LA PREGHIERA MENTALE / ORAZIONE
Se la preghiera vocale è caratterizzata dalle parole, la preghiera mentale si caratterizza piuttosto come un’operazione della mente senza parole, benché, come vedremo più avanti, si possa appoggiare su parole, specialmente per iniziare il processo della preghiera.
Il beneficio di questo genere di preghiera viene espresso da santa Teresa d’Avila quando dice: ‘Un quarto d’ora d’orazione al giorno e ti prometto il cielo’. In altre parole l’orazione ci santifica. In questo senso possiamo intendere le parole seguenti di san Paolo in 2Cor. 3.18: ‘Noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore’.
1. Difficoltà della Preghiera Mentale ed i suoi rimedi
a) Difficoltà della Preghiera Mentale
Ciò che diremo adesso si riferisce alla preghiera mentale, anche se – mutatis mutandis – può riferirsi altresì alla preghiera vocale, benché ad un grado minore.
Ora, ci sono tre cause della difficoltà della preghiera.
i) La Debolezza dell’Anima
L’anima è la più debole dei tre esseri spirituali: il primo essere spirituale essendo Dio, lo Spirito perfetto ed infinito; il secondo nell’ordine di perfezione essendo l’angelo; il terzo l’anima umana. L’anima umana è, per la sua propria natura, indirizzata verso il corpo, indirizzata ad esserne la forma, a costituire con esso una sola sostanza. Può esistere fuori del corpo, ma solo in modo imperfetto. A causa della sua fragilità, l’anima non può stare a lungo in contemplazione delle cose celesti ma cade sempre verso le cose inferiori e in divagazioni.
Scrive s an Gregorio: ‘L’anima non può restare fissata a lungo nella soavità di un’intima contemplazione, perché l’immensità della luce che la colpisce la richiama a sé stessa: e allorché gusta le delizie interiori, brucia d’amore e si sforza di elevarsi al di sopra di sé, essa ricade nelle tenebre della sua debolezza e comprende che non può vedere ciò che ama così ardentemente’.
ii) La Natura Caduta
A causa del Peccato Originale, i sensi e l’immaginazione hanno una certa indipendenza dalla ragione e cercano le loro proprie soddisfazioni. Occorre dunque un lavoro di disciplina per controllarli e sottometterli ai dettami dello spirito.
iii) Il Demonio
Se un’anima consacra tempo e sforzo alla preghiera, essa è persa per il demonio. Per questo il demonio fa il possibile per sviare una persona che prega da questo così santo esercizio.
b) Rimedi alle difficoltà della Preghiera Mentale
‘Osservate colui che s’arrampica su una montagna’ dice sant’Alberto Magno, ‘e seguite il suo esempio. Se la nostra anima si lascia incantare e sedurre dalle cose che incontra sul suo passaggio, spesso si smarrisce in sentieri ignoti, si sfibra e si divide in tante frazioni quanti sono i suoi desideri. Segue allora un movimento senza scopo, una corsa senza profitto, una stanchezza senza riposo. Se, al contrario, il nostro corpo ed il nostro spirito, sedotti dall’amore e dal desiderio, si liberano dalle distrazioni di quaggiù, abbandonano a poco a poco le cose umane per raccogliersi nel solo bene immutabile e vero, vi si fissano coi vincoli dell’amore, essi si fortificano, e il loro raccoglimento sarà tanto maggiore quanto più in alto si eleveranno sulle ali della conoscenza e del desiderio’.
i) La Mortificazione
Per arrivare al raccoglimento che lo spirito dell’orazione richiede, è indispensabile sorvegliare i sensi esterni ed interni. Questi, difatti, in virtù delle loro concupiscenze incessanti e della loro sregolatezza naturale impediscono allo spirito di unirsi a Dio. Per questo bisogna mantenerli rigorosamente sotto il controllo della ragione.
Il senso della vista, quello più nobile di tutti, è anche il più pericoloso; più strettamente unito all’anima, ne è come la porta, e se mal sorvegliato la consegna ai suoi nemici che la depredano senza misericordia; perciò il profeta Geremia dice: ‘Il mio occhio ha depredato la mia anima’.
Innumerevoli sono i peccati che hanno per origine l’imprudenza degli sguardi, soprattutto nel campo della collera, della gelosia, della gola, e della sensualità. A questo riguardo possiamo citare le seguenti parole del Signore: ‘La luce del tuo corpo è l’occhio. Se il tuo occhio è semplice, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è cattivo, anche il tuo corpo è nelle tenebre. Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra. Se il tuo corpo è tutto luminoso senza aver alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, e illuminerà te come la luce della folgore’ (Lc. 11.34-36).
Dopo la vista, il senso più utile all’intelligenza, dice san Tommaso, è l’udito, perché è esso che percepisce le parole che servono come veicoli alle concezioni intellettuali. È per questo canale che la Dottrina di Dio, il Verbo, la Saggezza Eterna, penetrano nelle nostre anime. Occorre tenerlo puro, dunque, e per questo evitare non solo le conversazioni cattive, ma anche le chiacchiere frivole, dove la Carità è troppo spesso ferita.
Insieme alla mortificazione dell’udito viene quella della lingua, che san Giacomo chiama ‘l’università dell’iniquità: un male inquieto, pieno di veleno mortale’.
Ed infine c’è la mortificazione dei pensieri. I salti continui dell’immaginazione sono uno dei tormenti della vita contemplativa. I più grandi santi, loro stessi, non ne erano esenti. La mortificazione dell’immaginazione consiste nel non trattenersi su cose pericolose o inutili, su cose che possano sviare l’anima dal pensiero di Dio, e trascinarla ai piaceri dei sensi, che alterano la sua purezza. L’esperienza ci mostra che è un lavoro non trascurabile.
‘ Mi sono alzata per aprire al mio amato’ dice la sposa nel Cantico dei Cantici, esprimendo con queste parole il proponimento dell’anima che decide di intraprendere lo sforzo necessario perché il Nostro Signore venga ad abitare in essa. Ella aggiunge subito: ‘Le mie mani hanno distillato la mirra e le mie dita sono piene della mirra più fine’. Ora la mirra, che ha un profumo amaro, è il simbolo della mortificazione. La sposa dice dunque che le sue mani distillano la mirra per mostrare che ella cerca senza pausa di mortificarsi, e che le sue dita, cioè le sue più piccole azioni, sono bagnate di questo liquore amaro. Ella dice difatti che questo profumo piace a Dio e che Lui vuol vederne penetrate le anime che tendono al Suo amore. Sì, questo è il dono che Lui aspetta dalle anime regali, le anime abituate, come i Re Magi, a contemplare le stelle e a cercare la luce della vera saggezza. La mirra è uno dei tre doni che Dio aspetta da loro assieme all’incenso della loro preghiera ed all’oro della loro Carità.
ii) La Perseveranza
Chi vuol impegnarsi nella vita dell’orazione, deve sapere che intraprende un lavoro penoso e che dovrà passare attraverso un cammino stretto e difficile. Incontrerà molto più spesso l’aridità, il disgusto, e la desolazione, che non la consolazione e la gioia. Il lavoro che lo aspetta è simile a quello che deve affrontare l’uomo che vuole trasformare un terreno coperto di spine in un giardino pieno di fiori: gli occorrerà molto sudore e molta pazienza per ottenere un risultato.
Santa Teresa d’Avila, parlando della difficoltà dell’orazione, scrive le p arole seguenti nella sua Vita (cap. 8): ‘Sì! In verità tanto violento era il combattimento a cui mi ha consegnato il demonio o forse la mia cattiva natura per impedirmi di recarmi all’orazione, tanto profonda era la tristezza con cui mi sono sentita presa fin dalla mia entrata in oratorio, che avevo bisogno, per vincermi, di raccogliere tutto il mio coraggio che è, si dice, non poco’.
Possiamo dedurre dalle parole della santa che la disposizione principale richiesta dalla preghiera mentale è un coraggio risoluto e una ferma volontà di continuare fino alla fine, una volta cominciato lo sforzo: costi quel che costi. Ma la ricompensa di questo lavoro sarà grande.
Osserva Padre Tommaso di Gesù OCD: ‘Quando si è entrati nella via dell’orazione risolutamente e coraggiosamente, e si è ben decisi a non abbandonarla mai, qualunque siano le sofferenze, le difficoltà, o le tentazioni che si presentano, non si tarda di solito ad essere gradualmente elevati da Dio Stesso fino ad una perfetta contemplazione’.
Quanto all’aridità interiore in particolare, è precisamente per mezzo di questo cammino che l’anima fa i più grandi progressi e merita i più alti favori. ‘Quando fai un passo per andare a Dio nello stato di abbandono’, dice un certo padre Giuseppe, ‘questo vale mille a causa della sua forza e della sua purezza’.
Due sono di fatti i vantaggi della preghiera nell’aridità: il primo è che una preghiera del puro amore non cerca le consolazioni, che non vengono date, ma solo Dio; il secondo vantaggio è che l’anima deve entrare nella conoscenza del suo nulla davanti a Dio, della sua miseria e impotenza, e questo aumenta grandemente la sua umiltà.
Possiamo imparare da queste considerazioni che ciò che aspetta Dio da noi, ciò che costituisce il nostro merito ai Suoi occhi, è la nostra fedeltà a questa pratica, la volontà energica di dimorare nella Sua Presenza durante il tempo che ci siamo stabiliti, malgrado tutte le difficoltà che la natura o il demonio ci possono suscitare.
iii) La Grazia
Abbiamo appena parlato della mortificazione e della perseveranza; più sopra abbiamo accennato alla purezza ed all’umiltà; più avanti (nella sezione sulla contemplazione) parleremo del distacco (un frutto della mortificazione). Tutte queste virtù sono utili per la meditazione, mentre per la contemplazione sono essenziali, in quanto la contemplazione è per i perfetti (o almeno per coloro che si stanno perfezionando) e dunque richiede niente di meno che la perfezione (in quel senso) da parte del soggetto.
Come raggiungiamo queste virtù e la loro perfezione che consiste nel dono totale di sé a Dio? Osserva Dom Jean de Monléon (op. cit.) che non possiamo fare niente nell’ordine della nostra santificazione senza la Grazia. Cita san Paolo (Rom. 9.16): ‘Userò misericordia con chi vorrò, e avrò pietà di chi vorrò averla. Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che usa misericordia’, e commenta: ‘Se i santi sono divenuti santi, non è che fossero fatti di una natura diversa da quella degli altri uomini, bensì, secondo l’esempio dell’Apostolo san Giovanni (1Gv. 4.16), hanno compreso l’amore di Dio per l’uomo, e si sono affidati ciecamente a quell’amore’.
Dom de Monléon si riferisce a s anta Teresa d’Avila (Vita, cap. 8): ‘Supplicavo il Signore di venire in mio aiuto, ma una cosa mi mancava senza dubbio… cioè non mi affidavo intieramente alla Sua Maestà, e non diffidavo del tutto di me stessa...’ Ne consegue, dunque, che per ottenere questo distacco da tutte le cose, questa autodonazione totale, bisogna ricorrere alla preghiera (Mt. 7.7): ‘Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto’.
iv) La Preparazione alla Preghiera
Chi vuol fare orazione si deve ritirare in una chiesa o in un luogo solitario e là, lasciando da parte ogni ricordo delle creature e del mondo presente, si deve mettere nella condizione di conversare con Dio solo, come se fosse già sull’orlo dell’eternità. Però, se la casa dove dimora è calma e la persona gode di una libertà sufficiente, sarebbe meglio non uscire, e fare la propria orazione subito dopo essersi alzati, prima di incontrare qualcuno.
L’ora più adatta alla preghi era è subito dopo essersi alzati, l’ora che precede il pasto di sera, ed a mezzanotte; da evitare sono le ore dopo i pasti, quando lo spirito non ha l’agilità necessaria per alzarsi verso Dio.
Si può pregare in qualsiasi posizione del corpo, ma la postura non deve essere troppo rilassata o comoda, per evitare che l’intelligenza e il cuore perdano la loro vivacità normale, e per non raffreddare nell’anima l’azione divina che porta a non soddisfare i sensi, ma piuttosto alla mortificazione.
Per la preparazione immediata alla preghiera, due atteggiamenti sono particolarmente utili: il primo è il ricordo della Maestà di Dio e il secondo è il ricordo del nulla del soggetto. Per il primo basta normalmente uno sguardo verso il Crocifisso; per il secondo, la considerazione dei nostri peccati. In merito, dice santa Teresa nella sua Vita, cap. 13: ‘La considerazione dei nostri peccati e la conoscenza di noi stessi sono il pane con cui bisogna, nella via dell’orazione, prendere ogni altro nostro nutrimento, per quanto squisito sia: senza esso l’anima non si potrebbe sostenere’.
San Benedetto enumera tre elementi di riflessione utili alla preghiera: il primo è la purezza del cuore, ossia la volontà di staccarsi da tutto ciò che contamina l’anima; il secondo elemento è la compunzione delle lagrime, ossia il pentimento d’aver offeso Dio; il terzo elemento è ‘l’intenzione del cuore’, espressione che significa la conversione del cuore verso Dio come verso il Suo fine ultimo, con la ferma volontà di raggiungerLo e di unirsi a Lui.
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