Non è cosa facile immaginarsi la vita degli uomini in una forma diversa da come ci si presenta ordinariamente. Tuttavia, l’uomo che superasse con uno sguardo profondo le mille vicende dell’attuale stato del mondo, potrebbe farsi questa domanda: come si sarebbe sviluppata la storia dell’umanità senza il peccato? Questa domanda ha un valore pratico, benché a prima vista non sembri. Lo sforzo di Gesù, nella sua predicazione, è proprio centrato in questo: restituire l’uomo a quello stato nel quale Dio lo “ha creato” e che ha stabilito per lui: «Siate santi, come santo è il vostro Padre celeste»
Se il peccato non fosse penetrato nella storia dell’uomo, questa si sarebbe sviluppata con la spontaneità con cui si svolge il gioco dei bambini sotto lo sguardo affettuoso del padre; in breve, saremmo bambini felici. Adesso conosciamo il bene e il male, ma non siamo felici. Tuttavia, l’uomo aspira costantemente alla felicità, ma, siccome non la cerca dove l’ha perduta, si è creduto capace d’inventarla. Per un istante pare che la raggiunga, ma quella felicità è fugace, e un’altra “invenzione” viene a riempire il vuoto che aveva lasciato la precedente; e così di seguito.
Da ciò si potrebbe concludere: le invenzioni, che sono considerate come un progresso, sono conseguenza evidente del peccato. Senza di esso, le “invenzioni”, che sono l’orgoglio dell’uomo “caduto”, non esisterebbero. Questo non vuol dire che non le conoscerebbe; probabilmente le conoscerebbe meglio di quanto non le conosca ora, ma non darebbe loro l’importanza attuale, perché la conoscenza e la gioia del possesso di Dio riempirebbe la sua anima in un modo inconcepibile per noi. Diamo forse importanza alla luce di una lampada quando abbiamo il sole raggiante di mezzogiorno?
E, tuttavia, quella stessa lampada l’accendiamo a mezzanotte, e se non avessimo visto il sole, crederemmo che quella lampada è insostituibile. Questo ci porta ad una conclusione sommamente semplice: il peccato ha immerso l’uomo nelle tenebre; e questi, in luogo di chiedere a Dio la vera luce, ha creduto di poterla inventare. Le invenzioni tecniche sono le lampade che l’uomo ha acceso in questa oscurità. Esse hanno riaffermato l’uomo in questo mondo, lontano da Dio, così che se ne considera padrone. L’uomo, anche credente, pensa che le invenzioni sono uno sviluppo dell’intelligenza che Dio gli ha dato. Bisogna dirgli che il vero sviluppo dell’intelligenza umana deve avere un’altra direzione: la conoscenza di Dio.
Per questo Egli gliel’ha data, se non esclusivamente, certo principalmente. Il peccato ha cambiato l’orientamento delle conoscenze dell’uomo: anziché in senso verticale, l’ha realizzato in senso orizzontale. E l’uomo si è talmente approfondito in quelle conoscenze, che è arrivato alla pazzia di credere non necessaria l’esistenza e l’assistenza di Dio.
Il tornare a quell’infanzia spirituale desiderata da Dio è per l’uomo un’opera più difficile che non la realizzazione di un volo spaziale. Tuttavia, le parole di Gesù sono lì come un invito dolce e forte insieme: «Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli», come pure queste altre: «In verità ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può entrare nel regno di Dio»
Se cerchiamo di approfondire questo ritorno all’infanzia, troveremo diversi elementi fondamentali per costruire l’autentica felicità umana.
L’attuale angustia dell’uomo ha cessato di essere un’anormalità per diventare qualcosa di normale. Questa condizione è stata causata dall’assenza di Dio. Mai come oggi Dio ha cessato di essere il centro della vita dell’uomo; e questo in un modo cosciente. Altri centri hanno assorbito l’interesse e l’attenzione degli uomini. Ma quelli non sono i centri naturali, voluti da Dio; da ciò i risultati opposti alla vera felicità umana; una specie di distorsione tormenta l’uomo nel più profondo del suo essere .
Il ritorno all’infanzia predicato da Gesù è la soluzione profonda, che arriva alle radici del male che risiede nell’essere umano, restituendogli la vita “normale”. Per questo è necessario comprendere in che consiste quella nuova nascita, la quale deve essere tradotta in realtà con tutta la generosità della volontà, rinvigorita questa dalla grazia.
Nessuna zona dell’anima umana può disinteressarsi di questo lavoro rigeneratore. Nel momento che un’altra idea, o un altro lavoro, siano equiparati a questo, quella rinascita non avviene.
E l’uomo rimarrà in quella condizione di angustia morale- spirituale.
Quella rinascita è una specie di parto realizzato dall’unione profonda della grazia e della volontà umana. Questa, in sé stessa, non trova altro che un caos di istinti e di passioni che combattono nell’oscurità. Se l’uomo si chiude in sé stesso, credendosi capace di ordinare quel caos, si indurirà progressivamente fino a farsi un Dio. Per un osservatore superficiale quest’uomo può essere arrivato ad un dominio apparente delle forze cieche che si agitano in lui. Ma l’osservatore che ciascuno porta dentro di sé non può non sentire l’inquietudine in cui vive l’altra parte del suo “io”, che si è creduta autosufficiente per rigenerarsi.
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JOSÉ BARRIUSO
JOSÉ BARRIUSO
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