mercoledì 10 dicembre 2025

«Guarda le mie piaghe, - dice - e adorale... baciale... Non sono state fatte dalle anime, ma dall'amore!».

 


COLUI CHE PARLA DAL FUOCO

 

Il lunedì, 20 giugno, ella prega nell'oratorio del noviziato.  

 

«La SS.ma Vergine venne ad un tratto e con tenerezza mi disse:  

«- Non preoccuparti, figlia mia, e di' alla Madre di non temere di niente. Questo tuo dolore è una scintilla del Cuore di mio Figlio! Quando si fa sentire più acuto, offrilo generosamente: vuol dire che in quel momento un'anima lo ferisce profondamente. Non temere di soffrire: è un tesoro per te e per le anime!  

«Mi benedisse e sparì».

  

Quella stessa sera, al refettorio, Josefa fedele alla direzione del Maestro: 

 

«Offrivo il cibo che prendevo a Nostro Signore, come mi ha insegnato - scrive - ed ecco che ad un tratto apparve e mi disse:  

«- Sì, dammi da mangiare, perché ho fame... dammi da bere, perché ho sete!...  

«- Tu lo sai, di che cosa ho fame e sete?... delle anime... di quelle anime che amo tanto... Tu dammi da bere!».  

«Rimase lì tutto il tempo della cena - continua Josefa - poi disse:  

«- Vieni con me... non lasciarmi solo!».


  Il giorno dopo, 21 giugno, durante il ringraziamento della Comunione Egli le chiede di seguirlo in una via di crescenti dolori.  

 

«- Offri tutto al Padre mio in unione con le mie sofferenze - le dice. Tutti i giorni ti farò passare tre ore nell'angoscia e nello spasimo della mia croce, e ciò sarà molto utile a quell'anima». 

Josefa non esita a camminare nella via dolorosa. Mentre tanto paventa i favori, di cui conosce la responsabilità, è pronta invece a condividere la croce che deve salvare le anime. Nostro Signore lo sa, conta su di lei e moltiplica le richieste. Il giovedì 23 giugno, alla S. Messa, le appare di nuovo:  

 

«- Voglio che oggi tu chieda il permesso di fare l'ora santa. Presenta questo peccatore al Padre mio, ricordandogli che per quell'anima ho sofferto l'agonia nell'orto. Tu gli offrirai il mio Cuore e le tue sofferenze unite alle mie... Dirai alla Madre che queste sofferenze sono un nulla paragonate alla gioia che quest'anima mi darà tornando a me».  

«Stanotte - continua Josefa - mi sono svegliata sotto la stretta del dolore e poco dopo è venuto Gesù coronato di spine».  

«- Vengo per soffrire insieme con te».  

«Congiunse le mani e pregò a lungo.  

«Se avesse visto, Madre mia, com'era bello! Teneva gli occhi volti in alto, e l'aspetto era improntato ad una tristezza piena d'incanto... Sul suo volto batteva una grande luce come un riflesso del cielo».  

 

Parecchi giorni e parecchie notti trascorsero così. Josefa riferisce le visite del Maestro divino che le ripeteva senza posa la sua sete e la sua attesa. Ella assiste, per così dire, alla persecuzione dell'amore che insegue quell'anima in pericolo. Ma benché Gesù gliene lasci la responsabilità davanti a Dio, pure vuole nella sua collaborazione il più grande disinteresse. Quando Josefa domanda se il peccatore si lascia commuovere, Egli risponde, il martedì 28 giugno, apparendole mentre sta al lavoro.  

 

«- Ascolta ciò che sto per dirti: vuoi piacermi davvero? Non occuparti che di soffrire e di darmi ciò che ti chiedo senza voler sapere il "come" ed il "quando". Nella notte del mercoledì 29 giugno, verso le due, ad un tratto è comparsa la Madonna:  

«Io le ho parlato di quell'anima, - scrive Josefa supplicandola di voler chiedere a Gesù di allontanare da lei l'occasione del peccato e di infonderle la forza di rimettersi sul retto cammino. I Suoi occhi si sono riempiti di lacrime e ha detto:  

«- E’ caduto molto in basso! Si è lasciato ingannare come un agnello! Ma, coraggio! Fa' tutto quello che mio Figlio ti dice e chiedigli di far pesare su te ciò che merita quel peccatore. Così verrà risparmiato dalla giustizia divina. Non temere di soffrire, non ti mancherà la forza necessaria, e allorché non ne potrai più, Io ti darò coraggio e ti aiuterò. Sono il rifugio dei peccatori: quest'anima non andrà perduta!».  


Il giorno seguente, giovedì 30 giugno, dopo la Comunione, Gesù, mostratosi a Josefa, le presenta le ferite delle mani e dei piedi, insegnandole a scoprirvi la ferita invisibile dell'amore:  


«Guarda le mie piaghe, - dice - e adorale... baciale... Non sono state fatte dalle anime, ma dall'amore!».  


E siccome Josefa non sa che cosa dire, Egli ripete:  


«Sì, è l'amore mio per le anime... l'amore di compassione che nutro per i peccatori... Ah! se sapessero!».  


Allora nel silenzio dell'anima, Josefa lascia che il Maestro imprima in lei quell'invisibile ferita che ella deve condividere e sollevare.  


« - La più grande ricompensa che possa dare ad un’anima - prosegue - è di farla vittima del mio amore e della mia misericordia rendendola somigliante a me, che sono la Vittima divina per i peccatori».  

Suor Josefa Menéndez

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