GLI APOSTOLI
“Cos’erano i dodici Apostoli? Pescatori analfabeti e ignoranti; ma ho preso loro e non i dotti Rabbini. Perché consci di essere nulla,erano capaci di accettare la Parola, mentre i Rabbini, saturi di orgoglio, erano incapaci di farlo. L’umiltà è quella che cerco, e se questi miei eletti, pure rimanendo amorosi, puri e generosi, divenissero superbi, li abbandonerei senza fallo. L’apostolicità, poi, della Chiesa non è finita con gli Apostoli, continua con apostoli minori. Ogni santo n’è uno. Io, Capo della Chiesa, posso scegliere e spargere ovunque questi miei piccoli apostoli per il vostro bene. Perché volete dire a Dio: “Non ti è lecito fare ciò?” (Quad. ‘44, p. 516).
“Gesù aveva insegnato l’umiltà con l’esempio e la parola, scegliendo fra il popolo umile i suoi apostoli, facendo del più ignorante e rozzo, ma di buona volontà, la pietra, il capo, il Sommo Pontefice, suo continuatore.
Uno solo fra i dodici aveva somiglianze di pensiero, di gusti e di carattere con coloro che sedevano sulla cattedra di Mosé, fu quello solo che lo tradì. Il Maestro d’infinita sapienza, presentando un fanciullo ai suoi eletti, aveva detto: “Se non diverrete umili, semplici come questo bambino, non entrerete nel regno dei Cieli” (Mt. 18,3). Il più piccolo o umile è il più grande agli occhi di Dio, “che tiene nascoste le cose eccelse ai sapienti, dotti, mentre le rivela agli umili” (Lc. 9,46). Insegnava che non tutti i chianati restano eletti, quando montano in superbia; che i primi posti in Cielo sono riservati agli ultimi, per chi in Terra fu umile e caritatevole verso i poveri”.
Pietro il più umile fu esaltato per la sua umiltà semplice e buona. Giuda di Keriot fu abbassato per la sua boria, la triplice sua concupiscenza, il suo calcolo di adulto astuto per cui anche un sospiro era fatto con duplice fine.
A Pietro, fanciullo anche se adulto, fu dato il Regno spirituale come Papa, e quello celeste come Santo. Giuda, il sapiente vanaglorioso, è gettato fuori del regno nel tormento infernale” (Lez. sull’Ep. ai Rom. p. 258).
“Credete voi che sia facile salvarsi solo perché si è un dottore, un Gamaliele o un Apostolo? In verità, vi dico: è più facile che si salvi un fanciullo, un comune fedele che uno promosso a speciale missione e carica. Negli eletti ad alto, straordinario incarico entra generalmente la superbia della loro vocazione, superbia che apre la porta a Satana, cacciando Dio. La caduta delle stelle è più facile di quella dei sassi (che d’altronde sono già in terra).
Il Maledetto cerca di spegnere gli astri e, tortuoso, s’insinua a fare da leva agli eletti per poterli ribaltare. Se cade in errore un uomo comune, la caduta non travolge che lui solo.
Ma se cade un eletto a sorte straordinaria, diventando strumento di Satana anziché di Dio, e discepolo del demonio anziché discepolo mio, allora la rovina è ben maggiore e può dare origine perfino a infauste eresie che danneggiano un numero incalcolabile di anime!
Guai all’apostolo che cade! Trascina molti discepoli che trascinano un numero più grande di fedeli, e la rovina sempre più cresce come valanga che cade o come cerchio che si estende sul lago. L’oscuro discepolo, ignorato da tutti, ma che vivrà santamente, portando anime a Dio, sarà più grande ai suoi occhi del conosciuto apostolo che abbassa la sua dignità apostolica a scopi umani” di prestigio personale (Poema 3°, p. 125).
“L’orgoglio è il piedistallo di Satana.
Eppure tenete nel cuore la cattedra di questo orrido maestro per le sue lezioni. Siete impastati d’orgoglio! Ne avete per tutti i motivi, anche il fatto di essere miei apostoli vi è causa di orgoglio. Ma, o stolti, non ve ne guarisce il confronto di ciò che siete con Colui che vi ha eletti? Non è perché vi ho chiamati che sarete santi, ma per il modo con cui userete della mia chiamata! La santità è fabbrica che ognuno costruisce da se stesso. Se la Sapienza ne traccia il progetto, a voi spetta l’opera! Nella prova della mia Passione sarete come uno che si credeva forte e si trova atterrato, vinto. Ne rimarrete sbalorditi, avviliti ma finalmente umili” (Poema 5°, p. 443).
Difatti, dopo la prova per loro così umiliante, (del Venerdì Santo), gli Apostoli dissero a Gesù Risorto: “Ma noi non potremo fare più nulla. Il popolo ci deride (per la nostra fuga e viltà)! Abbiamo distrutto la tua opera, la tua Chiesa!” - “Pace!” risponde Cristo Risorto. “Neppure l’Inferno distruggerà la mia Chiesa. Farete e farete bene, ora che vi conoscete umilmente per quello che siete. Ora siete sapienti di una grande sapienza: quella di sapere che ogni atto ha grandi ripercussioni, talora incancellabili e chi sta in alto ha, più degli altri, il dovere do essere perfetto. Ciò che passa inosservato o scusabile, se fatto da un fedele, non passa inosservato e viene severamente giudicato dal popolo, se fatto da un sacerdote. Ma il vostro avvenire cancellerà il vostro passato. Benedite chi vi umilia perché vi santifica” (Poema 10°, p. 142).
“Nonostante il vostro smarrimento, siete i miei continuatori. Come tali, dovrete convertire il mondo a Cristo. Convertire è la cosa più difficile e delicata. Sdegni, ribrezzi, orgogli sono tutti deleteri per la riuscita. Poiché nulla e nessuno vi avrebbe persuaso alla condiscendenza, alla bontà verso quelli che sono nelle tenebre, è stato necessario che voi aveste, una buona volta, frantumato il vostro orgoglio di ebrei, di maschi, di apostoli per fare posto solo all’umiltà, la vera sapienza del vostro ministero, per decidervi finalmente alla mitezza, alla pazienza, alla carità senza borie né ribrezzi.
Avete visto che tutti vi hanno superato, durante la Passione, nel credere e nell’agire, fra quelli che voi guardavate con disprezzo e compatimento orgoglioso. Avevo delle discepole timide come tutte le donne ebree, eppure hanno saputo lasciare la casa e venire fra la marea di un popolo che mi bestemmiava, per darmi sul Calvario quel conforto che i miei Apostoli mi negavano. Una delle donne, dal passato più colpevole, ha sfidato la morte per starmi vicino. Insultata, ha scoperto il suo volto per ricevere sputi e schiaffi per rassomigliarmi di più, mentre, Pietro, tu mi hai rinnegato e sei fuggito. Quella donna è Maria di Magdala. Schernita nel fondo dei cuori per la sua tenace fede nella mia Risurrezione, ha continuato a credere. Avevo il volto ricoperto di sputi e di sangue, lordura e polvere l’incrostavano. Di chi la mano che me lo deterse col velo? Nessuna delle vostre mani. Avevo sete, morivo di sete. Non avevo che febbre e dolore! Chi mi ha voluto dare una stilla per la gola riarsa? La pietà in un soldato pagano. Vedete: tutti vi hanno superato nell’ora della prova.
Tutti! E questo, perché domani, ricordando il vostro errore, non chiudiate il cuore a chi viene alla Fede e alla mia Chiesa. Nonostante che ve lo dica, non lo farete che quando lo Spirito Santo, nella Pentecoste, vi avrà piegato alla mia Volontà. Ho vinto la morte, ma è per me una vittoria meno dura di quella sul vostro vecchio orgoglio ebreo.
“Tu, Pietro, che devi essere la pietra della mia Chiesa, scolpisciti bene queste verità amare nel cuore. Quando vorrai chiudere il cuore e la Chiesa a qualcuno di altra fede religiosa, ricorda che non Ebrei, ma pagani, romani mi hanno difeso e dimostrato pietà.
Ricordati che non tu, ma una peccatrice ha saputo stringere la mia Croce sul Calvario.
Allora, per non essere degno di biasimo, sii imitatore del tuo Maestro e Dio. Apri il tuo cuore e la Chiesa a chi viene bussarvi, e dici: “Come, io povero Pietro, potrei disprezzarlo!
Se lo disprezzassi, sarei disprezzato dal Signore. Il mio errore griderebbe al suo cospetto!” Guai se non ti avessi così spezzato: un lupo, non un pastore, saresti diventato!” (Poema 10°, p. 84...).
Il rinnegamento di Gesù è stato per Pietro il rimedio più radicale contro l’orgoglio. Tutti i capi, sia degli Angeli che degli uomini, sono nel passato, caduti per superbia. Il Salvatore ha voluto preservarne il Capo della sua Chiesa con l’esperienza della propria debolezza. La disgrazia della caduta è stata anche per Pietro una grazia di maggiore umiltà, carità e santità.
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