domenica 6 gennaio 2019

VII. COMANDAMENTO



EGO TE ABSOLVO 


Non rubare 

Il settimo comandamento proibisce i furti, i guasti, le usure, le frodi nei contratti e nei 
servizi, e il prestar mano a questi danni: ci ordina di restituire la roba degli altri. 

IL FURTO propriamente detto sta nel togliere la roba ad altri contro la legittima volontà 
del padrone. Il furto reca ingiuria a Dio e al prossimo. E' peccato veniale se non supera il 
danno recato al salario di un giorno di un operaio. Se oltrepassa questo limite è peccato 
grave. Il furto leggero diventa grave se reca danni gravi; come il rubare a un operaio un 
arnese necessario per il suo quotidiano lavoro. 

Tanti piccoli furti insieme costituiscono peccato grave, come per esempio il bottegaio 
che ogni volta fa il peso scarso, alla fine ruba quintali. La domestica che ogni volta 
ritiene qualche centesimo, alla fine ruba una somma considerevole. L'artigiano che non 
restituisce i ritagli della stoffa o altra roba li ruba. 

Suor Josefa Menendèz vede nell'inferno le anime che si accusano specialmente di 
peccati di impurità, di furti, di commerci ingiusti: « Dove è ora ciò che hai preso? ... 
maledette mani! ... Perché quella ambizione di avere ciò che non mi apparteneva, e che 
non potevo possedere se non per qualche giorno?.. » Sembra la maggior parte siano 
dannate per questo. 

Peccano di furto quelle spose che senza un ragionevole motivo rubano in casa denaro e 
roba del marito, e vendono di nascosto vino, grano ecc, Lo stesso furto commettono i 
figli asportando soldi o appropriandosi di roba dei genitori. Si pecca chi coglie frutta o il 
raccolto dei campi degli altri, agli amministratori, i fattori, che approfitta dei loro uffici e 
della loro autorità a danno del padrone. 

«Sulla casa del ladro piomberà la Mia maledizione e vi dimorerà e lo consumerà». dice 
Iddio nella Sacra Scrittura. 

LA FRODE consiste nel danneggiare il prossimo per mezzo dell'inganno, ossia nel 
privarlo di una cosa o di un diritto che gli appartiene. 

La frode si trova in ogni classe. Coloro che si fingono poveri sollecitando la carità degli 
altri e in tal modo ingannandoli. Gli operai che lavorano solo sotto gli occhi del padrone, 
trascurando tutto in sua assenza. Questi si appropriano un salario non del tutto meritato, 
perciò sono rei di frode. Peccano gli artigiani che non eseguiscono il lavoro secondo i 
patti convenuti, oppure oltre la mercede ritengono parte della roba, o la sostituiscono con 
altra di diversa qualità. Si pecca alterando la qualità, il peso e la misura delle merci. « La 
bilancia ingannatrice è una cosa abominevole agli occhi di Dio. » (Prov. XI. 1.) 

Pecca di frode chi esagera il giusto prezzo, chi sfrutta la gente in miseria comprando a 
prezzo basso. Chi esige dal prestito un interesse superiore al giusto. Chi potendo non 
restituisce il prestito, non paga i debiti, non ripara, non otterrà il perdono di Dio, anche 
se con le parole si dichiara pentito. Peccato che grida vendetta al cospetto di Dio la frode 
nella mercede agli operai chi nega, dimezza, differisce o trattiene la giusta mercede. « Il 
frodatore della mercede è simile all'omicida, perché il pane guadagnato è la vita dei 
poveri »). (Eccl. XXXIV 2526) 

INGIUSTO DANNO è quello che proviene da un'azione per sè illecita, come guastare, 
distruggete, consumare la roba altrui. Si pecca d'ingiusto danno chi ha ignoranza 
colpevole, per esempio un avvocato non studia fino a fondo la causa e fa perdere il 
cliente. Si incorre in omissione peccaminosa chi manca di custodia, di attenzione, di 
buon governo, chi vi è obbligato, p. es. una serva che lascia andar male la roba del 
padrone, oppure la consuma senza alcuna necessità. Pecca chi ritiene roba casualmente 
trovata. Chi ha trovato una cosa è obbligato a cercar il padrone e consegnarla. In via 

ordinaria si deve far funzionare il ritrovamento o in chiesa o per mezzo dei giornali. Se il 
padrone non si trova, la legge dispone che la cosa trovata venga depositata nei pubblici 
uffici ed ivi rimanga per lo spazio di due anni, trascorsi i quali senza che comparisca il 
padrone, chi l'ha trovato può appropriarsela. 

Pecca di ingiusto danno ancora chi fa perdere agli altri quello che hanno o potrebbero 
avere,. chi calunnia servi ed operai per far perdere loro il lavoro o la mercede, chi con 
raggiri ed inganni impedisce ad alcuno di fare giusto guadagno, o di aver un posto o un 
impegno. Pecca chi cagiona la morte o grave pregiudizio alla salute del prossimo, per cui 
esso si troverà nell'impotenza di provvedere a sè e alla famiglia. 

Peccano gli eredi ed esecutori testamentari che non adempiono fedelmente e 
prontamente le disposizioni ordinate ai testatori, specialmente se si tratta di legati pii; sia 
che questi siano disposti per iscritto, o anche solo a voce, perché in ogni caso davanti a 
Dio l'obbligo di adempire la volontà conosciuta dal testatore è sacra e inviolabile. 

Si pecca e danneggia il prossimo quando si coopera, o si concorre in qualsiasi forma al 
danno altrui con comandi pericolosi, con consigli, suggerimenti, astuzie per riuscire o 
stornare una restituzione, per via di protezione accettando depositi di oggetti, o tenendo 
mano ai ladri, ai servi, alle mogli, figli, col ricevere, nascondere la roba. 

Pecca con partecipazione chi presta a un ladro la sua opera o i suoi strumenti, e chi 
compra, profitta, gode di cose rubate. I genitori che vedendo venire i figli a casa con 
roba che non si sa da dove venga invece di indagare tacciono, dissimulano, pensano a 
godere la roba di cui sono venuti in possesso. 

Si pecca, cooperando negativamente, chi potendolo senza grave incomodo impedire non 
lo fa. 

Il dovere della restituzione 

Per cancellare gli altri peccati basta una buona confessione. Per i peccati di ingiustizia la 
confessione non vale niente se non è accompagnata da una seria ed efficace volontà di 
fare la restituzione. Questo dovere non cessa mai, per quanto siano le difficoltà. La 
restituzione non è un consiglio, neppure una penitenza imposta dal confessore, cosicché 
si possa diminuire o commutare con altra opera buona, come credono taluni, ma essa è 
un atto di rigorosa giustizia, un precetto della legge naturale e divina, immutabile come è 
immutabile Dio. 

Dio è la giustizia per essenza. Come potrebbe dispensare dal rendere a ciascuno il suo! 
Né indulgenze plenarie, digiuni rigorosi, lacrime cocenti, opere di beneficenze sarebbero 
sufficienti senza la restituzione. Non si rimette il peccato se prima non si restituisce. « O 
restituzione, o dannazione ». L'obbligo di restituzione passa anche agli eredi del ladro. 

Se il danneggiato è morto, agli eredi suoi spetta il risarcimento e la restituzione. Per 
salvaguardare l'onore, la più semplice via di restituire per mezzo di un confessore o il 
parroco. La restituzione dev'essere fatta più presto che si può, perchè l'obbligo incalza 
ogni giorno, ed anche per un solo giorno è proibito ritenere cose che non ci 
appartengono. 

Procrastinare la restituzione senza giusto motivo è continuo e successivo peccato, per il 
danno successivo che ne riceve il prossimo e per la continua trasgressione della legge di 
Dio. La morte è più vicina di quanto si creda. Fate subito quello che vorreste aver fatto 
in punto di morte. La più preziosa eredità è l'onestà, la virtù e il timor di Dio. 

G. Crux 

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