Trattato di Demonologia
«Perché voi non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità perché la verità non è in lui. Quando dice il falso parla del suo perché è menzognero e padre della menzogna. A me invece voi non credete perché dico la verità» (Gv 8,43-45).
Parole dure, durissime, che a prima vista non mancano di fare una certa impressione nel sentirle pronunziare dalla bocca di Gesù Cristo, dalla quale siamo abituati a sentire solo parole di bontà, di tenerezza, di misericordia e di perdono. Ma quando pensiamo a chi sono dirette e quando sono state dette l’impressione cessa. I farisei, i sadducei, gli anziani, gli scribi del popolo si erano sentiti dire da Gesù parole molto forti e roventi anche in altre circostanze, ma non si erano sentiti chiamare mai «figli del diavolo».
Erano stati essi stessi che poco prima avevano attribuito a Gesù una stretta parentela col diavolo:
«Gli scribi che erano discesi da Gerusalemme dicevano:
Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demoni per mezzo del principe dei demoni» (Mc 3,22).
Ma lo scontro era diventato più violento e più rovente quando Gesù si era portato a Gerusalemme poco tempo prima della sua passione e morte. Giovanni, testimone oculare e auricolare di quegli scontri, ce ne riferisce una parte in tutta la loro drammaticità. Dalle parole e dagli insulti gli avversari passeranno poco dopo all’azione e tenteranno di lapidare Gesù, ma non riusciranno «perché non era ancora venuta la sua ora» (Gv 7,30).
«Voi avete per padre il diavolo». L’ostinazione irriducibile dei capi del popolo che rifiutano l’insegnamento e l’autorità del Piglio di Dio venuto nel mondo indica chiaramente — secondo Gesù — una stretta parentela col maligno. Gli avversari di Gesù si appellano alla loro figliolanza di Abramo. No, risponde Gesù. Abramo era un santo, era amico di Dio. I figli di Abramo, quelli veri e autentici, devono dimostrare la loro discendenza facendo le stesse opere del padre, imitando il padre, comportandosi come il padre. Dai frutti si conosce l’albero. Le opere dei giudei indicano un’altra origine, un’altra paternità, inconfondibile, innegabile, quella del diavolo.
L’ostinazione giudaica è un peccato contro lo Spirito Santo, uno di quei peccati che non saranno mai perdonati. Impugnare la verità conosciuta, agire contro coscienza, vuoi dire precludersi la via al pentimento e quindi al perdono. Gesù sulla croce dirà: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 22,34). Ma, come osserva san Tommaso114 le parole di Cristo in croce erano riferite al semplice popolo, non ai capi della nazione responsabili dell’eccidio del Calvario. La colpa dei capi è duplice:
hanno convinto il semplice popolo dell’assurdità della fede in Cristo come messia promesso e hanno ridotto il popolo a dura schiavitù fisica e morale condizionando il suo modo di pensare e di vivere.
Quando il discorso verte sui mondo ebraico bisogna sempre tener presente questa distinzione tra umile popolo e capi. Questa distinzione valeva per i tempi antichi e continua a valere anche ai giorni nostri e in tutti i tempi. La figliolanza diabolica non era attribuita da Gesù a tutto il popolo come tale ma solo ad una parte ben determinata di esso.
Lo stesso discorso vale per il razzismo e l’antirazzismo. Tutti gli uomini della terra appartengono a una razza — comunque voglia chiamarsi — e tutti hanno diritto di vivere in questo mondo. La razza, considerata in se stessa, è in rapporto con la politica, ma noi esuliamo dalla politica e restiamo nel campo della religione. Stiamo trattando di demonologia, non di economia politica. Il popolo ebraico ci interessa soltanto dal punto di vista religioso, non sotto altri aspetti.
Il popolo ebraico è l’unico popolo antico che è rimasto integro fino ai nostri giorni e, secondo san Paolo, costituisce un mistero. Noi vogliamo rispettare fino in fondo questo mistero:
«Non voglio che ignoriate, fratelli, questo mistero: l’indurimento di una parte d'Israele è in atto fino a che saranno entrate (nella chiesa) tutte le genti» (Rm 11,25).
«A causa della loro caduta la salvezza è venuta ai pagani per suscitare la loro gelosia. Se pertanto la loro caduta è stata ricchezza del mondo e il loro fallimento ricchezza dei pagani, che cosa non sarà la loro partecipazione totale?» (Rm, 12).
«Se il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti?» (Rm, 15).
«Quanto al vangelo essi sono nemici per vostro vantaggio, ma quanto all’elezione sono amati a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irreversibili» (Rm, 28-29).
«L’indurimento di una parte d’Israele», dice san Paolo. Di qui nasce la tragedia che colpisce e accompagna questo popolo da due millenni: la deviazione spaventosa che ha subito, il rifiuto del Messia che i loro antenati, i patriarchi e i profeti, avevano preannunciato e preparato. Il messianismo biblico è diventato per una parte di ebrei un messianismo nazionalistico. E il popolo stesso, la razza, diventata Messia. Scrive l’ebreo Bernard Lazare: «In generale gli ebrei, anche i più rivoluzionari, hanno assorbito lo spirito ebraico e se hanno dato l’addio a religione e a fede, sono tuttavia rimasti fedeli all’educazione e formazione influenzata dal nazionalismo giudaico. Questo è vero principalmente per i rivoluzionari ebraici che sono vissuti iiella prima metà di questo secolo, l’Ottocento, Enrico Heine e Carlo Marx ne sono gli esempi più tipici»115.
Lo stesso si dica dei rappresentanti dell’alta finanza ebraica, Rotschild, Warburg, Kahn, SchifE Loeb... tutti solidali col loro popolo nell’ideale di dominio della razza e quindi in opposizione alla religione e alla Chiesa fondata da Cristo. Il naturalismo che esclude qualunque influsso e intervento della grazia divina, è il grande peccato di questo popolo, la chiave di comprensione del loro comportamento nei confronti di Cristo e della religione cattolica.
Si nota a questo riguardo una metodologia costante, iniziata al tempo di Gesù e continuata immutata nei tempi successivi e identica a quella praticata in tutto il mondo ai giorni nostri. Ne rileviamo alcuni esempi dalle sacre pagine.
Dopo la sepoltura di Gesù è necessario prendere le precauzioni perché la risurrezione, di cui egli aveva spesse volte parlato con tutta sicurezza, non avvenga
«Signore — dicono a Pilato — ci siamo ricordati che quell’impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò. Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: l risuscitato dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima» (Mt 27,62-64).
Gesù non tiene affatto conto di questa precauzione puerile e, come aveva detto, così ha fatto. Con puntualità matematica, il terzo giorno, prima ancora che fosse spuntata l’aurora, egli esce vivo dal sepolcro dove due giorni prima era stato deposto il suo cadavere.
La grande pietra «rotolata sulla porta del sepolcro» (Mt 27,60), che doveva assicurare per sempre la tomba di un morto, fu scossa con la stessa facilità — direbbe il Manzoni — con cui un viandante che attraversa il bosco scuote dalla spalla la foglia che il vento vi aveva posato. E i soldati armati fino ai denti che stanno di guardia senza poter impedire il prodigio, ne saranno invece i testimoni più sicuri e attendibili.
Ma anche questo si cercherà di impedire con una nuova menzogna e collo sborso di danaro: l’intimidazione, il ricatto, il danaro saranno le armi usate in tutti i tempi e in tutte le circostanze dai «figli del diavolo» per l’attuazione dei loro loschi affari.
«Alcuni della guardia (al sepolcro di Gesù) giunsero in città e annunziarono ai sacerdoti quanto era accaduto. Questi si unirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di danaro ai soldati dicendo: Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti e l’hanno rubato mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all’orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia. Quelli, preso il danaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i giudei fino ad oggi» (Mt 28,11-15).
La grande forza del danaro! La grande forza della finanza! I metodi jugulatori e ricattatori di oggi hanno dei gloriosi antenati!
La lotta sorda e tenace continua dopo la morte di Gesù nella primitiva chiesa di Gerusalemme con metodi leggermente diversi ma con lo stesso obiettivo e gli stessi risultati. Una delle prime vittime sarà il diacono Stefano.
«Non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava. Perciò sobillarono alcuni che dissero: Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio. E così sollevarono il popolo» (At 6,10-12).
Come andò a finire lo sappiamo.
Paolo e Sila lavorano a Tessalonica e convertono parecchi, il che dà molto fastidio ai giudei e suscita la loro invidia e il loro timore:
«Un buon numero di greci credenti in Dio e non poche donne della nobiltà Ma i giudei, ingelositi, trassero dalla loro parte alcuni pessimi individui di piazza e radunata gente mettevano in subbuglio la città» (At 17,4-5).
A Efeso, resa celebre nell’antichità per la magia e la divinazione che vi si praticava specialmente dagli ebrei, capitò un fatto abbastanza curioso che vale la pena rammentare:
«Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare il nome del Signore sopra quanti avevano spiriti cattivi dicendo: “Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica”. Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo. Ma lo spirito cattivo rispose loro: Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete? E l’uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite. Il fatto fu risaputo da tutti i giudei e greci che abitavano a Efeso» (At 19,13-17).
Tra gli apostoli predicatori del vangelo il più attivo, il più conosciuto e anche il più efficace era Paolo di Tarso, un convertito, considerato dai suoi connazionali un «traditore» e perciò odiato a morte. Ma non era facile aver ragione del focoso apostolo. La sua dialettica era tanto sottile che metteva sempre gli avversari con le spalle al muro. Non potendo abbatterlo a parole cercarono di farlo fuori con un assassinio:
«I giudei ordirono una congiura e fecero voto con giuramento esecratorio di non toccare né cibo né bevanda (lo sciopero della fame in piena regola) sino a che non avessero ucciso Paolo. Erano più di quaranta quelli che fecero questa congiura. Si presentarono ai sommi sacerdoti e agli anziani e dissero: Voi ora, insieme al sinedrio, fate dire al tribuno che vi riporti Paolo col pretesto di esaminare più attentamente il suo caso, noi intanto ci teniamo pronti a ucciderlo prima che arrivi» (At 23,12-15).
Ce ne sarebbe abbastanza per farci capire lo spirito che animava certi settori della nazione giudaica, i più alti e i più responsabili, verso Gesù Cristo, la chiesa e la religione cristiana.
Gesù Cristo? Non è nè il Messia né tanto meno Figlio di Dio.
Scrive il professor Klausner dell’università giudaica di Gerusalemme:
«Che cos’è (non: Chi è) Gesù Cristo oggi per la nazione giudaica? Per la nazione giudaica egli non può essere né Dio né Figlio di Dio nel senso inteso dalla fede nella Trinità. Le due concezioni sono per gli ebrei non solo empie e blasfeme, ma anche incomprensibili. E neppure per la nazione giudaica egli può essere il Messia: il regno dei cieli non è ancora arrivato»116.
Ciò che agli ebrei dà terribilmente ai nervi è la festa del Natale:
«Le scuole pubbliche devono essere istruite sul significato dei canti natalizi e del Natale stesso e del suo influsso. Noi intendiamo che si finisca una buona volta con questa propaganda natalizia»117. E iniziativa ebraica, purtroppo seguita e sostenuta anche da molti cattolici, presentare cartoline e biglietti natalizi senza nessun riferimento al mistero che il Natale ricorda e la dissacrazione sistematica della stessa festa natalizia, trasformata in giornata di regali, di divertimenti e di grandi mangiate e feste gastronomiche.
Chi è il papa per l’ebreo?
«Secondo la religione giudaica il papa è il nemico del popolo giudaico solo per il fatto che egli è il capo della chiesa cattolica. Il giudaismo si oppone al cristianesimo in generale e alla chiesa cattolica in particolare»118.
Quali i rapporti con lo stato cristiano?
«L’ebreo è il testimone vivo della scomparsa dello stato fondato sui principi della teologia e che sogna di ricostruire il cristiano antisemita. Il giorno in cui un ebreo è diventato capo responsabile di un posto pubblico, lo stato cristiano è stato messo in pericolo. Gli antisemiti che dicono avere gli ebrei rovinato l’idea di stato dovrebbero dire con più ragione che sì, l’entrata degli ebrei nella società ha significato la distruzione dello stato, ma naturalmente dello stato cristiano».119
Abbiamo già accennato alla parte determinante che il mondo giudaico ha avuto nei movimenti eversivi e nelle rivoluzioni di questi ultimi tempi, nella rivoluzione francese e nella rivoluzione bolscevica.
La parte svolta dal mondo ebraico, e dalla massoneria sua alleata, nella guerra civile di Spagna 1936-1939 — della quale si parla troppo poco come se si trattasse di un fatto di scarsa importanza — è ricordata dalla lettera collettiva dell’episcopato spagnolo del 1937:
«E evidente che il presente conflitto è uno dei più terribili ingaggiati dall’anticristo, cioè dal giudaismo, contro la chiesa cattolica e contro Cristo. Nella presente crisi che agita il mondo il giudaismo usa soprattutto due armi, una segreta, la massoneria, l’altra manifesta e dichiarata, il comunismo unito ad altri movimenti anarchici, anarco-sindacalisti, socialisti, e appoggiato da altre forze ausiliarie, Rotary, Lega di beneficenza, ecc.»120.
Dove si alimenta questa diffidenza e quest’odio contro Cristo e la sua chiesa?
Si alimenta specialmente nel Talmud, libro sacro degli ebrei scritto nei primi secoli dell’era cristiana. E il codice religioso e civile della sinagoga redatto dai più celebri dottori e rabbini. Oggi è ritenuto la suprema autorità nel campo religioso, più autorevole della Bibbia stessa121. Si presenta diviso in due parti, il Mishna, che ne forma il testo, e il Ghemara che ne è il commento. Nel Ghemara troviamo almeno un centinaio di passi che insultano spudoratamente la santità di Cristo, la purezza e verginità di Maria Santissima e la morale del cristianesimo presentata come una sentina di vizi. Il Talmudo proibisce formalmente a un ebreo di aiutare o di salvare la vita a un non- ebreo che fosse in pericolo:
«Dal momento che la vita di un idolatra è alla discrezione di un giudeo, a fortiori lo sono i suoi beni».
I non-ebrei sono generalmente chiamati «goim», bestie da pascolo, stimati non uomini, esseri inferiori, dall’intelletto ottuso e bestiale, allo stato d’infanzia, creati solamente per servire agli ebrei:
«I cristiani si hanno da fuggire come indegni del consorzio umano — scrive un maestro d’Israele — essendo questi (gli ebrei) di tanta dignità che neppure gli angeli li uguagliano»122.
E un altro rabbi scrive:
«Un giudeo deve riputarsi quasi uguale a Dio. Tutto il mondo è suo, tutto deve a lui servire, specialmente le bestie che hanno forma di uomini e che sono tutti i cristiani»123.
«Il Talmud — scrive Monsignor Landrieux — è la deformazione sistematica della Bibbia. L’orgoglio razziale con l’ideale di dominio universale sul mondo vi è esaltato sino ai limiti della follia. Per il Talmud solo la razza ebraica costituisce l’umanità, i non ebrei non sono neppure esseri umani, ma soio animali senza diritti. La legge morale naturale, anzi neppure il decalogo, obbligano nei loro riguardi. In confronto dei goim tutto è lecito, furto, rapina, frode, spergiuro, assassinio. Quando il Talmud fu conosciuto nel mondo occidentale, circa il 1238-1240, e specialmente nel Seicento quando, con l’introduzione della stampa, il libro ebbe una maggior diffusione, ci fu una feroce reazione nel mondo cristiano. L’assemblea generale giudaica pensò allora, nel 1631, di non pubblicare più i passi più pericolosi e compromettenti perché non arrivassero a conoscenza del gran pubblico. Alloro posto era messo un piccolo circolo, 0, per ricordare ai rabbini che quei passi dovevano essere spiegati oralmente per togliere così ai “nazareni”, cioè ai cristiani, ogni pretesto per attaccare gli ebrei»124.
Al termine di questa carrellata vengono in mente i versetti del salmo secondo, che la Bibbia di Gerusalemme presenta col titolo Il dramma messianico:
«Perché le genti congiurano, perché invano cospirano i popoli? Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia... Se ne ride chi abita nei cieli e schernisce dall’alto il Signore» (Sal 2,1-4).
Il concilio Vaticano II ha pubblicato il decreto Nostra Aetate sui rapporti tra chiesa cattolica ed ebrei allo scopo di far meglio conoscere da una parte e dall’altra le rispettive posizioni e arrivare se possibile ad una riconciliazione definitiva. Da parte cattolica i passi fatti sono già stati molti. Si spera e si augura che questa normalizzazione di rapporti sia vicina e che i mali riscontrati nel passato non si abbiano più a ripetere in avvenire.
Paolo Calliari
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