L’Anima di ogni Apostolato
Come nella Imitazione di Cristo8, anche in questo libro le espressioni «vita d’orazione» e «vita contemplativa» vengono applicate allo stato di quelle anime che si dedicano seriamente ad una vita cristiana non comune, ma tuttavia accessibile a tutti e, nella sostanza, obbligatoria per tutti.9
Pur senza attardarci in uno studio di ascetica, ci limitiamo a richiamare ciò che ognuno è obbligato ad accettare come assolutamente certo per il governo intimo della sua anima.
Prima Verità. – La vita soprannaturale è, in me, la vita di Gesù Cristo medesimo, mediante la fede, la speranza e la carità, perché Gesù è la causa meritoria esemplare e finale e, in qualità di Verbo, in unione col Padre e lo Spirito Santo, è la causa efficiente della grazia santificante nelle anime nostre.
La presenza del Signore per mezzo di questa vita soprannaturale non è la presenza reale propria della santa Comunione, ma una presenza d’azione vitale, come l’azione della testa e del cuore sulle altre membra. Azione intima che Dio nasconde di solito alla mia anima per aumentare il merito della mia fede; azione pertanto abitualmente insensibile alle mie facoltà naturali, e che solo la fede mi impone di credere per obbligo; azione divina che preserva il mio libero arbitrio, e si serve di tutte le cause seconde – avvenimenti, persone e cose – per portarmi alla conoscenza della volontà di Dio e per offrirmi l’occasione d’acquistare ed accrescere la mia partecipazione alla vita divina.
Questa vita, iniziata nel Battesimo con lo stato di grazia, perfezionata dalla Cresima, ricuperata con la Penitenza, sostenuta e arricchita con l’Eucarestia, è la mia Vita cristiana.
Seconda Verità. – Per mezzo di questa vita, Gesù Cristo mi comunica il suo Spirito, divenendo così un principio di attività superiore che, se non l’ostacolo, mi porta a pensare, a giudicare, ad amare, a volere, a soffrire, a lavorare con Lui, in Lui, mediante Lui e come Lui. Le mie azioni esteriori diventano la manifestazione della vita di Gesù in me ed in tal modo io tendo a realizzare l’ideale della vita interiore formulato da san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal. 2, 20).
Vita cristiana, pietà, vita interiore, santità, non sono cose essenzialmente diverse, ma gradi di un medesimo amore; sono il crepuscolo, l’aurora, la luce, lo splendore di un medesimo sole.
Quando in questo libro usiamo l’espressione «vita interiore», non intendiamo tanto la vita interiore abituale, cioè – se così possiamo esprimerci – «il capitale della vita divina» che è in noi con la grazia santificante; intendiamo piuttosto la vita interiore attuale, ossia la valorizzazione di questo capitale con l’attività dell’anima e la sua fedeltà alle grazie attuali.
Posso pertanto così definire la vita interiore: lo stato di attività di un’anima che reagisce per regolare le sue naturali inclinazioni, e si sforza d’acquistare l’abitudine di giudicare e governarsi in tutto secondo le luci del Vangelo e gli esempi di Nostro Signore.
Ci sono dunque due movimenti. Col primo, l’anima si allontana da ciò che il creato può avere in opposizione alla vita soprannaturale e cerca di essere continuamente presente a se stessa: aversio a creaturis. Col secondo, l’anima va verso Dio per unirsi a Lui: conversio ad Deum.
Quest’anima vuole perciò essere fedele alla grazia che il Signore le offre in ogni momento; in una parola, vive unita a Gesù e realizza in se stessa le parole: «Se uno rimane in me e io in lui, costui porta gran frutto» (Gv. 15, 4).
Terza Verità. – Io mi priverei di uno dei più potenti mezzi per acquistare la vita interiore, se non mi sforzassi di avere una fede precisa e certa di questa presenza attiva di Cristo in me, e soprattutto di ottenere che tale presenza sia per me una realtà viva, anzi vivissima, che penetri sempre più l’atmosfera delle mie facoltà. Se Gesù diventasse la mia luce, il mio ideale, il mio consigliere, il mio appoggio, il mio rifugio, la mia forza, il mio medico, il mio conforto, la mia gioia, il mio amore, insomma tutta la mia vita, allora io acquisterei tutte le virtù. Soltanto allora potrò sinceramente recitare quella mirabile preghiera di san Bonaventura proposta dalla Chiesa ai Sacerdoti come ringraziamento dopo la santa Messa: «Transfige, dulcissime Domine Jesu...»10
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Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard
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