LA DIVOZIONE AL S. CUORE DI N. S. GESÙ CRISTO
Se Gesù ha operato tanti prodigi per obbligarci ad amarlo, quali grazie non farà a quelli che vedrà solleciti di testimoniargli la loro gratitudine e l’amore ardente? Ci ha amato con tenerezza, dice S. Bernardo, ci ha colmato di beni quando non l’amavamo, anzi quando non volevamo che ci amasse (dilexit non existentes sed et resistentes). Quali doni perciò e quali grazie non verserà su quelli che l’amano e si affliggono nel vederlo sì poco amato?
Si vede ormai chiaro che la devozione al S. Cuore di Gesù è una prova o meglio un esercizio continuo d’amore ardente verso di Lui. Ma oltre ed essere una pratica degli esercizi più santi della nostra Religione, essa ha un non so che di forte e tenero a un tempo che ottiene tutto da Dio. Infatti, se Gesù concede grazie tanto grandi a chi è devoto degli strumenti della sua Passione e delle sue Piaghe, quali favori non concederà a chi nutre una tenera devozione verso il suo S. Cuore?
Nel proemio di questo libro sono state addotte le ragioni che possono indurre un uomo saggio a non ricusare di prestar fede alle rivelazioni di S. Matilde.
Ecco ciò che la Santa narra a questo proposito. (Liber specialis gratiae, P. 4, c. 28). — «Un giorno, dice ella, io vidi il Figlio di Dio che teneva in mano il suo Cuore più splendente del sole, e raggiante di luce da ogni parte; e in quel momento l’amabile Salvatore mi fece comprendere che dalla pienezza di quel Cuore divino sgorgavano tutte le grazie che Dio spande incessantemente sugli uomini, secondo la capacità di ciascuno».
La stessa Santa qualche tempo prima della sua morte assicurò che, avendo un giorno chiesto a Nostro Signore con molta istanza una grazia grande per una persona che l’aveva pregata, Gesù le disse: — Figlia mia, di’ alla persona, per cui mi preghi, che cerchi nel mio Cuore tutto ciò che essa desidera; abbia grande devozione a questo S. Cuore, tutto mi chieda in Lui. —
Come un figlio che per ottenere da suo padre ciò che desidera, non usa altro artificio che quello suggeritogli dall’amore.
Avendo Dio fatto conoscere, a quella persona, di cui ho parlato nel capitolo 2°, e per la quale il P. de La Colombière sentiva tanta venerazione, le grazie grandi che aveva unite alla pratica di questa devozione, le fece comprendere ch’era proprio per ultimo sforzo, a dir così, dell’amore suo verso gli uomini, ch’Egli s’era deciso a scoprire í tesori del suo S. Cuore, ispirando loro una devozione destinata a far nascere l’amore verso Gesù nel cuore dei più insensibili e infiammare quello dei meno ferventi.
«Divulga per tutto, le disse l’amabile Salvatore, ispira, raccomanda questa devozione alle persone del mondo come mezzo sicuro e facile per ottenere da me il vero amore di Dio; agli ecclesiastici e ai religiosi come mezzo efficace per giungere alla perfezione del loro stato; a quelli che s’affaticano alla salute del prossimo come mezzo certo per commuovere le anime più indurite; infine a tutti fedeli conie una devozione fra le più solide e più adatte ad avere la vittoria sulle più forti passioni, a riportare l’unione e la pace tra le famiglie più discordi, a liberarsi dalle imperfezioni più inveterate, ad acquistare verso di me un amore ardentissimo e tenerissimo, e finalmente per arrivare in breve tempo e in maniera facilissima alla perfezione più sublime».
S. Bernardo pieno di tali sentimenti non parla mai del S. Cuore di Gesù se non come del tesoro di ogni grazia e della sorgente inesausta di ogni bene. — O dolcissimo Gesù, grida, quante ricchezze chiudi nel tuo Cuore, e a noi quanto è facile arricchirci, mentre possediamo questo tesoro infinito nell’adorabile Eucaristia!
-Nota: Cor Christi coeleste gazophylacium et aerarium est. (Sermo 1 de excellentia Joannis evangelistae)-
In questo Cuore adorabile, dice il Card. S. Pier Damiani, noi troviamo tutte le armi per la nostra difesa, i rimedi per guarire dai nostri mali, gli aiuti più validi contro gli assalti dei nemici, le consolazioni più dolci per conforto delle nostre sofferenze e le delizie più pure a riempirci l’anima di felicità.
Sei afflitto, perseguitato dai tuoi nemici? Ti spaventa il ricordo dei tuoi peccati trascorsi? È agitato il tuo cuore da inquietudine, timore, passione? Vieni a prostrarti dinanzi ai nostri altari; gettati, via, nelle braccia di Gesù, entra sino nel suo Cuore; esso è l’asilo, è il ritiro delle anime sante e un luogo di rifugio dove l’anima nostra sta in una sicurezza perfetta. (Cor Christi asylum perfugii in tentationibus et tributationibus — Blosius: Conclave animae fidelis).
Il S. Cuore di Gesù, dice il devoto Lanspergio, non è soltanto la sede di ogni virtù, ma è anche la sorgente delle Grazie in cui le medesime si acquistano e si con servano. Abbi una tenera devozione, verso questo Cuore amabile, pieno d’autore e di misericordia, continua egli, chiedi per mezzo di Lui tutto ciò che vuoi ottenere, offri per mezzo di Lui tutte le tue azioni, perché il S. Cuore è il tesoro dei doni soprannaturali e, per così dire, la via per cui ci uniamo a Dio più strettamente, e per la quale più amorosamente Egli si comunica a noi. Attingi, attingi a tuo piacere nel S. Cuore tutte le grazie e le virtù che ti abbisognano, e non temere di esaurire questo Tesoro infinito. Ricorri a Lui nelle necessità, rimani fedele alle pratiche sante di una devozione così ragionevole e utile, e ne proverai presto i benefici effetti.
-Nota: Ad venerationem Cordis piissimi Jesu amore ac misericordia exuberantissimi studeas teipsum excitare, ac sedula devozione ipsum frequentare. Per ipsum petenda petas et exercitia tua offeras quia charismatum omnium est apotheca, ostium per quod nos ad Deum, et ipse ad nos accedit… Gratiam quoque eius et virtutes ac prorsus quidquid fuerit tibi (quod mensuram excedit) salutare, videaris tibi ex gratioso Corde attrahere… Ad quod in omni necessitate confugias, unde consolationem quoque, et omne auxilium haurias. (Lansperg. Pharetra divini amoris. Exercitium ad piiss. Cor Jesu)-
Nella vita di S. Matilde abbiamo un’altra illustre prova di ciò che abbiamo esposto. In una apparizione il Figlio di Dio le comandò d’amare ardentemente e d’onorare più che poteva nel SS. Sacramento il Suo Cuore, dandoglielo, come pegno dell’amor suo, per luogo di rifugio in vita e per conforto nell’ora della morte. Da quel giorno in poi la Santa fu presa da devozione sì straordinaria verso il S. Cuore e ricevette tante grazie, ch’era solita dire che se bisognasse scrivere tutti i favori e i beni che aveva ricevuti per mezzo di questa devozione, nessun libro, per quanto grande, li avrebbe potuti contenere. (Liber specialis gratiae, P. II c. 19).
Ho risoluto, dice l’autore del «Cristiano interiore» di non dipendere ormai che dalla Provvidenza divina, senza cercare consolazione o appoggio nelle creature, io devo farmi simile a un bambino che riposa dolcemente senza inquietudine e timore nelle braccia della mamma che lo ricopre di carezze affettuose. Confesso che N. Signore mi tratta appunto così, perché senza bisogno di andar cercando altrove il nutrimento e la ricchezza dell’anima mia, trovo nel S. Cuore di Lui ogni aiuto e ogni bene che m’abbisogna, e in tanta abbondanza ne ho e con tanta liberalità ne sono arricchito, che a volte ne resto pieno di stupore, e temo non vi sia negligenza da parte mia nel ricevere dal S. Cuore grazie così grandi, mentre m’affatico tanto poco. (L. 5. c. 23).
Ma se anche in favore di questa devozione non si potesse addurre autorità, esempio o rivelazione particolare, se anche Gesù Cristo stesso non si fosse spiegato così sovente né con tanta chiarezza, ci sarebbe bisogno di grandi ragionamenti per convincere un cristiano che non c’è nulla di più sodo e di più utile alla salvezza e perfezione nostra di una devozione che ha per solo motivo l’amore più puro verso Gesù, per fine la riparazione più che sia possibile delle offese che si commettono nell’adorabile Eucaristia, e di cui tutte le pratiche tendono ad onorare e far amare ardentemente Gesù Cristo?
Il Salvatore ammirabile, che ha fatto tanto per avere il cuore degli uomini, potrebbe negare alcuna cosa a quelli che gli chiedono da se stessi un posto nel Suo Cuore? Se Gesù si lascia dare persino a chi non l’ama, se persino permette d’essere portato al letto di quei moribondi che quasi mai in vita si son degnati di visitarlo, insensibili ai suoi segni manifesti d’amore e agli oltraggi che riceveva nell’adorabile Eucaristia, a quelle persone, infine, che forse lo hanno esse stesse crudelmente offeso; che non farà per quei servi fedeli che sensibilmente commossi dal vedere il loro buon Signore sì poco amato, sì di rado visitato, sì crudelmente oltraggiato, gli fanno di tanto in tanto ammenda onorevole di tutti i disprezzi ond’è oggetto, e nulla tralasciano per riparare tanti oltraggi con visite frequenti, adorazioni, ossequi e sopratutto col loro amore ardente? È chiaro dunque che non c’è cosa più ragionevole né più utile della pratica di questa devozione; e allora perché portare tante ragioni per farne persuasi i cristiani?.
-Nota: I preziosi vantaggi uniti alla pratica della devozione al Sacro Cuore indicati dal P. Croiset, già da molto tempo erano stati annunziati da due grandi contemplativi: S. Geltrude, a Helfta in Sassonia (1256-1302) e Ubertino da Casale nel convento della Verna in Italia (1248-1305).
Ciò che la prima scrisse a questo riguardo è stato spesso citato, basterà una parola per ricordarlo. Racconta la vita di Lei che, essendole apparso il discepolo prediletto, essa domandò al suo celeste Visitatore come mai Egli che aveva reclinato il capo sul petto del Salvatore nell’ultima Cena, avesse completamente taciuto i palpiti del Cuore adorato del suo Maestro; e gli manifestò il suo dispiacere per non avercene detto nulla per nostro ammaestramento. Il Santo le rispose: — La mia missione era di scrivere per la Chiesa ancora giovane una parola sul Verbo increato di Dio Padre, parola che da sola avrebbe occupato ogni intelligenza umana sino alla fine del mondo, senza però che nessuna potesse mai comprenderla in tutta la sua pienezza. Rispetto poi al parlare dei palpiti santi del Cuore di Gesù, è cosa riservata agli ultimi tempi, quando il mondo invecchiato e raffreddato nell’amore divino, avrà bisogno di riscaldarsi alla rivelazione di questi Misteri. (Lansperg. Vita della Santa e Rivelazioni geltrudiane. Legatus divinae pietatis. L. IX, c. 4).
Fra Ubertino da Casale è anche più esplicito, ma molto meno conosciuto. Dopo avere insegnato a Parigi per nove anni filosofia e teologia, era tornato, rotto dalla fatica, a riposarsi alquanto in seno alla sua famiglia religiosa nella solitudine della Verna, dove l’aveva preceduto la sua fama di scienza e di pietà. I suoi confratelli vollero approfittare della sua dimora tra loro, pregandolo di scrivere un trattato sul martirio del Cuore dì Gesù:
De cordiali Passione Jesu. Non sapendo resistere alla loro pia importunità egli si mise al lavoro e, nonostante l’esaurimento delle forze, in sette mesi, dal 9 marzo al 28 settembre 1305, compose la sua grande opera intitolata: L’albero della vita, dove in più luoghi dichiara apertamente il futuro avvento della devozione al S. Cuore, come pure le conseguenze felici che ne risulteranno per il mondo. Ci piacerebbe mettere sotto gli occhi del lettore tutto un brano magnifico del libro intorno a questo punto; ma oltre che esso è troppo lungo, confessiamo di sentirci incapaci di tradurlo conte si dovrebbe. Ci limiteremo però a darne la sostanza.
«La bontà ineffabile del Salvatore, dice Ubertino, aveva ispirato a S. Giovanni una familiarità così grande, ch’egli si fece ardito sino a riposarsi sul petto del suo Maestro. O sonno beato, estatico riposo della santa contemplazione! Esso è l’immagine dei benefici che Dio dovrà diffondere alla fine dei tempi sulle anime degli eletti. Verrà giorno che la Chiesa sarà elevata a una contemplazione così sublime, che si riposerà realmente sul Cuore di Cristo. Allora dal seno di lei sorgeranno legioni d’anime generose, che, inebriate dalle delizie gustate sul Cuore del Salvatore, non respireranno più che per il Maestro divino. Non erano forse esse quelle che vedeva il profeta allorché diceva nel Salmo 126: Quando il Signore avrà mandato ai suoi prediletti quel sonno misterioso, essi diventeranno davvero la sua eredità, saranno il premio delle sue fatiche, e la Chiesa per i suoi meriti li darà ala luce. Essi saranno nelle mani del potentissimo Gesù come frecce elette nelle mani d’un vigoroso e abile arciere, e se ne servirà per infliggere ai suoi nemici delle ferite salutari che li faranno cadere pentiti ai suoi piedi.
Beati quelli che regoleranno, i loro desideri secondo i consigli che riceveranno! La manna tenuta in serbo per i vincitori sarà il loro alimento. Sarà loro dato completamente aperto il libro della scienza, affinché possiedano l’intelligenza delle Scritture, onde possano predicare ai popoli, alle tribù e alle nazioni. Sarà loro data la misura con la quale piglieranno le dimensioni del tempio e della città per ristabilirvi il culto divino nel suo splendore, e per rendere alla Chiesa la sua bellezza offuscata dai delitti degli empi. Nulla potrà loro nuocere, sarà concesso loro la potestà di incatenare Satana, e soffriranno la persecuzione con allegrezza: lungi dall’abbattere il loro coraggio, essa anzi lo rianimerà. A imitazione di S. Giovanni, che tuffato in una caldaia d’olio bollente non ne risentì nessun danno, ma ne uscì come da un bagno ristoratore con rinnovata giovinezza, avranno anch’essi il loro martirio. La caldaia d’olio bollente sarà l’immensità del Cuore di Gesù che soffre per noi, tutto ardente d’amore; là dentro essi riceveranno l’unzione fortificante che rende invitti gli atleti, vi attingeranno una tal sete di sacrificio, che i martirî più spaventevoli sembreranno un rinfresco delizioso.
Finalmente pure come S. Giovanni, che dei miserabili tentarono invano di uccidere col presentargli una bevanda mortale, che non servì ad altro che a restituire la vita a quelli a cui fosse tolta dal veleno, essi vivranno sicuri tra i cattivi cristiani, senza che l’aria, impestata da quest’atmosfera, diventi loro funesta; e ben lontano dal trovarvi la morte, riceveranno anzi il potere di rendere la salute ai peccatori, strappandoli ai loro disordini.
Parlando dell’Ultima Cena, in seguito alla quale il Signore istituì l’Eucaristia, Ubertino s’esprime in questi termini:
«Mentre a Giuda, perverso e traditore, il ricevere il Sacramento fu causa che cadesse maggiormente nelle mani del demonio, perché lo ricevette indegnamente, così il diletto Giovanni che lo ricevette degnamente pervenne a tanta familiarità da riposare sul petto divino di Gesù. O beato sonno ed estatico riposo della santa contemplazione, che allora in questo Diletto fu figura degli inestimabili benefici che Dio doveva diffondere nelle anime dei suoi eletti verso la fine dei tempi! In questo sonno benedetto viene raffigurata la Chiesa contemplativa che verso la fine dei tempi deve essere portata a tanto soave gusto della contemplazione, da riposare davvero sul petto di Gesù, perché a lei deve essere in modo speciale rivelato il segreto dell’unione personale in Cristo, la diffusione di questa untone nel suo Corpo mistico e la trasformazione delle menti nel Diletto… (Arbor vitae crucifixae Jesu, Libro IV, c. 7).
P. GIOVANNI CROISET S.J.
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