giovedì 10 gennaio 2019

DIAVOLO, DEMONIO, SATANA, LUCIFERO, NOMI DIVERSI PER INDICARE UN’UNICA REALTÀ



Un nome, qualunque nome, considerato in se stesso, cioè staccato dall’oggetto, o dal luogo, o dalla 
persona a cui è riferito, è una pura concezione astratta che non dice nulla e non rappresenta nulla, 
una parola come un’altra che si può applicare a tutti e a nessuno. E anche quando un nome è 
applicato a qualche cosa o a qualcuno — parliamo prima di tutto di nomi dati dagli uomini ad altri 
uomini — non sempre il suo significato verbale corrisponde alla realtà che dovrebbe indicare. Non 
è difficile trovare nomi belli applicati a cose e a persone meno belle, o incontrare un amico che si 
chiama Felice o Fortunato e che invece vive accasciato da mille miserie e disgrazie.

Tutto il contrario quando il nome non ha un’origine umana, ma extra umana cioè divina. Dio ha 
sempre dato una grandissima importanza al nome. Spesse volte è stato lui stesso a darlo a 
personaggi di primo piano nella storia della salvezza perché anche il nome indicasse il programma e
la missione che il titolare doveva svolgere e portare a termine.

Il nome si identifica così alla persona, è come il titolo di un libro, come la carta d’identità, il 
biglietto da visita che a prima vista ti fa sapere con chi hai da fare, che cosa egli vuole da te e come 
ti devi comportare nei suoi confronti.

Di origine divina sono i nomi di Adamo e d’Eva, i primi esseri umani creati da Dio; il nome di 
Gesù, che significa «Jahvé salva», il nuovo Adamo venuto a restaurare e a riparare le rovine del 
primo. Di origine divina è il nome dato da Dio, nell’Antico Testamento, al patriarca Abramo, e nel 
Nuovo Testamento all’apostolo Pietro. Il primo doveva, anche attraverso il suo nome, indicare la 
sua paternità numerosa come le stelle del cielo e i granelli di arena che sono sulla riva del mare, il 
secondo la «pietra» su cui doveva essere fondata la chiesa, resa perenne perché fondata su salde 
fondamenta, destinata a sfidare i secoli e a arrivare fino alla fine dei tempi. Di origine divina, 
soprattutto, il nome che Dio sull’Oreb volle dare di se stesso quando Mosé in procinto di andare alla
grande impresa di liberare i suoi fratelli, glielo aveva chiesto: «Io sono Colui che sono. Dirai agli 
Israeliti: Io-sono mi ha mandato a voi» (Es 3,14). Il diavolo, personaggio biblico per eccellenza, è 
chiamato nelle sacre pagine con diversi nomi. E interessante per noi passarli tutti in rassegna per 
due motivi: perché, data la loro origine, non sono nomi vuoti o astratti, o senza un significato 
concreto, staccato dalla realtà che contengono, e perché attraverso questi nomi riusciamo a 
individuarne meglio la natura e l’essenza. Li vogliamo elencare subito: diavolo, demonio, satana, 
nomi generici applicabili a tutti, e Belial, Behemoth, Leviathan, Asmodeo, Lucifero, Mammona, 
nomi propri di alcuni di essi.

Tutti questi nomi hanno in comune un significato unico che aggiunge, volta per volta, un aspetto 
leggermente diverso e nuovo che completa l’immagine primordiale. Il significato di fondo, che si 
ritrova in tutte queste diverse denominazioni, è l’odio feroce, viscerale, continuo e indistruttibile 
che il diavolo porta a Dio e alla creatura di Dio, l’uomo.

Caratteristica inconfondibile del demonio è l’odio. Come Dio si definisce amore (1 Gv 4,16), così il
demonio si definisce odio. Tutta la sua azione, tutti i suoi interventi tendono a uno scopo solo, 
frustrare fin dove è possibile l’azione salvifica di Dio e infierire contro l’uomo, più debole e più 
accessibile alla sua azione, per distruggere in lui l’azione della grazia e impedire la sua salvezza. 
Vedremo in seguito come questa strategia della distruzione sarà portata a termine. Per ora 
fermiamoci a esaminare il significato dei diversi nomi coi quali lo spirito del male è indicato nella 
Bibbia2. Cominciamo da quelli generici, riferibili a tutti, per poi esaminare quelli indicati con un 
nome personale e proprio.

Prima di tutto diavolo. La parola deriva dal greco, diàbolos, che a sua volta deriva dal verbo dià-
bàio, dividere, e corrisponde all’ebraico satana, avversario, che esamineremo più sotto. Diàbolos 
indica accusatore, calunniatore, colui che con la calunnia, ossia con la menzogna, mette la 
confusione e la discordia tra Dio e gli uomini e tra gli uomini nei loro mutui rapporti: personaggio 
considerato responsabile di tutto ciò che contrasta l’opera di Dio e del Cristo. La sua disfatta 
segnerà la vittoria ultima e definitiva di Dio.

Satana è, come si è detto, la versione ebraica della parola greca diàbolos con tutti i significati della 
prima, ma con qualche elemento che la definisce ancor meglio. È l’accusatore per eccellenza, 
maestro insuperato nel falsare il pensiero e le intenzioni altrui. A Eva insinua: «Dio sa che quando 
ne avrete mangiato si apriranno i vostri occhi» (Gn 3,1-5). La rettitudine e la semplicità di Giobbe è 
per lui molto sospetta: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Stendi la tua mano e toccalo...» (Gb 
1,9-10). Nell’Apocalisse satana è visto come l’accusatore dei suoi fratelli: «Colui che li accusa 
davanti a Dio giorno e notte» (Ap 12,20). In Giobbe, ancora, fa la parte della spia.

Satana è una figura equivoca, scettica al riguardo dell’uomo, tesa a coglierlo in fallo, capace di 
scatenare contro di lui ogni sorta di male e perfino di spingerlo al male. Ostile a Dio, è ostile anche 
alla sua opera, la creazione, e, della creazione, all’opera principale che è l’uomo. Verso l’uomo 
satana si comporta da cinico, di un cinismo freddo e malevolo, causato da profonda invidia. Satana 
è invidioso dell’uomo. L’invidia è esplosa nella sua misura più piena nell’Eden quando s’incontrò 
con Eva, perché l’uomo, creato da Dio come lui ma inferiore a lui, lo ha soppiantato nel destino 
finale di salvezza. L’uomo è stato oggetto di perdono e di misericordia, al contrario di satana che 
non è stato mai perdonato (anche perché non ha mai chiesto perdono e non si è mai voluto umiliare 
a chiederlo).

Satana in arabo significa «capro», caprone, becco. Il caprone, animale maleodorante e tipicamente 
lascivo, è entrato spesso a far parte delle mitologie antiche, sempre in una luce negativa, con 
significato di vizio e di depravazione orgiastica. Pensiamo ai fauni e ai sàtiri della mitologia romana
e ai caproni oggetto di venerazione nei cosiddetti sabba ossia riunioni e convegni stregonici e 
demoniaci.

Anche la parola demonio è di origine greca. Nell’originale il dàimon poteva indicare sia un genio 
buono — e come tale è ricordato da Platone nei suoi dialoghi — sia un genio cattivo. Nel 
linguaggio neo-testamentario e cristiano è rimasto soltanto questo secondo significato. Il demonio e 
il demoniaco sono l’espressione estrema del male morale che affligge il mondo e l’uomo.

Il soggiorno abituale del demonio è, secondo la Bibbia del Vecchio e del Nuovo Testamento, il 
deserto dove vivono le bestie: «Lo spirito immondo se ne va per luoghi aridi cercando sollievo» (Mt
12,43), nei sepolcri (Mt 8,29), nelle regioni ultraterrene (Ef 6,12). Secondo l’opinione degli antichi i
demoni governano gli astri e per mezzo loro tutto l’universo. Risiedono «nei cieli», «nell’aria», tra 
la terra e il cielo, soggiorno di Dio, e coincidono in parte con quelli che Paolo chiama «gli elementi 
del mondo».

Nella Bibbia alcuni demoni singoli sono indicati con nome proprio, il quale al significato comune a 
tutti gli abitatori delle tenebre aggiunge qualche particolare che ne completa e ne definisce la figura 
davanti a noi.

Il più comune è Lucifero, detto «principe dei demoni». Il nome è di origine latina: «Portatore di 
luce». Inizialmente si identificava con la «stella del mattino», la prima stella che appare nel cielo e 
che precede lo spuntare del sole. Il demonio era «portatore di luce» prima della sua caduta. Dopo la 
caduta e la condanna, al posto della luce ha portato l’oscurità e continua a portare oscurità e tenebre,
ormai diventate il suo habitat naturale, ma il nome gli è rimasto anche se non più corrispondente 
alla verità. La «stella del mattino» impersona ormai soltanto il principe dei demoni, ribelle a Dio, e 
alla fine precipita negli abissi. Era l’angelo più bello, collocato più in alto di tutti, più vicino a Dio. 
Per questo la pena di essere stato da Dio respinto e rigettato lontano è in lui più profonda che in 
qualunque altro abitatore dell’inferno. Non sarà facile capire in tutta la sua portata questa pena. 
Bisognerebbe a questo scopo capire l’intensità dell’amore che un giorno ebbe per Dio e l’intensità 
dell’odio che ora lo rode continuamente contro di lui e contro Cristo, e contro tutto ciò che si 
riferisce a Cristo, la chiesa e il sacerdozio.

E solo in questa luce che Lucifero è visto dai profeti Isaia e Ezechiele. Il primo gli ha dedicato una 
pagina stupenda, profondamente lirica, che merita di essere citata:

«Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell’aurora? Come mai sei stato steso a terra, 
signore dei popoli? Eppure tu pensavi: Salirò al cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò
sul monte dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione... mi farò uguale all’Altissimo. E 
invece sei stato precipitato nell’inferno, nelle profondità dell’abisso. Tutti i re dei popoli, tutti 
riposano con onore, ognuno nella sua tomba. Tu invece sei stato gettato fuori dal tuo sepolcro come 
una carogna calpestata... Non sarà più nominata la discendenza dell’iniquo» (Is 14,12-20).

Lo stesso si legge in Ezechiele che personifica Lucifero nel re di Tiro:

«In Eden, giardino di Dio, tu eri coperto di ogni pietra preziosa. Il tuo cuore si era inorgoglito per la
tua bellezza. Io ti ho gettato a terra, ti ho ridotto in cenere davanti a quanti ti guardano» (Ez, 28,11-
19).

Nel libro di Giobbe troviamo il Leviathan (Gb 3,8; 40,25) detto anche drago e serpente fuggiasco. 
Nella mitologia fenicia il Leviatano era un mostro del caos primitivo. L’immaginazione popolare 
poteva sempre temere il suo risveglio provocato da una maledizione efficace contro l’ordine 
esistente. Il drago rosso dell’Apocalisse (Ap 12,3), che incarna la resistenza della potenza del male 
all’opera e alla presenza di Dio, assume certi tratti di questo serpente del caos. L'eclissi solare — 
per esempio -- è attribuita al Leviathan in «quando egli inghiotte momentaneamente il sole». E' 
ritenuto tuttora vivente e identificato talvolta col coccodrillo: «Chi mai lo ha assalito e si è salvato? 
Nessuno sotto i nito il cielo» (Gb 4,3).

Belial, o Beliar, è citato nel Deuteronomio (Dt 13,14) e nelle lettere paoline (2 Cor 6,15), prima per 
indicare uomini malvagi, inutili, anzi nocivi alla convivenza umana, figli di Belial», e poi, assunto a
nome proprio, per indicare la potenza del male in genere.

Beelzebul, o Beelzebub, è il nome di una divinità cananea he etimologicamente significa «Baal il 
principe». L’ortodossia monoteista ne ha fatto «il principe dei demoni» (Mt 12,24). La forma 
Beelzebub è un gioco di parole che vien tradotto in «Baal del letamaio», o «principe dello sterco», 
oppure «re delle mosche», tutte definizioni più o meno identiche che indicano il massimo disprezzo.

Il Behemot (Gb 40,15) è, nel senso letterale, l’ippopotamo preso come simbolo della forza bruta che
solo Dio può dominare. L’uomo, più debole, la deve soltanto subire senza resistere: «Le sue ossa 
sono come spranghe di ferro». E perciò identificato con la bestia per antonomasia, col bruto, col 
mostro davanti al quale l’uomo non può resistere.

Asmodeo è «colui che fa perire», il «cattivo demonio» ricordato nel libro di Tobia (Tb 3,8), colui 
che ha fatto morire i sette mariti di Sara, la figlia di Raguele. E il nemico dell’unione coniugale e 
della procreazione dell’uomo, il demone della lussuria. Ritroviamo qui la già ricordata tattica 
diabolica intesa a impedire la procreazione della vita umana. Il ricordo della felicità perduta suscita 
in lui una gelosia feroce per colui che è destinato a occupare il suo posto nel regno della beatitudine,
un odio irriducibile per l’uomo, creatura inferiore a lui ma destinata a salire al di sopra di lui, e 
l’intento perseguito con tenacia «satanica» di impedire la nascita di nuove vite che accrescano il 
numero dei futuri candidati alla felicità eterna. In questa visuale deve essere intesa anche la 
campagna pro aborto, contro la vita, evidentemente di origine satanica, che si fa sempre più estesa e
più rovente in tutto il mondo, e la propaganda anticoncezionale per limitare al massimo, o 
addirittura impedire fin dall’inizio, il moltiplicarsi delle vite umane nel mondo. La tattica 
anticoncezionale è sempre esistita in diverse forme, come dimostra la storia delle molte sette 
gnostiche orientali ed europee del passato, e delle società segrete a base gnostica dei tempi più 
vicini a noi, tutte intese a combattere la vita, ma dobbiamo riconoscere che tale tattica non aveva 
mai avuto in passato un’estensione così vasta e un numero di vittime così grande come ai giorni 
nostri. Il nostro tempo si può veramente definire il trionfo del demone chiamato Asmodeo.

Anticristo è un nome che si potrebbe adattare benissimo al demonio, il quale, prima di tutto e 
soprattutto è l’antiCristo, il contendente, il nemico di Cristo per eccellenza, ma essendo questo un 
nome proprio applicato a una persona determinata, come diremo in un capitolo a parte, non lo si 
può applicare direttamente al demonio. Tra l’anticristo, che apparirà negli ultimi tempi del mondo e 
della chiesa militante, e il demonio c’è perfetta identità di intenti, di azione, di metodi e, in 
definitiva, di risultati pratici — la perdizione di tante anime —ma tuttavia i due personaggi restano 
distinti. L’anticristo sarà una persona umana dotata di poteri straordinari e eccezionali, che lavorerà 
in pieno per attuare il programma di perdizione organizzato e sostenuto da satana, fino ad essere più
volte confuso e identificato con lui, restando però sempre distinto da lui. Dato il posto eminente che
occupa nella storia della demonologia, e lo spazio che gli danno gli stessi testi sacri del Nuovo 
Testamento, non è possibile definire iii brevi tratti la sua personalità e la sua opera, e rimandiamo il 
lettore al capitolo 15 di quest’opera.

A conclusione di questa carrellata biblica vogliamo aggiungere altri particolari secondari, presi dai 
libri neotestamentari, che si riferiscono al diavolo e che, come pennellate aggiuntive, contengono 
altri aspetti, sempre deteriori e negativi, della sua persona e della sua opera.

Il diavolo è raffigurato negli uccelli che divorano il seme caduto lungo la strada: «Poi viene il 
diavolo e porta via la parola dai loro cuori perché non credano e così siano salvati» (Lc 8,12).

È il nemico che di notte sparge la zizzania nel campo seminato di buon grano: «La zizzania sono i 
figli del maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo» (Mt 13,39).

E il «maligno» per eccellenza, per essere liberati dal quale Gesù ci insegna a pregare: «Non 
c’indurre in tentazione ma liberaci dal maligno» (Mt 6,13).

È lo «spirito immondo» che Gesù caccia dal corpo degli essessi: «E lo spirito immondo, 
straziandolo e gridando forte, uscì da lui» (Mc 1,26).

È «il principe di questo mondo» da quando ha fatto cadere in peccato i primi padri nell’Eden, 
Adamo ed Eva, le sue più illustri vittime, ma il suo tempo, dopo la venuta di Cristo, e specialmente 
dopo la sua morte in croce, è ormai segnato: «Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori» 
(Gv 12,31), «il principe di questo mondo è gi stato giudicato» (ivi, 16,11).

È il «leone ruggente» che va in cerca della preda da divorare, «al quale è necessario opporre la 
valida resistenza della fede» (1 Pt 5,8). E il serpente antico che si chiama diavolo (Ap 20,2).

E il drago che comunica la sua forza alla «bestia venuta dal mare» con dieci corna e sette teste, 
simile a una pantera con le zampe di un orso e la bocca di un leone (Ap 13,1-2):

la bestia è il simbolo dell’impero romano che arrogandosi diritti e poteri divini ha perseguitato 
Cristo e la sua chiesa, e il drago che le comunica la forza di uccidere è il demonio.

E il «tentatore» — in greco Peiràzon — per eccellenza, e solo un’anima avveduta lo può sfuggire (2
Cor 2,11).

E colui che ostacola in tutti i modi l’opera degli apostoli: «Abbiamo desiderato una volta, anzi due 
volte, di venire proprio io Paolo, di venire a voi, ma satana ce lo ha impedito. Per questo, non 
potendo più resistere mandai a prendere notizie sulla vostra fede temendo che il tentatore vi avesse 
tentato e così diventasse vana la nostra fatica» (1 Tess 2,18; 3,5).

Nelle lettere apostoliche san Paolo, san Giovanni, san Giacomo accennano spesso ai «lacci del 
demonio» da cui i fedeli devono guardarsi per non essere troppo facile preda delle sue insidie e dei 
suoi inganni.

Da rivelazioni fatte da demoni durante gli esorcismi — ne vedremo alcuni esempi nella seconda 
parte — apprendiamo altri nominativi di demoni singoli, quali Caino, Giuda, Erode, Nerone, Abu 
Gosch (il cattivo ladrone morto sul Calvario a sinistra della croce di Gesù) e altri, tutti legati a 
personaggi che nella storia hanno lasciato un ricordo molto triste e negativo di se stessi, nomi che 
non aggiungono nulla all’idea che di questi infelici spiriti ci hanno lasciato i nomi precedenti, ma 
che servono tuttavia a confermarla una volta di più.

**************
2 Jean Vaquiè si è divertito a contare tutte le volte che il diavolo con i suoi diversi nomi è menzionato nella Sacra Scrittura (Vecchio Nuovo Testamento) e ne è risultato questo specchietto che vogliamo riportare: Diaholus 6 volte nell’Antico e 34 nel Nuovo Testamento, Satanas 13-33, Draco 36-12, Serpens 6-0, Leviathan 6-0, Behemoth 1-0, Beliall 2-l, Mammon 0-4, Beelzebu l4-7, Beelphegor 6-0, Malus-Malum 651-44, Bestia 0-33 (tutte nell’Apocalisse), Infernum 58-11, Gebenna 1-10, Tartaro 0-1: Totale 1.073.
Non è tenuto conto delle espressioni correlative e delle locuzioni composte: spiriti del male, spiriti immondi, potere delle tenebre, spiriti di ribellione, figli di perdizione, principe di questo mondo, l’avversario, il tentatore. . . che si trovano abbondanti nella Sacra Scrittura dei due Testamenti (J. Vaquiè, Ahrégé de Démonologie, Vilegenon 1988, 16).

Paolo Calliari

Nessun commento:

Posta un commento