LE TRE SCORCIATOIE DALLA CROCE
Immediatamente dopo il battesimo, il Nostro Signor Benedetto si ritrasse in solitudine. Il deserto sarebbe stato la Sua scuola, al modo stesso ch’era stato la scuola di Mosè e di Elia. Il ritiro prepara all'azione; e allo stesso fine, più tardi, se ne sarebbe servito Paolo. A qualsiasi consolazione umana Gesù aveva rinunziato perché «stava con le fiere». E per quaranta giorni non mangiò nulla.
Poiché il fine della Sua venuta era di combattere contro le forze del male, il Suo primo scontro non fu una discussione con un umano dottrinario, ma una contestazione col principe del male in persona.
«Gesù venne condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo» (Matt. 4: 1)
La tentazione fu una preparazione d'ordine negativo al Suo ministero, mentre il battesimo era stato una preparazione d'ordine positivo. Nel battesimo, Egli aveva ricevuto lo Spirito e la conferma della Propria missione; nelle tentazioni, ricevette il vigore che si produce direttamente dalla prova e dal cimento. Da un capo all'altro dell'universo sta scritta una legge: che nessuno sarà mai incoronato se prima non avrà lottato. Sopra la testa di coloro che non combattono, nessuna aureola di gloria sta sospesa. I banchi di ghiaccio che galleggiano sulle fredde correnti del Nord non meritano la nostra riguardosa attenzione, appunto perché sono banchi di ghiaccio; ma se dovessero galleggiare senza liquefarsi sulle calde correnti del Gulf Stream, allora ci ispirerebbero rispetto e meraviglia; e di essi, se lo facessero per uno scopo precipuo, potremmo dire che hanno un carattere.
Il solo modo che abbiamo di dimostrare il nostro amore è di compiere una scelta: le sole parole non bastano. Ecco perché alla prova originaria cui fu sottoposto l'uomo furono poi sottoposti tutti gli uomini; e perfino gli angeli han subito una prova. Nessun merito ha il ghiaccio d'esser freddo, né il fuoco d'essere caldo: soltanto coloro che hanno la possibilità di scegliere possono andar lodati per le azioni che compiono. È appunto attraverso la tentazione, e lo sforzo ch’essa comporta, che il carattere si rivela in tutta la sua profondità. Dice la Scrittura:
«Beato l'uomo che sopporta la prova, perché quando sarà stato provato riceverà la corona della vita, promessa da Dio a coloro che lo amano» (Giacomo 1: 12)
I baluardi dell'anima appaiono in tutta la loro possanza quando possente è pure il diavolo cui essi hanno resistito. La presenza della tentazione non implica necessariamente l'imperfezione morale da parte di colui che viene tentato, ché, se così fosse, il Nostro Divin Signore non sarebbe stato tentato. L'intima tendenza al male, qual è quella innata nell'uomo, non è una condizione necessaria all'assalto di una qualche tentazione. A Nostro Signore le tentazioni vennero unicamente dal di fuori, e non già dal di dentro, come il più delle volte accade a noi. Nella prova ch'ebbe a subire Nostro Signore non era in pericolo la perversione degli appetiti naturali, ch'è una tentazione propria a tutti gli altri uomini: il pericolo era bensì rappresentato dall'invito a Nostro Signore a rinunziare alla Sua missione divina, al Suo operato messianico. La tentazione che viene dal di fuori non indebolisce necessariamente il carattere, ché anzi, quando è vinta, offre alla santità l'occasione di accrescersi. Sicché, dato ch'Egli era per essere l'Esempio, doveva insegnarci il modo di conseguire la santità attraverso la sconfitta della tentazione.
«Poiché appunto per essere stato provato lui e avere sofferto, per questo può venire in aiuto a quelli che sono nella prova» (Ebrei 2: 18)
Il che è illustrato nel carattere di Isabella in Misura per Misura:
«Altro è venir tentati, altro cadere».
Peccaminoso era il tentatore, ma Colui che veniva tentato era innocente. L'intera storia del mondo gravita intorno a due persone: Adamo e Cristo. Adamo, cui era stata data una condizione da conservare, soccombette, e, perdendosi, perdé il genere umano: perché ne era il capo. Quando un governante dichiara la guerra, la dichiarano anche i cittadini, sebbene non facciano, individualmente, una dichiarazione esplicita. Cosicché, quando Adamo dichiarò guerra a Dio, la dichiarò anche l'uomo.
Con Cristo, adesso, tutto di nuovo era in pericolo: si ripeteva la tentazione di Adamo. Se Dio non avesse assunto natura umana, non sarebbe stato possibile tentarLo. Sebbene le Sue nature, la Divina e l'umana, fossero unite in una sola Persona, la Natura Divina non era diminuita da quella umana, né questa passava la misura a séguito dell'unione con la Natura Divina. Egli poté essere tentato in quanto aveva natura umana. Se intendeva farsi in tutto simile a noi, doveva subire l'esperienza umana di resistere alla tentazione. Ecco perché, nell'Epistola agli Ebrei, ci si rammenta quanto intimamente vincolato all'umanità Lo avessero fatto le prove da Lui affrontate:
«Non abbiamo infatti un Sommo Sacerdote che non possa compatire le nostre debolezze, ma invece è stato provato in tutto a somiglianza di noi, salvo il peccato» (Ebrei 4: 15)
È nei disegni di Dio il perfezionare mediante la prova e la sofferenza le creature da Lui amate, ché soltanto portando la Croce è possibile conseguire la Risurrezione. E il diavolo aggredì appunto codesto aspetto della Missione di Nostro Signore. Le tentazioni, infatti, miravano a distogliere Nostro Signore dal compito Suo di salvezza mediante il sacrificio; cosicché, invece della Croce intesa come mezzo di conquista delle anime, Satana Gli suggerì tre scorciatoie per guadagnarsi il favore popolare: una di ordine economico, una seconda basata sui prodigi, e una terza di natura politica. Pochissimi sono coloro che oggigiorno credono nel diavolo; il che serve mirabilmente lo scopo del diavolo. Perché egli s'ingegna di far circolare la notizia della sua morte. L'essenza di Dio è l'esistenza, tanto ch'Egli si definisce: «Io sono Colui che è». L'essenza del diavolo è la menzogna, tanto ch’egli si definisce: «Io sono colui che non è». Poco da fare danno a Satana coloro che non credono in lui: son già dalla sua parte.
Le tentazioni dell'uomo sono piuttosto facili da analizzarsi, per. ché rientrano sempre in una di queste tre categorie: o riguardano la carne (lussuria e gola), oppure la mente (orgoglio e invidia), oppure l'amore idolatra delle cose (cupidigia). Sebbene per tutta la vita l'uomo sia bersaglio di queste tre specie di tentazioni, esse variano d'intensità a seconda degli anni. Nella giovinezza, difatti, l'uomo è spesso tentato nel senso dell'impurità ed incline ai peccati della carne; nell'età media, la carne si fa meno urgente, e cominciano a predominare le tentazioni della mente, come l'orgoglio e la brama del potere; nell'autunno della vita, è probabile che si affermino le tentazioni nel senso dell'avarizia. Vedendo avvicinarsi il termine della vita, l'uomo si sforza di bandire i dubbi relativi alla sicurezza eterna, ossia alla salvezza, tesoreggiando i beni terreni e raddoppiando la propria sicurezza economica; un'esperienza psicologica acquisita che coloro che da giovani hanno ceduto alla lussuria sono il più delle volte quelli che da vecchi peccano di avarizia. I buoni non sono tentati allo stesso modo dei malvagi, e il Figlio di Dio, che si era fatto uomo, non fu tentato neppure allo stesso modo d'un uomo buono. Le tentazioni di un alcoolizzato a «ritornare al suo vomito», per dirla con la Scrittura, non sono le stesse tentazioni d'un santo a peccare d'orgoglio, quantunque, s'intende, non siano meno reali. Per comprendere le tentazioni cui venne sottoposto Cristo, occorre tener presente che al battesimo conferitoGli da Giovanni, quando Colui che non aveva peccati s'era identificato coi peccatori, i cieli s'erano aperti e il Padre Celeste aveva dichiarato Cristo il Figlio Suo Diletto. Indi Nostro Signore aveva asceso il monte e digiunato per quaranta giorni, trascorsi i quali, dice il Vangelo, «ebbe fame», che è espressione tipicamente eufemica. Satana allora Lo tentò con la scusa di aiutarLo a trovare una risposta a questa domanda: qual era il modo migliore per adempiere il Suo alto destino fra gli uomini? Il problema era di conquistare gli uomini. Ma come? Satana ebbe un'idea satanica, cioè trascurare il problema morale della colpa, con relativa necessità di espiazione, e puntare unicamente sui fattori mondani. Tutt'e tre le tentazioni di Satana mirarono a distogliere Nostro Signore dalla Croce e, di conseguenza, dalla Redenzione. Più tardi Pietro avrebbe tentato Nostro Signore al medesimo modo, ragion per cui sarebbe stato chiamato «Satana».
La carne umana di cui Egli si era rivestito non era incline all'ozio, ma alla battaglia. Satana vide in Gesù un eccezionale essere umano, che sospettò fosse il Messia e il Figlio di Dio, talché fece precedere ciascuna delle tentazioni da un «se» condizionale. E, infatti, se fosse stato certo di parlare a Dio, non avrebbe cercato di tentarLo. Ma se Nostro Signore fosse stato soltanto un uomo scelto da Dio per operare la salvezza, allora egli avrebbe fatto tutto quanto era in suo potere per indurLo ad adottare nei confronti degli umani peccati sistemi ben diversi da quelli che avrebbe scelti Dio.
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Venerabile Mons. FULTON J. SHEEN