Da Cristo al Padre
È ancor più significativo il fatto che, pur attribuendo alla carità di Cristo un posto centrale nel proprio pensiero é nella propria vita, quale essa ha nel messaggio cristiano, san Paolo si sia costantemente preoccupato di raggiungere Dio Padre attraverso il Figlio. Pure concentrando il suo spirito spontaneamente e a fondo sulla persona di Gesù, egli riconosce in essa il disegno dell'amore onnipotente del Padre e subito si innalza fino a questo. Tale atteggiamento fondamentale si riscontra in ciascuno dei testi che abbiamo citato.
Quando dichiara che egli non vive più e che è Cristo che vive in lui, san Paolo designa Cristo come « il Figlio di Dio » che l'ha amato e che si è sacrificato fino alla morte per lui; e lascia intendere che si tratta dell'amore di un Figlio nel quale si deve discernere l'opera e l'amore del Padre. Completando poi il suo pensiero, egli identifica il dono di Cristo con la grazia di Dio. Significherebbe « render vana la grazia di Dio » il non ammettere che la nostra salvezza fu unicamente ottenuta dall'amore di Cristo, quando si e sacrificato per noi. Per « grazia di Dio » l'apostolo intende qualche cosa di più vasto .di ciò che intendiamo noi oggi per grazia. Con questa parola infatti noi designamo un aiuto particolare che ci viene da Dio, cioè la grazia attuale, oppure una qualità permanente dell'anima che possiede in sé la vita divina, cioè la grazia santificante. Ma prima ancora che gli stimoli divini di grazie attuali ci fossero destinati e che ci fosse comunicata la vita divina come grazia abituale, vi fu una prima grazia che è la fonte di tutte le altre: il dono che il Padre ci fece dandoci il Figlio. Se la carità di Cristo è la grazia di Dio, ciò significa che il dono di Gesù nel suo sacrificio è innanzi tutto un dono elargito dal Padre. Questa origine prima del dono di Cristo era sempre presente in san Paolo.
Nella seconda lettera ai Corinti, dopo aver parlato della carità di Cristo che lo premeva e aver ricordato che con la sua morte a beneficio di tutta l'umanità Cristo aveva mutato ogni cosa e rinnovato la creazione intera, l'apostolo aggiunge che tutto ciò « viene da Dio, che ci ha riconciliato con se stesso per mezzo di Cristo ». Il Padre, dunque, offeso dal peccato dell'uomo ha preso l'iniziativa della riconciliazione. Da lui provengono i mirabili risultati della redenzione, a lui si deve innanzi tutto la trasformazione d'un universo gemente sotto il peso del peccato in un universo salvo e santificato. San Paolo avrebbe potuto accontentarsi di ricordare l'amore di Cristo, di dimostrare come la sua morte avesse tutto mutato nell'universo. E invece no: subito dopo aver rievocato questa trasformazione del mondo, il suo pensiero si volge al Padre e sente il bisogno di dire che ogni cosa proviene da lui. Cristo agi con mirabile generosità quando diede la sua vita per tutti: ma, in lui, era il Padre che agiva. In Cristo dobbiamo vedere il Padre che si riconcilia con l'umanità, il Padre che offre il suo perdono cessando d'imputare agli uomini i loro peccati: « in Cristo Dio era presente riconciliando con sé il mondo ».
Non si può dunque capire Cristo e ciò che egli ha fatto se non riscoprendo in lui la presenza del Padre e l'azione del Padre. Quale errore sarebbe il nostro se guardassimo esclusivamente l'amore che Cristo ci ha testimoniato, come se questo amore fosse il primo e il Padre non ne fosse stato la sorgente originaria! Quale errore di prospettiva se si volesse opporre l'amore ardente di Cristo per gli uomini all'atteggiamento freddo, distante o anche ostile del Padre a loro riguardo! E' innegabile che agli occhi del Padre gli uomini erano dei peccatori; ma appunto per questo il Padre non ha voluto guardarli che attraverso Cristo, con uno sguardo che operava la riconciliazione e cancellava i peccati. Vi è d'altra parte qualche cosa di più di . questo sguardo: in Cristo, secondo l'espressione di san Paolo, Dio è presente, e Dio opera. In lui il Padre compie la sua opera.
Ne consegue che l'amore di Cristo per noi è la prova e la manifestazione dell'amore che il. Padre ci ha portato: questi due amori ci sono elargiti contemporaneamente, al punto da non formarne che uno solo. Alla domanda: « Chi ci separerà dall'amore di Cristo? » l'apostolo risponde: « Sono sicuro che né la morte né la vita, né gli angeli... né nessun'altra creatura ci potrà separare dall'amore di Dio in Cristo Gesù nostro. Signore ». L'amore di Cristo e' dunque l'amore di Dio in Cristo Gesù; il che significa che quando Cristo ci ama, è l'amore del Padre che giunge a noi; poiché l'amore del Padre per gli uomini si è rivelato nell'amore di Cristo, si è condensato in lui e in lui ha preso la sua forma definitiva. Perciò (entusiasmo suscitato in Paolo dalla certezza che nulla al mondo avrebbe potuto separarlo da Cristo che lo amava, era ancor, più profondo e più solido perché si fondava sulla convinzione di non poter essere separato dall'amore del Padre. Se l'apostolo era « più che vincitore », con gli altri cristiani, nelle sue prove, perché disponeva della forza dell'amore di Cristo, questa vittoria esaltante era pure quella dell'amore del Padre: donde un suo carattere più completo, più decisivo. Per il fatto che Paolo si era guadagnato l’amore di Cristo, Dio amoroso era unito a lui per sempre. Ovvero, per usare un linguaggio più modero: attingendo tutta la sua certezza al cuore di Cristo é alla sua fedeltà indefettibile, l'apostolo sapeva che in quel cuore gli veniva dato il cuore del Padre stesso, con l'onnipotenza del suo amore. Il Padre si era dato nel Figlio, e quel dono non era suscettibile di pentimento.
Quando affermava, nella sua predicazione, di voler Conoscere soltanto Cristo, e Cristo crocifisso, san Paolo era consapevole d'insegnare in tal modo ciò che vi era di più profondo nel cuore del Padre e che egli chiama il « mistero di Dio » cioè il disegno concepito da Dio per la salvezza degli uomini. Oggi noi usiamo il termine mistero per designare una verità rivelata, verità che supera la nostra intelligenza naturale; ma con le parole « mistero di Dio » san Paolo intendeva qualche cosa di più di una verità da credere; per lui significavano un piano d'azione elaborato da Dio. Il Padre aveva concepito quel piano nel segreto del suo cuore paterno. Da lungo tempo portava in sé l'intenzione di presentare agli uomini il Cristo con la sua opera di redenzione per mezzo della croce; ma l'intenzione restava nascosta e il mistero. custodito nel silenzio dei tempi eterni ». Solo al momento di attuarla il Padre la rivelò. In Cristo si era dunque manifestata la potenza del Padre che finalmente realizzava il suo sogno, la sua decisione più ferma. In Cristo, e in. modo particolare in Cristo crocifisso, era contenuto tutto il « mistero di Dio »; in lui il Padre aveva rivelato e realizzato il suo piano. Per questo, presentando a sua volta ai suoi ascoltatori Cristo crocifisso, san Paolo era consapevole non solo di annunciare loro « il mistero di Dio », ma di continuare l'attuazione di tale mistero con la sua predicazione. Il Padre, che aveva agito attraverso Cristo, agiva ancora attraverso l'apostolo che parlava di Cristo, di quella realtà di Cristo in cui il Padre aveva posto tutta la sua sapienza e tutta la sua potenza. E quella sapienza e potenza divina si manifestavano nella predicazione di Paolo con dei risultati straordinari, come se nelle sue parole il Padre fosse presente, con il suo « mistero », quanto Cristo.
Poiché riconosceva che tutte le meraviglie dell'opera di redenzione venivano in primo luogo dal Padre, a lui san Paolo tributava la sua adorazione « piego il ginocchio davanti al Padre »; a lui domandava per i suoi seguaci la grazia di conoscere l'amore di Cristo. Le ricchezze di Cristo erano insondabili proprio perché erano celate in quel « mistero » che per tanto tempo il Padre aveva nascosto agli occhi degli uomini; e il suo amore superava ogni intendimento perché si era spinto lontano quanto la sapienza del Padre, una sapienza « multiforme », dalle mille facce, piena di scoperte sorprendenti. Infine, Cristo ci ha amati senza misura perché possedeva la pienezza della vita divina del Padre. Questi, dunque, deteneva tutti i segreti di Cristo e a lui bisognava rivolgersi per conoscerli. Quei tesori appartengono prima che ad ogni altro al suo cuore di Padre ed egli solo può svelarli agli uomini. Nella preghiera che san Paolo gli rivolge chiedendogli di concedere ai cristiani la capacità di conoscere l'amore di Cristo, amore che supera ogni conoscenza, sembra di ascoltare un'eco della dichiarazione fatta da Gesù: « Nessuno sa chi è il Figlio, se non il Padre ». Per poter penetrare nella persona di Gesù e cogliere tutta la portata del suo amore bisogna risalire al Padre. Responsabile e autore di tutto il piano di salvezza, il Padre si trova all'origine dell'amore di Cristo per noi: contemplando e ammirando quell'amore noi dobbiamo riconoscervi l'opera della sua paterna bontà. Per guardare Cristo si deve alzare gli occhi verso il Padre; per lodare e ringraziare Cristo come si conviene, si deve portare lode e azione di grazie al Padre.
Risalendo ogni volta da Cristo al Padre, san Paolo sapeva d'altra parte di rispondere al desiderio formale di Cristo stesso. Perché Cristo aveva sistematicamente attribuito al Padre l'onore di tutto ciò che faceva, dei suoi miracoli e della sua dottrina: dichiarava di dovergli tutto, e indicava in lui non solo colui che aveva preso l'iniziativa dell'opera redentrice, ma anche colui che attualmente la dirigeva e che la portava a compimento. E’ noto con quale vivacità Gesù ha ripreso quel giovane che avrebbe voluto trovare in lui una bontà migliore di quella di Dio « Buon maestro », aveva detto il giovane, sottintendendo di aver scoperto un maestro la cui bontà superava quella dell'autore dei comandamenti. Ed è proprio questa impressione che Gesù corresse immediatamente: « Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, all'infuori di Dio ». Cristo non voleva che si separasse la sua bontà da quella del Padre, né che si preferisse l'una all'altra. Sarebbe stato recare ingiuria al Padre, da cui proveniva ogni bontà.
San Paolo, che aveva compreso a fondo questa verità, non ha mai avuto l'atteggiamento del giovane del Vangelo. Più entusiasta ancora di lui di fronte alla carità di Cristo, non pensò mai di opporre la bontà di Cristo a quella di Dio, né volle attaccarsi alla persona amorosa di Cristo come se questa dovesse proteggerlo da un Dio più severo. Nella carità, che durante la vita terrena Gesù testimoniò col sacrificio della croce, egli colse un'intenzione d'amore che si era formata nell'eternità divina, il « mistero » in cui si era concentrata la sapienza del Padre. Se vogliamo seguire la via tracciata da san Paolo, la bontà del maestro del Vangelo ci apparirà sotto il suo vero volto: un'espressione della bontà eterna del Padre. Per raggiungere il fondo del cuore di Cristo bisogna dunque andare fino al cuore del Padre.
Di Jean Galot s. j.
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