Il segno lo darò in te!
Verso la fine di agosto del 1920, per provare lo spirito che la conduceva, fu proibita a Josefa ogni comunicazione con l'apparizione che la rapiva. Le si impose di distogliersene, di non credere e di non dare importanza a ciò che avrebbe potuto ancora vedere o sentire.
Il dubbio ormai incombe su lei. Ne ha l'anima sconvolta e si domanda con ansia se non è divenuta zimbello dell'illusione, come, a quanto pare, si crede. Del resto più volte il demonio le aveva suggerito questo pensiero che essa aveva allontanato come una tentazione per restar fedele a ciò che credeva essere la volontà di Dio. Dov'era dunque la verità?
Nello stesso tempo l'idea che una tale vita, non voluta né cercata da lei potesse essere un ostacolo alla sua vocazione la torturava. L'orrore istintivo per le cose straordinarie, il desiderio di una vita religiosa umile e nascosta ne sconvolgevano ancor più l'anima agitata.
Ma abituata al sacrificio più intimo di sé, compenetrata di spirito di fede e di obbedienza non esitò un istante. Senza permettersi né ragionamenti né compromessi, essa decisamente entrò nell'oscuro sentiero in cui il suo amore soffrirà tanto come rivelano i suoi appunti.
«Il giovedì 2 settembre scrive - alla meditazione vidi la stessa persona così bella, con il Cuore aperto. Mi chiese due volte se L'amassi: per obbedienza non risposi quantunque mi costasse un grande sforzo, sentendomi involontariamente sospinta verso di lei».
Tre giorni dopo, 5 settembre, Josefa si trovava nella sala del noviziato.
« …quando ad un tratto - scrive - vidi una gran luce e in mezzo la stessa persona, con il Cuore tutto infiammato. Ebbi tanta paura che fuggii nella cella della Beata Madre. Mi bagnai gli occhi con l'acqua benedetta e mi aspersi anche la persona, ma la visione non spariva».
«- Perché temi? - mi disse la voce.
«- Non sai che è qui il luogo del tuo riposo?».
Trascorse qualche istante di silenzio, poi soggiunse:
«- Non dimenticare che ti voglio vittima del mio amore». «Poi tutto disparve».
La prova continuava insistente giorno per giorno. Josefa resisteva e non rispondeva, ma talvolta non riusciva a sottrarsi al fascino che la dominava, alla gioia celeste e soprattutto alla pace che la pervadeva.
«- Vieni - diceva la voce - entra qui... perditi in questo abisso!».
Il mercoledì 8 settembre, verso sera, si trovava in preghiera nella cella di Santa Maddalena Sofia e come un lampo passò davanti a lei il Cuore infiammato dicendole:
«- Che cosa preferisci, la tua volontà o la mia?».
«Compresi - ella scrive - che era la risposta a ciò che chiedevo a Gesù con tutta l'anima: essere una buona religiosa interamente data all'Amore del Suo Cuore divino, ma nella via comune, nel sentiero ordinario, perché temevo che tutte queste cose fossero di ostacolo alla mia vocazione».
Il giorno dopo, 9 settembre, alla Santa Messa ella rivide Colui di cui per molto tempo non aveva dubitato. Con una mano teneva il suo Cuore, con l'altra le porgeva una coppa:
«- Ho inteso i tuoi gemiti - le dice - conosco i tuoi desideri ma non posso esaudirli. Ho bisogno di te per riposare il mio Amore. Prendi questo Sangue sgorgato dal mio Cuore! E la sorgente dell'amore: non temere di nulla e non abbandonarmi! Mi compiaccio di abitare in te, mentre tante anime fuggono lontane!».
Josefa restò in silenzio:
«Ma - ella scrive - non potei fare a meno di pensare: Dio mio, se a vessi saputo non sarei venuta qui! Mi perseguita l'idea che restando nel mondo tutte queste cose non mi sarebbero avvenute, e ciò accresce la mia angoscia ogni giorno di più. Se Dio non mi tenesse avvinta a Lui, certamente tornerei indietro: ma mi sento legata in modo incomprensibile e l'amore alla mia vocazione si fa sempre più forte! Perciò mi sento spinta a supplicare continuamente il Cuore di Gesù di lasciarmi nella via comune, senza nulla di straordinario anche priva di consolazione, se così vuole, pur di rimanere fedele nelle più piccole cose e amare senza limiti il Suo Cuore».
Questo Cuore le appare ancora il giovedì 16 settembre e le ripete:
«Occorre, per soddisfare il mio Amore, che tu mi cerchi delle anime; le troverai soffrendo molto ed amando. Dovrai sopportare molte umiliazioni, ma non temere di nulla: sei nel mio Cuore».
In mezzo a tante incertezze Josefa si sforzava di chiudere gli occhi, ma non poteva distogliersi dal bisogno di amare Dio che sentiva crescere ogni giorno di più.
«Ripetergli che Lo amo - ella scrive - è l'unica cosa che mi mette in pace e mi distacca dalla terra. Nel passato nutrivo una viva tenerezza per i miei cari, e per altre persone... le amo ancora, ma in altro modo. Mi pare che adesso niente può riempire il mio cuore, e talvolta come istintivamente ripeto: mio Dio, Ti amo! Ciò basta per aiutarmi a compiere cose che mi sarebbero altrimenti impossibili.
«Talvolta, lavorando, mi trovo distratta, e ad un tratto, come un lampo, quel Cuore mi passa davanti, lasciandomi a lungo infiammata d'amore».
Mentre l'azione crocifiggente della prova si accentuava e crescevano le ansie di Josefa, l'obbedienza la manteneva fedele e lo spirito di cui era animata si rivelava a poco a poco. Gesù la svincolava da ogni cosa creata per unirla completamente a Sé.
Il venerdì 17 settembre, alla Messa, Nostro Signore le si mostrò, triste in volto, con le mani legate, la corona di spine in capo, il Cuore infiammato come sempre. Le presentò una croce, che ella dapprima non aveva veduta e le disse:
«Ecco la croce che ti offro: me la rifiuterai?». «Mi sento una grande angoscia per non poter rispondere - ella scrive - perché l'anima mia si slancia verso di Lui nonostante tutto.
Ardo dal desiderio di amarlo e il dubbio che non sia Lui mi tortura. Perciò quello che chiedo ardentemente è che tutte queste cose cessino per sempre!».
Ma Egli ritorna di nuovo:
«Alla meditazione, domenica 19, riflettevo su quello che avrei potuto fare per amarlo maggiormente giacché non riesco a pensare ad altra cosa. Ad un tratto Lo vidi ed il suo Cuore era come un incendio... Quel Cuore che mi infonde tanta pace e mi rende forte per sostenere ogni sofferenza!».
«- Se Mi ami - mi disse - ti starò sempre vicino. Se Mi segui continuamente, sarò la tua vittoria contro il nemico, mi manifesterò a te e ti insegnerò ad amarmi!».
Il giorno dopo, 20 settembre, assillata dalla stessa ansietà, essa supplica Nostro Signore di voler concedere un segno alle sue Superiore, affinché sappiano se tutte queste cose vengono da Lui o no. Egli ad un tratto appare e dice:
«- Il segno lo darò in te. Quello che voglio è che ti abbandoni a Me».
Questo segno infatti Dio già stava imprimendolo nell'anima docile e generosa di Josefa, attraverso una lotta che pur la lasciava invariabilmente obbediente. Gli inviti divini si moltiplicavano, ma ella continuava a mantenere il silenzio.
«Venne però un giorno in cui - scrive il 27 settembre - non so che cosa sia avvenuto in me. Mi vidi come costretta ad arrendermi, ad abbandonarmi a ciò che Dio voleva fare di me e non potei trattenermi dal dirgli: Sì, o Signore, sono Tua: ciò che vuoi io lo voglio! Immediatamente vidi Gesù bellissimo che mi disse:
«- Non temere, sono Io».
Il venerdì 29 settembre mi rivolse di nuovo la domanda:
«- Sei disposta a fare la mia Volontà?».
«Mio Dio - ella scrive - se sei Tu veramente mi metto nelle Tue mani perché Tu faccia di me ciò che vorrai. Quello che Ti chiedo è di non essere ingannata e che nulla metta ostacolo alla mia vita religiosa».
«Egli mi rispose: «- Se sei nelle mie mani di che puoi temere? Non dubitare, né della bontà del mio Cuore, né del mio Amore per te».
«Una fiamma si sprigionò dal Suo Cuore e mi avvolse.
«Ciò che ti chiedo - Egli continuò - è di essere sempre pronta a consolare il mio Cuore, ogni volta che ho bisogno di te. La consolazione di un'anima fedele mi compensa delle amarezze che mi infliggono tante anime fredde e indifferenti. Sentirai, sì, talora tutto il peso della mia angoscia, ma è così che mi consolerai. Non temere di nulla, sono con te!».
Tuttavia queste parole non la rassicuravano del tutto, e quando si trovava sola l'anima sua era di nuovo immersa in un'angoscia indicibile. Combattuta tra le attrattive talora irresistibili dell'amore, il timore delle cose straordinarie, l'obbedienza che le imponeva il silenzio, supplicava Nostro Signore di lasciarla nella vita semplice e comune che il suo amore desiderava, o di dare la luce necessaria per mettere fine a tanti dubbi e sofferenze.
É ormai vicina l'ora in cui Colei che mai viene invocata invano si chinerà sull'umile sua figlia.
La sera della domenica 3 ottobre, la Madre Assistente, indovinando, dal volto della novizia, la sua intima tortura, le disse di andare a coricarsi prima dell'ora ordinaria. Nel piccolo dormitorio Josefa, non riuscendo a dormire, si mise a pregare la Madonna.
«Recitai le litanie della SS.ma Vergine - ella scrive - con tutto il cuore ripetei la domanda che da parecchi giorni non cessavo di rivolgere alla Madre celeste: Madre mia! ti supplico per amore di Dio, non permettere che sia ingannata, e fa' conoscere se queste cose sono vere o no!
«In quel momento sentii come un passo leggero, come se qualcuno si avvicinasse, e vidi vicino al mio letto una figura vestita di bianco, avvolta in un lungo velo, con una dolce e gentile fisionomia. Teneva le mani incrociate, mi guardò soavemente e disse:
«Figlia mia, non sei nell'inganno, e la tua Madre presto lo saprà; però tu devi soffrire per conquistare anime a mio Figlio».
«Poi disparve lasciandomi in una pace inesprimibile».
Fu il passaggio della Regina del cielo e la figlia amorosa non ne dubitò. Maria però aveva detto: Devi soffrire! e a quest'invito alla sofferenza redentrice, Josefa doveva acconsentire liberamente.
Il giorno dopo, 4 ottobre, Nostro Signore mostrandole il Cuore ferito, le disse:
«Guarda in che stato le anime infedeli mettono il mio Cuore. Non conoscono l'Amore con cui le amo, perciò mi abbandonano. Non vuoi tu... almeno tu... fare la mia volontà?».
L'ansia assalì Josefa.
«Tacqui - ella scrive lealmente - ma in me tutto si ribellava. Egli disparve e compresi di avergli fatto dispiacere».
«Il giorno dopo, martedì 5 ottobre, mentre dicevo le litanie della Madonna, vidi davanti a me la Madre celeste come la prima volta. Dopo qualche istante mi disse:
«- Se rifiuti di fare la volontà di mio Figlio sarai tu a ferirlo nel Cuore. Accetta tutto quello che ti chiede e non attribuir nulla a te stessa. Sì, figlia mia, sii molto umile!».
«Scomparve dopo avermi di nuovo guardata con grande compassione».
La Madre di amore e di misericordia aveva interceduto. Oramai era entrata nella via tracciata dal Maestro divino per la sua prediletta e vi resterà fino alla fine. Accanto a Gesù, Maria prenderà quel posto discreto e riservato, tenero e forte insieme che Le spetta.
Lascerà sempre in primo piano il Cuore di Gesù e solo interverrà per rassicurare Josefa nelle sue esitazioni, fortificarla nei timori, ricondurla sulla linea della volontà di Dio.
L'avvertirà o la rialzerà, l'inizierà alle disposizioni del Figlio Suo e la preparerà alla sua visita; le insegnerà a stare in guardia contro il nemico e a riparare le sue debolezze. Infine sarà sempre presente nelle lotte pericolose col demonio per difenderla «forte come un'armata schierata in battaglia».
L'intervento della Madonna confermò la luce che, gradatamente, andava facendosi attorno a Josefa: la sua obbedienza semplice e coraggiosa, l'indifferenza e l'abbandono da cui era animata, come anche l'umile diffidenza di sé e il timore delle vie straordinarie, e soprattutto l'amore della sua vocazione che per nulla al mondo avrebbe mai abbandonato, non era forse qui il segno di Dio? Ci si poteva opporre più à lungo ai suoi disegni? Alle guide di Josefa sembrò ormai venuto il tempo di lasciar libero campo all'azione divina, quantunque l'umile novizia dovesse rimanere circondata dal più vigile controllo. Perciò, malgrado le proprie ripugnanze, ricevette il permesso di «offrirsi».
«Il venerdì 8 ottobre - ella scrive - alla meditazione, feci l'atto di abbandono alla Volontà di Dio. Durante la Messa, un po' prima del Vangelo vidi la Madonna. La supplicai d'intercedere per me presso Dio e Le spiegai perché mi ripugnava ricevere quelle grazie, quantunque fossi decisa di glorificare il Cuore di Gesù, consolarlo e acquistargli delle anime. Credo che abbia avuto compassione di me e mi ha detto:
«Figlia mia, ripeti a Gesù queste parole a cui il Suo Cuore non saprà resistere: Padre mio, rendimi degna di compiere la Tua santa Volontà, perché sono tutta Tua».
«Ed aggiunse: «- Nelle mani di un Padre tanto buono che cosa può mancarti?».
«La supplicai di ricevere il mio atto di offerta e di ripeterlo Ella stessa a Gesù».
La sera di quel giorno, entrando in cappella per l'adorazione, Josefa si trovò a un tratto in presenza di Nostro Signore.
«Lo vidi col volto bellissimo - ella scrive - col Cuore circondato di fiamme, e nel Cuore, davanti alla croce, un libro aperto. Non capivo che cosa fosse... Mi sono offerta di nuovo, promettendo di non più tirarmi indietro. Mi ha posato la mano sul capo e mi ha detto:
«Se tu non mi abbandoni, neppure Io ti lascerò. Da ora in avanti, Josefa, non chiamarmi se non Padre e Sposo. Se Mi sei fedele, faremo questo patto divino: tu mia sposa, Io tuo Sposo! Ora, scrivi quello che leggi nel mio Cuore: è il compendio di ciò che aspetto da te».
«Allora lessi nel libro: «- Sarò l'unico Amore del tuo cuore, il dolce supplizio dell'anima tua, il gradito martirio del tuo corpo.
«Tu sarai vittima del mio Cuore, mediante il disgusto amaro per tutto ciò che esiste all'infuori di Me; vittima dell'anima mia per mezzo delle angosce di cui la tua è capace, vittima del mio corpo col distacco da tutto ciò che può soddisfare il tuo, e con l'odio verso una carne colpevole e maledetta». 1
«Quando ebbi finito la lettura Gesù mi fece baciare il libro e disparve».
(N. Signore a Josefa, 20 settembre 1920).