venerdì 24 giugno 2022

Ritorno a casa

 


Cristiani, atei ed ebrei

convertiti alla fede cattolica


PIETER VAN DER MEER DE WALCHEREN (1880-1970) grande poeta olandese, viveva in un ateismo intellettuale che non lasciava spazio all’idea di Dio. Nel suo libro Nostalgia di Dio ci racconta le sue lotte interiori per voler credere, ma senza riuscirvi, fino a che non giunse il momento della grazia divina, quando assieme a sua moglie e ai suoi figli si affidò totalmente a Dio. Leggiamo alcuni dei suoi pensieri scritti quando ancora era ateo: La terra, tra migliaia o milioni di anni sarà inabitabile e alla fine morirà. Quindi, sarà come se questo pianeta non fosse mai esistito, tutto sarà gettato nel vuoto dell’oblio. Nessuno manterrà in sé la memoria di quegli strani esseri che un giorno vissero sulla terra e si chiamavano uomini, crearono, soffrirono... Tutto sarà stato perfettamente inutile e questa commedia che sarà durata migliaia di anni e della quale nessuno sarà stato spettatore, potrebbe ugualmente non essere accaduta. Questo non è ridicolo? Non fa urlare di angoscia e indurre a rifugiarsi nella morte? Nello spazio di un momento, breve come lo zig-zag di un lampo, siamo sulla terra, vivi, con gli occhi aperti; tormentati da tutti i desideri e da tutti i sogni, vogliamo raggiungere ed abbracciare l’impossibile, interroghiamo il passato, leggiamo ciò che gli uomini hanno pensato prima di noi, nulla troviamo di chiaro; interroghiamo la terra, il cielo, le stelle, gli abissi degli spazi e le nostre proprie anime, piangiamo di nostalgia per la bellezza, gesticoliamo appassionatamente e, d’un tratto, cadiamo morti e non abbiamo più nulla, nulla, nulla, nulla, i nostri occhi sono chiusi per sempre, gli occhi con i quali ora guardiamo le stelle, queste stelle, che non ci ricorderanno.

A poco a poco, comincia a dubitare:

Che significa la vita, alla cui fine si trova la morte, questo immenso buco nero dove cadiamo uno dopo l’altro come pietre? Decisamente è una perfetta stupidità prendere la vita sul serio se non esiste l’anima. Ma forse che le religioni non sono più che un bel sogno, belle menzogne consolatorie alle quali l’uomo si aggrappa di fronte alla prospettiva di venir inghiottito dalla notte spaventosa della morte? Contengono una verità o non sono altro che chimere? Continuo perplesso dinnanzi agli enigmi. Dove posso trovare la verità?

E cominciò a leggere i Vangeli e a pensare seriamente a questioni spirituali, soprattutto, dopo un viaggio che fece alla trappa di West-Malle. Racconta riguardo a questa esperienza: Tutto era così nuovo per me, così del tutto ignoto. Mai mi sarebbe capitato di pensare che ai nostri tempi esistesse ancora un simile fenomeno: uomini che consacravano la loro vita alla preghiera... Se Dio non esiste, tutto questo non è assurdo? In tal caso non sarebbe qualcosa proprio da idiota, da dementi, addirittura qualcosa da criminali ciò che fanno questi uomini, ovvero, isolarsi, rinunciare ai piaceri della vita e adorare e glorificare qualcosa che non esiste. Purtuttavia avverto in questo luogo ordine, pace, e l’attenzione è fissa al mondo interiore, all’anima, all’eternità.

Ho cercato di spiegare a mia moglie Cristina quello che vissi nelle ore meravigliose trascorse (alla Trappa) e l’ha compreso interamente. Mi si era rivelato qualcosa di molto bello e molto santo. Il tempo si dissolve. La vita si trova là illuminata dalla divina eternità. Non posso credere che sotto la bellezza totale di queste parole, di questa musica, di queste preghiere non si trovi una realtà incrollabile.

Questa mattina (4 dicembe 1909) sono stato a messa nella cappella del convento dei benedettini... Per la prima volta ho provato sulla mia pelle la sensazione di qualcosa di impalpabile quando il sacerdote pronuncia le parole della consacrazione. Non so dire come né da dove mi siano nati questi pensieri, ma sapevo che qualcosa era cambiato e che lì era avvenuto qualcosa di una grandezza sublime e immensa.

Continuai a frequentare la messa, ogniqualvolta potevo, presso il convento delle benedettine per usufruire di quella sensazione dell’eterno. Stetti tutta una notte nella cappella delle benedettine, seguii là le orazioni mattutine, assistetti alla messa del gallo e alla messa dell’alba. Ancora rimane in me l’emozione che scatenò l’eccelso splendore di queste cerimonie. L’immagine esterna delle stesse è già bella, i canti, le parole, la solennità della messa; ma ciò che mi ha commosso in modo particolare è stato il mondo interiore, giacché ogni gesto, ogni parola, ogni atto contiene un significato, come la fiamma visibile di un fuoco invisibile, una guida che conduce verso gli avvenimenti divini.

Leggo la Bibbia, i mistici e i libri di León Bloy. So che la Bibbia contiene la verità. I mistici, Angela da Foligno, Ruybroeck, Catalina Emmerich e le vite dei santi, come quella di san Francesco, mi aiutano a comprendere cose molto oscure e meravigliose... Bloy, che leggo intensamente, mi fa conoscere il cattolicesimo nel suo divino e onnipotente potere, nella sua sublime unità e mi insegna cosa significa amare Dio sopra tutte le cose.

Bloy mi presentò ad un sacerdote per parlare con lui. Il sacerdote mi ha introdotto al catechismo e mi ha consigliato di leggere i capitoli relativi al Credo e ai sacramenti, specialmente quello relativo al battesimo e mi ha detto: “Lei deve pregare, pregare il Padrenostro e l’Avemaria. Con queste orazioni lei deve bussare alla porta della Chiesa e Gesù le aprirà. Se lei è di buona volontà, Dio l’aiuterà, glielo assicuro. E si deve inginocchiare e fare il segno della croce. Pregherò per lei”.

Dopodiché sono andato a prostrarmi di fronte al Santissimo Sacramento che, nel Sacro Cuore, resta esposto tutto il giorno e tutta la notte. Inginocchiato, ho volto il mio sguardo all’ostia dai nitidi contorni circolari, circondata di luce, posta nella custodia. Ho parlato a Gesù del mio naufragio spirituale e della mia miseria, e gli ho chiesto misericordia. Dammi, oh Gesù, la fede, dammi la conoscenza, e l’amore verso Dio. Togli la cecità dai miei occhi perché possa distinguere con tutta chiarezza.

In ogni istante scopro nel cattolicesimo nuove meraviglie. Il cattolicesimo è come una cattedrale spirituale, infinitamente bella, e la mia anima può ora penetrarvi all’interno... Ogni mattina ed ogni sera noi tre (con mia moglie e mio figlio) ci inginocchiamo dinnanzi al piccolo crocifisso e preghiamo. Recitiamo le preghiere a voce alta e io mi sforzo di avvolgere ogni parola della più viva attenzione... Faccio il segno della croce e la pace abita nel mio cuore. Non lo capisco e non so spiegarlo. Mi sento piccolo e allo stesso tempo immensamente grande. Che ho fatto per meritare questo? Perché sopra di me? Perché sopra di noi questa grazia opprimente? Cercavo la soluzione ai miei dubbi, è tanto semplice: prostrarsi in ginocchio e affidare il cuore a Dio!

Ieri (24 febbraio 1911) nostro figlio ed io ricevemmo il battesimo. Cristina ed io ci unimmo in matrimonio. Gesù ci ha purificato e siamo rinati. Al richiamo delle parole del sacerdote sparì da me la vecchia vita con i suoi sudici stracci e venni rivestito con un abito nuovo di luce. Il sacerdote fugò da me le tenebre tumultuose del passato; il mio corpo rimase puro... Mai, mai dimenticherò quelle ore. L’avvenimento di ieri è il centro della mia vita, per sempre. Ora sono cristiano. Non si tratta di un bel gioco d’immaginazione, non si tratta di un autoinganno dalle parole altisonanti, non si tratta di una bella apparenza, né di una menzogna consolatrice, no, si tratta di una realtà eterna. Sono cristiano per tutta l’eternità.

Sono comunicato, Gesù è stato nella mia anima. Prima della messa, sono andato a confessarmi e ho chiesto a Maria che mi aiutasse a ricevere il Re nella mia povera dimora... Dopo essermi comunicato, tornai a casa mia. Ero solo, il Re era solo in me. Tosto, però, discese sulla mia anima, a poco a poco, con gravità e allo stesso tempo in un modo estremamente dolce, una pace risplendente, mi sentivo pieno di lui, come di una nube d’oro. Oh delizia meravigliosa e senza uguali! è bene che io sia venuto, mi dicevo, ebbro di folle allegria!

Dopo dodici anni, posso dire che questa vita è infinitamente più bella, più significativa e più profonda di ciò che avrei mai potuto sospettare neppure nei primi anni della mia conversione.

Pieter van der Meer si dedicò con sua moglie totalmente a Dio e Dio gli chiese tutto. Prima gli prese il loro figlioletto di tre anni, il 30 dicembre del 1917. E, quando suo figlio Pieterke era già monaco da dieci anni e da cinque sacerdote, lo condusse con sé. Sua figlia si fece religiosa con il nome di suor Cristina. Nel 1954 se ne andò sua moglie e rimase solo in questo mondo, ma rimase in compagnia da Dio. La sua vita fu un cammino di ricerca del significato della sua esistenza. Senza saperlo era Dio che cercava, poiché di Lui aveva nostalgia.

Padre ángel Peña


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