giovedì 25 dicembre 2025

NON FAR CASO AI DONI, MA AL FRUTTO

 


UN TESORO NASCOSTO 

 ovvero
 DIARIO DI S. VERONICA GIULIANI


[I.93-94] Mi pare che abbia  avuto molto aiuto dai Padri spirituali e tutti mi hanno esortato che io sia fedele a Dio, perché, se tutto ciò che Iddio opera nell'anima mia lo desse a qualche altra anima, corrisponderebbe più che non faccia io; e tutti mi hanno tirato per via di umiltà e cognizione di me stessa, con farmi stare in continuo timore e tremore. Non ho conosciuto che nessuno abbia fatto conto di quanto passava nell'anima mia, ma tutti dicevano che io non credessi a niente, che non facessi conto di queste cose, ma che solo cavassi frutto da tutto e che non credessi né mi fermassi in queste cose. Tutto ciò mi pare che m'abbia giovato, perché io non stavo a pensare ad altro; mi fermavo al frutto, e questo cercavo di operare e negoziare. Del resto queste cose le passavo come se fossero in sogno. Non davo credenza a nulla. E sempre mi hanno fatto stare con timore e tremore di qualche inganno, e per via di ciò ho passato grandi patimenti. Perché, se tenevo in me celati quanti lumi e grazie il Signore facevami, mi dava pena, perché non potevo fidarmi di me; se dovevo dire tutto, ciò mi appariva da vantaggio, e con mio rossore riferivo qualche cosa, e mi pareva che il Signore mi andasse dicendo che io dicessi tutto. Così facevo; e per obbedire ai confessori ho anche scritto di molte cose, le quali hanno avuto tutte i medesimi.
Io, quando mi pareva che il Signore mi comandasse qualche cosa, e parevami che dicesse che così voleva e che da sua parte lo diessi a chi stava in suo luogo, delle volte e quasi sempre, quando dicevo ciò ai confessori, tutti mi contraddicevano e facevano fare tutto l'opposto di quello che io chiedevo; ma questo mi teneva in pace e mi pareva di conoscere più la volontà di Dio in quello che mi comandava il confessore, che non era quello che avevo avuto nell'orazione. A suo tempo, quando Iddio voleva, trovava modo che io facessi tutto. Io sono stata sempre con pace interna, perché mi sono in tutto e per tutto rimessa a quanto mi diceva chi stava in luogo di Dio. Non davo crdenza a quanto sentivo in me, ma solo seguivo i comandi ed ordini dei confessori e persone dotte. Con tuttociò non avevo inquietudine, ma bensì sempre una certa pena di non farmi bene conoscere e di non sapere dire le cose come veramente stanno. Sempre stavo con timore di qualche inganno e di non sapere dichiararmi acciò fosse scoperto.
Quando trovavo qualcuno di loro, che stavano dubbiosi e facevano qualche prova con rigorosa disanima, contuttociò mi era di gran patire, l'avevo caro, acciò se vi fosse mai stata cosa ingannevole si fosse scoperta. Ancora sto con questo timore; dubito che per mia semplicità ed ignoranza non mi sappia bene dichiarare: contuttociò spero in Dio, che, se mai vi fosse cosa ingannevole. Esso mi farà la grazia un dì scoprire. Non vorrei, ma, caso vi fosse, avrei caro di conoscerla, per fuggire ciò che non fosse secondo la gloria di S. D. M. [Sua Divina Maestà]. In questi scritti mi sono allungata in qualche cosa, e mi pareva che una parola bastasse; ma per mia quiete ho detto di molte cose che non erano necessarie. L'ho fatto, acciò meglio si comprenda se vi è inganno nessuno. E per carità chiunque leggerà questi fogli, se vi trovasse qualche errore sopra questo punto, venga con tutta libertà, acciò io possa emendarmi. Intendo di fare questi scritti solo per la maggior gloria di DIo, e per obbedire al Prelato. Del resto vi sento gran repugnanza e rossore. Sia tutto per amore di Dio.

[I.146] Mi pare che tutto descrivessi distintamente al P. Confessore. Non sto a descrivere altro sopra queste visioni e rapimenti, perché son cose che a me hanno apportato sempre timore di qualche inganno ed ora di presente mi fan temere, benché io non abbia mai fatto caso di nulla e mai ho dato credenza a quanto avevo. Lo dicevo al confessore per obbedire e perché non potevo fidarmi di me. Esso mi diceva che praticassi il frutto della cognizione che il Signore mi dava di me stessa; che il resto non pensassi ad altro. E di nuovo mi comandava che dicessi tutto. Ma io in ciò ho trasgredito di molto, perché vi sentivo gran ripugnanza ed avevo timore che fossero cose della mia immaginazione. E così era più quello che che tacevo che  quello che conferivo. [*Di questo sarà rimproverata dall’Angelo custode] Dopo poi mi pare che il Signore mi abbia fatto conoscere che le cose di propria immaginazione poco restavano le medesime cose; e se pur delle volte vi resta qualche cosa, non fanno effetti efficaci, ma così, così. Ma quando son cose che non vengono dalla propria immaginazione pare che resti tutto ciò così intimo nella nostra mente, come che di presente vi sia la stessa visione e lume; e resta nell'anima quella grazia efficace, che si opera tutto ciò senza che la persona si avvegga di nulla. Io sopra ciò ho voluto dire queste quattro parole, acciò meglio veggano se in me vi può essere inganno nessuno; perché, se mai ho temuto, ora temo più che mai e dubito di non dire bene per essere intesa e conosciuta sopra di questo punto. Sia tutto a gloria di Dio.


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