giovedì 26 dicembre 2019

La presenza reale



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Dio, donandosi, crea per tutta l’umanità la capacità di un movimento di storia, fa sì che l’umanità stessa possa procedere sempre in avanti verso una direzione precisa, verso una mèta che Dio stesso ha mostrato e ha fatto presente nel Cristo. Dio, pur suscitando questa forza, pur donando questo potere, rimane anche al di sopra, rimane « altro » dall’uomo, « altro » dal mondo, « altro » dall’umanità. Pur accogliendo il dono divino ed entrando sempre più nel mistero, l’umanità in tutta la sua storia non potrà mai attingere quaggiù le abissali profondità di Dio.
La trascendenza di “Dio che si dona” ci si manifesta precisamente nella Presenza eucaristica. Sotto questo aspetto è più significativa la festa del Corpus Christi che quella della SS. Trinità, perché l’oggetto della nostra adorazione, in questa ultima festa, può più facilmente trasformarsi in una nozione teologica e astratta; nella festa della SS. Trinità ci si può dimenticare che il Mistero è sovrana Realtà: Dio nelle Tre Divine Persone, non è un puro principio metafisico. Invece nella festività del Corpus Christi è molto più remoto il pericolo. Possiamo certo speculare sul Mistero Eucaristico, ma la Presenza reale di Dio-fatto-Uomo pur sotto le specie, anzi proprio per esse, s’impone più concretamente al nostro spirito. Il carattere oggettivo di una Presenza reale del Cristo nell’Eucaristia potrebbe essere infatti meno viva se Egli si facesse presente spiritualmente senza i segni sacramentali, ma non si può equivocare sulla oggettività di questa Presenza quando dobbiamo adorare un Dio fatto Uomo e presente nella sua Umanità sotto i segni del sacramento.
Noi ci troviamo sempre di fronte a Dio, ci troviamo sempre in un rapporto col suo Mistero, ma noi viviamo il rapporto con Dio attraverso le cose, attraverso gli uomini, attraverso avvenimenti storici precisi. Nel Mistero Eucaristico il rapporto è esclusivamente con Dio-fatto-Uomo: dopo la Consacrazione non rimangono né il pane né il vino, il tuo rapporto è immediatamente col Cristo. Questa è la cosa grande della Presenza reale: l’uomo è chiamato a comunicare con Cristo, a riceverlo in sé; l’uomo è chiamato ad accogliere Dio-fatto-Uomo che si dona all’anima sua come alimento. In ogni cosa è il segno di una volontà divina, di un dono di Dio, ma nessuna immediatamente ti dona Dio. È attraverso la persona cui parlo che giungo a Dio, à attraverso ogni cosa che Dio si comunica a me; ma l’uomo deve fare un cammino immenso per giungere a Dio attraverso le cose, e in questo cammino l’uomo non sa in che modo raggiungere Dio, o se invece le cose lo tengono avvinto a se stesse e non lo fanno procedere oltre.
È ben difficile poter definire il rapporto dell’uomo con Dio attraverso le cose. Quando si tratta dell’Eucaristia nulla ci trattiene: l’Eucaristia stessa è il rapporto di Dio con l’uomo e dell’uomo con Dio. Non più un mondo, una storia che sono soltanto significativi di un Dio che rimane distinto e lontano. Tutte le cose possono essere significative di Lui, tutte le cose possono annunciarmi la sua venuta, ma nessuna è Lui, nessun avvenimento è direttamente e immediatamente la sua venuta.  Attraverso l’avvenimento Egli può giungere, attraverso le cose Egli può donarsi, ma le cose direttamente non sono Lui stesso.
Nell’Eucaristia invece Dio non interpone fra te e Lui alcun mezzo, tranne le specie: che sono il velo più tenue. 
L’Eucaristia ci pone in un contatto con Dio, pur vivendo noi ancora quaggiù sulla terra; e questo contatto con Dio-fatto-Uomo dona all’uomo un senso impressionante della sua povertà, suscita in lui un’esigenza infinitamente angosciosa del superamento di sé. Nulla come l’Eucaristia per l’uomo è vocazione a un infinito trascendersi, nulla più dell’Eucaristia è per l’uomo esperienza di una sua povertà essenziale.
Forse consideriamo Gesù nell’Eucaristia soprattutto come un simbolo sacro, come « qualche cosa » alla quale dobbiamo accostarci con infinito rispetto. Non comprendiamo infatti come la Presenza reale implichi un rapporto personale e stabilisca un nostro rapporto personale con Dio: Dio è al di là ed è qui, Dio ti trascende, è Altro da tutto ed è anche Presente. L’Eucaristia è Presenza ed è Alterità; mistero di una comunione totale di Dio all’uomo ed esperienza di una sua trascendenza infinita.
Mai Dio nella sua immanenza e nella sua trascendenza è conosciuto in modo più drammatico. Nell’Eucaristia Dio si dona a noi in modo anche più intimo che nei nostri sentimenti e nei nostri pensieri. Il dono di Dio ci trasforma ontologicamente, ci fa un solo Corpo con Cristo, ci fa vera- mente consorti della divina natura; prima ancora di trasformare i nostri pensieri o i nostri sentimenti, Egli trasforma l’intimo nostro, la radice dell’essere. « A coloro che ricevono il Cristo – dice Giovanni - Dio ha dato il potere di diventare figli di Dio » (Gv 1,12). Mai Dio è così immanente come in questo mistero onde noi siamo come assunti da Lui sì da divenire con Lui un solo Corpo, un solo Spirito, un essere solo. 
E tuttavia, se l’Eucaristia realizza questa immanenza di Dio nell’uomo, dona a noi anche l’esperienza più viva e drammatica della Alterità di Dio. Nella Eucaristia Dio, infatti, non soltanto si fa immanente all’uomo in quanto si comunica a lui, ma si impone all’uomo in tutta la sua grandezza, in tutta la sua maestà, in una Presenza reale che distrugge la sostanza stessa del pane e del vino, sotto i cui segni Egli rimane.
Tu sei così vicino a Dio, da sentire tutto il tuo nulla nei confronti dell’Immenso. Proprio perché Dio si fa più vicino, tu lo senti anche più trascendente, proprio perché Egli si fa più vicino te lo senti altro da te totalmente ed Egli impone a te l’adorazione più piena. 
Non puoi sfuggire alla sua presenza e la presenza ti impone il massimo della fede, dell’umiltà, dell’amore.
Il cristiano è sollecitato all’adorazione di Dio, massimamente in rapporto all’Eucaristia. In questo rapporto con l’Eucaristia egli vive un’adorazione in cui ogni suo pensiero, ogni suo sentimento, ogni sua indagine si disfà come nebbia. Nessun sentimento o pensiero è adeguato al Mistero che l’uomo contempla. Come questa Presenza si impone attraverso il tenue velo delle specie! Come rimane davvero “duro” anche oggi questo linguaggio di Cristo (Gv 6, 60)! È veramente “duro” anche oggi per l’uomo dover credere che sotto le specie del pane e del vino è presente Dio nel mistero della natura umana assunta. Ogni facoltà di analisi, ogni potere di giudizio sono come paralizzati da questa presenza. È Dio che ti giudica, non sei tu che puoi esprimere giudizi su di Lui
L’uomo moderno è chiamato, in rapporto al Mistero Eucaristico, all’atto più eroico che possa essergli chiesto! Egli non è presente nel Mistero Eucaristico che per essere adorato; ma il fatto che Egli sia presente impone un’adorazione che è assoluta umiltà. Ogni potere di raziocinio onde l’uomo pretende giudicare i Misteri divini vien meno, ed è paralizzato ogni suo sentimento: il tuo essere è troppo fragile per sopportare il peso di questa realtà.
Gesù nell’Eucaristia è Dio-con-noi. Non si può dire che Dio sia soprattutto nel più profondo dell’uomo. Anche nel discendere in te, tu non lo incontri; l’uomo deve affondare al di sotto di sé per incontrarsi con Lui. L’uomo non si identifica a Lui, Egli rimane « Altro » dall’uomo.
Il linguaggio « dei mistici dell’essenza » potrebbe lasciarci perplessi o anche indurci in errore. Quello che ci libera da tale pericolo è il Mistero Eucaristico. 
La vita religiosa porta sempre con sé il pericolo di una immanenza che potrebbe pian piano escludere Dio come « Altro » dall’uomo, scivolando in un certo « monismo dell’essere ». Ma la Presenza reale di Cristo nell’Eucaristia salva la trascendenza oggettiva di Dio. Dio si dona a noi nel Cristo e vive in noi in quanto è da noi totalmente distinto come il figlio dalla madre, come lo sposo dalla sposa. Noi viviamo con Lui non per identità di persona, ma in quanto precisamente Egli come Persona si ordina a noi, e noi come persona ci ordiniamo a Lui: discepoli al Maestro, fratelli al Fratello e soprattutto sposa allo Sposo, madre al proprio figlio. 
Io sono salvo come persona proprio perché sono distinto da Lui. Se Dio fosse immanente all’uomo così da identificarsi con lui, Dio e l’uomo non sarebbero più che un Assoluto impersonale.
Gesù nell’Eucaristia è il Principio e la Fine, è anche colui che congiunge gli estremi (Ap 22, 13).
La vita del Cielo è la visione di Dio, rapporto immediato con Dio onde l’uomo Lo contempla e Lo ama con gli occhi stessi del Verbo. La vita dell’uomo quaggiù è vivere la presenza del Cristo. Proprio per questo tutto è significativo di questa presenza. Ogni ispirazione interiore ti mette in rapporto con Lui, ogni passo che fai è un passo che a Lui ti conduce. Se, per quanto riguarda il tuo rapporto con le cose, tu non sei mai garantito dall'illusione e soprattutto non sei mai garantito dall’egoismo che ti impedisce di passare oltre il segno e non ti fa giungere a Dio, nel Mistero Eucaristico il tuo rapporto non termina che in Cristo. Nulla può trattenere il tuo atto dal terminare nella pura presenza. La vita di grazia non ha altro contenuto che Cristo. L’uomo deve vivere questo contenuto in ogni suo rapporto con gli uomini e con le cose, nel suo rapporto con la Chiesa e col mondo. Ma la presenza del Cristo non si impone mai alla sua anima come nel Mistero Eucaristico, perché nella Eucaristia il segno non è più veramente che segno e non dice che Cristo.
Vi è, infatti, una sacramentalità di tutte le cose, ma questa solo nel Sacramento eucaristico ha il suo compimento. Nei Sacramenti si realizza un contatto con Cristo, anzi l’inserimento in Lui. Si battezza ed è il Cristo che battezza; si assolve ed è il Cristo che assolve: il sacerdote « in Persona Christi » pronuncia le parole, ma attraverso il sacerdote è Gesù che tocca quell’anima e la unisce a Sé.  Tuttavia, anche indipendentemente dai Sacramenti, il Cristo in qualche modo è presente. Tu trovi un fratello, lo ascolti nella sua pena e lo soccorri nel suo bisogno, tu hai soccorso Gesù, ti sei incontrato con Lui: Egli ti ha toccato; è entrato con te in comunione di amore.
Che differenza vi è fra la presenza del Cristo nella Chiesa, nei fratelli, negli avvenimenti, nelle aspirazioni interiori e la presenza di Cristo nel Vangelo? Che differenza vi è fra la presenza di Cristo nell’Evangelo e la presenza del Cristo nei Sacramenti? Che differenza vi è fra questa presenza e la Presenza reale del Cristo nella Eucaristia? La più grande, ma non certo la sola, è che nel Mistero Eucaristico la presenza del Cristo, pur non eliminando le specie del pane e del vino, toglie alla specie ogni altra significazione che quella di garantire la stessa presenza. In questo mistero Cristo, poi, non è soltanto presente nell’atto in cui si comunica, ma la sua presenza rimane.
Alcune confessioni protestanti non negano la Presenza reale del Cristo nell’Eucaristia, ma negano che questa presenza sia permanente: Gesù è presente nell’istante in cui si dona. Siccome Egli ha istituito l’Eucaristia come Sacramento, Egli si fa presente quando nel pane e nel vino si comunica all’uomo. La differenza sostanziale, si direbbe, della dottrina eucaristica così come il Cattolicesimo l’ha sempre insegnata è precisamente questa: la presenza del Cristo nell’Eucaristia è permanente. La concezione protestante della Presenza eucaristica sembra uguale alla concezione della presenza del Cristo negli altri Sacramenti e nell’Evangelo. C’è anche una differenza del Cristo nel Battesimo o nella Penitenza, tuttavia per alcuni questa presenza è solo nell’atto in cui Cristo ti tocca, e tu ti incontri con l’Umanità di Gesù. Invece l’Eucaristia, secondo l’insegnamento cattolico, ci garantisce una Presenza reale alla quale l’uomo può non accostarsi e, se non ha fede, può rimanergli anche estranea, ma il Cristo rimane: Egli è presente.
Non è come se Dio toccasse per la tangente questo mondo per ritornarsene poi nel suo mondo divino; nell’Eucaristia la realtà della Presenza è tale da essere il fondamento e l’inizio della « nuova creazione » (Ap 21, 5).
Per il Mistero di questa Presenza si realizzano le parole di Paolo nella Lettera ai Colossesi     (1, 17 Et ipse est ante omnia, et omnia in Ipso constant): « Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui ». Tutte le cose veramente trovano un nuovo fondamento in Lui, una nuova consistenza in Lui.
Dio come creatore è fondamento di tutta la creazione nel suo Essere stesso come causa prima di tutto, ma l’uomo non potrebbe mai raggiungere questo fondo: Dio è presente e tuttavia inaccessibile; Dio è presente e tuttavia rimane per Sé in una solitudine infinita; l’uomo non ha mai possibilità di accedere a Lui. Dio si fa realmente presente per l’uomo nel Cristo risorto, sotto il segno della specie.
Che cosa intende dire San Paolo quando afferma che tutte le cose trovano una loro consistenza, una loro radice in Cristo? Che tutta quanta la creazione visibile e invisibile trova un suo nuovo fondamento di essere, quasi un essere nuovo, più alto, più pieno, più vero nel Cristo risorto?
La presenza di un essere vivente dice un riferimento non solo al luogo ma anche al tempo. La presenza del Cristo tuttavia non è condizionata né dal tempo né dallo spazio. Non sono il tempo e lo spazio che lo accolgono e danno al Cristo la realtà di una sua presenza; al contrario è Cristo la vera Presenza reale che dà realtà e consistenza nuova a ogni tempo, a ogni luogo. In verità « Egli è ». « Io sono » è il suo nome, secondo il quarto Evangelo [« Quando avrete innalzato il figlio dell'uomo, allora saprete che Io sono » (Gv. 8, 28); « In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono » (Gv 8, 58)]. Egli è Dio che ha assunto in Sé l’universo e l’universo ora sussiste in Lui. « Omnia in Ipso constant » (Col. 1, 17).
Egli « è » nell’atto della sua morte e della sua glorificazione. In questa presenza si radica il mondo, ha il suo fondamento il tempio di Dio che è l’universo. Il tempo sussiste solo perché attraverso il tempo l’universo deve radicarsi e può esserne escluso. Non dunque il Cristo è reale perché è in questo mondo, ma è il mondo che diviene pienamente reale perché si inserisce nel Cristo. Egli è la Presenza reale. Il mondo e gli uomini sono come non fossero, sono come non avessero realtà se non entrano in Lui. Sono già esclusi, se rifiutano di radicarsi in Lui; sono fuori, nel vuoto, nelle tenebre esteriori, se rifiutano di ordinarsi a Lui che è la realtà definitiva della creazione intera. 
Per trovare in Cristo il suo fondamento bisogna che la creazione tutta sia in Lui. Così la Presenza reale del Cristo nell’Eucaristia è il fondamento che regge l’universo e gli dà consistenza. Che cos’è la pietra angolare o il fondamento della casa? È ciò che regge l’edificio. Così avviene per il mondo: esso è saldamente fondato perché poggia su di Lui. Se si toglie con l’Eucaristia la Presenza reale del Cristo dalla Chiesa, la Chiesa si disfà come non reggesse più: è come una casa senza fondamento che crolla. Si tolga l’Eucaristia dal mondo e il mondo sembrerà scompaginarsi e vacillare in se stesso. Quello che regge il mondo –  non dico la creazione come tale, ma la creazione in quanto ha ricevuto una vocazione divina e si ordina a Dio – questa creazione si disfà, viene meno.
Non è il Cristo che fa parte di questo mondo e acquista una sua realtà dal fatto che è tra noi, ma siamo noi che, nella Sua Presenza, acquistiamo realtà. È Lui che ci stabilisce nell’essere nostro più vero, ci dà un essere nuovo, sia che noi lo sappiamo, sia che non lo sappiamo. La presenza dell’Eucaristia dona a tutto l’universo un nuovo fondamento di essere, una nuova consistenza, una nuova solidità, una realtà, più piena e più grande di quella della prima creazione minacciata dal peccato: la realtà che gli deriva da una sua elevazione all’ordine divino, da un suo inserimento nel mondo divino.
Nell’Incarnazione Dio e l’uomo sono il Cristo; nella Presenza Eucaristica non solo l’Uomo che è nato dalla Vergine ma tutta l’umanità, tutta quanta la creazione sono attratti in Dio, sono in Cristo per divenire con Lui e in Lui una sola Realtà ultima: il suo mistico Corpo, il suo Plèroma
Non si può dire, come alcuni Indù, che la realtà creata è pura illusione; la realtà creata non è soltanto ombra e illusione, ma ha una sua consistenza; tuttavia questa consistenza è quasi ombra nei confronti della realtà che la creazione ottiene quando, mediante l’Incarnazione redentrice, il Verbo di Dio la attrae a Sé, la unisce a Sé per sussistere in essa.
Nell’Eucaristia Cristo prima di tutto in qualche modo assume gli elementi cosmici: il pane e il vino; ma per assumere soprattutto l’umanità. Si comunica a tutti noi associandoci a Sé; ci fa Sue membra, Suo Corpo, Sua Umanità. Così, mediante l’Eucaristia, tutta quanta la creazione entra in Dio. La creazione in qualche modo supera se stessa, supera la sua condizione creata per entrare nella condizione divina. La creazione non ha in sé la ragione del suo essere; se Dio sospendesse per un istante l’atto Suo creativo, tutto cadrebbe nel nulla. Ma ben altra è la consistenza della creazione quando Dio stesso nel Cristo l’attrae a Sé, donando alla creazione la forza, la realtà che gli è propria.
L’Eucaristia è dunque come il fondamento nuovo e universale della creazione visibile e invisibile. Questa Presenza reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino è la radice di tutta quanta la creazione: la sostiene tutta, così come le fondamenta una casa, come le radici un albero. La Presenza reale non è solo in contiguità con la creazione, la investe tutta dall’intimo, la nutre di Sé, la sorregge.
È certo che noi dobbiamo adorare Cristo nell’Eucaristia, ma dobbiamo soprattutto ricordare che la sua Presenza è intima davvero a tutto l’universo così da essere di tutto l’universo la radice e il fondamento. Il mondo sussiste perché Gesù nell’Eucaristia gli dona il potere di una sussistenza nuova, attraendolo a Sé,  unendolo a Sé per fare di tutto l’universo in Lui un solo sacrificio, una sola oblazione di lode e di amore a Dio.
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Don Divo Barsotti

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