lunedì 4 marzo 2019

GESU’ OSTIA



La parola "EUCARISTIA": il suo significato

Nel raccontare la vicenda dell'Ultima Cena, Marco e Luca scrivono che Gesù, nel prendere il pane e il calice del vino, rese grazie (Mc 14,22; Lc 22,19), come pure riferiscono Matteo e Paolo: dopo aver reso grazie (Mt 26,26; 1 Cor 11,23).
Questo "rendimento di grazie", cioè l'atto di ringraziamento di Gesù al Padre, è il significato della parola EUCARISTIA, che deriva dal verbo greco eucharistein (= rendere grazie, ringraziare).
Col ringraziamento si esprime la gratitudine per un dono o un favore ricevuti.
Gesù rivolge il suo 'grazie' a Dio perché, consegnandosi al Padre e agli uomini, il mondo riceve il dono della salvezza. In ogni dono autentico, ciò che conta veramente non è la cosa donata, ma la persona che si dona servendosi di quella cosa.
Il pane e il vino consacrati non sono un dono di Gesù, ma 'Gesù donato': al Padre, mediante il sacrificio, per unire a sé l'umanità, e agli uomini, mediante il convito, per renderli simili a lui.
Celebrare l'Eucaristia, quindi, è celebrare il ringraziamento; è dire grazie, un grazie particolare che supera tutti i grazie.
Come avremmo potuto ringraziare degnamente Iddio per averci dato la vita eterna, se neppure ci rendiamo conto che ogni nostro respiro dovrebbe essere accompagnato da un grazie per il dono della vita naturale?
Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ha trovato il modo: non solo ha detto grazie, ma si è fatto grazie. E noi con lui, in quanto membra del suo Corpo Mistico; e come lui, trasformati in dono per il Padre e per il nostro prossimo.

Gli altri nomi

Oltre che presenza reale e sacrificio, l'Eucaristia è nutrimento e comunione.
La varietà dei nomi e delle espressioni riflettono i molteplici e particolari aspetti della sua immensa ricchezza:
Cena del Signore: è il nome che evoca l'Ultima Cena e i pasti del Risorto con i discepoli.
Frazione del Pane: è il nome più antico, di origine ebraica, che si identifica col gesto rituale compiuto da Gesù. Assemblea eucaristica : «("sinaxis") in quanto l'Eucaristia viene celebrata nell'assemblea dei fedeli, espressione visibile della Chiesa».
Memoriale della Passione e della Risurrezione del Signore: è il termine più usato, sia perché di chiara origine biblica, sia perché collega quanto si compie sull'altare col sacrificio della Croce.
Santo Sacrificio: «poiché porta a compimento e supera tutti i sacrifici dell'Antica Alleanza». Oppure, ancora: santo sacrificio della Messa, "sacrificio di lode" (Eb 13,15), sacrificio spirituale, sacrificio puro e santo.
Santa e divina Liturgia: «perché tutta la Liturgia della Chiesa trova il suo centro e la sua più densa espressione nella celebrazione di questo sacramento».
Comunione: per il duplice effetto che produce: l'unione con Cristo e l'unione con tutti i partecipanti all'Eucaristia, per formare un solo Corpo.
Santa Messa: il termine Messa è proprio dell'ultima parte del rito (Ite, missa est: «Andate, la messa è finita»): esprime il commiato, il congedo e l'implicito invito al successivo raduno. Alcuni, tuttavia, fanno derivare la voce missa, oltre che dal latino mittere («mandare, inviare») e missio («missione, invio, congedo»), dall'ebraico missah («oblazione», cioè l'offerta di doni), e dal greco mùnsis («iniziazione»).
Santissimo Sacramento: perché è il più eccelso di tutti i Sacramenti. Questo nome si usa per indicare le specie eucaristiche conservate nel tabernacolo.
Viatico: detto così quando si dà ai moribondi, per prepararli sulla via dell'eternità.
Ed inoltre: Santi Misteri, cose sante, pane degli angeli, pane del cielo, farmaco d'immortalità.
Questi termini sono raccolti e presentati nel "Catechismo della Chiesa Cattolica" (nn. 1328-1332).
Ma la vastità della terminologia non finisce qui. L'Eucaristia è pure chiamata: Sacramento dell'altare (perché l'altare è il luogo dove si fa presente); Sacrificio dell'altare (perché sull'altare quotidianamente si compie l'offerta); Santa Ostia (perché contiene il Santo dei Santi); Benedizione (perché il Signore benedice il pane e il vino nell'Ultima Cena, ed in virtù di questo atto riceviamo le benedizioni del Cielo); Convito, Banchetto, Mensa, Agape (perché indicano il pasto fraternamente consumato insieme); Pane di vita, Pane eucaristico, Pane dei pellegrini (perché nutrimento dell'anima e del corpo).
Ed ancora: Sacramento di vita eterna, Sacramento della nostra fede, Sacramento di salvezza, Mistero eucaristico, Mistica vivanda...

la Fede



dice Gesù: 
“Eccomi qui ancora a parlare. Non ti preoccupare. Il suono delle 
vostre preghiere scende nei nostri Cuori come armonia sinfonica 
che guarisce e libera i nostri Cuori dal rancore per i vostri peccati. 
State diventando sempre più santi, sempre più belli, e Io sono 
contento. Il Mio Cuore ha bisogno di tanti santi che Mi tolgano 
l'amarezza della vita del mondo. Io devo parlare del mondo, voglio 
 parlare del mondo. Davanti a voi è come un incredibile inganno di 
grande potenza, che viene a rovinare le vostre anime. Lo spirito del 
mondo, quello spirito che dà empietà e poco valore ad ogni vostro 
messaggio, messaggio delle pubblicità e dei vostri profeti (profeti 
del mondo, dello spirito del mondo), è inganno. Voi accogliete 
queste cose e non mettete in pratica i messaggi del Mio santo 
Vangelo! Siete la causa delle vostre sofferenze. Come si 
riempirebbe il mondo di bellezza se si praticasse il Vangelo e si 
ascoltasse la Mia voce! Voi volete la felicità, ed è giusto, perché Noi 
vogliamo la vostra felicità, ma la cercate fuori da Dio, con cui il 
mondo sarebbe un'oasi di felicità e gioia senza pari. Come fate a 
tornare a Dio? Il mondo non può tornare a Dio, ormai è impossibile, 
e perciò vi sarà una purificazione generale che distoglierà gli uomini 
dai peccati e li farà invocare misericordia da Dio. Ma voi stessi, voi 
che Mi cercate, avete il dovere di rimediare ai vostri mali e costruire 
un'anima sempre più degna della bellissima ed entusiasmante vita 
del Paradiso. Voglio innanzitutto che preghiate, non quattro 
preghiere per mettere in pace il vostro cuore, ma abbondanti 
preghiere. Chiedete innanzitutto la santità e la felicità, chiedete di 
essere aiutati a pregare bene. Una sola anima che ringrazia e 
intercede vale più di mille politici. Ora ascoltate, è questo il 
momento di decidere sulla vostra eterna destinazione, anche in 
Paradiso, perché vi è luogo per i santi e luogo per meno beati, 
colpevoli, in quanto non hanno deciso di fare qualcosa di serio per 
la loro salvezza eterna insieme a Me. Io non posso glorificare chi 
non ha mai sofferto per gli altri, non ha mai pregato per gli altri, 
non ha fatto la Comunione con grande devozione. Io ho bisogno di 
queste persone, ma voi sempre avete mille cose più importanti di 
questo. Ora decidete la vostra santità, anzi, con i mesi e anni 
decidete la vostra santità, perché chi mi è gradito lo diventa con 
anni di fede e devozione fatta di tante piccole cose. Il vostro Gesù 
vi ama, ma vuole che voi pensiate al vostro vero bene, perché il 
mondo passa, ma la vita eterna rimane quella che avete deciso nei 
vostri cuori. Amen. 

Sia la vostra vita ringraziamento alla Mia felicità di farvi santi e 
senza nessun peso sull'anima. Glorificate e sarete glorificati. 

Gesù, vostro Signore.” 
 
1 ottobre 2013

PSICOLOGIA DELLA TENTAZIONE



Il diavolo, nemico di Dio e dell’uomo, cerca sempre di togliere l’onore a Dio e di allontanare da lui 
l’uomo inducendolo al male. San Tommaso d’Aquino afferma che il compito specifico del demonio 
è quello di tentare l’uomo23, anche se d’altra parte si deve tener presente — e san Tommaso lo dice 
espressamente — che non tutte le tentazioni che assalgono l’uomo vengono dal demonio.

L’uomo, che porta in sé le conseguenze del peccato originale, è spesso vittima della sua 
concupiscenza e delle sue passioni «che lo attraggono e lo seducono» (Gc 1,14). Tuttavia è sempre 
vero che la maggior parte delle tentazioni derivano dal diavolo: «Non abbiamo da lottare contro la 
carne e il sangue — scrive san Paolo — ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di 
questo mondo tenebroso, contro gli spiriti maligni sparsi nell’aria» (Ef 6,11-12). E san Pietro 
paragona il diavolo a un leone ruggente sempre in agguato cercando chi divorare (1 Pt 5,8).

Che il demonio tenti è fuori dubbio. Il suo nome stesso è «tentatore», in greco peiràzon, e la sua 
attività principale è questa. E il «tentatore» per eccellenza — diceva Paolo VI — e fin da principio 
non ha cercato altro che uccidere l’uomo. «Non è stato mai dalla parte della verità — afferma 
ancora Gesù — perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso esprime veramente se stesso 
perché è bugiardo e padre di menzogna» (Gv 8,44).

Non sempre è facile discernere quando la tentazione deriva dal demonio o da altra causa. Ci sono 
tuttavia alcuni criteri e segni che ne fanno costatare con relativa certezza l’origine diabolica: quando
essa è repentina, violenta e tenace; quando non è stata posta nessuna causa prossima o remota, o 
occasione volontaria capace di suscitarla; quando turba profondamente l’anima; quando finalmente 
spinge a tenere segreta la propria pena anche, e soprattutto, a coloro che hanno una responsabilità e 
il loro intervento sarebbe utile a superare la prova.

La tentazione, quando deriva dallo spirito del male, ha sempre l’impronta della violenza perché 
viene da una forza esterna, perciò si impone con veemenza e le si resiste con maggiore difficoltà. 
Ha pure l’impronta dell’improvvisazione in quanto si presenta il più delle volte senza farsi 
annunziare da altri fatti e da altre circostanze che la favoriscano.

E interessante per noi vedere la genesi e lo svolgimento della tentazione, ossia quella che è 
chiamata dagli specialisti la psicologia della tentazione. Ma prima sarà bene richiamare alcuni punti
importanti.

1) La tentazione non viene mai da Dio. Dio non tenta nessuno incitandolo al male. Se talvolta nella 
Bibbia si dice che Dio «tenta», come è avvenuto per Abramo e per Giobbe, il termine «tentazione» 
deve essere inteso in senso largo, come prova o esperimento, non allo scopo di aumentare la scienza
e la conoscenza di Dio, ma solo per accrescere la conoscenza dell’uomo.

Una difficoltà potrebbe nascere dal perché Dio, che lo potrebbe impedire facilmente, permetta al 
demonio di tentare l’uomo con tutte le conseguenze disastrose che ne derivano, anzi perché 
permetta al demonio di esistere potendolo distruggere, ed eliminare così alla radice il male da lui 
prodotto. Si risponde che Dio ha creato tutte le cose buone e lascia sussistere tutto quello che ha 
creato perché tutto deve, a un certo momento, servire all’esecuzione dei suoi fini misteriosi. Per 
questo non distrugge nulla di ciò che ha fatto per non contraddire a se stesso e alle sue perfezioni, e 
non distrugge neppure il diavolo e non lo priva della sua libertà di azione, pur conservandola entro 
limiti invalicabili, per lo stesso motivo. Dio poi, nella sua sapienza infinita, sa far derivare il bene 
anche dal male. Anche il demonio entra — contro voglia magari — in quest’ordine di idee. Anche 
la tentazione, come vedremo, può avere effetti buoni.

2) Dio non permette mai che la tentazione sia superiore alla capacità di resistenza dell’uomo. Ogni 
tentazione può essere vinta e superata quando sono adottati i mezzi che Dio non manca di dare a 
coloro che li cercano: i sacramenti, la preghiera, la vigilanza e la mortificazione. Il demonio è più 
astuto dell’uomo, ma è meno forte e può sempre essere vinto e reso innocuo quando la volontà di 
resistere è reale e costante.

3) La tentazione, presa in se stessa, non costituisce una colpa. Anche Gesù Cristo è stato tentato. E 
quando la tentazione è superata e vinta diventa un motivo di merito davanti a Dio, come ogni 
vittoria riportata sul campo di battaglia è un motivo di promozione e di premio.

4) Tutti gli uomini, anche i più santi e i più perfetti, sono soggetti alle tentazioni: «La vita dell’uomo
è tentazione sopra la terra» si legge nel libro di Giobbe (Gb 7,1). L’anima sperimenta la tentazione 
in tutte le fasi della vita spirituale. Nessuno può sfuggire, perciò nessuno se ne deve meravigliare, o 
scandalizzarsi, o pensare di esser stato abbandonato a una triste sorte perché si vede oggetto di tante
difficoltà.

5) Tutti sono tentati, ma non tutti allo stesso modo e nella stessa misura e intensità. Vi sono i tentati 
con molta violenza, e altri meno, i tentati con frequenza e altri di rado. Ciò può dipendere, 
prescindendo dalla permissione di Dio, o dal temperamento e carattere dell’individuo, o 
dall’educazione e formazione ricevuta, o dall’ambiente frequentato.

6) La tentazione può presentare spesso dei vantaggi non solo per la vittoria che ne segue e per il 
merito che ne deriva, ma anche per la purificazione interiore e la miglior conoscenza di se stesso, 
della propria incapacità e debolezza. Questi risultati provvidenziali e pratici della tentazione però 
non derivano certo dal diavolo, che persegue sempre obiettivi del tutto diversi.

Lo studio psicologico della tentazione ci fa vedere nel suo complesso, cioè nella sua origine, nel suo
decorso e nel suo termine, tre fasi successive che, dopo sant’Agostino, gli specialisti in materia 
chiamano: suggestione, dilettazione e consenso.

— Il primo passo è la suggestione. Suggestione vuol dire suggerimento, cioè influsso esercitato 
sulla volontà di un altro fino a indurlo a fare ciò che, da sè, non sarebbe disposto a fare. Di solito la 
suggestione è intesa in senso negativo come istigazione al male, e per questo viene di solito 
attribuita al demonio.

Il procedimento della tentazione diabolica nelle sue tre fasi non è visibile, forse, con tanta evidenza 
quanto nella strategia usata dal demonio nella tentazione della prima donna quale risulta dalle 
pagine di Genesi. Il serpente, cioè il demonio, induce Eva alla disobbedienza appunto attraverso tre 
fasi: l’insinuazione generica di mangiare tutti i frutti del giardino senza escluderne nessuno, perché 
tutti dati all’uomo che se ne può servire senza nessuna limitazione. In un secondo tempo ecco 
un’altra insinuazione più concreta: perché è stata data la proibizione di mangiare il frutto di quella 
determinata pianta del paradiso? Una proibizione strana — egli dice — che a prima vista non trova 
una spiegazione adeguata. Il discorso scivola, quasi inavvertitamente, su un terreno più scabroso, su
un tema più delicato che preparerà meglio la seconda fase, la dilettazione del senso, e, infine, la 
terza, il consenso della volontà e la caduta. Eva, accortasi del tranello, avrebbe dovuto allontanarsi 
subito dal pericolo e troncare la conversazione per salvarsi. Invece rimase là e continuò a parlare e 
ascoltare ad ignorando che il diavolo, in fatto di «logica», supera sempre l’uomo:

Forse tu non pensavi ch’io loico fossi

(Inf. 2,123)

dice trionfante il diavoletto a Guido di Montefeltro. Nel terzo tempo ecco la proposta diretta del 
peccato. Eva ha ceduto troppo terreno al nemico ed ora è troppo tardi per resistere al colpo: «Iddio
sa che quando mangerete del frutto proibito si apriranno i vostri occhi e diventerete come lui, 
conoscendo il bene e il male». Dietro il peccato si nasconde la felicità — insinua il demonio — il 
peccato è un bene, segna un progresso per l’uomo, è la manifestazione della sua libertà e della sua 
personalità.

— Siamo così alla seconda fase, la dilettazione. La parte inferiore dell’uomo si piega istintivamente
verso il male e ne prova in certo senso diletto. La tentazione non è ancora accettata dalla volontà, 
ma piace già e in certo senso è desiderata. Sono i desideri della carne contro i desideri dello spirito 
di cui parla san Paolo. Finché la dilettazione rimane tale, senza il consenso, non è ancora peccato, 
ma il pericolo è gravissimo. È come camminare a occhi bendati sull’orlo di un precipizio col 
pericolo di cadervi a ogni istante.

Eva, sentendo la proposta del serpente, commette una seconda grave imprudenza. Alza gli occhi 
verso l’albero proibito e «osservò che il frutto dell’albero era buono a mangiare e piacevole a 
vedere e appetibile per acquistare conoscenza». La tentazione porta sempre con sè un conflitto 
interiore, la lotta tra il bene il male, l’esitazione, la paura, e nello stesso tempo l’inclinazione a fare 
la nuova esperienza per vedere che cosa capiterà dopo, e, eventualmente, chissà, tornare poi indietro
e domandare perdono a Dio. Dio è tanto buono e misericordioso che non rigetta mai chi si rivolge a 
lui.

— Ma la lotta a questo punto dura poco e arriva presto alla terza fase conclusiva, il consenso, il sì 
della volontà, l’accettazione in pieno del male proposto dal tentatore. «Eva — dice il sacro testo — 
ne colse un frutto e ne mangiò e ne diede al suo marito insieme con lei, ed egli pure ne mangiò». 
Quello che avvenne dopo il peccato è noto: la disillusione, la scoperta della propria nudità, la paura 
di Dio, la vergogna, il rimorso, il castigo, la vita raminga sulla terra diventata nemica, i dolori, le 
malattie, la morte.

Se la tentazione a un certo momento tocca tutti senza eccezione e nessuno la può sfuggire, possa 
almeno la conoscenza della tattica usata dal nemico — che è sempre più o meno la stessa in tutti i 
casi — mettere sull’allarme e aiutare alla difesa dai suoi assalti. Un proverbio inglese, condito 
dell’abituale umorismo di quel popolo, dice che quando si pranza col diavolo bisogna prendere un 
cucchiaio col manico molto lungo. E somma prudenza conservarsi a debita distanza da certi 
individui. Chi vuol giocare col diavolo a chi è più furbo ha già perduto la partita prima di 
cominciarla.

Caolo Calliari

...mormora una preghiera



“Tardi ti ho amato, 
Bellezza così antica e così nuova. 
Tardi ti ho amato!
Deforme com’ero, mi gettavo 
sulle cose belle che tu hai create. 
Tu eri con me, 
ma io non ero con te.
Mi hai chiamato, hai gridato, 
e hai trapassato la mia sordità. 
Hai brillato, hai rifulso, 
e hai vinto la mia cecità.
Hai emesso il tuo profumo, 
l’ho respirato e ora anelo a te.
Ho gustato e ora 
ho fame e sete di te.
Mi hai toccato e ora ardo del 
desiderio della tua pace” 

(Sant’Agostino)

Molti sono i chiamati ma pochi gli eletti che rimangono fedeli a Me



Mia amata figlia diletta, seguire Me, in questo Mio ultimo viaggio per adempiere il Patto di 
Mio Padre, può essere paragonato ad un gruppo di alpinisti che scalano una montagna. 
Sappiate che questo è un monte altissimo, con un terreno duro e pieno di ostacoli, che 
presenterà dei problemi perfino all‟alpinista più esperto, in quanto compariranno delle svolte 
sorprendenti ed inaspettate, mentre muterà ad ogni quota e dietro ogni anfratto. Coloro che 
confidano in ciò che Io dico e che Mi seguono con il cuore aperto e ben disposto, troveranno 
questo viaggio più facile rispetto agli altri. Tuttavia, molti di coloro che sono fiduciosi, 
all‟inizio di questo viaggio, potrebbero camminare troppo in fretta e compiere grandi slanci nel tentativo di raggiungere la cima. Queste persone cadranno rovinosamente e la loro discesa 
verso il fondo sarà la più dolorosa. 

Viceversa, coloro che non hanno esperienza di scalate, ma che invece seguono le chiare 
istruzioni date loro da Colui che li guida, in molti casi raggiungeranno la cima per primi. La 
loro fiducia, la loro pazienza e la loro volontà di raggiungere la vetta a tutti i costi, gli fornirà 
grande energia ed entusiasmo, che li sosterrà nella loro ascesa verso l‟alto. 

Coloro che non si fermano regolarmente per bere e dissetarsi, si disidrateranno, mentre quelli 
che si dimenticano di prendere del cibo con sé, si troveranno nell‟impossibilità di conservare le 
forze. 
Ogni passo di questo viaggio presenta nuove sfide, curve pericolose e massi quasi impossibili 
da scavalcare. Ci vorranno delle persone molto forti, e sane di mente e corpo, per rimanere in 
cordata nella salita fino alla vetta. Esse potrebbero farsi distrarre da coloro che hanno perso 
la fede nella propria capacità di proseguire lungo la strada per la montagna, e che 
cercheranno costantemente di distoglierle dal loro compito. 

Poi ce ne saranno altri, che proveranno gelosia per coloro che compiono dei grandi passi in 
avanti; per tale motivo cercheranno di farli inciampare mettendo delle trappole ed altri 
ostacoli davanti a loro, al fine di rallentarli. Queste anime disilluse e gelose, faranno tutto il 
possibile per fermare gli scalatori determinati ed impegnati a raggiungere la cima. Essi 
elaboreranno delle menzogne per cercare di convincerli ad interrompere il loro cammino, 
bloccandosi per paura dei grandi pericoli a cui possono trovarsi di fronte. Essi diranno loro che 
la guida degli scalatori non è adatta per condurli alla vetta e che perciò sono in grave pericolo, 
che sarebbero molto sciocchi a continuare per quello che, essi dichiareranno essere un viaggio 
arduo e  pericoloso. 

E così, questo Mio viaggio continuerà fino al Giorno in cui Io tornerò di nuovo. Molti sono i 
chiamati, ma pochi gli eletti che Mi rimangono fedeli. Alcuni sono chiamati e Mi seguono, ma 
poi essi Mi tradiscono. Il loro odio per Me è il peggiore di tutti, perché sono quelli che, 
nonostante Mi abbiano condotto le anime in questo cammino verso la Salvezza, qualora 
dovessero soccombere alla tentazione di Satana, che insinua terribili menzogne nelle loro 
anime, essi spingeranno anche le altre lontano da Me. 

Solo coloro che possiedono un‟anima umile, un cuore tenero e che sono privi di malizia, 
orgoglio ed egoismo, riusciranno a raggiungere la vetta della montagna. Quando quel giorno 
avrà luogo, coloro che si sono allontanati da Me e che Mi hanno tradito, non troveranno alcun 
posto dove andare, perché il sentiero che porta verso il monte non ci sarà più. 

Il vostro Gesù 

2 Agosto 2014

Gabriele, Raffaele, Michele Arcangeli potenti per noi



Santuari di San Michele



Santuario del monte Gargano

A metà dell’VIII secolo, viveva nella città di Siponto, in Italia, un uomo ricco, di nome Gargano, proprietario di un gran numero di pecore e di bestiame. Un giorno, mentre gli animali pascolavano alle pendici di un monte, un toro si allontanò dal branco e non ritornò a sera con gli altri. L’uomo chiamò diversi mandriani e li mandò tutti alla ricerca dell’animale. Esso venne trovato sulla cima della montagna, immobile, da­vanti all’apertura di una grotta. Pieno di rabbia nel vedere il toro che era scappato, prese l’arco e gli lanciò una freccia avvelenata. Ma la freccia, invertendo la sua traiettoria, come rifiutata dal vento, tornò indietro e si conficcò in un piede di Gargano.
Gli abitanti del luogo rimasero turbati da quel fatto così insolito e si recarono dal vescovo per sapere che cosa potevano fare. Il vescovo li invitò a digiunare per tre giorni chiedendo un’illuminazione divina. Dopo tre giorni, gli apparve l’arcangelo Michele e gli disse: Devi sapere che il fatto della freccia ritornata a colpire l’uomo che l’aveva lanciata, è avvenuto per mia volontà. Io sono l’arcangelo san Michele e sto sempre alla presenza del Signore. Ho deciso di custodire questo luogo e i suoi abitanti, dei quali sono patrono e guardiano.
Dopo questa visione gli abitanti sono sempre andati sul monte a pregare Dio e il santo arcangelo.

Una seconda apparizione avvenne durante la guerra dei napoletani contro gli abitanti di Benevento e Siponto (dove si trova il monte Gargano). Questi ultimi chiesero una tregua di tre giorni per pregare, digiunare e chiedere l’aiuto di san Michele. La notte prima della battaglia, san Michele apparve al vescovo e gli disse che le preghiere erano state ascoltate, perciò li avrebbe aiutati nel combattimento. E così avvenne; vinsero la battaglia, andando poi nella cappella di san Michele per ringraziarlo. Là trovarono le orme di uomo impresse fortemente nella pietra vicino ad una piccola porta. Compresero così che san Michele aveva voluto lasciare un segno della sua presenza.

Il terzo episodio accadde quando gli abitanti di Siponto vollero consacrare la chiesetta del monte Gargano.
Fecero tre giorni di digiuno e di preghiera. L’ultima notte apparve san Michele al vescovo di Siponto e gli disse: Non sta a voi consacrare questa chiesa che io ho edificato e consacrato. Voi dovete entrare e frequentare questo luogo per pregare. Domani, durante la celebrazione della messa, il popolo farà la comunione come d’abitudine e io mostrerò come ho consacrato questo luogo. Il giorno dopo videro nella Chiesa, costruita in una grotta naturale, una grande apertura con una lunga galleria che portava fino alla porta settentrionale, dove c’erano le orme umane impresse nella pietra.
Ai loro occhi si presentò una chiesa più grande. Per entrare in essa bisognava salire dei piccoli gradini, ma al suo interno vi era una capienza di 500 persone. Questa chiesa era irregolare, le pareti erano dissimili e l’altezza pure. C’era un’altare e da una roccia cadeva nel tempio dell’acqua, goccia a goccia, dolce e cristallina, che attualmente viene raccolta in un vaso di cristallo e serve per la guarigione delle malattie. Molti ammalati sono guariti con quest’acqua miracolosa, soprattutto nel giorno della festa di san Michele, quando arriva molta gente dalle province e regioni vicine.

La tradizione colloca queste tre apparizioni negli anni 490, 492 e 493. Alcuni autori indicano date più distanti nel tempo l’una dall’altra. La prima verso il 490, la seconda intorno al 570 e la terza quando il santuario era già un centro riconosciuto di pellegrinaggio, diversi anni più tardi.

E c’è una quarta apparizione nel 1656, durante la dominazione degli spagnoli, quando si diffuse una terribile epidemia di peste. Il vescovo di Manfredonia, l’antica Siponto, indisse tre giorni di digiuno e invitò tutti a pregare san Michele. Il 22 settembre dello stesso anno, Michele apparve al vescovo e gli disse che dove vi fosse stato un sasso del santuario con una croce e il nome di san Michele, le persone si sarebbero liberate dalla peste. Il vescovo incominciò a distribuire sassi benedetti e tutti coloro che li ricevettero rimasero liberi dal contagio. Attualmente, nella piazza della cittadina di Monte Sant’Angelo c’è una statua con l’iscrizione in latino che tradotta significa: Al principe degli angeli, vincitore della peste.

Bisogna ricordare che nell’anno 1022, l’imperatore tedesco Enrico II, proclamato santo dopo la sua morte, trascorse tutta una notte nella cappella di San Michele del Gargano in preghiera ed ebbe la visione di moltissimi angeli che accompagnavano san Michele a celebrare l’ufficio divino. L’arcangelo fece baciare a tutti il libro del Santo Vangelo. Per questo una tradizione dice che la cappella di san Michele è durante il giorno per gli uomini e durante la notte per gli angeli.

Nel santuario c’è una grande statua in marmo di san Michele del 1507, opera dell’artista Andrea Cantucci. Questo santuario del Gargano è il più famoso tra tutti quelli dedicati a san Michele.

Ai tempi delle crociate, prima di partire per la Terra Santa, molti soldati ed autorità vi andavano a chiedere la protezione di san Michele. Molti re, papi e santi, visitarono questa basilica chiamata celeste per essere stata consacrata dallo stesso san Michele e perché di notte gli angeli vi celebravano il loro culto di adorazione a Dio. Tra i re figurano Enrico II, Ottone I e Ottone II di Germania; Federico di Svevia e Carlo d’Angiò; Alfonso di Aragona e Fernando il Cattolico di Spagna; Sigismondo di Polonia; Ferdinando I, Ferdinando II, Vittorio Emanuele III, Umberto di Savoia ed altri capi di governo e ministri dello stato italiano.
Tra i papi incontriamo Gelasio I, Leone IX, Urbano II, Celestino V, Alessandro III, Gregorio X, Giovanni XXIII, quando era cardinale e Giovanni Paolo II. Tra i santi troviamo san Bernardo di Chiaravalle, santa Matilde, santa Brigida, san Francesco d’Assisi, sant’Alfonso Maria de’ Liguori e san Padre Pio da Pietrelcina. E, naturalmente, migliaia e migliaia di pellegrini che tutti gli anni visitano la basilica celeste. L’attuale chiesa gotica venne iniziata nell’anno 1274.


SANTUARIO DI MONT SAINT MICHEL

Il secondo santuario per importanza dedicato a san Michele  è quello di Mont Saint Michel, o Monte San Michele, situato su un’isola della Normandia in Francia. Racconta la tradizione che il 9 ottobre del 708 apparve san Michele a sant’Auberto, vescovo di Avranches, in Normandia, chiedendogli di erigere un santuario in suo onore su un’isola non molto lontana dalla costa.
Il santuario venne inaugurato il 16 ottobre del 709. Quasi immediatamente, molti ammalati incominciarono a guarire e il luogo diventò molto famoso. Per tutto il medioevo fu, insieme a Santiago de Compostela e a Roma, una delle mete di pellegrinaggio più visitate dell’Occidente.
La chiesa originale venne allargata ed ingrandita lungo i secoli. I francesi fino a Carlo Magno dedicarono il loro regno a san Michele. Durante la rivoluzione francese fu trasformato in prigione, ma attualmente è un centro di pellegrinaggio. Ogni anno lo visitano circa 3 milioni di persone. Nel 1912 i vescovi francesi rinnovarono la consacrazione della nazione a san Michele.


SAINT MICHAEL’S MOUNT

In Inghilterra, vicino alle coste della Cornovaglia, esiste il famoso santuario Saint Michael’s Mount, che pare abbia avuto origine da una apparizione dell’arcangelo.
Quando sale la marea, rimane come un’isola, esattamente uguale al suo omonimo in Normandia. Secondo una tradizione, nel 495 apparve l’arcangelo ad alcuni pescatori. Nel 1135 vi si stabilì una comunità religiosa dedicata al culto dell’arcangelo. Alla fine del 1424 per decreto del parlamento inglese, que­sto santuario cessò la sua lunga dipendenza da quello della Normandia. Nel 1535, dopo che Enrico VIII rifiutò la Chiesa cattolica, lo Stato confiscò l’abbazia, che nel 1659 venne acquistata dal colonnello John St. Aubyn e trasformata in casa privata. Nel 1954 la famiglia Aubyn decise di donare l’edificio al National Trust for places of historical or natural beauty e ricominciò la devozione a san Michele.


SAN MICHELE DELLA CHIUSA 

Il santuario di San Michele della Chiusa in Italia si trova esattamente a metà strada in linea retta tra il santuario del monte Gargano e quello di San Michele in Normandia. Di questo santuario si parla in un documento del IX secolo intitolato Chronica monasterii sancti Michaelis Clusini. Anche qui apparve l’arcangelo e chiese che gli venisse costruito un tempio (48).
Nei primi secoli fu una abbazia benedettina molto conosciuta, fino al 1622, quando venne quasi abbandonata. Ma nel 1830  re Carlo Alberto si interessò al tempio e vi stabilì permanentemente la comunità dei padri rosminiani che lo hanno custodito fino ad oggi (49).


SANTUARIO DI NAVALAGAMELLA

Nel 1455 a Navalagamella, presso Madrid, il pastore Miguel Sánchez pascolava il suo gregge di pecore quando gli apparve san Michele e gli disse: Non temere, io sono uno dei sette spiriti che fanno assistenza alla presenza di Dio, dal quale sono inviato per dirti che è  sua volontà che in questo luogo si co­struisca un eremo in onore a san Michele e ai suoi angeli. Il pastore chiese che il messaggio venisse affidato a qualcun altro, perché lui, essendo così poco importante, non sarebbe stato creduto. Ma san Michele gli disse: Racconta tutto al tuo padrone e io farò in modo che ti credano. Tuttavia, per paura, l’uomo non volle parlare e un giorno, svegliandosi, si trovò incapace di camminare. Allora capì che doveva parlare ed andò dal suo padrone, don Pedro Garcia de Ayuso. Questi gli credette e fece celebrare una messa in onore di san Michele e il pastore guarì. Così sorse il tempio di San Miguel de Na­valagamella.


SANTUARIO DI SAN MICHELE DEL MIRACOLO

Il 25 aprile del 1631, a Tlaxcala in Messico, un indio chiamato Diego Lázaro, tra i primi convertiti, partecipava ad una processione il giorno di san Marco, quando ebbe una visione di san Michele che gli disse: Io sono san Michele arcangelo e sono venuto a dirti che è volontà di Dio e mia che tu dica agli abitanti di questa città e dei suoi dintorni che nell’avvallamento formato da due montagne e di fronte a questo luogo, troveranno una fonte miracolosa d’acqua che guarirà tutte le malattie. Non dubitare di quello che ti ho detto e non dimenticare di fare come ti ho spiegato.
Diego Lázaro ebbe paura che la gente non gli credesse e non disse nulla. Dopo tre giorni si ammalò gravemente. Gli apparve di nuovo l’arcangelo per rimproverarlo della sua codardia ed insistette affinché egli obbedisse, dopo averlo guarito.
L’indio comunicò a tutti il messaggio ricevuto, ma non gli credettero. Solo la sua famiglia lo ascoltò. Andò con alcuni familiari a scavare una fonte nel luogo indicato, ma non riuscirono a smuovere le rocce. All’improvviso un giovane, con una forza fuori dal comune, si presentò davanti a loro e spostò i massi, facendo sgorgare la sorgente di acqua miracolosa. Così incominciò ad essere costruito il santuario di San Miguel del Milagro, nel comune di Nativitas a Tlaxcala.
In questo santuario si notano diversi quadri importanti. Uno di essi rappresenta due bambine indigene inferme, che non potevano essere trasportate al tempio. I loro familiari raccolsero l’acqua della fonte e con essa aspersero i loro toraci. Le bambine rimasero completamente guarite.

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A Mosca venne costruita tra il 1505 e il 1508 la cattedrale di san Michele dal principe Ivan III Vassilievic. I principi si recavano a pregare in questa Chiesa prima di andare in battaglia. San Michele era considerato il protettore dei principi russi.
Attualmente la cattedrale di san Michele custodisce le tombe degli zar ed è parte integrante di Mosca e dello stato russo.

P. ángel Peña

Beata Elisabetta della Trinità



Rimaniamo unite sempre ai piedi della croce, immobili e silenziose presso il divin
Crocifisso, ad ascoltarlo e penetrare tutti i suoi segreti. Ci svelerà tutto, è lui che ci condurrà al Padre.

PADRE PIO DA PIETRELCINA



 Profilo umano. 


Affabilità.   E' questo un altro tratto caratteristico della personalità di 
padre Pio. Diciamo subito che l'amabilità e la dolcezza non furono certo un dono 
di natura, ma una faticosa conquista della volontà aiutata dalla grazia. Sono 
pochi i cenni autobiografici spigolati dalle lettere, e tutti limitati agli 
ultimi anni dell'epistolario, ma più che sufficienti a rivelarci la tattica 
prestabilita per raggiungere il pieno dominio del carattere e l'impegno generoso 
per realizzarlo appieno.  
Ammette e conosce per esperienza l'importanza della dolcezza per trattare 
fruttuosamente le anime e si rammarica ogni qualvolta che, nonostante i 
persistenti sforzi, non riesce a controllarsi:  
"Mi rammarico soltanto che, senza volerlo e senza avvertirlo, qualche volta mi 
accade di alzare un po' la voce in ciò che riguarda la correzione. Conosco 
essere una debolezza riprovevole, ma come fare per poterla evitare, se mi accade 
senza accorgermene? Eppure prego, gemo, mi lamento con nostro Signore per 
questo, ma non ancora mi esaudisce a pieno. E nonostante tutta la vigilanza che 
vi pongo in questo, qualche volta mi tocca fare quello che pur troppo io 
aborrisco e voglio evitare" (14 6 1920).  
Padre Benedetto, senza sottovalutare questa imperfezione, non dà ad essa 
eccessiva importanza, giudicandola come residuo d'una tendenza naturale.  
Erano scatti non colpevoli, che non riuscivano ad oscurargli la serenità e la 
tranquillità interiori, causati spesso, se non sempre, da motivi soprannaturali. 
Lo riconosce lo stesso padre Pio, ma non per questo desiste dalla lotta per 
acquistare la dolcezza abituale (8 10 1920).  
Il 20 novembre 1921, ritorna sopra lo stesso argomento: 

"Il tutto si compendia in questo: sono divorato dall'amore di Dio e dall'amore 
del prossimo [...]. Credetemi pure, padre, che delle sfuriate, che alle volte ho 
fatto, sono causate proprio da questa dura prigionia, chiamiamola pure 
fortunata. Come è possibile vedere Dio che si contrista pel male e non 
contristarsi parimenti? Vedere Dio che è sul punto di scaricare i suoi fulmini e 
per pararli altro rimedio non vi è se non alzando una mano a trattenere il suo 
braccio, e l'altra rivolgerla concitata al proprio fratello, per un duplice 
motivo: che gittino via il male e che si scostino, e presto, da quel luogo dove 
sono, perché la mano del giudice è per scaricarsi su di esso? Credete pure, 
però, che in questo momento il mio interno non resta punto scosso e menomamente 
alterato. Non sento altro se non di avere e di volere quello che vuole Dio. Ed 
in lui mi sento sempre riposato, almeno coll'interno sempre; coll'esterno 
qualche volta un po' scomodo".  
La spiegazione era vera e quindi "le sfuriate" avevano delle attenuanti. Ma non 
per questo padre Pio incrociava le braccia, compiacendosi degli allori 
conquistati e delle mete raggiunte:  
"Madama dolcezza pare che vada un po' meglio, ma non sono neppure io 
soddisfatto. Ma non voglio perdermi d'animo. Son tante, padre mio, le promesse, 
che ho fatto a Gesù ed a Maria. Io voglio questa virtù mediante il loro aiuto ed 
in ricambio, oltre a mantenere le altre promesse fatte loro, ho promesso ancora 
di formarne oggetto delle mie assidue meditazioni ed ancora assiduo soggetto 
delle mie insinuazioni alle anime.  
Vedete, dunque, padre, che non me ne rimango indifferente nella pratica di 
questa virtù. Aiutatemi con le vostre e con le altrui preghiere" (23 10 1921).  
 

Vieni o Spirito Creatore




Vieni o Spirito Creatore, visita le nostre menti, riempi della tua grazia i cuori che hai creato. O dolce Consolatore, dono del Padre altissimo, acqua viva, fuoco, amore, santo crisma dell'anima. Dito della mano di Dio, promesso dal Salvatore, irradia i tuoi sette doni, suscita in noi la parola. Sii luce all'intelletto, fiamma ardente nel cuore; sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore. Difendici dal nemico, reca in dono la pace, la tua guida invincibile ci preservi dal male. Luce d'eterna sapienza, svelaci il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore. Amen.

Di Suor Elena Guerra