Il martirio dei SS. Pietro e Paolo. Istoria della morte dei SS. Pietro e Paolo
Dal libro: Gerarchia Cardinalizia di Carlo Bartolomeo Piazza
Se dall’arena di color di oro, della quale è abbondante questo erto, ameno, e delizioso Monte, non annoverato fra‘ sette colli di Roma; ma con un’ambizioso risalto di tutti, dominante ad essi; overo dalla vicina Porta Aurelia con guasto22, e più spedito vocabolo, habbia havuto il suo nome di Montorio l’hanno ancora da decidere i Scrittori delle Romane antichità. Ben nulladimeno il descrisse con l’eloquenza arguta della sua nobil penna Marziale; celebrandolo per il più alto, e bello nel lodare, ch’egli fece il superbo Palazzo, e gli ameni Giardini, che quivi vi hebbe l’amico suo Tullio Marziale, ove oggidì è la famosa e deliziosissima Villa, e Giardino della nobilissima Famiglia Lonti. Di quà, disse egli con poetica discrizione, non solamente si dominano le altre sette Colline, che nel suo seno rinchiude Roma; ma tutti li Monti vicini, che le fanno corona. Di quà vedesi Albano, e Tuscoli. Quì non danno molestia ne lo strepito de’ Cocchi; né il rumore de’ manuali nelle botteghe, né le grida importune de’ barcaroli del Tevere; ed (661) haverebbe potuto aggiungervi; nè le risse de’ litiganti ne’ Tribunali, nè l’importunità de’ poveri sù le Porte de’ Templi, le strida de’ Vivandieri nelle Piazze, nè le donnesche contese nelle contrade, nè le strepitose baratterie nelle botteghe della città. […]
Dal sudetto dirsi di Marziale, che questo Giardino, e delizioso recesso fosse vicino al Ponte Milujo, alcuni hanno creduto, che questo luogo fosse ove hora è il Palazzo de’ Mellini a Monte Mario; dove dovette ritirarsi il medesimo Marziale, per villeggiare, se forse non fossero due i Giardini, de’ quali esso favella, uno dell’amico Tullio Marziale; l’altro suo proprio; ambedue su la costa del Monte Gianicolo. Chiamossi questo Monte dagli Antichi, come pure oggidì, Gianicolo, perché fù dedicato a Giano Dio sommamente venerato, perché creduto ingegnoso, e benefico inventore dell’arte, di fare il vino, e d’haver cura delle Porte, le quali perciò chiamansi nel vocabolo Latino, Ianue; e quivi dicono, essere stato sepolto, e posto trà i Dei; perché edificò questa parte di Roma a fronte del Campidoglio, abitato nel tempo stesso da Saturno, come accenna Virgilio. […].
Chiamossi ancora questo Monte, Antipoli, e Vaticano, onde sono nati gli equivoci nell’opinioni del luogo della crocifissione di S. Pietro, perché talvolta dicasi, essere quella seguita nel Monte Gianicolo, overo nel Vaticano, come appresso più chiaramente diremo. Hora il Gianicolo termina a S. Spirito in Saffia, e di là solamente incomincia a chiamarsi Vaticano. Sù questo Monte fù, secondo che scrive Dionigi, il sepolcro di Numa, se bene ciò viene, con sode ragioni impugnato dal Nardino.
Ma più prezioso, e tutto d’oro divenne questo sagro Monte, quando fù santificato con la morte, e co’l sangue, e co’l trionfo del Prencipe degli Apostoli, quivi con i piedi in sù crocifisso, acciò fosse ugualmente spettacolo al Cielo, ed alla Terra. Condannati, che furono dal crudel Nerone i due SS. Apostoli, fù deputato il luogo, ove si troncasse il Capo a S. Paolo all’Acque Salvie, detto, per lo miracoloso scaturir di trè Fonti, alle trè Fontane, e dentro le mura si crocifiggesse S. Pietro; peròche ad un Cittadino Romano, com’era, S. Paolo, era vietata tale obbrobriosa morte; e se bene, come, che’egli era di Tarso di Cilicia, come narrano gli Atti Apostolici, godeva nulla di tal privilegio; fù questa Città sublimata alle prerogative della Cittadinanza Romana da Cesare Augusto secondo la Legge Valeria, e Porzia, per essere stata fedele nelle guerre fin nel tempo di Giulio Cesare; onde si chiamò Giuliopoli. S. Pietro poi fù quivi crocifisso, perche era puramente Ebbreo; gente in Roma all’hora
ancora stimata vile: onde con queste due morti fù felicemente santificata l’una, e l’altra banda del Tevere, che ne godono l’Apo- stolico patrocinio.
Non mette punto in dubbio il Cardinal Baronio con l’autorità di molti Scrittori, e con le tradizioni immemorabili della Chiesa, che sù questo Monte Gianicolo, che Vaticano ancora indifferentemente, come si è detto, si chiamò, e dove fin’hora è l’antichissima memoria, e Cappella ristorata, ed ornata con regia pietà, e magnificenza da Filippo III Monarca delle Spagne co’l disegno del celebre Architetto Bramante, fosse crocifisso S. Pietro, se bene fù sepolto poi nel Vaticano, parte del medesimo Monte, come chiaramente si cava dalle parole del Martirologio Romano: Romæ natalis SS. Apostolorum Petri et Pauli, qui eodem anno eodenque die passi sunt sub Nerone Imper. quorum prior in eadem Urbe Capite ad terram verso Cruci (662) affixus, et in Vaticano juxtà Viam Triunphalem sepultus, totius Orbis veneratione celebratur: Alter verò gladio animadversus, et Via Ostiensi sepultus, pari habetur 24 honore.
Patì dunque il supplicio della croce in quella sommità del monte Gianicolo, o Vaticano, che sovrastava alla Naumarchia, situata al basso appresso il Tevere; e fù sepolto nell’estrema parte del Vaticano, vicino la quale erano gli Orti di Nerone; il Circo fabbricato da esso per maneggiare i Cavalli, e l’Obelisco; nel cui sito furono d’ordine del medesimo Impe- ratore fatti morire crudelissimamente moltissimi Martiri; come riferì con Romana, se bene gentile pietà, e compassione Tacito, di cui habbiamo poco avanti scritto. L’occasione della sentenza di morte data da Nerone ad ambidue i SS. Apostoli; come la riferisce il Baronio, degna di registrarsi, fù che essendo tornato Nerone da Acaja a Roma con la pompa trionfale, narrata da Svetonio, per le accuse havute contro di loro, come riferisce S. Ambrogio, che essi havessero convertito, diverse donne, e persuase a vivere castamente (il che con grande sollecitudine procuravano gli Apostoli, cioè che le novellamente convertite alla fede sopra ogni altra cosa vivessero caste, stimando, che un gran sdrucciolo per ricadere fosse la disonestà) in tempo appunto, come scrivono Tacito, Svetonio, Dione, ed altri la sfrenata, e sfacciatissima lussuria di Nerone non portava rispetto alcuno; ne anche alle nobilissime Matrone. Persuasero quei buoni, e ferventi Cristiani prima, che si eseguisse la sentenza iniqua, di persuadere con amor filiale, e con istantissime preghiere; anzi quasi lo violentarono ad uscire di prigione; non mancando la commodità di ciò fare; peròche i Custodi di essa Processo, e Martiniano eran pur Cristiani. Uscì egli di priggione, e di Roma; e nel fuggire, che fece incontrò fuor della porta della Città il Signore, ed interrogato da 25 lui: Domine quo vadis ; rispose il Salvatore: Venio Romam iterum crucifigi . Onde il Santo Apostolo comprendendo, che egli voleva in lui essere crocifisso; ritornò indietro, alcuni dissero nella medesima prigione. Avanti di morire, furono entrambi flagellati nel Foro secondo l'uso de’ Romani; e se bene ne veniva S. Paolo fatto esente in virtù della legge Porzia, e Valeria, come Cittadino Romano; nulladimeno a questa pena ignominiosa li destinava la Legge Sagra, e quella delle 12 Tavole, trattandosi di delitto di Religione, che appresso di essi era stimato atroce, con questa differenza dagli altri, che i Cittadini Romani dovevano esser condennati prima ne’ Centuriati Comizi, e poi flagellati, e decapitati.
Furono i Santi Apostoli ambidue condotti fuori della Porta trigemina, overo Ostiense come asserisce Plauto e Plinio, habitavano i mendichi, e le persone vili; l'abitazione de’ quali si trasferì poi nel Vaticano da Lampadio Prefetto di Roma Cristiano, il quale haveva dato à poveri li denari soliti spendersi dagli altri ne’ pubblici donativi ne’ più giocondi spettacoli, non senza concitazione sì grave d'odio del popolaccio, in modo che poco vi mancò, che non gli abbruciassero il Palazzo, che era vicino al Battistero di Costantino . Onde non è inverisimile la congiettura (dice il medesimo Baronio) che essendo i Cristiani assai molestati da Nerone, fossero, come persone vili, costretti a vivere fuor di Roma, come fù assegnato Trastevere a’ Giudei e perciò fosser condotti insieme fuor della porta Trigemina; ma che poi gl'iniqui Ministri dell'empietà, li separassero, volendo che S. Pietro in grazia degli Ebbrei, da’ quali ne ricavavano grosse mancie, e proventi, fosse Crocifisso in Trastevere, e S. Paolo fosse fatto morire tra’ Cristiani. Separatisi dunque quivi li SS. Apostoli, salutandosi co’l santo bacio di pace, secondo il Rito Cristiano, andarono ambidue a’ luoghi accennati de’ loro Martirî, de’ quali ancora più diffusamente altrove si è detto. È venerato con molta divozione da’ fedeli il luogo, ov'è eretta una piccol Cappella poco lungi da Porta S. Paolo, detta anticamente la Trigemina; in cui seguì questo memorabil fatto della loro separazione, per andare al Martirio, che fù un fortunato Trionfo di Roma Cristiana, e Santa; e fù il più celebre, e felice giorno, che giammai co’l bianco de’ suoi fasti segnasse, da che Romolo il Gentile fabbricata l'haveva, e superbamente inalzata dal fasto, e grandezza degl'Imperatori Romani.
A cura di Mario Ignoffo
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