giovedì 30 giugno 2022

Per quali motivi e con quali sentimenti si deve praticare questa devozione

 


LA DIVOZIONE AL S. CUORE DI N. S. GESÙ CRISTO

Siccome la santità e il merito delle nostre azioni dipendono dai motivi  e dallo spirito con cui sono fatte, così la pratica della devozione al S. Cuore  di Gesù, per quanto santa, sarebbe poco utile, se non fosse animata da  questo spirito e da questo motivo che devono costituirne tutto il valore. Il  motivo, conte già si è detto, consiste nel riparare con adorazioni e ossequi  d’ogni maniera le indegnità e gli oltraggi che Gesù ha ricevuto e riceve ogni  giorno nel Santo Sacramento. 

Con questa intenzione dunque e con questi sentimenti si devono adempire le pratiche che siamo per proporre. 

Però, siccome non sempre possiamo rileggere ciò che si è detto intorno  a quest’argomento in più punti di questo libro, né è sempre facile  rammentarsi ciò che si è letto, abbiamo creduto opportuno raccogliere qui,  al principio della parte terza, le riflessioni principali, capaci d’ispirarci  questo spirito e questi sentimenti. Dovremo forse ripetere parecchie cose  già dette, ma tali ripetizioni ci son parse necessarie allo scopo di rendere  più utile e facile l’uso di questa devozione. 

Per entrare dunque, nei sentimenti che si devono avere nella pratica di  questa devozione, consideriamo seriamente e attentamente come Gesù  Crisi o ci tratti nell’adorabile Eucaristia, e come Egli vi è trattato.  Richiamiamo la premura con la quale ci offre questo nutrimento celeste e  la nausea con la quale lo riceviamo. Se l’amore di Lui è eccessivo, illimitato,  non è anche vero che l’ingratitudine con cui gli uomini ripagano le prove  più grandi di questo amore, non potrebbe spingersi più in là? Se ci fosse  stato concesso di chiedere a Gesù il contrassegno più splendido dell’amore  che ci porta, ci sarebbe mai venuto in mente un prodigio come questo? E  se anche ci fosse venuto in mente avremmo mai osato di chiederlo o di  sperarlo? 

Intanto questo miracolo è avvenuto, e Gesù, per darci una prova  dell’eccesso dell’amor suo, non ha scelto altro modo che compiere questo  prodigio. Dopo aver fatto tutto, dopo averci dato tutto, per dimostrare fino  a che punto ci ami, ci dà il suo stesso Corpo e il suo stesso Sangue; dà  tutto se stesso nel SS. Sacramento dell’altare, e se avesse avuto altro di  meglio e di più prezioso ce l’avrebbe pure dato. Per Lui non c’è luogo che lo  respinga, uomo per quanto miserabile che gli faccia ripugnanza, né tempo  che lo costringa a differire. 

Eppure una così meravigliosa condiscendenza, un beneficio, un amore  così prodigioso, non sono riusciti a difenderlo dall’ingratitudine e dalle  offese di questi stessi uomini. La prima di tutte le Comunioni fu disonorata  dal più orribile di tutti i sacrilegi, e questo sacrilegio orribile è stato seguito  da tutti gli oltraggi e profanazioni che l’Inferno abbia potuto inventare.

Non soltanto, hanno perduto completamente ogni rispetto Gesù  Sacramentato, non solo l’hanno trattato da re da burla C’ da divinità  ridicola, non solo hanno saccheggiate, distrutte, bruciate le Chiese,  dov’Egli aveva voluto abitare continuamente per amore degli uomini, gli  altari sui quali s’immola ogni giorno per loro; non solo hanno spezzato,  fuso, profanato i vasi sacri che mille volte erano serviti per il tremendo  Sacrificio della Messa, ma anche hanno trascinato al suolo, pestato coi  piedi il Corpo stesso di Lui nelle Ostie consacrate, e, cosa che dovrebbe far  inorridire gli stessi demoni, dei mostri peggiori di questi hanno trafitto con  mille colpi quelle Ostie divine! Il Sangue miracoloso che n’è spesso uscito  non ha fatto che aumentarne il furore e la ferocia: ora le hanno fatte in  pezzi, ora le hanno gettate nel fuoco, ora, quasi che le 1e mani sacrileghe e  il loro petto abominevole non fossero stati luoghi abbastanza impuri, le  hanno buttale innanzi agli animali più immondi; finalmente se ne sono  serviti per usi esecrabili, che tu, Dio mio, hai tollerato, e il cui solo pensiero  fa fremere. 

Ecco a che l’amore ha esposto Gesù, ecco la gratitudine umana per un  prodigio sì grande: l’uomo più vile ed abbietto sarebbe stato trattato con  meno disprezzo, il più scellerato avrebbe avuto meno insulti, e chissà  quanti avrebbe mosso a compassione, se l’avessero visto maltrattato. Gesù  dunque sarà l’unico alle cui offese resteremo insensibili? 

Che torto ci ha fatto amandoci con tanto eccesso? Se è un delitto  (perdonami, o mio Dio, questa parola!), se è un delitto averci amato troppo,  sì, Gesù è colpevole; ma quest’eccesso d’amore deve forse attirargli l’odio di  chi non vuol comprendere fino a che punto egli ci ami? E questo deve darci  occasione di dimenticarlo, di star senza rispetto alla sua presenza, di  provar meno sentimento delle ingiurie che gli si fanno? 

È vero che il numero maggiore di questi sacrilegi orribili sono  conseguenze della rabbia degli eretici, ma, o Salvatore mio, quanti cattolici  non ti trattano diversamente! L’abominazione penetra ancora ogni giorno  fino nel luogo santo, e io non saprei dire chi dei due tratti Gesù Cristo con  maggior empietà e ingratitudine, se l’eretico che profana le nostre chiese  dove non crede che Gesù stia realmente, o il cattolico che, professando la  sua fede, sta innanzi a Gesù con sì poco rispetto. Si discorre di notizie e  d’affari fin presso gli altari e, dobbiamo confessarlo, mio Dio, a vergogna  dei cristiani dei tempi nostri, vi si fanno anche discorsi abominevoli,  infami, empi. Si sta meno immodesti alla presenza d’una persona civile,  che innanzi a Gesù Cristo, e in chiesa si permette ai figli ciò che non, si  permetterebbe loro in casa. 

I paramenti destinati al servizio di Gesù Sacramentato sono forse  sempre puliti e ricchi come i vestiti di molti fedeli? Basta dare un’occhiata  a centinaia di chiese, per vedere quanto la negligenza degli incaricati le  renda meno decenti degli appartamenti meno considerabili del più modesto  signore. 

Si sta alla messa come ad uno spettacolo, seppure alle  rappresentazioni profane non ci si stia con più attenzione e meno inquieti  che alla celebrazione dei nostri Misteri. Dopo aver piegato un ginocchio,  dopo aver fatto quel tanto che basti a dimostrare che non siamo immodesti  per inavvertenza o per mancanza di fede, si sta seduti o in piedi e si ciarla. 

Ecco gli omaggi, il contraccambio d’amore e la gratitudine che Gesù riceve dalla maggior parte dei cristiani. 

I sacerdoti sono elevati dalla loro sublime dignità sopra ali altri  uomini; lo stato e la dignità loro li obbligano a trovarsi con più frequenza  vicino a Gesù Cristo, da cui sono amati in modo più speciale. Ma si può  affermare che tutti i sacerdoti amino veramente Gesù, ed essendo essi  innalzati per via del loro carattere al di sopra degli angeli stessi, siano  perfettamente riconoscenti? La loro vita corrisponde alla perfezione sublime  del loro stato? Gesù Cristo li ha distinti per sua misericordia dagli altri  fedeli, ma essi poi si distinguono dal rimanente dei fedeli indolenti, con la  loro virtù e soprattutto con la vita di fede?  

Ahimè! Osservando alcuni sacerdoti all’Altare si direbbe che il Corpo  prezioso di Gesù che trattano con le loro mani sia un vile strumento, di cui  si servono per compiere delle fredde cerimonie. E siccome siamo spesso  indifferenti verso Gesù Cristo, così ci sembra lungo il tempo che occupiamo  in questo Sacramento augusto. Passiamo da una occupazione profana  all’altare, e spesso dall’altare ai divertimenti e alle occupazioni profane,  come se la Messa fosse un impiego o un ufficio qualunque, che s’impara ad  adempierlo alla meglio, quasi senza pensarci e per abitudine a forza di  ripeterlo spesso  

Nel toccare il Corpo di Gesù Cristo restiamo freddi, appunto come  toccando il Messale. Questa negligenza, freddezza e insensibilità  dimostrano a sufficienza il poco conto del Corpo adorabile o almeno  l’accecamento incomprensibile in cui si vive. 

Se dai ministri di Dio passiamo poi a resto dei fedeli è diamo  un’occhiata alla massa del mondo cristiano, non abbiamo meno motivo di  piangere l’ingratitudine e la comune poca fede. Alcuni certo si comunicano  spesso, ma quanto pochi fra questi sono veri servi di Gesù Cristo! A  prescindere dal poco frutto che ricavano dalle Comunioni, chiaro segno  della cattiva disposizione con la quale si comunicano, come si può pensare  senza commozione e indignazione, alla poca devozione con cui ricevono  Gesù Cristo? Ai molti disprezzi verso di quelli che non lo amano quasi  punto, si aggiungano l’indifferenza e la dimenticanza dell’amabile Salvatore  nell’adorábile, Eucaristia di quelli ancora che dicono d’amarlo. Non c’è  visita che si faccia con più noia e meno premura di quelle fatte a nostro  Signore nell’augusto Sacramento. Se lo Spirito Santo con le sue ispirazioni  c’invita a queste visite, subito si trovano cento falsi motivi per esimercene;  se il nostro stato ci impone di esentarci meno spesso da una pratica così  santa, ecco l’abitudine a farle con meno riverenza: per non dire poi del  modo con cui alcuni entrano in chiesa: come se entrassero in una sala, e  vanno innanzi al Santissimo come davanti a un’immagine qualunque, con  un’aria sì poco modesta, l’atteggiamento irriverente e con gli occhi in giro,  da far troppo chiaramente vedere che per la maggior parte di loro la visita  al SS. Sacramento non è che pura affettazione. Quel poco rispetto indica  che c’è poca fede, e l’uno e l’altra impediscono tutto il frutto.  

Ecco, o Signore, come si ripaga il maggiore dei benefici, ecco la nostra  riconoscenza! Ripetiamolo ancora: Se Gesù Cristo ci avesse amato di meno,  lo tratteremmo con più rispetto. Se almeno in questa condizione avesse conservato quella maestà che lo rende terribile ai demoni stessi, oppure se  punisse sul fatto i suoi oltraggiatori, chi non vede che sarebbe più  rispettato e anche più temuto? Ma Gesù a ciò non può risolversi: piuttosto  si espone alle irriverenze degli empi, anziché allontanare da sé uno solo dei  suoi figli col non perdonare niente; preferisce soffrire, per dir così, gli  oltraggi di quelli, alla mancanza di fiducia che produrrebbe in questi il  terrore ispirato dai castighi. Questo eccesso di bontà che solo dovrebbe  conciliargli l’amore e la riverenza di tutti gli uomini è appunto quello che  l’espone ogni giorno a nuovi disprezzi, e lo fa sempre meno amare. 

Qual cosa ci potrà commuovere se non ci commuove questa?  Sentiamo tanta compassione dei cattivi trattamenti fatti a uno sconosciuto,  a uno straniero; si sente compassione per uno sciagurato che si vede  maltrattato, e saremo insensibili soltanto agli oltraggi fatti a Gesù Cristo, a  quel Gesù che nel SS. Sacramento vediamo disprezzato, oltraggiato,  maltrattato da tutti, e intanto ce ne stiamo freddi a osservare? Trovatemi  un’offesa che non gli sia stata fatta, un’ingiuria che non abbia sofferta, un  luogo nel mondo dove sia stato rispettato! E tutto ciò per essersi reso  troppo amabile, per averci troppo amato. 

È evidente ch’Egli ci ha amato fino all’eccesso, ma quest’eccesso  d’amore deve appunto rendere di ghiaccio il cuore di tutti quelli ch’Egli ha  amato tanto? E veramente, se ci resta alcun sentimento d’umanità, come  possiamo noi riflettere alla condotta di tanti empi, di tanti ingrati, di cui  forse noi stessi accresciamo il numero, senza sentirci, stringere il cuore dal  dolore nel vedere Gesù a tal punto dimenticato, cosi poco amato, e così  indegnamente trattato? È possibile che abbiamo solo dei sentimenti  mediocri di gratitudine? E come non tenteremo con tutti i mezzi possibili di  riparare, per quanto sta in noi, a tutti quei cattivi trattamenti con profonde  adorazioni, col nostro amore e coi nostri ossequi? 

Sì, la Chiesa ha istituto a questo scopo una festa fra le più solenni, in  cui essa porta in trionfo Gesù Cristo, con molta pompa, a fine di rendergli  una riparazione onorevole per le tante offese che gli si fanno nell’adorabile  Eucaristia. Ma questa festa non si cambia anch’essa, per l’empietà dei  cattivi cristiani, in un’occasione di nuove offese a causa del poco rispetto e  delle irriverenze che si commettono durante tutta l’ottava dinanzi al  SS. Sacramento? Per questo appunto il nostro amabile Salvatore ha scelto  Egli stesso il venerdì dopo l’ottava, come una seconda festa speciale, in cui  il suo S. Cuore possa trovare dei veri adoratori nella persona dei suoi  perfetti amici. La prima è la festa del suo Corpo prezioso, quest’altra è la  festa del suo S. Cuore. Nella prima trionfa l’amore suo verso di noi, nella  seconda deve trionfare l’amor nostro verso di Lui. In quella la Chiesa ci fa  vedere solennemente fin dove giunge l’amore di Gesù per noi, in questa  dobbiamo protestare innanzi al cielo e alla terra quanto sinceramente  amiamo Gesù Cristo. 

A questo fine è necessario che quelli che sentono della tenerezza verso  Gesù celebrino con grande solennità e cura questa seconda festa del  S. Cuore, nella quale Egli vuole, per così dire, che si distinguano i suoi  amici più cari, che l’amano con generosità, gratitudine e tenerezza  maggiore di quelli che lo fanno solo in apparenza e con tanta viltà. Egli  vuole dunque che essi, pieni di rincrescimento per tutti i trattamenti cattivi  ricevuti nel SS. Sacramento, e mossi da vero, dolore per tante ingratitudini, gli facciano ammenda onorevole, sforzandosi di ripagarne l’amore e di  attestargli il proprio con qualche atto di riconoscenza, consacrando quel  giorno intero in onore del suo S. Cuore. 

Questi devono essere i loro sentimenti in tutte le pratiche di questa  devozione, con i quali ci si deve comunicare, far visita al SS. Sacramento, e  compiere ogni altra opera buona, se vogliamo ricevere la pienezza di quelle  grazie grandi che son premio della pratica di questa grande devozione. 

P. GIOVANNI CROISET S.J.


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