martedì 17 dicembre 2019

Chi è don Luigi Villa?



Agente segreto

In tutti quegli anni, don Villa, lavorò come agente segreto del card. Ottaviani, con la specialità di documentare l’appartenenza alla Massoneria di alti Prelati della Chiesa cattolica e di occuparsi di certe questioni delicate della Chiesa. 

Questo ruolo fece di don Villa una persona di casa e molto conosciuta in Uffici di Polizia, di Questura e di altre Agenzie di Investigazioni Generali e Operazioni Speciali.
Quando, nel settembre 1978, durante il breve pontificato di Papa Luciani, la “Lista Pecorelli” apparve su “OP”

(Osservatore Politico), la Rivista dell’avvocato Mino Pecorelli, non fu certo una grande meraviglia per don Villa leggervi molti nomi di quegli alti Prelati che lui stesso aveva già fatto allontanare dalle loro sedi, tanto tempo prima, per aver fornito al Sant’Uffizio i documenti della loro appartenenza alla Massoneria. 

Uno dei casi più illustri fu quello del card. Joseph Suenens, cacciato dalla sua sede di Bruxelles perché massone, convivente e con un figlio di nome Paolo!
Un altro caso “doloroso”, fu quello del card. Achille Lienart. A Parigi, mentre attendeva, nei pressi di una Loggia massonica, l’uomo che gli doveva confermare l’esistenza di documenti che attestavano l’appartenenza alla Massoneria del card. Lienart, don Villa, d’improvviso, vide corrergli incontro un giovane che, aggreditolo, gli sferrò un pugno “ferrato” in pieno volto, gridando: «Esiste un Diavolo su questa terra!».
Don Villa rinvenne in una farmacia, con la bocca piena di sangue, la mandibola spezzata, e senza più un dente in bocca.

Anche ad Haiti, un giorno, egli rischiò la vita. Recatosi in quel paese per una missione, fu preso dai militari, e portato in un luogo, per la fucilazione. Ma don Villa ebbe un’ispirazione: chiese all’ufficiale che lo custodiva di poter parlare con un suo carissimo amico, il Superiore del Seminario locale. L’ufficiale, turbato da quella richiesta, si recò dai suoi superiori e tornò subito, dicendogli: «Ci siamo sbagliati», e lo liberò.

Tra le questioni delicate affidategli dal cardinale Ottaviani, vi fu quella dell’incontro con Lucia di Fatima.
Un giorno il cardinale Ottaviani disse a don Villa: «Ho pensato di mandarti a Fatima per parlare direttamente con Suor Lucia».
Egli accettò con gioia. Lo accompagnò un industriale padovano, il Sig. Pagnossin, un convertito da Padre Pio, che gli offrì il viaggio e la permanenza in Portogallo. Il Cardinale Ottaviani lo aveva munito di una sua lettera personale e firmata da lui, come Prefetto del Sant’Uffizio, da consegnare al Vescovo di Coimbra, perché gli concedesse l’incontro con Suor Lucia. Ma il Vescovo di Coimbra, prima di concedere l’incontro con la Veggente, prese il telefono e chiamò in Vaticano. Gli rispose Mons. Giovanni Benelli, il quale, prima di dare una risposta, volle sentire Paolo VI, perché Roma aveva dato ordini precisi: il “colloquio” con Lucia era consentito solo ai Reali e ai Cardinali.

Mons. Benelli trasmise al Vescovo di Coimbra il divieto di Paolo VI alla richiesta di colloquio con Suor Lucia. Inutile, quindi, fu l’insistenza di don Villa, nell’evidenziare il suo ruolo di inviato del Prefetto del Sant’Uffizio. Comunque, egli rimase
in Portogallo, cercando di vincere la resistenza del Vescovo. Dopo una decina di giorni, però, si dovette rassegnare alla sconfitta. Ottenne dal Vescovo solo di poter celebrare nella Cappella del Convento di clausura. 
Al rientro in Italia, don Luigi andò subito a riferire l’accaduto al cardinale Ottaviani. Il Cardinale si sentì offeso dal comportamento di Paolo VI, al quale scrisse subito una lettera di protesta. Tornato in seguito a Roma, il card. Ottaviani gli disse che Paolo VI gli aveva fatto le scuse, dicendo, però, che la decisione era stata presa da mons. Benelli. Ma il Cardinale sottolineò che quello era il solito metodo del doppio gioco di Paolo VI.

Fintanto che visse Pio XII, il Vaticano, per don Villa era un ambiente più che accogliente: oltre agli incontri inerenti alla sua attività di agente segreto, don Villa pranzò e cenò almeno una cinquantina di volte con Cardinali e Vescovi. Ma quando giunse al potere Paolo VI, egli si vide preclusa ogni ospitalità ed ogni possibilità di avviare iniziative per la difesa della Fede Cattolica.

a cura dell’Ing. Franco Adessa

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