mercoledì 18 settembre 2024

Come devesi stimare la grazia, essendo essa infinitamente al disopra di ogni cosa creata

 


Dell’essenza della grazia divina


1. Daremo principio col dire ciò che rispetto alla grazia è la minima cosa, cioè che essa è infinitamente più elevata di ogni cosa creata. 

«Il cielo e la terra passeranno, secondo la parola di Gesù Cristo», dice S. Agostino, «ma la salute e le prerogative degli eletti resteranno; poiché i cieli sono solo opera di Dio, ma la grazia è la di Lui immagine» (1). S. Tommaso (2) insegna nello stesso senso, affermando che è cosa più grande il ricondurre un peccatore nello stato di grazia che creare il cielo e la terra. 

Il creare difatti si limita a dare l’esistenza a cose mutabili e temporanee. Ma la grandezza del ritorno del peccatore alla grazia sta nel fatto che questa lo rimette in condizione di partecipare eternamente alla immutabile natura divina. Nella creazione delle cose visibili Dio costruisce una casa, e quando dà all’uomo la natura ragionevole Egli popola questa casa di sudditi e di servi. Ma quando Dio dà all’uomo la sua grazia, Egli lo attira a sé, lo adotta per suo figlio e gli dona la sua stessa eterna vita. 

In una parola la grazia è un bene del tutto soprannaturale, cioè un bene che non possiede alcuna natura creata e nemmeno la suppone, poiché contiene in sé unicamente la natura di Dio. 2. 

Questa affermazione che la grazia, secondo la sua essenza, è congiunta con la natura divina e quindi a Dio solo è naturale, deve intendersi letteralmente. Perciò i più illustri dottori della chiesa (3) spiegano come Dio, nonostante la sua onnipotenza, non poteva creare alcuna essenza di tale perfezione ed elevatezza senza che la grazia non le fosse già propria per natura o che almeno la grazia fosse corrispondente e conforme alla sua natura, poiché se supponiamo una simile creatura, dobbiamo anche convenire che questa sua essenza non differisce più da quella di Dio (4). 

Va quindi d’accordo ciò che la S. Chiesa ha così spesso (5) dichiarato con tanta chiarezza, che né l’uomo; né del resto alcuna creatura, porta nella propria natura il minimo germe della grazia, e che, come spesso nota S. Agostino (6) la natura sta nello stesso rapporto alla grazia come la materia all’anima, che è il principio della sua vita. La materia, per sé stessa inanimata, non può dare a se stessa la vita, ma deve riceverla da un altro essere vivente. Così anche la creatura ragionevole non possiede di per sé la grazia e non può mai acquistarla con la propria attività o con i propri meriti (1). Solo Dio può dargliela per pura sua bontà ed in virtù della sua onnipotenza. 

Come dunque deve esser grande questa Bontà che tanto innalza le forze ed i meriti di ogni creatura ragionevole, compresi gli angeli (2) i più elevati. 3. 

Anzi possiamo dire che la grazia sorpassa, come Dio stesso, tutte le cose naturali. Essa non è altro che quel lume celestiale che dagli abissi della Divinità si riversa sopra le creature ragionevoli. E come la luce non è il sole stesso, ma è legata indivisibilmente ad esso, così non possiamo noi pure pensare che il lume della fede che si riversa su di noi possa venir separato da Dio. 

E infatti, secondo la parola stessa del Salvatore, lo stesso Dio, Uno e Trino, penetra con la grazia nel nostro cuore e vi resta finché nel cuore rimane la grazia (Gv 14, 23). Ora la luce che irradia dal sole è assai più perfetta ed efficace di ogni cosa terrena e perciò in stato di dare ad essa vita ed accrescimento. Quindi è che il sole che domina su tutta la terra è con questa legata nel modo il più intimo. Così è – in grado infinitamente più elevato – della grazia. La nostra natura è la terra che riceve i raggi del Sole divino ed è da questo così trasfigurata da divenire essa stessa divina. Ma poiché Dio, che noi veniamo a possedere per la grazia, è infinitamente più perfetto di tutti i soli e di tutte quante le cose, così la grazia è più preziosa di ogni bene creato. 

«Essa è», ci dice la Sapienza, «meglio che tutte le cose più preziose, e tutte le gioie più care non le stanno a paragone» (Pr 8, 11). 4. 

Alziamo dunque lo sguardo a questi tesori e giudichiamo quanto essi siano degni di stima. Per quanto possiamo essere ricchi di beni naturali, in potere e dignità, nella scienza e nell’arte, tutte  queste ricchezze spariscono, di fronte alla grazia, come un granellino di polvere a confronto di un prezioso diamante. E siamo pur poveri quanto si vuole, con la sola grazia di Dio veniamo ad essere più ricchi di tutti i monarchi della terra; noi possediamo il meglio che Dio stesso possa darci nella sua infinita liberalità. 5. 

Come dobbiamo essere grati a Dio! Noi lo ringraziamo di averci tratti dal nulla e dato l’esistenza, che Egli, come canta il Salmista (Sal 8, 8), tutto ha messo sotto i nostri piedi, le pecore ed i buoi, gli uccelli del cielo ed i pesci del mare, e dobbiamo perciò esclamare con lo stesso Salmista: «Cos’è l’uomo che Tu ti ricordi di lui, e il figlio dell’uomo perché Tu di lui ti prenda cura?» (Sal 8, 5). 

Ma quanto più dovremmo ringraziarlo per il tesoro soprannaturale della grazia, e conservare questa con ogni cura! 

Dice perciò il dotto Cardinale Cajetani che non dovremmo mai perdere di vista il valore della grazia per non dimenticare la severità dei castighi che ci aspettano se disprezziamo questi beni immensi che il Signore ci offre gratuitamente e con sì tenero amore. Ci sta preparato un castigo analogo a quello toccato a quegli uomini nel Vangelo che, invitati dal re alla sua cena, per un meschino guadagno e per un miserabile piacere non vollero andarvi. 6. 

Ma la incommensurabile grandezza della grazia deve spronarci all’esercizio fervoroso delle virtù poiché in tal modo la grazia aumenterà in noi. Anche se tu niente perdi della grazia, ma poi non ti curi troppo d’ascoltare una S. Messa anche nei giorni feriali, tralasci volontariamente una preghiera o un’opportunità di compiere un’opera di misericordia, sei negligente nell’esercizio dell’umiltà e della mortificazione: ecco già un danno rilevante per te il non aumentare il capitale quando potresti farlo con tanta facilità. Ed il più piccolo grado di grazia ha più valore di tutti i beni del mondo! 

Se un avaro con un digiuno di un giorno o con un’opera buona potesse guadagnare una flotta di navi cariche dei tesori dell’India, chi potrebbe impedirglielo o trovare da ridire? E lo tratterrebbe forse il pensiero della piccola fatica dell’opera buona, o l’apprensione di danneggiare la salute con quel piccolo digiuno? Ma quanti pretesti troviamo noi nella nostra stoltezza, come esageriamo le minime difficoltà mentre nel caso nostro si tratta d’un guadagno sicuro la cui minima parte sorpassa mille Indie e mille mondi! Perché ce ne stiamo oziosi con le mani in grembo e non vogliamo spargere nemmeno una goccia di sudore per lavorare un campo su cui è sparsa una semenza d’oro? Ma che dico, sudore! Oh, come spesso il Signore non ne richiede da noi una sola gocciolina! E che forse esigerà le nostre lacrime? No, un solo sospiro sopra i nostri peccati gli basta, un forte proposito, un pio desiderio, l’intenzione soprannaturale con la quale eleviamo a Dio le nostre quotidiane fatiche, i nostri sacrifici, la sola parola «Gesù» con la quale esprimiamo il nostro amore od imploriamo il suo aiuto, ecco tutto! E chi non ripeterebbe con gioia mille volte al giorno questo santo nome se potesse con questo guadagnare tante casse piene d’oro! E ciò non è certamente da mettersi a confronto con quello che possiamo aspettarci da Dio! 

Oh, se queste meraviglie, questi tesori della grazia potessero imprimersi così profondamente nei nostri cuori che noi potessimo sempre dire a noi stessi, con la più viva e profonda convinzione: È proprio vero che niente vi è che possa compararsi in valore alla grazia divina, non vi è davvero niente che meriti ogni nostro sforzo come la conservazione e l’aumento della grazia! Non vi è niente di così facile a conservare ed aumentare di quel che sorpassa in valore ogni altro bene, cioè la grazia soprannaturale e divina!

M.J. SCHEEBEN

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