sabato 7 marzo 2020

ILDEGARDA DI BINGEN



LA  SPIRITUALITÀ  DI  SANT’ILDEGARDA NEL  QUADRO  DEL  XII  SECOLO

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Nei secoli precedenti il XII secolo nei paesi d’Ildegarda, a giudicare dai documenti letterari che ci sono pervenuti, la situazione del credente era una delle più austere: nel suo stato di peccatore, egli guardava con ansia all’aldilà. Egli, che viveva nel tempo, poteva giungere a Dio, il Trascendente, l’Infinito, l’Immenso, l’Eterno solo con la morte corporale, dopo il terribile giudizio. La prospettiva era tale da infondere l’ansia. Quanto gli spettava di fare durante la vita per giungere a Dio era di astenersi dal peccato e fare penitenza, quanto in vita poteva fare per arrivare alla meta, era pesato dalla divina giustizia, per decidere la sua eternità. Questa era la mentalità generale di gran parte del popolo.

Il rapporto tra Dio e l’uomo è impersonale, non ci s’immagina un’unione con Dio prima dell’entrata nell’eternità e un compenetrarsi dell’umano con il divino. Si dice, per esempio, che Dio ha creato gli angeli perché essi indichino agli uomini, che ne sono i sudditi, il retto cammino, mentre manca ogni accenno al loro compito di servizio a favore degli uomini e ci si rivolge alla Vergine Maria, quale mediatrice tra terra e cielo, ma non attraverso un rapporto personale.

L’uomo occupa il posto degli angeli caduti, il decimo coro: nove sono i cori degli angeli, il decimo è dell’uomo, con la conseguenza che anche lui sarà punito com’essi se non vive secondo la legge. Da che cosa dipende ciò? Non tanto dall’idea che provenga da Dio, come si potrebbe credere al primo acchito, quanto dal concetto negativo che si ha dell’uomo. E neppure ci si ricorda della posizione privilegiata dell’uomo, cosicché ne sia dato la signoria sul creato, né si dà rilievo al fatto del suo essere creato ad immagine e somiglianza di Dio. Un uomo è definito secondo il suo stato di peccatore: egli è il discendente d’Adamo. Non è definito secondo il suo privilegio quale signore del creato e secondo il suo rapporto con Dio in quanto creato a sua immagine e somiglianza. La distanza tra l’uomo e Dio, come ho detto sopra, sarà superata solo dopo la morte. Certamente, si conosce il passo del libro della Genesi, in cui è detto che l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio, ma non si pensa ad interpretarlo nel suo pieno significato e di mettere in rilievo il conseguente valore antropologico.

Nello stesso modo, non si ricorda più che pure Cristo è immagine e somiglianza di Dio e che l’uomo è chiamato ad essere immagine di Cristo. Noi leggiamo, per esempio, nella Lettera ai
Colossesi: “Cristo è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni altra creatura; poiché in lui tutto è stato creato, in cielo e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili… Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui…” (1,15.16) “…Perché quelli che egli ha distinti nella sua prescienza li ha predestinati ad essere a conforme all’immagine del Figlio suo”. (Rm 8,29). La Chiesa è mediatrice tra Dio e l’uomo e porta la responsabilità per la salvezza dell’anima dell’uomo, ma il termine “sposa” vale solo per la Chiesa, non per la singola anima, che nel suo rapporto con Dio è vista solo come membro della Chiesa.

Per circa la metà del secolo XI e quello XII si tende ancora in forme diverse a subordinare i laici alla Chiesa, rendendoli coscienti del loro stato di peccatori e dell’opera di salvezza di Dio e questo sempre in vista dell’aldilà, secondo l’influsso cluniacense. Anche nel campo liturgico, i cluniacensi si dedicano alla preghiera per i defunti, introducono la festa dei morti; invece i cisterciensi cambiano indirizzo. Il laico non è più contento delle semplici nozioni di fede o di una partecipazione formale alle funzioni ecclesiali e religiose. Vuole intendere e comprendere, incomincia a poco a poco a farsi strada una nuova epoca con nuove esigenze.

Si apprezza sempre di più la vita eremitica e si aspira ad una vita religiosa profonda ed intima. Il malcontento per la riforma cluniacense porta a quella cisterciense. Il desiderio di una vita ascetica ed austera esige una nuova regola, per esempio, per la vita dei canonici. Nasce così il nuovo ordine dei Premonstratensi, accanto ai Canonici Regolari di Sant’Agostino. La vita eremitica ha una nuova fioritura: i Camaldolesi. Predicatori erranti percorrono i paesi, sorgono gli ordini religiosi cavallereschi. Incominciano a sorgere le università.

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Sr. ANGELA CARLEVARIS osb

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