( COMPILAZIONE DI ASSISI )
GIOVANNI IL SEMPLICE
Un giorno Francesco si recò nella chiesa di una borgata del territorio di Assisi e si mise a fare le pulizie. Immediatamente si sparse nel villaggio la voce del suo arrivo, poiché quella gente lo vedeva e ascoltava volentieri.
Sentì la notizia anche un certo Giovanni, uomo di meravigliosa semplicità, che stava arando un suo campo vicino a quella chiesa. E subito andò da lui, e lo trovò intento a pulire. Gli disse: «Fratello, da’ la scopa a me, voglio aiutarti». Prese lui la scopa e finì di fare pulizia.
Poi si misero a sedere, e Giovanni prese a dire: «Da molto tempo ho intenzione di servire a Dio, soprattutto da quando ho inteso parlare di te e dei tuoi fratelli. Ma non sapevo come unirmi a te. Ma dal momento che è piaciuto al Signore ch’io ti vedessi, sono disposto a fare tutto quello che ti piace».
Osservando il fervore di lui, Francesco esultò nel Signore, anche perché allora aveva pochi fratelli e perché quell’uomo, con la sua pura semplicità, gli dava affidamento che sarebbe un buon religioso. Gli rispose: «Fratello, se vuoi condividere la nostra vita e stare con noi, è necessario che tu doni ai poveri, secondo il consiglio del santo Vangelo tutti i beni che possiedi legittimamente. Così hanno fatto i miei fratelli cui è stato possibile».
Sentendo ciò, subito Giovanni si diresse verso il campo dove aveva lasciato i buoi, li sciolse e ne portò uno davanti a Francesco, dicendogli: «Fratello, per tanti anni ho lavorato per mio padre e gli altri della famiglia. Sebbene questa parte della mia eredità sia scarsa, voglio prendere questo bue e darlo ai poveri nel modo che ti sembrerà più opportuno secondo Dio».
Vedendo che voleva abbandonarli, i genitori, i fratelli che erano ancora piccoli, e tutti quelli di casa cominciarono a lacrimare e piangere forte. Francesco si sentì mosso a compassione, massime perché la famiglia era numerosa e senza risorse. Disse loro: «Preparate un pranzo, mangeremo insieme. E non piangete, poiché vi farò lieti». Quelli si misero all’opera, e pranzarono tutti con molta allegria.
Finito il desinare, Francesco parlò: «Questo vostro figlio vuole servire a Dio. Non dovete contristarvi di ciò, ma essere contenti. E un onore per voi, non solo davanti a Dio ma anche agli occhi della gente; e ne avrete vantaggio per l’anima e per il corpo. Di fatti, è uno del vostro sangue che dà onore a Dio, e d’ora innanzi tutti i nostri frati saranno vostri figli e fratelli. Una creatura di Dio si propone di servire al suo Creatore – ed essere suo servo vuol dire essere re, – voi capite quindi che non posso e non debbo ridarvi vostro figlio. Tuttavia, affinché riceviate da lui un po’ di conforto, io dispongo ch’egli rinunci per voi, che siete poveri alla proprietà di questo bue, benché secondo il consiglio dei santo Vangelo dovesse darlo agli altri poveri».
Furono tutti confortati dal discorso di Francesco, e soprattutto furono felici che fosse loro reso il bue, poiché erano veramente poveri.
Francesco, cui piacque sempre la pura e santa semplicità in se stesso e negli altri, ebbe grande affetto per Giovanni. E appena lo ebbe vestito del saio, prese lui come suo compagno. Era questi talmente semplice, che si riteneva obbligato a fare qualunque cosa facesse Francesco. Quando il Santo stava a pregare in una chiesa o in un luogo appartato, Giovanni voleva vederlo e fissarlo, per ripetere tutti i gesti di lui: se Francesco piegava le ginocchia, se alzava al cielo le mani giunte, se sputava o tossiva, anche lui faceva altrettanto.
Pur essendo incantato da tale semplicità di cuore, Francesco cominciò a rimproverarlo. Ma Giovanni rispose: «Fratello, ho promesso di fare tutto quello che fai tu; e perciò intendo fare tutto quello che tu fai». Il Santo era meravigliato e felice davanti a tanta purità e semplicità. Giovanni fece tali progressi in tutte le virtù, che Francesco e gli altri frati restavano stupefatti della sua santità.
E dopo non molto tempo egli morì in questa santa perfezione. Francesco, colmo di letizia nell’intimo ed esteriormente, raccontava ai frati la vita di lui, e lo chiamava «san Giovanni» in luogo di «frate Giovanni».
VERGILIO GAMBOSO
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