per obbligarci ad amarlo. Tutti gli uomini erano morti per il peccato di Adamo, dice l’Apostolo, e Gesù è morto universalmente per tutti gli uomini. Nessuno s’era potuto difendere dal contagio d’un male sì grande, e ciascuno ha sentito l’effetto d’un rimedio tanto potente. L’amabile Salvatore ha versato tutto il suo Sangue per il pagano che non lo conosce, per l’eretico che non vuol credere in Lui, e per il fedele che in Lui credendo, rifiuta di amarlo.
Se poi riflettiamo al prezzo infinito del suo Sangue, oh, qual Salvatore!
che abbondanza di Redenzione!
Non bastava a Gesù di pagare i debiti contratti da noi, ma prevenne tutti quelli che potevamo contrarre nel futuro, li pagò, per così esprimerci, in anticipo, prima che fossero contratti. Aggiungete a ciò gli aiuti potenti, le grazie grandi e i lavori segnalati di cui colma le anime fedeli, e con i quali egli fa dolce e piacevole quanto c’è di aspro e di fastidioso nel nostro esilio. O mio Dio, se ci faceste la grazia di capire quest’eccesso di misericordia, potrebbe mai darsi che noi, non ci commovessimo e non amassimo Gesù con tutto il nostro cuore? È veramente amabile questo divin Salvatore, che ci ha voluto riscattare con un mezzo, tanto difficile. Ma non è anche più amabile per aver Lui stesso desiderato di liberarci per questo mezzo, costretto solo dalla sua carità immensa e dal desiderio di obbligarci ad amarlo con prove sì splendide del suo amore ardente? L’Eterno Padre, dice Salviano, ci conosce troppo bene per averci messo a un sì alto prezzo; il perché è Gesù stesso che ci ha tassati e di sua libera volontà ha offerto questo eccessivo riscatto. E dopo tanto noi non ameremo Gesù Cristo?
Ma avvertite che per quanto grande e ineffabile sia quello che il Signore ha compiuto per la salvezza nostra, è ancor più grande l’amore che l’ha indotto a compierlo, perché è infinito: e come se questo amore non fosse ancora pago sino a che gli restasse ancora un prodigio da compiere, istituisce il SS. Sacramento dell’altare, compendio di tutte le sue meraviglie; cioè, abita ancora veramente con noi sino alla fine dei secoli, si dona a noi nell’Eucaristia sotto le specie del pane e, del vino, fa della Carne e del suo Sangue l’alimento delle anime nostre per unirsi più intimamente a noi, o meglio per unirci più strettamente a sé.
Cristiani, possiamo noi essere ragionevoli e sentirci poco commossi al solo racconto di questo prodigio?
Possediamo ancora sentimenti d’umanità se non bruciamo d’amore per Gesù, alla vista di tali benefici?
Un Dio che s’intenerisce, si compiace e si dà premura per un uomo! Un Dio che desidera d’unirsi a noi, e a tal punto da annichilarsi ogni giorno, da immolarsi ogni giorno, e voler che ogni giorno io mi cibi di Lui senza punto mutarsi o per l’indifferenza, il disgusto e il disprezzo di quelli che non lo ricevono mai, o per la freddezza o anche per la colpa di quelli che lo ricevono spesso!
Finalmente starsene chiuso sopra un altare in un ciborio ogni giorno e tutte le ore del giorno; non sono queste, o cristiani, prove manifeste dell’amore di Gesù per noi? Non sono motivi per obbligarci ad amarlo? O uomini ingrati, per cui solo sono state compiute tali meraviglie, che ve ne pare? Merita Gesù sui nostri altari d’essere onorato dagli uomini? E non mostra Egli amore abbastanza per meritare d’essere amato? Infamia e anatema a chi dopo tutto ciò non ama Gesù Cristo!
E certo, se una cosa potesse far oscillare la mia fede sul mistero dell’Eucaristia, diceva un gran servo di Dio, non sarebbe già sulla potenza divina che Dio mostra in esso, ma dubiterei dell’amore estremo che Egli in questo ci manifesta. Come mai ciò ch’è pane diventa Carne, senza cessare d’essere pane? E il Corpo di Gesù come può trovarsi simultaneamente in più luoghi? Come può essere limitato in uno spazio quasi indivisibile? A queste domande ho una sola risposta: Dio può tutto. Ma se mi si chiede perché mai Dio ami l’uomo, creatura tanto debole e misera, e con tanta premura e trasporto, anzi fino a quel segno a cui è giunto, confesso di non sapere affatto rispondere, che questa è una verità superiore alla mia intelligenza, che l’amore di Gesù verso di non è un amore che dovrebbe colpire d’ammirazione e di sbalordimento ogni uomo che ragioni. Io non so se queste riflessioni, potranno muovere i fedeli dei tempi nostri, ma so bene ch’esse hanno talmente scosso i popoli anche più inumani e barbari, che al solo racconto di una parte di tali meraviglie si sono uditi gridare: — Che buon Dio è quello dei Cristiani! Quanto è benefico, quanto amabile! — E chi mai può tenersi dall’amare un Dio che ci ama con tanta passione? A causa appunto di queste riflessioni e per dare qualche contraccambio a un Salvatore che ci ama con tanta tenerezza, e per mostrargli qualche riconoscenza, si son veduti i chiostri riempirsi di Religiosi e i deserti d’un numero prodigioso di santi Anacoreti, tutti dedicati e consacrati alle lodi e all’amore di Gesù Cristo.
Per quanto sia giusta una tale riconoscenza tuttavia oggi non si esige tanto dai cristiani, ma soltanto si esortano a non dimenticarsi affatto di Gesù che ha operato il più grande dei miracoli solo per appagare il desiderio infinito che ha di restare sempre con loro; si esortano ad essere meno freddi agli oltraggi che attira a Gesù il troppo suo grande amore per loro; infine ad essere tanto grati a Gesù, che li ama con assidua costanza ed ha compiuto per loro più prodigi di quel che essi possano comprendere; tanto grati, dico, quanto lo sono verso gli uomini, che pure son pronti a sacrificare i migliori amici al minimo loro interesse.
Non pare dunque giusta questa devozione che mira soltanto ad ispirare gratitudine verso Gesù e che in verità non è che un esercizio continuo d’amore perfettamente riconoscente? E non è giusto che si studino i mezzi per destare verso Gesù qualche tenerezza, oggi specialmente, ch’è amato sì poco? Egli è amato poco nel mondo, dove non si curano quasi affatto i suoi benefici, si seguono sì poco i suoi consigli e si screditano con tanta forza le sue massime. È poco amato oggi, che si è così indifferenti verso la sua Persona, e ogni gratitudine e rispetto per Lui si riducono il più delle volte ad alcune preghiere e cerimonie che l’uso ha fatto degenerare in pura affettazione; oggi insomma, che la sua presenza divina genera la noia e il suo Corpo santissimo e il suo Sangue preziosissimo la nausea.
§ 4. Somma ingratitudine umana verso Gesù Cristo.
Per quanto appaia incredibile l’amore del Figlio di Dio, mostratoci nell’adorabile Eucaristia, pure c’è un fatto che stupisce ancora di più; ed è l’ingratitudine con cui ripaghiamo un amore sì grande. Certo è cosa sorprendente che Gesù voglia amare l’uomo, ma è più strano 1 ancora che l’uomo non voglia amare Gesù, e che nessun motivo, beneficio ed eccesso possa destargli il minimo sentimento di gratitudine. In Gesù ci potrà essere qualche motivo d’amare gli uomini; essendo essi opera sua ama in loro i suoi doni, e amando loro ama se stesso: ma che ragioni possiamo aver noi di non amare Gesù, di non amarlo se non mediocremente, d’amar qualche cosa con Lui?
Parlate, o uomini ingrati, insensibili: c’è forse in Lui qualche cosa di repellente? Forse Egli non ha fatto abbastanza per aver diritto al vostro amore? Che ne pensate? Avremmo noi ardito di desiderare, anzi ci saremmo mai immaginato quanto Egli ha fatto per conquistarsi il nostro cuore in questo Mistero adorabile? E tutto ciò non ha potuto ancora obbligare gli uomini ad amare Gesù Cristo!
Che vantaggio recava a Gesù un abbassamento cosi prodigioso? Si potrebbe dire in certo modo che gli altri Misteri, tutti conseguenza dell’amor suo, vennero accompagnati da tali circostanze gloriose e da prodigi sì strepitosi, che facilmente si scorgeva come Egli, pure curando i nostri interessi, non trascurava però la sua gloria: ma in questo amabile Sacramento sembra che Gesù si sia dimenticato dei suoi vantaggi e che solo l’amore ve l’occupi interamente. Dopo ciò chi non direbbe che un eccesso d’amore così prodigioso dovesse eccitare almeno la premura, il desiderio e l’amore illimitato di tutti gli uomini? Ahimè, è tutto il contrario! Se Gesù ci avesse amato di meno, forse l’avremmo amato di Più.
Mio Dio, io fremo d’orrore solo al pensiero delle indegnità e degli oltraggi che l’empietà dei cattivi cristiani o il furore degli eretici Ti hanno recato in questo Sacramento augusto! Con quali sacrilegi orribili sono stati profanati i nostri altari e le nostre Chiese! Con quanti obbrobri, empietà ed infamie venne trattato cento volte il Corpo di Gesù! Come può un cristiano pensare a tali scelleratezze senza accendersi di desiderio di risarcire con tutte le forze oltraggi sì crudeli? Oh, se almeno Gesù, così maltrattato dagli eretici, fosse assiduamente onorato e ardentemente amato dai fedeli, e potesse in certo modo consolarsi degli oltraggi di quelli con l’amore e gli omaggi sinceri di questi! Ma ahimè! Dov’è quella folla di adoratori solleciti e assidui intorno a Gesù nelle nostre chiese? 0 piuttosto dove non si trovano chiese deserte e vuote di fedeli adoratori?
Può esserci davvero freddezza e indifferenza maggiore di quella che si ha per Gesù nel SS. Sacramento? E il numero esiguo di persone che si trova nelle chiese nella maggior parte del giorno, non è anch’essa una prova palpabile della dimenticanza e del poco amore verso Gesù di quasi tutti i cristiani? Quelli che s’accostano più spesso agli Altari s’assuefanno ai nostri più formidabili Misteri, e sì può dire che ci sono dei sacerdoti i quali si rendono così famigliari con Gesù da giungere sino all’indifferenza e al disprezzo. Quanti ce ne sono che offrendo ogni giorno questa Vittima accesa d’amore per se stessi, lo amino dì più? Quanti celebrando i Misteri divini dimostrano di crederci? Si pensa forse che Gesù sia insensibile a così cattivi trattamenti? E anche noi possiamo pensarci ed essere sì insensibili da non studiarci con tutte le forze di ripararli?
Chi riflette a queste verità e non vorrà non dedicarsi tutto all’amore dell’Uomo Dio, che per tante ragioni deve possedere il cuore degli uomini?
Per non amarlo bisogna non conoscerlo o esser peggio di quell’infelice demonio, di citi si parla nella vita di S. Caterina da Genova: questi non si lagnava delle fiamme che lo bruciavano, né d’altre pene che soffriva, ma solo di essere senza amore, cioè senza quell’amore che tante anime ignorano o rifiutano per loro eterna disgrazia. Ricordiamoci che nel SS. Sacramento il Sacro Cuore di Gesù è ancora, quanto può esserlo, di quegli stessi sentimenti che ha sempre avuto, cioè sempre sensibilmente commosso ai nostri mali, sempre stimolato dal desiderio di parteciparci i suoi tesori e di darci se stesso, sempre vigilante per noi, sempre disposto ad accoglierci e a servirci d’asilo e di Paradiso in vita, e sopratutto di rifugio in punto di morte. E per tutto ciò quale corrispondenza riconoscente Egli trova nel cuore degli uomini, quali premure, quale affetto? Ama e non è riamato; l’amore suo non è nemmeno conosciuto perché non ci si degna di accettare i doni coi quali vuole testimoniarlo, né di ascoltare le affettuose e segrete dichiarazioni ch’Egli vorrebbe fare al nostro cuore.
Non è questo un motivo assai stringente per commuovere il cuore di chi per poco rifletta e senta anche un pochino di tenerezza per Gesù Cristo?
Ben prevedeva il nostro amabile Salvatore l’ingratitudine umana quando istituiva il Sacramento dell’Amore, e ne sentiva in anticipo nel cuore tutta l’afflizione; eppure essa non poté trattenerlo, né impedirgli di mostrare l’eccesso dell’amor suo con l’istituire questo Mistero.
Non è forse giusto che fra tanta incredulità, freddezze, profanazioni e oltraggi Egli abbia almeno degli amici del Suo S. Cuore, ai quali rincresca la pochezza dell’amore che si ha per Lui, e sentano le offese che gli si fanno, gli siano fedeli e assidui nell’onorarlo nell’adorabile Eucaristia, e nulla trascurino per riparare, col loro amore con le adorazioni e con gli omaggi d’ogni sorta, le ingiurie a cui l’amore suo l’espone ogni ora nell’augusto Sacramento?
Ecco il fine a cui si mira con questa devozione, onorando il S. Cuore, che deve esserci infinitamente più caro del nostro. La riparazione d’onore, gli atti d’offerta, le visite regolate del SS. Sacramento, le preghiere, le Comunioni e tutte le altre pratiche che si troveranno nella 3ª parte di questo libro, tendono appunto a renderci più riconoscenti e più fedeli, facendoci amare ardentemente Gesù. Ma se non si può trovare devozione più giusta e ragionevole, non se ne troverà altresì altra più utile alla nostra salvezza e perfezione.
P. GIOVANNI CROISET S.J.
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