lunedì 11 agosto 2025

L'UOMO E LE SUE TRE ETA’

 


TERZA ETA



I. L'ERA DELLA SAPIENZA

La terza età spirituale è l'età della sapienza. In questa età:

1) Cadono le illusioni:

a) L'illusione della bellezza. - Prima si cercava ancora la bellezza propria e si cercava pure quella del prossimo. In questa età la luce interna è molto più intensa di quella esterna. Non si bada più alla propria figura, al proprio effetto sugli altri, alla stima e al giudizio degli altri: son cose troppo piccole.

Non si perdono gli occhi sulla bellezza di uomini e donne perché si è convinti della loro precarietà e vanità. Si cerca solo di aumentare la bellezza eterna nostra e del prossimo per meglio glorificare e compiacere Dio e far meglio risplendere e glorificare il Corpo Mistico.

b) L'illusione degli ideali. - Nella gioventù si sono avuti grandi ideali e non è stato un male perché l'ideale è la molla delle azioni; ma il più delle volte si trattava di ideali imprecisi, infondati, irrealizzabili e spesso megalomani.

In questa età gli ideali si riducono alle proporzioni attuabili, si concretizzano sulle cose possibili, pigliano una forma e un programma preciso, si cessa di battere all'aria e di fare i Don Chisciotte, ci si chiede e ci s'impegna a fondo nel proprio dovere e ci si dirige risolutamente a mete determinate, riservando il resto all'efficacia della preghiera e del sacrificio.

c) L'illusione della gloria. - La gloria è l'illusione dell'infanzia e di coloro che restano bambini.

Chi non ha capacità di conquistarla se ne accorge e ride della sua ingenuità; chi ha la capacità di conquistarla non aspira ad essa: è già troppo grande.

Conseguentemente in questa età non attira e non muove più la gloria; si vuole molto di più: si vuole l'essere, non l'apparenza.

c) L'illusione del successo. – L’uomo è troppo prigioniero della materia; troppo miope e troppo abituato a misurare il valore di una persona dal suo successo; i mondani dal successo mondano, i cattolici dal successo apostolico.

Nella terza età si è ormai abituati a non guardare il successo; si comprende come il successo reale di un uomo non è sempre quello che appare.

Le grandi opere umane degli ingegneri, dei politici, degli artisti, ecc. sono bolle di sapone; ed anche nella Chiesa sono bolle di sapone l'entusiasmo suscitato e le grandi opere compiute da persone prive di vita cristiana intensa: riviste, convegni, giornali, collegi, ecc.

Troppi lavorano per superbia, per gelosia, per convenienza, ecc., e perdono la propria vita per nulla.

L’insuccesso dei fervorosi e, specialmente dei santi, è solo apparente: essi hanno salvato vicino e lontano tante anime, hanno sanato tante situazioni familiari ed anche nazionali. Il loro grande successo sarà rivelato solo nel giudizio.

Dio non premia secondo il successo, ma secondo la fatica e la retta intenzione.

d) L'illusione della grandezza. - In questa età si vede chiaro come troppe cose influiscono sul successo di un uomo, indipendentemente dal suo valore: la sua nascita, l'ambiente, la situazione politica nazionale, gl'interessi economici e politici, l'incontro con quel giornalista, con quel mecenate, ecc.

La grandezza di un uomo è il risultato di molti elementi, mancando il minimo dei quali, quell'uomo sarebbe rimasto confuso nella massa dei mediocri. In tutto questo, quindi, l'uomo non ha merito: è Dio che gli affida quella missione.

Il merito dell'uomo sta nella sua corrispondenza al piano divino, nella grandezza del suo lavoro e nella quantità dei sacrifici che abbraccia e deve sopportare per la gloria di Dio.

Ma nel mondo della natura non possiamo parlare di meriti e neppure, quindi, di vera grandezza. La grandezza umana è una commedia.

2) Cessano i peccati. - Il sapiente va diritto alla meta: la realizzazione piena del suo essere, l'immersione nell'essenza di Dio e la Comunione dei Santi.

I beni terreni non lo attraggono o per lo meno non lo spingono mai all'azione; egli vuole solo il possesso di Dio, infinita bellezza, e la comunione psico-fisica con tutti gli esseri veramente belli usciti dalle mani di Dio. Niente lo fa deviare; nessuna maschera lo attrae.

Per lui non esiste la tentazione di tornare indietro; una sola tentazione può veramente sconvolgerlo: quella della fede.

Il suo dilemma è chiaro:

« O è vera la fede cattolica o non è vera.

Se non è vera, tutto in me è sbagliato ed è sbagliato pure nel campo della morale e del dovere. Se è vera tutto in me è giusto. E poiché è vera, l'unica cosa logica al mondo è andare fino in fondo nella luce della fede, cioè santificarsi. Gli unici sapienti sono i santi ».

Come il matematico non sbaglia, il musico non stona, così il sapiente non pecca. Ogni uomo può essere bravo solo sotto un aspetto: bravo come letterato, come artista, come organizzatore; bravo cioè per qualche accidente che colla morte si lascia. Bravo nella sostanza, bravo cioè e perfetto come uomo c'è solo il santo.

Ogni peccato è una stoltezza; la è per il principiante perché gli toglie la vita soprannaturale e lo espone all'inferno; la è molto di più per il cristiano perfetto perché gli distrugge quanto ha con fatica in lungo tempo costruito; al suo confronto sarebbe insignificante la stoltezza di chi avesse costruito un transatlantico o un grattacielo e poi, per capriccio, lo distruggesse. Il sapiente si sente come inchiodato al muro: non può peccare. La tentazione generalmente non lo turba e addirittura non lo tocca.

Ogni tanto però la natura si risveglia e le tentazioni e le passioni lo mettono in agitazione; ma egli resiste e, pur nel parossismo, sta rivolto a Dio perché non cada.

3) Si arriva alla maturazione della perfezione. - Un solo desiderio ha il sapiente: « Desidero morire ed essere con Cristo ». A tal fine egli tende con tutte le sue energie a portare le sue virtù fino alla perfezione ed a consumare il suo sacrificio. Il sapiente:

a) Sceglie la vocazione, la professione, le occupazioni, i programmi che meglio lo fanno sviluppare soprannaturalmente. Non si fa dirigere in tale scelta né da ragionamenti e valutazioni umani, né da passioni, né dal sentimento, ma unicamente dalla ragione.

b) Ama le creature che lo portano alla meta; scarta quelle che lo fanno deviare: in tanto le ama in quanto lo aiutano al fine, in tanto le scarta in quanto lo distraggono. Con semplicità, ma con fermezza. Per creature si intende tutto ciò che è creato: denari, libri, cultura, professione, amici, persone, ecc.

c) Cammina sempre verso la meta. - Non fa passi inutili. Chi va in un luogo non si mette a fare ghiri-gori attorno alla strada, specialmente se ha il tempo misurato, ma cammina sempre avanti.

Il tempo lo abbiamo misurato, come pure le energie; ed è stolto perderne.

Il sapiente fa tutto per Dio e va a Dio in ogni azione. Non fa azioni che non possano dirigere a Dio; non fa niente di inutile, niente senza uno scopo, niente che non sia per il fine: né visite, né parole, né affari, né attività.

d) Mette tutto il suo impegno a sviluppare sino alla perfezione le virtù cristiane.

4) Si acquista la perfetta libertà. - La libertà è la possibilità di autodeterminarsi per il bene.

Mentre tutti gli esseri inferiori all'uomo si determinano al loro bene forzatamente, ossia ad esso vengono determinati necessariamente, solo l'uomo nel mondo cerca il suo bene spontaneamente.

Il libero arbitrio, invece, è la possibilità di scegliere fra due contrari, ossia di determinarsi al bene oppure no, e addirittura di determinarsi al bene proprio e al proprio male.

Il libero arbitrio è un grave difetto perché il bene è uno solo: la possibilità di poter sbagliare è un gran difetto, come nello scrittore e nel pianista; la possibilità di potersi distruggere è la peggior qualità di un essere, come lo è per la nave la possibilità di affondare lungo il viaggio e per l'apparecchio la possibilità di poter da un momento all'altro precipitare durante il volo.

Infatti noi vogliamo l'essere; la possibilità di distruggerci è contro la nostra volontà. Lo scegliere la nostra distruzione è il più grave dei difetti. La si sceglie solo per cecità e per incoscienza.

Se noi fossimo veramente liberi di fare quello che vogliamo non ci distruggeremmo mai, né ci condanneremmo mai all'infelicità eterna. La vera libertà ce l'hanno solo i santi perché non peccano.

La libertà perfetta ce l'hanno gli eletti in cielo perché conoscendo e possedendo il bene non vogliono mai lasciarlo. Il peccato è precisamente perdere il bene.

La libertà assoluta ce l'ha Dio. Egli è il Santissimo, l'Essere cioè legato, fondato, fermo stabilmente nella sua essenza, nelle sue perfezioni e nella sua felicità. Dio è l'Essere sovranamente libero; su Lui si fonda il nostro essere, la nostra libertà, la nostra santità e la nostra felicità.

In questa terza età spirituale si va scoprendo sempre più luminosamente la verità, ci si va distaccando sempre più perfettamente da ogni minimo peccato e si va quindi sempre più acquistando la libertà. « La verità vi farà liberi », ha detto Gesù. Sapienza, libertà, santità si equivalgono; come pure, d'altro lato, ignoranza, peccato.

La tentazione interna, il tentennamento dinanzi al bene è un difetto.

La vittoria sulle tentazioni è una virtù negativa. La virtù non sta nel non fare il male, ma nel fare il bene; come la virtù del pianista non consiste nel non sbagliare, ma nel fare delle suonate bellissime.

Per questo Cristo, pur non potendo peccare, acquistò meriti infiniti: perché si determinò volontariamente a compiere perfettissimamente il Disegno di Dio.

Nella terza età si va acquistando la santità cioè la libertà piena; si va facendo tutto il bene che è possibile fare e si va così accrescendo e rafforzando il proprio essere solidificandolo in Dio.

5) Caratteristiche. - In questa 3a età della vita soprannaturale si comincia ad amare e servire Dio per se stesso, perché merita di essere amato e servito.

Si comincia a prescindere da sé. Non che sia possibile scindere la gloria di Dio dalla nostra felicità, perché solo allora sarà completa la gloria Dio, quando egli ci vedrà inscindibilmente uniti a sé nella gloria eterna; ma il cristiano, giunto a questa età, non pensa più tanto a sé, e vuole consumarsi in un sacrificio continuo per procurare a Dio la massima gloria, disposto anche a non averne ricompensa.

ILDEBRANDO A. SAN-ANGELO


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