LA «PRESENZA» IN NOI
La preparazione, il ringraziamento, le disposizioni e le condizioni per la Comunione
Quando qualche persona ci comunica che verrà a trovarci, ci prepariamo a riceverla. Curiamo il nostro aspetto, mettiamo in ordine il luogo dell'incontro, facciamo cioè il possibile per accogliere, nel migliore dei modi, l'ospite in arrivo.
Più l'ospite è importante, maggiore è il nostro impegno. Più l'ospite è una persona a noi cara, maggiore è il desiderio di incontrarlo.
Proviamo per un attimo a pensare se dovessimo, un giorno, ricevere nella nostra casa una grande personalità.
II tempo dell'attesa, da interminabile diventerebbe paurosamente insufficiente. Sicuramente sposteremmo di continuo la data dell'incontro: l'ansia e l'emozione renderebbero i preparativi ancora più lunghi! Ebbene, si tratta solo di un ospite terreno, di una creatura di questo mondo, di un essere umano come noi. La vita del cristiano è arricchita da incontri ben più preziosi! Con la Comunione, infatti, riceviamo l'Ospite divino nella casa della nostra anima. E sarà la misura del nostro coinvolgimento nella preparazione, a determinare la fruttuosità dell'incontro.
Lasciamoci, a tal proposito, consigliare dall'ascetico autore de "L'Imitazione di Cristo":
«[ ...] Ecco, Noè, uomo giusto, lavorò cent'anni nella costruzione dell'arca, per salvarsi con pochi; e come potrò io, solo in un'ora, prepararmi a ricevere con religioso timore il costruttore del mondo?
Mosè, il tuo grande servo, a te particolarmente caro, costruì un'arca con legni non soggetti a marcire e la rivestì d'oro purissimo, per riporvi le tavole della legge; ed io, putrida creatura, oserò ricevere con tanta leggerezza te, autore della legge e datore della vita?
Salomone, il più sapiente dei re d'Israele, edificò, con un lavoro di sette anni, un tempio grandioso a lode del tuo nome; ne celebrò la dedicazione con una festa di otto giorni e con l'offerta di mille vittime pacifiche, e collocò solennemente, tra gioiosi suoni di tromba, l'arca dell'alleanza nel luogo per essa predisposto. E come ti introdurrò nella mia casa, io, infelice, il più miserabile tra gli uomini; io che, a stento, riesco a passare devotamente una mezz'ora? E fosse, almeno, una volta, una mezz'ora trascorsa degnamente!
[...] Eppure c'è un abisso tra l'arca dell'alleanza, con le reliquie che custodisce, e il tuo corpo purissimo, con le sue indicibili virtù; tra i sacrifici legali di allora, simbolo dei sacrifici futuri, e il tuo corpo, vittima vera, che porta a compimento tutti gli antichi sacrifici.
[...] Se allora si viveva in così grande devozione; se di quel tempo restò il ricordo delle lodi date a Dio davanti all'arca dell'alleanza, quanta venerazione e quanta devozione devono essere ora in me, e in tutto il popolo cristiano, alla presenza del sacramento, nella comunione del corpo di Cristo, cosa più sublime di ogni altra?» (Lib. IV; cap. 1).
Il discorso prosegue, ma adesso è Gesù che si rivolge direttamente a colui che si appresta a riceverlo:
«[ ...] Se vuoi che io venga a te e rimanga presso di te, purificati dal "vecchio lievito" e purifica la dimora del tuo cuore. Caccia fuori tutto il mondo e tutto il disordine delle passioni; sta' "come il passero solitario sul tetto" e ripensa, con amarezza di cuore, ai tuoi peccati. Colui che ama prepara al suo amato il luogo migliore e più bello: da questo si comprende l'affetto di chi riceve la persona cara.
Sappi tuttavia che, per questa preparazione - anche se essa durasse un intero anno e tu non avessi altro in mente - non potresti mai fare abbastanza con le tue sole forze. È soltanto per mia benevolenza e per mia grazia che ti viene concesso di accostarti alla mia mensa: come se un povero fosse chiamato al banchetto di un ricco e non avesse altro modo per ricambiare quel beneficio che nell'umiliarsi e rendere grazie.
Fa' dunque tutto quello che è nelle tue possibilità, fallo con molta attenzione, non per abitudine, non per costrizione; ma con timore, venerazione e amore ricevi il corpo del tuo amato Signore Dio, che si degna di venire a te. Sono io che ti ho chiamato; sono io che ti ho comandato di fare così, sarò io a supplire a quel che ti manca. Vieni ed accoglimi.
Se ti concedo la grazia della devozione, siine grato al tuo Dio; te la concedo, non già per il fatto che tu ne sia degno, ma perché ho avuto misericordia di te. Se non hai questa devozione, anzi ti senti piuttosto arido, insisti nella preghiera, piangi e bussa, senza smettere finché non avrai meritato di ricevere almeno una briciola o una goccia della grazia di salvezza.
Sei tu che hai bisogno di me, non io di te. Sono io che vengo a santificare te e a farti migliore, non sei tu che vieni a dare santità a me. Tu vieni per ricevere da me la santità, nell'unione con me; per ricevere nuova grazia, nel rinnovato, ardente desiderio di purificazione. "Non disprezzare questa grazia"; prepara invece il tuo cuore con ogni cura e fa' entrare in te il tuo diletto» (Lib. IV; cap. 12).
Alla preparazione per ricevere il Sacramento, deve seguire un adeguato raccoglimento, necessario per ottenere una grazia maggiore.
"L'Imitazione di Cristo" conclude con le parole di Gesù rivolte a chi si è comunicato: «Guardati dal molto parlare; tieniti appartato, a godere del tuo Dio. Tu possiedi colui che neppure il mondo intero ti potrà togliere.
Io sono colui al quale devi darti interamente, così che tu non viva più in te, ma in me, senza alcun affanno» (Lib. IV; cap. 12).
Che luminosi ammaestramenti! Ci fanno capire la nostra piccolezza di fronte alla grandiosità di quello che è certamente l'atto più importante nella giornata del credente.
Un'adeguata preparazione, però, non deve rimanere fine a se stessa, ma essere una delle innumerevoli fasi che costituiscono la continua crescita del cristiano. Bisognerebbe cioè vivere - giorno dopo giorno - l'attesa dell'Ospite Divino, come se la sua presenza fosse in noi permanente.
Qualcuno, allora, potrebbe dire: «Non mi comunico perché non ne son degno!». E questa frase si sente spesso.
A questo proposito, così interviene Sant'Alfonso Maria de' Liguori: «Ho detto: colla disposizione conveniente, non già colla degna, perché se bisognasse la degna, e chi mai potrebbe più comunicarsi? Solo un altro Dio sarebbe degno di ricevere un Dio. Intendo conveniente quella che conviene ad una misera creatura vestita dell'infelice carne di Adamo. Basta che la persona, ordinariamente parlando, si comunichi in grazia, e con vivo desiderio di crescere nell'amore verso Gesù Cristo».
Anche San Giovanni Bosco, in una pubblicazione in cui esorta all'assiduità nella Comunione, così risponde a quegli interrogativi che potrebbero esserne d'ostacolo: «Taluno dirà: io sono troppo peccatore. Se tu sei peccatore procura di metterti in grazia col Sacramento della Confessione, e poi accostati alla Santa Comunione, e ne avrai grande aiuto. Un altro dirà: mi comunico di rado per avere maggior fervore. È questo un inganno. Le cose che si fanno di rado per lo più si fanno male. Altronde essendo frequenti i tuoi bisogni, frequente deve essere il soccorso per l'anima tua. Alcuni soggiungono: io sono pieno di infermità spirituale, e non oso comunicarmi sovente. Risponde Gesù Cristo: Quelli che stanno bene non hanno bisogno del medico: perciò quelli che sono maggiormente soggetti ad incomodi loro è mestieri essere sovente visitati dal medico. Coraggio adunque, o cristiano, se tu vuoi fare un'azione la più gloriosa a Dio, la più gradevole a tutti i santi del cielo, la più efficace per vincere le tentazioni, la più sicura a farti perseverare nel bene, ella è certamente la santa Comunione».
Padre Pio da Pietrelcina scrive ad una figlia spirituale: «Io penso che la santissima Eucaristia sia il gran mezzo per aspirare alla santa perfezione, ma bisogna riceverla col desiderio e coll'impegno di togliere dal cuore tutto ciò che dispiace a colui che vogliamo alloggiare».
Il decreto "Sacrosancta Tridentina Synodus" della Congregazione del Concilio del 16 dicembre 1905, mettendo ordine nelle discussioni dei teologi, indica le disposizioni necessarie, le disposizioni e condizioni utili per comunicarsi, tuttora vigenti.
Le disposizioni necessarie (cioè quelle senza cui non si ottiene l'effetto del Sacramento) sono: lo stato attuale di grazia santificante e la retta intenzione.
Le disposizioni e condizioni utili (cioè quelle che aumentano la fruttuosità della Comunione, e che la loro mancanza non ne svuota totalmente gli effetti) sono: l'assenza di peccati veniali, una preparazione e ringraziamento, infine il consiglio del confessore, che si rende opportuno - sotto forma di direzione spirituale - soprattutto nell'uso della Comunione quotidiana.
L'Eucaristia opera in funzione della natura del soggetto che la riceve. La sua azione, quindi, può essere nulla, sminuita o completa.
Ecco un tracciato schematico per chi intende accostarsi con profitto alla Comunione, le cui linee potrebbero sembrare scontate, ma che è bene ricordare:
- Essere battezzati.
- Sentire la propria appartenenza alla Chiesa.
- Accettare questo Mistero, credendo fermamente nella presenza vera, reale, sostanziale di Gesù Cristo nel Sacramento dell'altare.
- Vivere gli insegnamenti evangelici.
- Esaminare se stessi, ed eventualmente riconciliarsi con Dio mediante la Confessione.
- Essere digiuni da almeno un'ora (l'acqua e le medicine non rompono il digiuno).
- Concentrarsi sull'imminente incontro con Gesù, lasciando da parte ogni tipo di distrazioni.
- Evitare che la Comunione diventi un'abitudine.
Questi punti sono intrecciati con un unico filo, quello dell'amore. Senza amore, risulterebbe tutto vano.
Ingrediente essenziale dell'amore è il desiderio. È il desiderio di mangiare e bere, infatti, che rende più trepidante l'attesa e più gustosi il cibo e la bevanda.
E, una volta nutriti e dissetati, la volontà non può non disporsi in un atteggiamento di gratitudine, più o meno profondo a seconda della sensibilità di ognuno.
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