domenica 20 ottobre 2019

Santi Martiri del I – II e III Secolo


 Il primo Martire dell'Era Cristiana: Stefano. 

Il primo Martire dell'Era Cristiana è il diacono Stefano. I libri canonici rimandano, a riguardo della lapidazione di Stefano, agli Atti degli Apostoli, mentre Maria Valtorta ci offre qualcosa di più dettagliato nella visione del 7-8-44. 

Il processo a Stefano e la sua lapidazione 4. 

(Poema: X, 30)
L'aula del Sinedrio, uguale, e per disposizione e per persone, a come era nella notte tra il giovedì e il venerdì, durante il processo di Gesù. Il Sommo Sacerdote e gli altri sono sui loro scanni. Al centro, davanti al Sommo Sacerdote, nello spazio vuoto dove, durante il processo, era Gesù, è ora Stefano. Egli deve aver già parlato, confessando la sua fede e testimoniando sulla vera Natura del Cristo e sulla sua Chiesa, perché il tumulto è al colmo e nella sua violenza è in tutto simile a quello che si agitava contro il Cristo nella notte fatale del tradimento e deicidio.
Pugni, maledizioni, bestemmie orrende sono lanciati contro il diacono Stefano che, sotto le percosse brutali, traballa e vacilla mentre con ferocia lo stiracchiano qua e là.

Ma egli conserva la sua calma e dignità. Anzi più ancora. E' non solo calmo e dignitoso, ma persino beato, quasi estatico. Senza curarsi degli sputi che gli rigano il volto, né del sangue che gli scende dal naso violentemente colpito, alza, ad un certo momento, il suo volto ispirato e il suo sguardo luminoso e sorridente per affissarsi su una visione nota a lui solo. Apre poi le braccia in croce, le alza e le tende verso l'alto, come per abbracciare ciò che vede, poscia cade in ginocchio esclamando: «Ecco, io vedo aperti i Cieli, ed il Figlio dell'Uomo, Gesù, il Cristo di Dio, che voi avete ucciso, stare alla destra di Dio».
Allora il tumulto perde quel minimo che ancora conservava di umanità e di legalità e, con la furia di una muta di lupi, di sciacalli, di belve idrofobe, tutti si slanciano sul diacono, lo mordono, lo calpestano, lo afferrano, lo rialzano sollevandolo per i capelli, lo trascinano, facendolo cadere di nuovo, facendo ostacolo con la furia alla furia, perché, nella ressa, chi cerca di strascinare fuori il martire è ostacolato da chi lo tira in altra direzione per colpirlo, per calpestarlo di nuovo. Tra i furenti più furenti vi è un giovane basso e brutto, che chiamano Saulo. La ferocia del suo volto è indescrivibile.
In un angolo della sala sta Gamaliele. Egli non ha mai preso parte alla zuffa, né mai ha rivolto parola a Stefano né ad alcun potente. Il suo disgusto per la scena ingiusta e feroce è palese. In un altro angolo, anche lui disgustato e non partecipante al processo e alla mischia, sta Nicodemo, che guarda Gamaliele, il cui volto è di una espressione più chiara di ogni parola. Ma, ad un tratto, e precisamente quando vede per la terza volta sollevare Stefano per i capelli, Gamaliele si ammanta nel suo amplissimo mantello e si dirige verso un'uscita opposta a quella verso cui è strascinato il diacono.
L'atto non sfugge a Saulo, che grida: «Rabbi, te ne vai?». Gamaliele non risponde.
Saulo, temendo che Gamaliele non abbia capito che la domanda era diretta a lui, ripete e specifica: «Rabbi Gamaliele, ti astrai da questo giudizio?».
Gamaliele si volge tutto d'un pezzo e, con uno sguardo terribile tanto è disgustato, altero e glaciale, risponde soltanto: «Sì». Ma è un "sì" che vale più d'un lungo discorso.
Saulo capisce tutto quanto c'è in quel "sì" e, abbandonando la muta feroce, corre verso Gamaliele. Lo raggiunge, lo ferma e gli dice: «Non vorrai dirmi, o rabbi, che tu disapprovi la nostra condanna».
Gamaliele non lo guarda e non gli risponde. Saulo incalza: «Quell'uomo è doppiamente colpevole, per aver rinnegato la Legge, seguendo un samaritano posseduto da Belzebù, e per averlo fatto dopo esser stato tuo discepolo».
Gamaliele continua a non guardarlo e a tacere. Saulo allora chiede: «Ma sei tu forse, anche tu, seguace di quel malfattore detto Gesù?».
Gamaliele ora parla e dice: «Non lo sono ancora. Ma, se Egli era Colui che diceva, e in verità molte cose stanno a dimostrare che lo era, io prego Dio che io lo divenga».
«Orrore!», grida Saulo.
«Nessun orrore. Ognuno ha un'intelligenza per adoperarla e una libertà per applicarla. Ognuno dunque l'usi secondo quella libertà che Dio ha dato ad ogni uomo e quella luce che ha messo nel cuore di ognuno. I giusti, prima o poi, li useranno, questi due doni di Dio, nel bene, ed i malvagi nel male».
E se ne va, dirigendosi verso il cortile dove è il gazofilacio, e va ad appoggiarsi contro la stessa colonna contro la quale Gesù parlò alla povera vedova che dà al Tesoro del Tempio tutto quanto ha: due piccioli. 3È lì da poco quando lo raggiunge nuovamente Saulo e gli si pianta davanti.
Il contrasto tra i due è fortissimo.
Gamaliele alto, di nobile portamento, bello nei tratti fortemente semitici, dalla fronte alta, dai nerissimi occhi intelligenti, penetranti, lunghi e molto incassati sotto le sopracciglia folte e diritte, ai lati del naso pure diritto, lungo e sottile, che ricorda un poco quello di Gesù. Anche il colore della pelle, la bocca dalle labbra sottili, ricordano quelle di Cristo. Solo che Gamaliele ha la barba e i baffi, un tempo nerissimi, ora molto brizzolati e più lunghi. 
Saulo invece è basso, tarchiato, quasi rachitico, con gambe corte e grosse, un poco divaricate ai ginocchi, che si vedono bene perché si è levato il manto ed ha solo una veste a tunica corta e bigiognola. Ha le braccia corte e nerborute come le gambe, collo corto e tozzo, sorreggente una testa grossa, bruna, con capelli corti e ruvidi, orecchie piuttosto sporgenti, naso camuso, labbra tumide, zigomi alti e grossi, fronte convessa, occhi scuri, piuttosto bovini, per nulla dolci e miti, ma molto intelligenti sotto le ciglia molto arcuate, folte e arruffate. Le guance sono coperte da una barba ispida come i capelli e foltissima, però tenuta corta. Forse, per causa del collo così corto, pare lievemente gobbo o con spalle molto tonde. 
Per un poco tace, fissando Gamaliele. Poi gli dice qualcosa sottovoce. Gamaliele gli risponde, con voce ben netta e forte: «Non approvo la violenza. Per nessun motivo. Da me non avrai mai approvazione ad alcun disegno violento. L'ho detto anche pubblicamente, a tutto il Sinedrio, quando furono presi, per la seconda volta, Pietro e gli altri apostoli e furono portati davanti al Sinedrio perché li giudicasse. E ripeto le stesse cose: "Se è disegno e opera degli uomini, perirà da sé; se è da Dio, non potrà essere distrutta dagli uomini, ma anzi questi potranno esser colpiti da Dio". Ricordalo».
«Sei protettore di questi bestemmiatori seguaci del Nazareno, tu, il più grande rabbi d'Israele?».
«Sono protettore della giustizia. E questa insegna ad essere cauti e giusti nel giudicare. Te lo ripeto. Se è cosa che viene da Dio resisterà, se no cadrà da sé. Ma io non voglio macchiarmi le mani di un sangue che non so se meriti la morte».
«Tu, tu, fariseo e dottore, parli così? Non temi l'Altissimo?». «Più di te. Ma penso. 5E ricordo... Tu non eri che un piccolo, non ancora figlio della Legge, ed io insegnavo già in questo Tempio con il rabbi più saggio di questo tempo... e con altri, saggi ma non giusti. La nostra saggezza ebbe, tra queste mura, una lezione che ci fece pensare per tutto il resto della vita. Gli occhi del più saggio e giusto del tempo nostro si chiusero sul ricordo di quell'ora e la sua mente sullo studio di quelle verità, udite dalle labbra di un fanciullo che si rivelava agli uomini, specie se giusti. I miei occhi hanno continuato a vigilare e la mia mente a pensare, coordinando eventi e cose... Io ho avuto il privilegio di udire l'Altissimo parlare per mezzo della bocca di un fanciullo, che fu poi uomo giusto, sapiente, potente, santo, e che fu messo a morte proprio per queste sue qualità. Le sue parole di allora hanno poi avuto conferma dai fatti accaduti molti anni dopo, all'epoca detta da Daniele... Misero me che non compresi avanti! che attesi l'ultimo terribile segno per credere, per capire! Misero popolo d'Israele che non comprese allora e non comprende neppur ora! La profezia di Daniele, e quella d'altri profeti e della Parola di Dio, continuano e si compiranno per Israele cocciuto, cieco, sordo, ingiusto, che continua a perseguitare il Messia nei suoi servi!».
«Maledizione! Tu bestemmi! Veramente non vi sarà più salvezza per il popolo di Dio se i rabbi d'Israele bestemmiano, rinnegano Javé, il Dio vero, per esaltare e credere in un falso Messia!».
«Non io bestemmio. Ma tutti coloro che insultarono il Nazareno e continuano a fargli spregio, spregiando i suoi seguaci.
Tu sì che lo bestemmi, poiché lo odi, in Lui e nei suoi. Ma hai detto giusto dicendo che non c’è più salvezza per Israele. Ma non perché vi sono israeliti che passano nel suo gregge, ma perché Israele ha colpito Lui, a morte».
«Mi fai orrore! Tradisci la Legge, il Tempio!».
«Denunciami allora al Sinedrio, perché io abbia la stessa sorte di colui che sta per essere lapidato. Sarà l'inizio e il compendio felice della tua missione. E io sarò perdonato, per questo mio sacrificio, di non aver riconosciuto e compreso il Dio che passava, Salvatore e Maestro, tra noi, suoi figli e suo popolo».
 Saulo, con un atto d'ira, va via sgarbatamente, tornando nel cortile prospiciente all'aula del Sinedrio, cortile nel quale dura il gridìo della folla esasperata contro Stefano. Saulo raggiunge gli aguzzini in questo cortile, si unisce a loro, che lo attendevano, ed esce insieme agli altri dal Tempio e poi dalle mura della città. Insulti, dileggi, percosse continuano ad esser lanciati contro il diacono, che procede già spossato, ferito, barcollante, verso il luogo del supplizio.
Fuori delle mura vi è uno spazio incolto e sassoso, assolutamente deserto. Là giunti, i carnefici si allargano in cerchio, lasciando solo, al centro, il condannato, con le vesti lacere e sanguinante in molte parti del corpo per le ferite già ricevute. Gliele strappano prima di allontanarsi. Stefano resta con una tunichetta cortissima. Tutti si levano le vesti lunghe, rimanendo con le sole tuniche, corte come quella di Saulo, al quale affidano le vesti, dato che egli non prende parte alla lapidazione, o perché scosso dalle parole di Gamaliele, o perché si sa incapace di colpire bene. 7I carnefici raccolgono i grossi ciottoli e le aguzze selci, che abbondano in quel luogo, e cominciano la lapidazione. Stefano riceve i primi colpi rimanendo in piedi e con un sorriso di perdono sulla bocca ferita, che, un istante prima dell'inizio della lapidazione, ha gridato a Saulo, intento a raccogliere le vesti dei lapidatori:
«Amico mio, ti attendo sulla via di Cristo».
Al che Saulo gli aveva risposto: «Porco! Ossesso!», unendo alle ingiurie un calcio vigoroso sugli stinchi del diacono, che solo per poco non cade, e per l'urto e per il dolore.
Dopo diversi colpi di pietra, che lo colpiscono da ogni parte, Stefano cade in ginocchio puntellandosi sulle mani ferite e, certo ricordando un episodio lontano, mormora, toccandosi le tempie e la fronte ferita: «Come Egli m'aveva predetto! La corona... I rubini... O Signore mio, Maestro, Gesù, ricevi lo spirito mio!». 
Un'altra grandine di colpi sul capo già ferito lo fanno stramazzare del tutto al suolo, che si impregna del suo sangue. Mentre si abbandona tra i sassi, sempre sotto una grandine di altre pietre, mormora spirando: «Signore... Padre... perdonali... non tener loro rancore per questo loro peccato... Non sanno quello che...».
La morte gli spezza la frase tra le labbra, un estremo sussulto lo fa come raggomitolare su sé stesso, e così resta. Morto.
I carnefici gli si avvicinano, gli lanciano addosso un'altra scarica di sassate, lo seppelliscono quasi sotto di esse. Poi si rivestono e se ne vanno, tornando al Tempio per riferire, ebbri di zelo satanico, ciò che hanno fatto.
  Mentre parlano col Sommo Sacerdote e altri potenti, Saulo va in cerca di Gamaliele. Non lo trova subito. Torna, acceso d'odio verso i cristiani, dai sacerdoti, parla con loro, si fa dare una pergamena col sigillo del Tempio che lo autorizza a perseguitare i cristiani. Il sangue di Stefano deve averlo reso furente come un toro che veda il rosso, o un vino generoso dato ad un alcolizzato.
Sta per uscire dal Tempio quando vede, sotto il portico dei Pagani, Gamaliele. Va da lui. Forse vuole iniziare una disputa o una giustificazione. Ma Gamaliele traversa il cortile, entra in una sala, chiude la porta in faccia a Saulo che, offeso e furente, esce di corsa dal Tempio per perseguitare i cristiani. 

A cura di Mario Ignoffo

GESU' EUCARISTIA l’amico che ti aspetta sempre


IL SACERDOTE 

Un giorno in Spagna, Giovanni Paolo II, durante uno dei suoi viaggi pastorali, si trattenne a salutare un sacerdote ammalato su una sedia a rotelle, che gli disse: «Santità, io ho offerto la mia vita per la Chiesa». Raccontano che il Papa rispose: «Siamo già in due». Sarai tu capace di offrirti come loro? Gesù ti vuole santo. Lo era il grande mistico francese padre Lamy. Amava tanto Gesù Eucaristia che Egli lo premiò con un grande miracolo. Il 15 marzo 1918, un’esplosione distrusse la chiesa della sua parrocchia di La Courneuve. Rimase distrutto l’altare con il tabernacolo, ma la pisside con le quaranta Ostie consacrate rimase miracolosamente integra in aria, persino il panno che la copriva era pulitissimo.
Tuttavia, spesso ci lamentiamo di sacerdoti che abbandonano il loro ministero o portano avanti una vita mediocre o fanno parlare per la loro condotta. Preghiamo per loro. Santa Teresa di Gesù racconta: «Una volta mentre andavo a comunicarmi, vidi due demoni che circondavano il povero sacerdote... e vidi il mio Signore nella sua maestà posto in quelle mani nell’Ostia che stava per darmi; ed era evidente che quelle mani lo avevano offeso e capivo che quell’anima era in peccato mortale... Lo stesso Signore mi chiese di pregare per lui e che Egli lo aveva permesso per farmi comprendere la forza delle parole della consacrazione e fino a che punto Egli non smette di esservi per quanto cattivo sia il sacerdote che le pronuncia... Capii quanto i sacerdoti sono più obbligati degli altri ad essere buoni e quanto sia grave ricevere il Santissimo Sacramento in modo indegno e quanto il demonio sia signore dell’anima in peccato mortale» (V 38, 23). 

Angel Peña

LA PREGHIERA


“Bisogna trasformare tutta la nostra vita in un'aspirazione unica a Dio.
E' in questa preghiera che noi vivremo la nostra filiazione divina e uniti al Cristo parteciperemo alla sua missione di universale salvezza.
Non abbiamo potere sulle cose e sugli uomini: il nostro potere è sul cuore di Dio.
E noi sentiamo che è per questo potere che noi vivremo
quell'amore fraterno che vuole la salvezza di tutti.”
Don Divo, dalla Meditazione “Siamo monaci”

Gregorian Chant The Abbey Of Notre Damede Fontgombault


NON DIMENTICHIAMOLI


La preghiera per i nostri cari defunti 
è un bisogno del cuore, 
è un dovere che noi abbiamo verso coloro 
che in vita ci amarono tanto 
e ci fecero del bene.
 . Caterina da Genova


 “...il tempo perso in vita...”

“Le anime del Purgatorio soffrono pensando al tempo perso in vita e che avrebbero potuto impiegare per guadagnarsi meriti per accedere al Paradiso; non è più possibile, infatti, dopo la morte, acquisire ulteriori meriti”.
O Dio onnipotente ed eterno, cosa ho mai fatto nella mia vita per meritarmi il premio eterno? Le cose di questo mondo hanno quasi sempre assorbito i miei sensi e i miei pensieri. Ti ringrazio perché mi concedi altro tempo per riparare al male compiuto e per guadagnarmi meriti per il Paradiso. Mi dolgo con tutto il cuore per essermi allontanato da Te, o Dio di somma bontà. 
O Gesù, tu hai promesso di abitare con noi per sempre: fa’ che nulla conti tanto quanto l’amarti ed il servirti. Abbi pietà di me e dei nostri fratelli del Purgatorio.
O Maria, Madre di Dio, piena di grazia, vieni in aiuto alle Anime del Purgatorio con la tua potente intercessione. Per mezzo di essa, possa Gesù, il tuo amatissimo Figlio e nostro Signore, concedere loro di partecipare alla sua gloria e alla sua beatitudine.
Padre Nostro, Ave Maria, Eterno Riposo

AIUTACI A VIVERE COME TE NELL'AMORE DI TUO FIGLIO



Vivere nell'amore di Gesù. Cioè vivere uniti a Gesù. "Rimanete in me e io in voi... Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla.
"...Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore" (cfr. Gv 15, 19).
"Rimanere". Cioè non andar via: da dove? Dall'amore che Gesù ha avuto ed ha per noi.
E come si fa a rimanere fermi in quest'amore? "Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore" (Gv 15, 10). Dunque fedeltà senza ripensamenti nell'aderire a Cristo e nell'osservare il suo comandamento.
Quale comandamento? Quali comandamenti? "Questo è il mio comandamento che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Gv 15,12). Come Gesù, che ha portato frutto perché ha percorso la via della croce, cioè la via dell'amore e del dono di sé.
Forse ci sentiamo scoraggiati: come arrivare a tanta altezza?
"Aiutaci a vivere come te...". Il desiderio della meta, lo sgomento per la nostra debolezza, suscitano la preghiera umile e fiduciosa. Qualsiasi preghiera a Maria ci conduce a Gesù. Ella per esperienza sa che l'unico modo di essere giusti è quello di essere davvero "conformi all'immagine del Figlio suo". (Rm 8, 29).
Ci sembra impossibile la salita verso la vetta dell'amore di Cristo? Ci sembra difficile rimanere ancorati a Lui? Lei è la guida, Lei è l'amore... 

sabato 19 ottobre 2019

Le grandezze di Gesù


Della eccellenza e singolarità del sacro mistero della Incarnazione

Il Verbo divino, splendore, potenza e Gloria dell’Eterno Padre, essendo mandato al mondo, ha voluto stabilirvi una scuola santa e divina, diretta e animata dal suo spirito, per parlare alla terra il linguaggio del Cielo, per insegnare agli uomini la scienza della salvezza e innalzarli ad una sublime conoscenza di Dio. In questa scuola si manifesta sulla grandezza dell’Essenza di Dio e la pluralità delle sue Persone, sulla profondità dei suoi disegni e la singolarità delle sue opere, quanto dalla ragione non potevano conoscere.

1. Sublimità, profondità e eccellenza del mistero della Incarnazione

Uno dei primi e principali articoli che ci viene insegnato in questa scuola di sapienza e di salvezza è il sacro mistero della Incarnazione. Mistero sì elevato che sorpassa l’altezza di tutti i pensieri degli uomini e degli Angeli; mistero sì eccellente che contiene e comprende in sé Dio e il mondo; mistero sì profondo che da tutta l’eternità è nascosto nel più segreto pensiero dell’Antico dei giorni e nel proprio seno dell’eterno Padre, in un modo sì alto e ineffabile che il grande Apostolo lo chiama giustamente e più volte il Mistero nascosto, da tutta l’eternità, in Dio Creatore di ogni cosa (Ef 3, 9; Col 1, 26).
Eppure questo mistero sì alto e sì insigne, sì profondo e sì nascosto, si compie nella pienezza dei tempi, nel mezzo della terra, per esser esposto alla vista della terra e del Cielo, tanto è pubblico; e vi si compie per essere l’oggetto della fede dei popoli, l’ancora della loro speranza, la causa della loro salvezza e il compimento della gloria di Dio nell’universo.
Questo mistero, infatti, apre il Cielo, santifica la terra, glorifica Iddio procurandogli l’omaggio di una adorazione nuova, ineffabile, sconosciuta prima alla terra ed anche al Cielo stesso, poiché prima il Cielo possedeva bensì degli spiriti adoratori e un Dio adorato, ma non aveva ancor visto un Dio adorante. Per questo mistero, Dio trovasi sulla terra nell’abbassamento della sua grandezza; e coperto della nostra debolezza, rivestito della nostra mortalità, sta in mezzo a noi come uno di noi, per operare la salvezza del mondo.
Per questo mistero la terra è un Cielo, e un nuovo Cielo, nel quale Dio abita in un modo più sublime e più augusto, più santo e più divino che non abitava prima nel più alto dei Cieli. Nella fede, nell’amore e nel culto di questo mistero sacratissimo Dio stabilisce, sulla terra, per se stesso e non già per mezzo dei suoi Angeli e servi, una Religione ch’Egli riservava agli ultimi tempi e che non avrà mai né fine né cambiamento; così pure questo mistero porta gli ultimi segni della sua potenza, del suo amore e della sua stessa sapienza.
Questo mistero deve essere l’oggetto della santa e divina occupazione della Chiesa. La pietà delle anime più elevate deve trovarvi le sue delizie, contemplando in un’estasi di stupore e di ammirazione. Vi si manifestano, in un modo ineffabile, la Maestà di Dio nella sua Essenza, la distinzione delle sue Persone, la profondità dei suoi disegni; in quest’opera unica, di eminente dignità e singolarità, Dio ha voluto comprendere quanto vi è di grande, di santo, di ammirabile, e farne come un compendio e un riassunto di tutto quanto la fede ci rivela e ci insegna di Dio e delle sue opere. Mistero divino! centro dell’esser creato e increato! unico soggetto nel quale Dio ha voluto, e per sempre, comprendere e ridurre in piccolo il mondo e se medesimo, la sua propria infinità e insieme la grandezza dell’universo.

Card. Pietro de Bérulle

Cara Anima,






creata a immagine e somiglianza di Dio, il nostro Signore Gesù vuole farti conoscere il più grande dono fatto a tutta l’umanità, di cui tu fai parte “Il richiamo ed il ritorno della creatura all’ordine, al suo posto e nello scopo per cui fu creata da Dio”.

Prima di tutto leggiamo dalla Sacra Scrittura (Bibbia), come avvenne la creazione dell’uomo, e del comando che il Signore Iddio gli diede, (Genesi 2,17): “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male, non devi mangiarne, perché quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”.
Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza con le tre facoltà: memoria, intelletto e volontà , che solamente a Lui appartenevano . In più come dono gratuito, che lo elevava dalla sua natura umana alla partecipazione della natura Divina, ebbe la Divina Volontà , datagli da Dio Stesso , come suo possesso.
L’uomo non avrebbe mai dovuto staccare dalla Volontà di Dio Creatore, la sua volontà umana libera, riconoscendo la Volontà di Dio, quale forza, vita indispensabile e primaria a dare vita alla sua volontà umana.
 Quale fu il peccato originale?. Nella prova che Dio fece all’uomo, il demonio convinse Adamo a staccare la sua volontà da quella di Dio. Adamo lo ascoltò e così l’uomo morì e perse la Divina Volontà quale dono e tutti i doni soprannaturali ricevuti da Dio , e da re del creato quale era, divenne servo di tutti, ramingo e mendicante.
Dio però nella sua grande bontà e amore verso il capolavoro della creazione (l’uomo), ritrasse a sé il dono della Divina Volontà rifiutata, senza distruggerlo, ma nel suo grande amore verso l’uomo , non lo abbandonò a sè stesso, ma gli promise il Redentore (Genesi 3,15).
Infatti dopo parecchi secoli, Dio formò il suo popolo in Abramo, nostro padre nella fede, il quale popolo con le sue preghiere, ottenne, per amore di Dio, il tempo della Redenzione, con l’incarnazione del Verbo, la Parola, nel grembo purissimo della Vergine Maria , Colei che più di tutto e di tutti ha attirato dal cielo il Redentore Dio a venire sulla terra; LEI che fin dal suo Immacolato Concepimento – dotata straordinariamente di ragione e di volontà – rinunciò davanti alla Santissima Trinità alla sua volontà umana per vivere sempre e solo di Volontà Divina. Questa è stata la calamita principale, determinante, decisiva, a che il Verbo Eterno scendesse dal Cielo per incarnarsi nel suo Santissimo grembo, a salvare l’umano genere.
Gli apostoli un giorno hanno detto a Gesù : “Insegnaci a pregare”. E Gesù insegno’ loro il Padre Nostro, dove si chiedono a Dio Padre diverse cose, ma il centro, il cuore di tutta la preghiera è : “Venga il Tuo Regno sia fatta la Tua Volontà come in cielo così in terra”, quella volontà stessa rifiutata dall’uomo nell’Eden terrestre , e che tutt’ora regna in Cielo .
Fare la Volontà di Dio !
S. Pio da Petralcina , diceva nel suo epistolario :In tutti gli umani event , imparate anche voi maggiormente di riconoscere e di adorare in tutto la Divina Volontà . Ripetere spesso quelle divine parole del nostro carissimo Maestro :” Fiat Voluntas Tua sicut in caelo et in terra “. Sì ! Questa bella esclamazione sia sempre nel vostro cuore e sul vostro labbro in tutte le vicende della vita vostra “ ( Ep. III )
“ RICONOSCERE “ , che non è ancora il “ Vivere dentro “ , ma è il primo passo verso questa Meta .
Ora dopo 2000 anni che Santa Madre Chiesa ripete quotidianamente il Padre Nostro, Gesù Cristo ha voluto ridonare alla sua creatura umana , il dono di vivere di Volontà Divina, purchè questa (la creatura) lo voglia questo dono e si disponga ad accoglierlo, disperdendo la propria volontà in quella di Dio, dando vita solo a quest’ultima, e si adopri con tutte le sue forze a conoscere questo Regno della Divina Volontà.
Ora facciamo attenzione: Osserviamo come per entrare in una nuova stanza , dobbiamo uscire completamente , dalla stanza vecchia dove ci trovavamo prima , ma non con un piede sì e l’altro no , ma con tutti e due i piedi , cioè completamente e totalmente , così , allo stesso modo , non potremo entrare nel Regno della Divina Volontà , Dono senza confronti di Dio Padre alla sua creatura , se prima non usciremo completamente e totalmente dalla stanza della nostra volontà umana libera .
Diversamente , tutto rimarrà una semplice illusione , non certo realtà !
Vedete: Se non prendiamo davvero coscienza del nostro “ io “ , non possiamo comprendere nemmeno Dio e tutti i suoi favori e le sue Grazie .
Noi siamo perché Dio l’ha voluto , e l’ha voluto con un atto d’amore perfetto ; noi siamo perché Lui E’ , esiste ; e noi saremo fin che Lui lo vorrà . Nessuno potrà allungarci la vita di un solo istante , se non è nel suo disegno di Dio .
Più conosceremo il nostro nulla , e più conosceremo Dio : Creatore , Redentore , e Santificatore !
Una volta presa coscienza che siamo nulla , non poco ma NULLA , non avremo più il coraggio di fare niente se non “ IN DIO GESU’ “ ; e come ? rimanendo come morti sulle sue braccia .
Sappiamo dalla Genesi , come nel Regno della Creazione Dio ha creato dal nulla tutte le cose; poi dal S. Vangelo , come nel Regno della Redenzione , Dio ha operato per ottenere la salvezza di ogni anima ; in fine , dagli scritti dati a Luisa , come nel Regno della Divina Volontà , Dio non crea , non opera MA VIVE , VIVE , e aspetta la sua creatura perché voglia vivere pienamente in Lui , per vivere tutto ciò che vive Lui.
Il poggio, il modello, l’esempio per poter vivere come Maria Santissima di Volontà Divina, e perché questo dono fosse conosciuto e fosse a disposizione di tutta l’umanità, Iddio nel suo amore eterno, scelse sulla terra un’anima concepita come tutti con il peccato originale, lei visse liberamente e amorosamente solo di Volontà Divina, rinunziando alla sua umana , innamorata della Croce più della sua stessa vita ; il pensiero dominante della sua vita , era : se accetti la Croce , Gesù ti ama e tu Lo ami ; ma se non accetti la croce , Lui ti ama , ma tu non Lo ami .
 Quest’anima è Luisa Piccarretta, nata il 23.04.1865 a Corato (Bari) ed ivi passata all’eternità il 04.03.1947.
Anima vittima che preparò agli uomini la via per vivere di Volontà Divina, affinché – come ha detto Gesù – la creatura ritorni all’ordine, al suo posto e nello scopo per cui fu creata da Dio. Sotto l’ubbidienza dei suoi confessori, e del suo Sposo Gesù, scrisse 36 quaderni - volumi, con i quali fare conoscere i benefici, le grazie, le altezze e santità, finora mai ottenute, che vengono concesse a chi vuole vivere di Divina Volontà , e il modo per viverci dentro.
Unica condizione è che la creatura rinunci realmente e totalmente a usare la sua volontà umana ribelle, causa di tutti i suoi mali; e anche in questi tempi , fratelli , ne siamo più che mai testimoni.
Certo che “in tempi peggiori non potevamo imbatterci” così disse S. Padre Pio da Pietralcina, e questo a causa della volontà umana staccata dalla Divina Volontà.
Il Revisore Ecclesiastico di questi scritti di cielo, come li chiama Gesù , incaricato dalla Santa Chiesa (amico confidenziale di S. Pio X) è stato Sant’Annibale Maria di Francia, il quale fu anche il primo zelante diffusore di detti scritti.
Nella lettera a Luisa scritta il 14.02.1927, disse di questi scritti , essere solo di Gesù e di nessun altro .
Questa anima eletta da Dio a fianco di Luisa per 17 anni è stata elevata alla gloria – onori degli altari il 16 maggio 2004 da Sua Santità Giovanni Paolo II°.

Questo pensiero non è tratto dagli scritti di Luisa , ma trovato circa 15 anni fa , e mi sembra che sia perfettamente in linea con il suo pensiero e con il pensiero si nostro Signore :
“ QUANTO SEI ILLUSO SE PENSI CHE IL MONDO POSSA APPAGARE LA TUA SETE DI FELICITA’ ! NULLA TI DICO !!! “ NULLA “ CHE IL MONDO TI POSSA DARE , VALE SOLO UN ATTIMO DELLA MIA FELICITA’ !!!! ED IO TE NE VOGLIO DARE UNA ETERNITA’ INTERA , FIN DA ORA !!!! ASCOLTAMI !!! CREDIMI !!! SEGUIMI !!!!
  Il tuo Gesù che ti ama !

Roberto Lorenzetto

Preghiera Portare il cielo alla terra



Che cosa è la preghiera 

Chiedere o formulare una domanda 

Pregare è chiedere a Dio le benedizioni di cui si ha bisogno, o esprimergli i nostri desideri o ciò che bramiamo. 

1 Cronache 4:10 
Jabets invocò il Dio d'Israele, dicendo: "Oh se tu mi 
benedicessi e allargassi i miei confini e la tua mano fosse 
con me e mi preservassi dal male sì che io non abbia a 
soffrire!" E Dio gli concesse ciò che aveva chiesto. 

Gesù disse che dovevamo chiedere: 

Matteo 21:22 
E tutto ciò che chiederete in preghiera, avendo fede, lo 
otterrete. 

Giovanni 16:23b,24 
In verità, in verità vi dico che tutto ciò che domanderete 
al Padre nel mio nome, egli ve lo darà. Finora non avete 
chiesto nulla nel mio nome; chiedete e riceverete, affinché 
la vostra gioia sia completa. 

Non permettetevi di criticare gli altri, perché questo è un peccato!



Maria Madre di Dio

Ci saranno sempre persone che credono di dover fare del male agli altri per un motivo o per un altro. L’ipocrisia è un peccato, ricordatelo parlare male degli altri è anche questo peccato, ricordatelo! Siate buoni gli uni con gli altri e non attaccatevi! Cercate sempre di capire, avvicinatevi con amore e non giudicate! Solo Dio Padre può giudicare, perché solo LUI sa chi e come siete realmente, cosa fate, in quali situazioni vivete, cosa realizzate, e come espiate! Non permettetevi quindi mai di criticare gli altri, perché anche questo è un peccato!

AMORE



(carità – misericordia – circolo d’amore – pazzie d’amore) 

Dio dà l’amore, l’amore è pascolo della vita, l’amore è vita dell’anima, ella ad altro non pensa, non vuole altro che amore; non per se, ma per rendere a Dio lo stesso amore suo. (D V, 195) 
 
santa Veronica Giuliani

COLUI CHE PARLA DAL FUOCO



Parteciperai all'amarezza  della mia Croce.  

(N. Signore a Josefa, 5 agosto 1920).  

Il Cuore ferito di Gesù non tardò a riapparire sull'orizzonte di Josefa. Era stata scelta per una partecipazione speciale alla redenzione delle anime, e il Maestro divino ben presto le ricordò la sua vocazione di vittima.  
Il giovedì 5 agosto, qualche giorno dopo la vestizione, la fa di nuovo partecipare al dolore delle spine che Lo feriscono. Poi la conforta con queste parole: 

 «Se sarai fedele, ti farò conoscere la ricchezza del mio Cuore. Porterai, sì, la mia croce, ma ti colmerò di doni come sposa prediletta».  
«Questa volta - scrive Josefa - Lo vidi circonfuso di uno splendore abbagliante. Il Cuore, avvolto dalle fiamme, sembrava uscirgli dal petto.  
«Il martedì 10 agosto, alla meditazione provai un gran desiderio di consolarlo. Gli ho offerto tutte le azioni della giornata, aggiungendo che se desiderava qualche cosa di più me lo facesse conoscere. Gli ho promesso di non dimenticarlo nemmeno un momento e Gli ho ripetuto continuamente il desiderio di amarlo. Nel pomeriggio, prima di recarmi all'adorazione, entrai nell'oratorio di Mater i per supplicare la Madonna di aiutarmi a consolare Suo Figlio. Nell'entrare in cappella mi trovai ad un tratto alla presenza di Gesù...  
«- Non ho altro desiderio che quello di essere amato. Guarda il mio Cuore, Josefa: lui solo può farti felice. Riposati in Lui».  
Poi continuò: «- Avevo sei spine, tu me ne hai tolte cinque. Una sola ne rimane ed è proprio quella che più ferisce il mio Cuore! Voglio che tu non risparmi nulla per togliermela!».  
«Signore, - risposi - che cosa vuoi che io faccia?».  
«- Voglio che tu Mi ami e Mi sia fedele. Ricordati che Io solo posso farti felice. Ti scoprirò la ricchezza del mio Cuore. Amami senza limiti!».  
«E di nuovo mi lasciò sola».  

Si avvicinava la festa dell'Assunzione e Josefa, teneramente unita alla sua Madre celeste, trascorre questo giorno di preghiera in intima unione con Lei. E siccome il pensiero della spina confitta nel Cuore di Gesù non la lasciava un istante:  

«La supplicai - ella scrive - di prendersi cura di quell'anima e di levare la spina che Gesù mi chiedeva di togliergli.  
«Il giorno dopo, lunedì 16 agosto, verso le tre del pomeriggio, mentre cucivo e offrivo a Gesù il desiderio di trasformare ogni punto in un atto di amore che potesse consolarlo, Lo vidi improvvisamente davanti a me.  
«- Non vengo per consolarti, Josefa, - Egli disse - ma per unirti alla mia sofferenza. 
Toglimi questa spina: vedi come trafigge il mio Cuore! Quest'anima è sul punto di costringermi ad abbandonarla alla mia giustizia».  

Molte sofferenze saranno riservate a Josefa per cooperare alla salvezza di quell'anima in pericolo. Così Gesù l'iniziò, a poco a poco, all'Opera corredentrice che prenderà tanta parte della sua esistenza. Nostro Signore proseguì:  

«- Le offese degli uomini Mi feriscono profondamente, ma nulla tanto Mi affligge quanto quelle delle mie spose.  
«- Questa spina è un 'anima religiosa che ho ricolmata di doni, ed ella se li appropria... l'orgoglio la perde!».  
«La sera mi mostrò il Cuore, tutto fiamma, con la piaga aperta, e sempre... la spina!».  
«- Ho per ogni anima due misure - mi disse - una di misericordia, e questa ha già traboccato... l'altra di giustizia, che è quasi al colmo. Nulla mi offende più che l'ostinazione e la resistenza di quest'anima... le toccherò di nuovo il cuore, ma se non risponde, l'abbandonerò alle sue forze».  
«A questo punto non so esprimere quello che Egli mi fece comprendere... ma darei la mia vita per salvare quell'anima!  
«La sera feci l'ora santa, avendone il permesso, e mi offersi in unione a Lui, nella Sua passione. O Dio, non guardare i peccati di quell'anima!... Guarda il Sangue che hai versato per lei... quel Sangue che può coprire tutti i peccati del mondo!  
«Poi recitai le litanie della Madonna, ripetendo molte volte: "Rifugio dei peccatori, prega per noi". Arrivata all'invocazione: "Agnello di Dio che cancelli i peccati del mondo..." mi sentii ripiena di angoscia. Gesù non diceva nulla, come se non udisse. Sembrava sordo. 
Alla fine dell'ora santa venne col Cuore sempre trafitto dalla spina. Lo supplicai di aver compassione di quell'anima, e siccome non rispondeva, Gli dissi: ma dunque, Signore, non vuoi perdonarla?».  
«- Le toccherò ancora il cuore: se Mi ascolterà, tornerà ad essere la mia sposa prediletta, altrimenti lascerò agire la mia giustizia».  

Trascorsero così parecchi giorni. Josefa moltiplicò le generose offerte, mentre l'anima sua era immersa «in una tristezza indicibile».  

«Credo che mai ho capito come adesso quello che sia resistere alla grazia! Mi sembra di sperimentare qualche cosa dell'infinito dolore del Cuore divino allorché un'anima Gli resiste».  
«- Se tu sei disposta a soffrire - le ripete Nostro Signore il mercoledì 18 agosto - Io aspetterò quell'anima, ma non posso perdonarle finché essa stessa non vuole. L'ho creata senza di lei, ma ella è libera di salvarsi o di perdersi».  

Qualche giorno dopo aggiunge:  

«- Quando trovo un'anima che Mi ama e desidera consolarmi, sono pronto a darle tutto quello che Mi chiede.  
«- Attenderò dunque, busserò ancora alla porta di quel cuore, poiché se vuole, il mio è disposto a perdonano.  
«E mi lasciò l'anima in agonia, insegnandomi a ripetere spesso questa invocazione: 
"Mio Dio, soffrirò tutto per amor Tuo e per consolare il Tuo Cuore!"».  

Tale sofferenza opprime l'anima di Josefa, sembrandole che la collera divina sia caduta su di lei. Gli inviti di Gesù la incalzano, senza lasciarle tregua né giorno né notte. La responsabilità di quest'anima pesa incessantemente sulla sua, senza che diminuisca il suo desiderio di riparare. Il mercoledì 25 agosto, dopo una notte angosciata di supplica, Josefa, sempre fedele all'incontro mattutino, comincia la meditazione con le sue sorelle.  

«Ad un tratto - ella scrive - L'ho visto... così bello che non so ridire... In piedi, vestito di bianco. Con le mani sosteneva il Suo Cuore immerso in una fornace di fuoco. Tutta la persona adorabile irraggiava una luce splendente. I capelli sembravano d'oro, gli occhi due diamanti, il volto... non posso dire... perché non so a che cosa paragonarlo!... il Cuore, sormontato dalla croce, non aveva più la spina! Dalla ferita tutta aperta uscivano fiamme, sembrava un sole... Le piaghe delle mani e dei piedi sprigionavano anch'esse viva fiamma... 
Di tanto in tanto apriva le braccia e le tendeva. Non potei dirgli altro che queste parole: 
Mio Gesù, quanto sei bello!... Tu rapisci i cuori! e la spina?...  
« La spina! non l'ho più! Niente è più forte dell'amore e Io lo trovo nelle mie spose!».  
«Il Cuore sembrava Gli si accendesse sempre di più. Lo ringraziai di avermi chiamata in questa Società del Sacro Cuore e Lo supplicai di avere compassione di me, ogni giorno più miserabile e indegna di trovarmi qui: Mio Gesù, non permettere che la mia miseria formi una macchia nel candido gruppo di queste spose del Tuo Cuore! Non permettere che le grazie da me ricevute siano la mia condanna, poiché sono capace di tutto! Concedimi di esserti fedele o di morire!».  

Così consolata, Josefa ascolta la Messa, qualche istante dopo, unendosi al ringraziamento della SS. Vergine.  

«Dopo la Comunione Lo supplicai di farmi Sua sposa mediante una perfetta fedeltà, ma di lasciarmi nella via comune, poiché mai riuscirò a corrispondere alla Sue grazie».  
«- Abbandonati nelle mie mani, Josefa, mi servirò di te come crederò bene. La tua piccolezza e la tua debolezza poco Mi importano, ciò che ti chiedo anzitutto è di amarmi e di consolarmi. Voglio che tu sappia quanto il mio Cuore ti ama, quali ricchezze racchiude, e che tu sia come cera molle da poter modellare a mio piacere...».  
«- Voglio che tu Mi offra tutto, anche le minime cose, per consolare il mio Cuore di ciò che soffre, soprattutto da parte delle anime consacrate.  
«Voglio che tu riposi tranquilla nel mio Cuore. Guardalo e comprenderai a qual punto è capace di consumare in te tutto ciò che vi si trova d'imperfetto.  
«- Voglio che ti abbandoni al mio Cuore e che ti preoccupi soltanto di piacergli.  
«- Voglio che ciò che ti chiedo tu lo dica con semplicità alla Madre, e che ti abbandoni a tutto ciò che sarà disposto per te. Infine ti ripeto che tu devi essere per Me come cera molle che Io possa modellare a mio piacere... Ricordati che sono tuo Padre, tuo Sposo, tuo Dio!».  
«Poi scomparve. Mai l'avevo visto così bello! Durante quel tempo - nota Josefa - avevo potuto ascoltarlo e parlargli, avendone il permesso. D'ora in poi mi è stato ordinato di non far caso di queste cose e di non rispondergli più».  


PREGHIERE CHE SCONFIGGONO I DEMONI



 Preghiere per Sradicare 
              
Che ogni pianta che il Padre mio non ha piantato sia sradicata nel nome di Gesù. 
              Io offro la scure alla radice di ogni albero del male nella mia vita. 
  Fa che ogni radice generazionale empia venga tagliata e tirata fuori dalla mia linea di sangue 
nel nome di Gesù. 
              Fa che le radici della malvagità siano come marciume. 
              Dico ad ogni albero malefico di essere sradicato e gettato in mare (Luca 17:06). 
              Fa che il Tuo sacro fuoco bruci ogni radice empia nel nome di Gesù (Malachia 4:1). 
              Fa che la fiducia del nemico sia sradicata (Giobbe 18:14). 
              Fa che ogni radice velenosa sia tagliata dalla mia vita (Eb 12,15). 
              Fa che la parola profetica sia liberata per sradicare i regni del male (Ger. 1:10). 
              Fa che ogni persona malvagia piantata nella mia chiesa sia sradicata nel nome di Gesù. 
              Fa che ogni malattia radicata nel mio corpo sia sradicata nel nome di Gesù. 
              Fa che tutti i falsi ministeri che si sono radicati nella mia città siano tirati fuori. 
              Fa che ogni rovo e ortica vengano sradicati dalla mia vita nel nome di Gesù. 
              Fa che tutte le spine siano consumate dalla mia vita nel nome di Gesù (Is. 10,17). 
              Fa che tutti gli spiriti radicati nel rifiuto siano espulsi nel nome di Gesù. 
              Fa che tutti gli spiriti radicati nell' orgoglio siano espulsi nel nome di Gesù. 
              Fa che tutti gli spiriti radicati nella ribellione siano espulsi nel nome di Gesù. 
              Fa che tutti gli spiriti radicati nella paura siano espulsi nel nome di Gesù. 
              Fa che tutti gli spiriti radicati nella lussuria e nel peccato sessuale siano espulsi nel nome di Gesù. 
              Fa che tutti gli spiriti radicati nelle maledizioni siano espulsi nel nome di Gesù. 
              Fa che tutti gli spiriti radicati nella stregoneria siano espulsi nel nome di Gesù. 
              Fa che tutti gli spiriti radicati in ogni parte del mio corpo e dei miei organi siano espulsi nel 
nome di Gesù. 

GESU’ OSTIA



LA «PRESENZA» NEI GESTI E NEI SIMBOLI DELLA LITURGIA


L'ostia

'Ostia' è una parola che deriva dal latino «hostia», e vuol dire: vittima.
L'uso del pane eucaristico, sotto forma di ostia, che nasce e si consolida nel tempo per ovvi motivi di praticità, si carica pure di un ricco contenuto spirituale:
a) richiama all'atto del pane spezzato e al miracolo della moltiplicazione dei pani;
b) il suo candido colore sottolinea non solo l'innocenza battesimale e la purezza verginale, ma anche il trionfo pasquale sulla morte: un tempo, i lini e le bende funebri erano di colore bianco, così come di bianco si veste chi è in lutto nell'usanza di alcuni popoli;
c) la sua rotondità, che è ciclicità e completezza, simboleggia la vita che circola intorno al punto fisso ch'è Dio, da cui tutto s'irradia. Inoltre può indicare la santità da conquistare, che nell'arte cristiana è espressa con la cosiddetta aureola.
La forma circolare, quindi, è il segno della divinità, della santità, dell'eternità.
In ogni singola ostia consacrata c'è Cristo 'tutto intero'. Così S. Caterina da Siena, dando voce a Dio, esprime questo concetto: «E come il sole non può dividersi, così nella bianchezza dell'ostia Io sono tutto unito, Dio e uomo. Se l'ostia si spezzasse e fosse possibile farne mille migliaia di frammenti, in ciascuno è tutto Dio e tutto uomo, come ho detto. Come lo specchio può andare in frantumi, e tuttavia non si divide l'immagine che si vede in ogni pezzo, così anche dividendo quest'ostia non vengo diviso Io, tutto Dio e tutto uomo, ma sono tutto in ciascuna parte» 4.

REGOLE ED ESORTAZIONI


COME I FRATI DEVONO ANDARE PER IL MONDO


Quando i frati vanno per il mondo, non portino niente per il viaggio, né sacco, né bisaccia, né pane, né pecunia, né bastone. 2 E in qualunque casa entreranno dicano prima: Pace a questa casa. 3 E dimorando in quella casa mangino e bevano quello che ci sarà presso di loro. 4 Non resistano al malvagio; ma se uno li percuote su una guancia, gli offrano l’altra. 5 E se uno toglie loro il mantello, non gli impediscano di prendere anche la tunica. 6 Diano a chiunque chiede; e a chi toglie il loro, non lo richiedano.

S. Francesco d’Assisi

Preghiera Portare il cielo alla terra



Che cosa è la preghiera 

Parlare con Dio 

La preghiera è la più semplice forma di espressione nella vita cristiana. E' parlare con Dio. Può essere fatta da un credente con la fede di un figlio che sussurra il nome del Padre, dal suo intimo. 


Galati 4:6 
Ora perché voi siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del 
Figlio suo nei vostri cuori che grida: "Abba, Padre". 


venerdì 18 ottobre 2019


CON L’IMMACOLATA CONTRO MASSONI E “NEMICI” DELLA CHIESA DI DIO



L'Immacolata, segreto di vittoria su tutti i nemici.

L'Immacolata ottiene, prima di tutto, la grazia della conversione.
Satana, l'inferno, con tutti i loro accoliti e seguaci, in mala o in buona fede, lavorano per stabilire sulle anime la dominazione del peccato e della menzogna, e irretirle in degradanti catene. Schiavitù terribile, orrenda, fatta di lagrime e di umiliazioni, di accecamento pauroso e di disperazione, anche se accompagnata da miseri piaceri ed emozioni. Una schiavitù orrenda: ne sanno qualcosa i poveri «ossessi» o quelli che, comunque, cadono vittime di malefici e sortilegi o di forze demoniache, in genere. È contro questa schiavitù che si rivolge la redenzione del Cristo. E, cioè, tutti gli sforzi di Cristo e della Chiesa, nei secoli, sono rivolti a cacciare fuori «il principe di questo mondo», a «disfare le opere di satana», a redimere le anime in una conversione totale, radicale.
Ebbene le conversioni sono opera dell'Immacolata, sono le sue vittorie. P. Kolbe è esplicito, perentorio: «Tutte le conversioni hanno origine da questa Mediatrice di tutte le grazie. È storicamente confermato che chi chiama l'Immacolata non cade nel fango, oppure se casca si rialza prontamente». È Lei che libera gli eretici «dalle eresie, distrugge in essi le opinioni e le convinzioni erronee». Ella «entra in un'anima mediante un'ispirazione interiore, oppure servendosi dell'ambiente. Ma allorché ella riesce ad entrare, oppure se capita che le porte dell'anima si socchiudano almeno un poco ed Ella riesce a penetrare nell'interno di essa, allora Ella purifica dai peccati e dai difetti, l'adorna di virtù e la conduce sulla via di una amore ardente».
Oltre che alla salvezza, l'Immacolata, poi, porta alla santificazione, con grande facilità ed efficacia, santificazione che è vittoria ancora più grande sul demonio e il male. L'anima, convertita, è già fatta «santa» dalla grazia, nel senso che ogni peccato le è rimesso; innestata poi misteriosamente in Cristo, è come permeata dalla stessa vita di Lui, e fatta oggetto di infinito compiacimento da parte di dio, che ne fa il suo tempio preferito. Ma tutto questo deve svilupparsi e crescere. Il «seme» di dio, cioé, può e vuole svilupparsi fino alla pienezza dei frutti più santi, e cioé anche fino alla santità eroica. La santificazione è splendida vittoria sul male, perché, oltre tutto, è liberarsi e scuotersi di dosso le scorie stesse del peccato, e perciò da ogni influsso demoniaco e del male, in genere; è irruzione di luce di Dio nella notte che incombe sul mondo; è crescita prodigiosa di amoree là dove alligna, tanto facilmente e abbondantemente, la pianta dell'egoismo. I santi, vittoriosi in se stessi, divengono, poi, pure, meravigliosi strumenti di prodigi e di vittorie di Dio. Ebbene, come la conversione, anche la santificazione è squisitissima opera dell'Immacolata, essendo Essa capacissima di purificare le anime nel miglior dei modi, di santificarle e unirle per sempre al dolcissimo Cuore di Gesù, di renderle felici». Un'opera di santificazione, quella dell'Immacolata, che andrebbe analizzata con profitto: vi si scorgerebbero, assieme all'ottenimento delle grazie più scelte e abbondanti, mille sfumature e modi di condurre le anime, che sono altrettanti modi vittoriosi della sua strategia divina. Ma ci basti qui cogliere qualcosa nei vari testi, che qui riportiamo. Così, P. Kolbe afferma che Ella purifica tutto ed avvicina al Padre, perché Lei è la Purissima: «Poiché ella è proprietà di Dio in modo perfettissimo, mentre Gesù è di Dio e proprietà dell'eterno Padre, ogni nostra offerta, anche se indirizzata direttamente all'eterno Padre, per natura di cose, si purifica nell'Immacolata, si eleva ad una perfezione infinita in Gesù e diviene oggetto di compiacimento della SS. Trinità».
Una purificazione progressiva e sempre più profonda, che suppone e comporta grazie ordinarie e straordinarie di ogni genere e in ogni momento. Padre Kolbe non esita a scrivere: «L'Immacolata ha lasciato la terra, ma la sua vita è penetrata e si è dilatata sempre più nelle anime. Se tutte le anime che hanno già percorso il pellegrinaggio terreno o che vivono attualmente in questo mondo potessero pronunciarsi, si dovrebbe pubblicare un numero incalcolabile di grossi volumi testimonianti l'attività dell'Immacolata, tenera Madre delle anime redente dal Sangue sacratissimo del suo divin Figliuolo. Anche questi volumi, tuttavia, conterrebbero unicamente quel che tali anime possono aver riconosciuto come grazie speciali dell'Immacolata, mentre ogni grazia giunge all'anima dalle Mani della Mediatrice di tutte le grazie e non c'è istante in cui non fluiscano in ogni anima sempre nuove grazie: grazie di illuminazione dell'intelligenza, di irrobustimento della volontà, di incitamento al bene; grazie ordinarie e straordinarie, grazie riguardanti direttamente la vita temporale e la santificazione dell'anima». L'Immacolata, spinge, attira, fa vinceree soprattutto l'indolenza della volontà, che si rifiuta di operare: «La rilassatezza morale trae la propria origine principalmente da un infiacchimento della volontà. E chi è capace di irrobustire la debole volontà umana, se non Colei che è l'Immacolata fin dal primo istante della propria esistenza, la Madre della divina grazia».

P. ANTONIO M. DI MONDA O.F.M.Conv.

Preghiera Portare il cielo alla terra



Che cosa è la preghiera 


La preghiera non è 

Chiedere ad un Dio "riluttante" ad agire a nostro favore 
Molte preghiere vengono fatte da persone che chiedono ad un Dio riluttante ad agire. Sanno che Dio può agire, ma dubitano sul Suo desiderio di farlo perché si sentono tanto indegni. 

Raccontare a Dio i nostri problemi 
Ascoltiamo persone raccontare a Dio i loro problemi, come se Egli non li conoscesse già, e allora li ascoltiamo dire a Dio ciò che hanno bisogno che Dio faccia. E' come se dessero a Dio un programma di ciò che vogliono sia fatto e sperano che Egli lo farà. Se preghiamo continuamente sui problemi, cresceranno sempre di più nelle nostre menti. 

Convincere Dio di quanto siamo meritevoli 
 Molti cercano di convincere Dio di quanto una persona sia degna. "Dio, Maria ti ha sempre amato. Ha insegnato alla Scuola Domenicale per vent'anni. E' stata una buona moglie e madre. Abbiamo bisogno di lei e Ti chiediamo di....." Questo è basare la preghiera e la fede sulle buone qualità di una persona. 

Persuadere altri della nostra relazione con Dio 
Alcune preghiere sembrano come se fossero fatte per persuadere altri della grande relazione che la persona ha con Dio. 

Espressioni di dubbio e incredulità 
Molte preghiere nella nostra chiesa tradizionale erano espressioni di dubbio e incredulità. Mentre dicevamo ad altri quanto fossero cattive alcune cose, in realtà stavamo maledicendo le persone che amavamo. Quando chiedevamo alla gente di pregare su questo o su quello, facevamo pettegolezzi. "Te lo sto dicendo così saprai come pregare," diventò un preambolo a molte conversazioni. 

Ciò che chiamavamo preghiera era una lista verbale del male che vedevamo intorno a noi. Invece di pregare trascorrevamo ore in ferventi inquietudini! 

Ci sono molte forme di preghiera. Così come sono molte le forme ci sono cristiani e situazioni. Una forma non è "giusta" ed un'altra "sbagliata". Una forma non è migliore di un'altra. 
Il desiderio di Dio è quello che operiamo in ognuna di esse in momenti differenti, come Egli ci guida. 

Sono differenti i termini che vengono usati per  "preghiera" nella Bibbia. 

PREGHIERA DI S. TOMMASO D' AQUINO




Ti ringrazio, o Signore Santo, Padre onnipotente, o eterno Iddio, perché senza alcun 
merito da parte mia, ma per solo effetto della Tua misericordia, ti sei degnato di saziare 
col prezioso Corpo e Sangue del Figlio tuo Gesù Cristo me peccatore indegno. Ti 
supplico che questa santa Comunione non mi sia causa di condanna, ma valida 
intercessione per ottenere il perdono. Sia una arma per la mia fede, uno scudo per la mia 
buona volontà. Mi liberi dai vizi, mi difenda contro le cattive tentazioni, aumenti in me 
la carità, la pazienza, l'umiltà, l'obbedienza e tutte le altre virtù. Mi renda incrollabile 
contro le insidie dei miei nemici visibili e invisibili, tranquillizzi perfettamente in me le 
passioni carnali e spirituali, e mi unisca intimamente a Te, che sei unico e vero Dio e 
felice coronamento del mio fine. Ti prego infine di condurmi a quell'ineffabile 
banchetto, dove Tu insieme col Figlio e lo Spirito Santo sei ai tuoi santi la vera luce, la 
sazietà piena, il gaudio eterno, la gloria completa e la perfetta felicità. Te lo chiediamo 
per mezzo dello stesso Gesù cristo, Nostro Signore. Così sia.