I PROVA.
L'esistenza dell'inferno è necessaria per garantire al mondo l'indispensabile conservazione del buon ordine. - A tal fine, è necessario come unica misura coercitiva efficace.
O 3," ostacolo all'osservanza della legge di Dio è il mondo, con le sue attrazioni, seduzioni, lusso e vanità, che offrono tante occasioni per soddisfare le passioni umane, stimolate il più possibile a volte dal demonio con le sue tentazioni. È il regno dei sette peccati capitali. Ci sono tante passioni all'interno, e tanti attrattivi e occasioni all'esterno, che la volontà perde facilmente l'equilibrio e non guarda più in alto, verso la sana ragione, verso Dio, ma solo in basso. Con tutto il peso della materia, l'uomo è attratto verso la terra e ad essa rimane legato.
Contro tutto questo peso che lo sollecita verso il basso e tiene l'uomo legato alla terra, è necessaria una forza straordinaria, sovrumana e ultraterrena capace di liberarlo e portarlo verso l'alto. L'uomo ha bisogno di un contrappeso enorme per controbilanciare questo peso e ristabilire in lui l'equilibrio, con il predominio della ragione con il diritto che essa ha di pronunciarsi e di dirigere. È proprio la sanzione annessa a ogni legge che deve formare il contrappeso contro la passione e scongiurare il pericolo di non adempiervi. Questa sanzione deve essere tanto maggiore quanto, non solo deve neutralizzare le seduzioni e i vantaggi del vizio, ma deve anche essere capace di allontanare l'uomo dal male, anche quando si trova di fronte all'alternativa di incorrere in questa sanzione o di rinunciare a tutti i beni del mondo, di sopportare tutte le calamità e di sacrificare fino alla propria vita. Ora, qual è la sanzione capace di produrre un effetto così straordinario? Ci vorrebbe un grande e terribile castigo in questo mondo, che il peccatore dovrebbe incorrere e soffrire con tutta certezza, e senza la minima speranza di poterlo evitare? Non c'è dubbio che tale castigo infallibilmente produrrebbe in moltissimi casi ottimi risultati. Il castigo corporale inevitabile, in questo mondo, è un ottimo mezzo per incutere paura nei malfattori, e tanto più efficace quanto più imminente. Chi, per esempio, accetterebbe la sfida o la prova di fuoco, di cui parla Mons. Ségur: "Garantisco che, di mille o diecimila uomini che vivono lontani da Dio e seguendo il cammino dell'inferno, non ce ne sarebbe uno solo che resistesse alla 'prova di fuoco'. Nessuno, per quanto stolto fosse, accetterebbe il seguente accordo: per un anno potrai abbandonarti impunemente a tutti i piaceri, godere di tutte le voluttà, soddisfare i tuoi capricci, con l'unica condizione di passare un giorno, o anche un'ora, a bruciare nel fuoco. Ripeto, amico, nessuno accetterebbe tale accordo".
Tuttavia, Dio non vuole governare l'umanità con la forza bruta, punendo i malfattori immediatamente, o dopo breve tempo, qui nel mondo. Ha stabilito questa vita intera come periodo di prova e l'altro mondo come tempo di retribuzione, secondo quanto ciascuno ha meritato. Dio minaccia i malfattori solo con il castigo futuro dell'altro mondo. Si tratta ora di indagare e sapere quale castigo dell'altro mondo sarebbe sufficiente per, in tutti i casi, obbligare efficacemente gli uomini a evitare il male e fare il bene, garantendo però sempre la necessaria libertà; se basta un castigo futuro temporaneo, o se è necessario un castigo tremendo, ecc.
Verifichiamo la realtà, l'esperienza della vita quotidiana. Sebbene il purgatorio sia quel castigo futuro e temporaneo, e poiché esso è uguale in tutto all'inferno, meno che nell'eternità delle pene, chi ne fa caso, quando nella tentazione si tratta di sacrificare una soddisfazione illecita? In generale, nessuno, nemmeno tra i cristiani regolarmente buoni. Si dice: "Anche se le pene del purgatorio durano anni e secoli, alla fine finiranno". Così, per finire un giorno è che il purgatorio perde tutta la sua forza refrattaria sul peccatore. Certo, non è come dovrebbe essere. Perché, riflettendo un po', si vedrà che qualsiasi dolore corporeo intenso di un solo giorno è molto più penoso e sgradevole di quanto sia ridente e gradevole il piacere così breve del peccato; messi sulle bilance, il dolore prevale, e di molto.
Comunque, quasi nessuno fa caso del purgatorio, molto più terribile di tutte le sofferenze immaginabili della terra. E perché? Propriamente, perché non si riflette bene, confrontando il breve periodo presente con la punizione futura relativamente grande. E non si riflette giustamente perché essa è temporanea e passeggera; perciò non impressiona, e quasi non si fa caso di essa. Si commettono leggermente moltissimi peccati, senza che il futuro castigo transitorio sia un impedimento a ciò.
E perché sarà che la minaccia di qualche punizione temporanea dell'altro mondo non impressiona? È perché qualsiasi punizione futura temporanea non corrisponde alle speranze e ai timori del cuore umano. Il sentimento della sua immortalità è tale che misura tutto in base a questa condizione del suo essere. L'uomo considera che tutto ciò che non è eterno non è nulla, secondo l'assioma cristiano: "Quidquid aeternum non est, nihil est". In questo c'è una verità profonda. Per quanto tempo duri una punizione, se essa alla fine finisce, per dare luogo a un'eternità felice, il tempo della punizione rispetto all'eternità felice è un semplice nulla. Tutto ciò che è temporaneo perisce col tempo. Questo, finendo, si riduce a un semplice ricordo o a nulla. L'uomo vuole vivere senza fine e essere eternamente felice. Il suo male, propriamente, consiste nel voler anticipare la felicità, e questo con mezzi illeciti. Invece di lavorare e soffrire prima per godere poi, egli vuole godere da subito, a tutti i costi e anche contro Dio, a spese della sua felicità eterna, convertendo questa in miseria infinita.
Verificato, dunque, che qualsiasi punizione futura temporanea è insufficiente come contrappeso alle passioni umane, insufficiente come sanzione per neutralizzare le attrazioni del secolo, si impone la seguente conclusione: solo una sanzione assoluta, solo il castigo eterno dell'inferno frenerà, se le leggi sufficientemente contro le passioni umane, obbligando moralmente tutti a rispettarle. L'ultimo grande rimedio efficace contro la perpetrazione del peccato non è altro che il ricordo della realtà di orribili pene eterne, che saranno la sorte inevitabile del peccatore incorrigibile, impenitente. Essendo Dio un legislatore infinitamente saggio, non poteva non imporre l'unico rimedio efficace contro le passioni umane, e l'ultimo ricorso contro la ribellione umana, per obbligare moralmente tutti a sottomettersi alle sue leggi. Anche se sembra duro, non poteva non impiegarli a favore dell'ordine e della pace del mondo. Se gli uomini non si preoccupano di qualsiasi punizione futura temporanea, anche quando sia un purgatorio terribile e di molti secoli, molto diversamente dovrà succedere con l'inferno eterno.
Ognuno si impressiona profondamente poiché l'inferno è un male terribile e irremediabile, da far rizzare i capelli, e che obbliga a riflettere seriamente. A ciascuno diventa subito chiaro, chiarissimo, senza lunga riflessione: non c'è possibilità di confronto tra una pena intensissima e senza fine, e qualsiasi piacere del mondo! Per quanto gradevole possa essere il peccato, è meno di un reale rispetto a centomila conti. Con questa riflessione, ogni peccato, per tentatore e inebriante che si presenti, perde il suo incanto, la sua attrazione; il piacere diventa come avvelenato, amaro, e non solo disprezzabile, ma apparendo anche come il maggiore male dell'uomo, come l'unico e vero male, contro il quale non c'è ricorso, rimedio o conforto. Chi non è stupido o pazzo dovrà ragionare così: alla luce dell'inferno, il peccato sembra una crudeltà contro se stesso, una vera e propria follia! In effetti, il pensiero dell'eternità, specialmente della punizione eterna dell'inferno, ha evitato in questo mondo milioni di peccati, crimini e orrori. Solo la fede nella realtà dell'inferno è, dunque, veramente efficace per, in tutte le tentazioni, controbilanciare fortemente la fascinazione del peccato, e assicurare alla nostra barchetta il necessario peso e equilibrio nelle tempeste dell'anima.
P. Lacroix

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