lunedì 6 giugno 2022

Quanto questa devozione sia utile alla nostra salute e perfezione

 


LA DIVOZIONE AL S. CUORE DI N. S. GESÙ CRISTO

Se Gesù ha operato tanti prodigi per obbligarci ad amarlo, quali grazie  non farà a quelli che vedrà solleciti di testimoniargli la loro gratitudine e  l’amore ardente? Ci ha amato con tenerezza, dice S. Bernardo, ci ha  colmato di beni quando non l’amavamo, anzi quando non volevamo che ci  amasse (dilexit non existentes sed et resistentes). Quali doni perciò e quali  grazie non verserà su quelli che l’amano e si affliggono nel vederlo sì poco  amato? 

Si vede ormai chiaro che la devozione al S. Cuore di Gesù è una prova  o meglio un esercizio continuo d’amore ardente verso di Lui. Ma oltre ed  essere una pratica degli esercizi più santi della nostra Religione, essa ha  un non so che di forte e tenero a un tempo che ottiene tutto da Dio. Infatti,  se Gesù concede grazie tanto grandi a chi è devoto degli strumenti della  sua Passione e delle sue Piaghe, quali favori non concederà a chi nutre una  tenera devozione verso il suo S. Cuore? 

Nel proemio di questo libro sono state addotte le ragioni che possono  indurre un uomo saggio a non ricusare di prestar fede alle rivelazioni di  S. Matilde. 

Ecco ciò che la Santa narra a questo proposito. (Liber specialis gratiae,  P. 4, c. 28). — «Un giorno, dice ella, io vidi il Figlio di Dio che teneva in  mano il suo Cuore più splendente del sole, e raggiante di luce da ogni  parte; e in quel momento l’amabile Salvatore mi fece comprendere che dalla  pienezza di quel Cuore divino sgorgavano tutte le grazie che Dio spande  incessantemente sugli uomini, secondo la capacità di ciascuno». 

La stessa Santa qualche tempo prima della sua morte assicurò che,  avendo un giorno chiesto a Nostro Signore con molta istanza una grazia  grande per una persona che l’aveva pregata, Gesù le disse: — Figlia mia, di’  alla persona, per cui mi preghi, che cerchi nel mio Cuore tutto ciò che essa  desidera; abbia grande devozione a questo S. Cuore, tutto mi chieda in Lui.  — 

Come un figlio che per ottenere da suo padre ciò che desidera, non  usa altro artificio che quello suggeritogli dall’amore. 

Avendo Dio fatto conoscere, a quella persona, di cui ho parlato nel  capitolo 2°, e per la quale il P. de La Colombière sentiva tanta venerazione,  le grazie grandi che aveva unite alla pratica di questa devozione, le fece  comprendere ch’era proprio per ultimo sforzo, a dir così, dell’amore suo  verso gli uomini, ch’Egli s’era deciso a scoprire í tesori del suo S. Cuore,  ispirando loro una devozione destinata a far nascere l’amore verso Gesù nel  cuore dei più insensibili e infiammare quello dei meno ferventi. 

«Divulga per tutto, le disse l’amabile Salvatore, ispira, raccomanda  questa devozione alle persone del mondo come mezzo sicuro e facile per ottenere da me il vero amore di Dio; agli ecclesiastici e ai religiosi come  mezzo efficace per giungere alla perfezione del loro stato; a quelli che  s’affaticano alla salute del prossimo come mezzo certo per commuovere le  anime più indurite; infine a tutti fedeli conie una devozione fra le più solide  e più adatte ad avere la vittoria sulle più forti passioni, a riportare l’unione  e la pace tra le famiglie più discordi, a liberarsi dalle imperfezioni più  inveterate, ad acquistare verso di me un amore ardentissimo e tenerissimo,  e finalmente per arrivare in breve tempo e in maniera facilissima alla  perfezione più sublime». 

S. Bernardo pieno di tali sentimenti non parla mai del S. Cuore di  Gesù se non come del tesoro di ogni grazia e della sorgente inesausta di  ogni bene. — O dolcissimo Gesù, grida, quante ricchezze chiudi nel tuo  Cuore, e a noi quanto è facile arricchirci, mentre possediamo questo tesoro  infinito nell’adorabile Eucaristia! 

-Nota: Cor Christi coeleste gazophylacium et aerarium est. (Sermo 1 de excellentia Joannis evangelistae)- 

In questo Cuore adorabile, dice il Card. S. Pier Damiani, noi troviamo  tutte le armi per la nostra difesa, i rimedi per guarire dai nostri mali, gli  aiuti più validi contro gli assalti dei nemici, le consolazioni più dolci per  conforto delle nostre sofferenze e le delizie più pure a riempirci l’anima di  felicità. 

Sei afflitto, perseguitato dai tuoi nemici? Ti spaventa il ricordo dei tuoi  peccati trascorsi? È agitato il tuo cuore da inquietudine, timore, passione?  Vieni a prostrarti dinanzi ai nostri altari; gettati, via, nelle braccia di Gesù,  entra sino nel suo Cuore; esso è l’asilo, è il ritiro delle anime sante e un  luogo di rifugio dove l’anima nostra sta in una sicurezza perfetta. (Cor  Christi asylum perfugii in tentationibus et tributationibus — Blosius:  Conclave animae fidelis). 

Il S. Cuore di Gesù, dice il devoto Lanspergio, non è soltanto la sede di  ogni virtù, ma è anche la sorgente delle Grazie in cui le medesime si  acquistano e si con servano. Abbi una tenera devozione, verso questo  Cuore amabile, pieno d’autore e di misericordia, continua egli, chiedi per  mezzo di Lui tutto ciò che vuoi ottenere, offri per mezzo di Lui tutte le tue  azioni, perché il S. Cuore è il tesoro dei doni soprannaturali e, per così dire,  la via per cui ci uniamo a Dio più strettamente, e per la quale più  amorosamente Egli si comunica a noi. Attingi, attingi a tuo piacere nel  S. Cuore tutte le grazie e le virtù che ti abbisognano, e non temere di  esaurire questo Tesoro infinito. Ricorri a Lui nelle necessità, rimani fedele  alle pratiche sante di una devozione così ragionevole e utile, e ne proverai  presto i benefici effetti. 

-Nota: Ad venerationem Cordis piissimi Jesu amore ac misericordia  exuberantissimi studeas teipsum excitare, ac sedula devozione ipsum  frequentare. Per ipsum petenda petas et exercitia tua offeras quia  charismatum omnium est apotheca, ostium per quod nos ad Deum, et ipse  ad nos accedit… Gratiam quoque eius et virtutes ac prorsus quidquid  fuerit tibi (quod mensuram excedit) salutare, videaris tibi ex gratioso Corde  attrahere… Ad quod in omni necessitate confugias, unde consolationem  quoque, et omne auxilium haurias. (Lansperg. Pharetra divini amoris.  Exercitium ad piiss. Cor Jesu)- 

Nella vita di S. Matilde abbiamo un’altra illustre prova di ciò che  abbiamo esposto. In una apparizione il Figlio di Dio le comandò d’amare  ardentemente e d’onorare più che poteva nel SS. Sacramento il Suo Cuore,  dandoglielo, come pegno dell’amor suo, per luogo di rifugio in vita e per  conforto nell’ora della morte. Da quel giorno in poi la Santa fu presa da  devozione sì straordinaria verso il S. Cuore e ricevette tante grazie, ch’era  solita dire che se bisognasse scrivere tutti i favori e i beni che aveva  ricevuti per mezzo di questa devozione, nessun libro, per quanto grande, li  avrebbe potuti contenere. (Liber specialis gratiae, P. II c. 19). 

Ho risoluto, dice l’autore del «Cristiano interiore» di non dipendere  ormai che dalla Provvidenza divina, senza cercare consolazione o appoggio  nelle creature, io devo farmi simile a un bambino che riposa dolcemente  senza inquietudine e timore nelle braccia della mamma che lo ricopre di  carezze affettuose. Confesso che N. Signore mi tratta appunto così, perché  senza bisogno di andar cercando altrove il nutrimento e la ricchezza  dell’anima mia, trovo nel S. Cuore di Lui ogni aiuto e ogni bene che  m’abbisogna, e in tanta abbondanza ne ho e con tanta liberalità ne sono  arricchito, che a volte ne resto pieno di stupore, e temo non vi sia  negligenza da parte mia nel ricevere dal S. Cuore grazie così grandi, mentre  m’affatico tanto poco. (L. 5. c. 23). 

Ma se anche in favore di questa devozione non si potesse addurre  autorità, esempio o rivelazione particolare, se anche Gesù Cristo stesso  non si fosse spiegato così sovente né con tanta chiarezza, ci sarebbe  bisogno di grandi ragionamenti per convincere un cristiano che non c’è  nulla di più sodo e di più utile alla salvezza e perfezione nostra di una  devozione che ha per solo motivo l’amore più puro verso Gesù, per fine la  riparazione più che sia possibile delle offese che si commettono  nell’adorabile Eucaristia, e di cui tutte le pratiche tendono ad onorare e far  amare ardentemente Gesù Cristo? 

Il Salvatore ammirabile, che ha fatto tanto per avere il cuore degli  uomini, potrebbe negare alcuna cosa a quelli che gli chiedono da se stessi  un posto nel Suo Cuore? Se Gesù si lascia dare persino a chi non l’ama, se  persino permette d’essere portato al letto di quei moribondi che quasi mai  in vita si son degnati di visitarlo, insensibili ai suoi segni manifesti d’amore  e agli oltraggi che riceveva nell’adorabile Eucaristia, a quelle persone,  infine, che forse lo hanno esse stesse crudelmente offeso; che non farà per  quei servi fedeli che sensibilmente commossi dal vedere il loro buon  Signore sì poco amato, sì di rado visitato, sì crudelmente oltraggiato, gli  fanno di tanto in tanto ammenda onorevole di tutti i disprezzi ond’è  oggetto, e nulla tralasciano per riparare tanti oltraggi con visite frequenti,  adorazioni, ossequi e sopratutto col loro amore ardente? È chiaro dunque  che non c’è cosa più ragionevole né più utile della pratica di questa  devozione; e allora perché portare tante ragioni per farne persuasi i  cristiani?. 

-Nota: I preziosi vantaggi uniti alla pratica della devozione al Sacro Cuore indicati  dal P. Croiset, già da molto tempo erano stati annunziati da due grandi contemplativi: S.  Geltrude, a Helfta in Sassonia (1256-1302) e Ubertino da Casale nel convento della Verna in  Italia (1248-1305). 

Ciò che la prima scrisse a questo riguardo è stato spesso citato, basterà una parola  per ricordarlo. Racconta la vita di Lei che, essendole apparso il discepolo prediletto, essa domandò al suo celeste Visitatore come mai Egli che aveva reclinato il capo sul petto del  Salvatore nell’ultima Cena, avesse completamente taciuto i palpiti del Cuore adorato del suo  Maestro; e gli manifestò il suo dispiacere per non avercene detto nulla per nostro  ammaestramento. Il Santo le rispose: — La mia missione era di scrivere per la Chiesa  ancora giovane una parola sul Verbo increato di Dio Padre, parola che da sola avrebbe  occupato ogni intelligenza umana sino alla fine del mondo, senza però che nessuna potesse  mai comprenderla in tutta la sua pienezza. Rispetto poi al parlare dei palpiti santi del Cuore  di Gesù, è cosa riservata agli ultimi tempi, quando il mondo invecchiato e raffreddato  nell’amore divino, avrà bisogno di riscaldarsi alla rivelazione di questi Misteri. (Lansperg.  Vita della Santa e Rivelazioni geltrudiane. Legatus divinae pietatis. L. IX, c. 4). 

Fra Ubertino da Casale è anche più esplicito, ma molto meno conosciuto. Dopo avere  insegnato a Parigi per nove anni filosofia e teologia, era tornato, rotto dalla fatica, a  riposarsi alquanto in seno alla sua famiglia religiosa nella solitudine della Verna, dove  l’aveva preceduto la sua fama di scienza e di pietà. I suoi confratelli vollero approfittare  della sua dimora tra loro, pregandolo di scrivere un trattato sul martirio del Cuore dì Gesù: 

De cordiali Passione Jesu. Non sapendo resistere alla loro pia importunità egli si mise al  lavoro e, nonostante l’esaurimento delle forze, in sette mesi, dal 9 marzo al 28 settembre  1305, compose la sua grande opera intitolata: L’albero della vita, dove in più luoghi dichiara  apertamente il futuro avvento della devozione al S. Cuore, come pure le conseguenze felici  che ne risulteranno per il mondo. Ci piacerebbe mettere sotto gli occhi del lettore tutto un  brano magnifico del libro intorno a questo punto; ma oltre che esso è troppo lungo,  confessiamo di sentirci incapaci di tradurlo conte si dovrebbe. Ci limiteremo però a darne la  sostanza. 

«La bontà ineffabile del Salvatore, dice Ubertino, aveva ispirato a S. Giovanni una  familiarità così grande, ch’egli si fece ardito sino a riposarsi sul petto del suo Maestro. O  sonno beato, estatico riposo della santa contemplazione! Esso è l’immagine dei benefici che  Dio dovrà diffondere alla fine dei tempi sulle anime degli eletti. Verrà giorno che la Chiesa  sarà elevata a una contemplazione così sublime, che si riposerà realmente sul Cuore di  Cristo. Allora dal seno di lei sorgeranno legioni d’anime generose, che, inebriate dalle delizie  gustate sul Cuore del Salvatore, non respireranno più che per il Maestro divino. Non erano  forse esse quelle che vedeva il profeta allorché diceva nel Salmo 126: Quando il Signore  avrà mandato ai suoi prediletti quel sonno misterioso, essi diventeranno davvero la sua  eredità, saranno il premio delle sue fatiche, e la Chiesa per i suoi meriti li darà ala luce. Essi  saranno nelle mani del potentissimo Gesù come frecce elette nelle mani d’un vigoroso e abile  arciere, e se ne servirà per infliggere ai suoi nemici delle ferite salutari che li faranno cadere  pentiti ai suoi piedi. 

Beati quelli che regoleranno, i loro desideri secondo i consigli che riceveranno! La  manna tenuta in serbo per i vincitori sarà il loro alimento. Sarà loro dato completamente  aperto il libro della scienza, affinché possiedano l’intelligenza delle Scritture, onde possano  predicare ai popoli, alle tribù e alle nazioni. Sarà loro data la misura con la quale piglieranno  le dimensioni del tempio e della città per ristabilirvi il culto divino nel suo splendore, e per  rendere alla Chiesa la sua bellezza offuscata dai delitti degli empi. Nulla potrà loro nuocere,  sarà concesso loro la potestà di incatenare Satana, e soffriranno la persecuzione con  allegrezza: lungi dall’abbattere il loro coraggio, essa anzi lo rianimerà. A imitazione di S.  Giovanni, che tuffato in una caldaia d’olio bollente non ne risentì nessun danno, ma ne uscì  come da un bagno ristoratore con rinnovata giovinezza, avranno anch’essi il loro martirio. La  caldaia d’olio bollente sarà l’immensità del Cuore di Gesù che soffre per noi, tutto ardente  d’amore; là dentro essi riceveranno l’unzione fortificante che rende invitti gli atleti, vi  attingeranno una tal sete di sacrificio, che i martirî più spaventevoli sembreranno un  rinfresco delizioso. 

Finalmente pure come S. Giovanni, che dei miserabili tentarono invano di uccidere col  presentargli una bevanda mortale, che non servì ad altro che a restituire la vita a quelli a cui  fosse tolta dal veleno, essi vivranno sicuri tra i cattivi cristiani, senza che l’aria, impestata  da quest’atmosfera, diventi loro funesta; e ben lontano dal trovarvi la morte, riceveranno  anzi il potere di rendere la salute ai peccatori, strappandoli ai loro disordini. 

Parlando dell’Ultima Cena, in seguito alla quale il Signore istituì l’Eucaristia, Ubertino s’esprime in questi termini: 

«Mentre a Giuda, perverso e traditore, il ricevere il Sacramento fu causa che cadesse  maggiormente nelle mani del demonio, perché lo ricevette indegnamente, così il diletto  Giovanni che lo ricevette degnamente pervenne a tanta familiarità da riposare sul petto divino di Gesù. O beato sonno ed estatico riposo della santa contemplazione, che allora in  questo Diletto fu figura degli inestimabili benefici che Dio doveva diffondere nelle anime dei  suoi eletti verso la fine dei tempi! In questo sonno benedetto viene raffigurata la Chiesa  contemplativa che verso la fine dei tempi deve essere portata a tanto soave gusto della  contemplazione, da riposare davvero sul petto di Gesù, perché a lei deve essere in modo  speciale rivelato il segreto dell’unione personale in Cristo, la diffusione di questa untone nel  suo Corpo mistico e la trasformazione delle menti nel Diletto… (Arbor vitae crucifixae Jesu,  Libro IV, c. 7). 

P. GIOVANNI CROISET S.J. 

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