VICENDE DELLA «MISTICA CITTÀ DI DIO»
Il secolo XVII è stato qualificato come il «secolo d'oro» della mariologia; al suo splendore la Spagna contribuì in maniera unica. Tuttavia, negli ultimi decenni
si comincia a sentire già la fatica della decadenza. La devozione mariana, a forza di evitare gli aspetti fondamentali, si disarticola, perdendosi in questioni tali, che oggi definiremmo oziose e alcune perfino sconvenienti.
Pensiamo, per esempio, alla reazione di Baillet contro «i devoti indiscreti della Vergine».
Questi motivi, uniti all'intransigenza delle scuole e allo spirito debosciato della Spagna del secolo XVII, furono le cause principali che fecero appassire l'ideale della riforma
teologica.
In questo ambiente venne alla luce la Mistica Città di Dio. Presentata dall'Autrice come divinamente rivelata, e chiamata dalla scuola francescana come standard delle idee che allora difendeva (predestinazione assoluta della Vergine e sue conseguenze: immacolata concezione,
ecc.), la luce che pretese di irradiare nel mondo restò oscurata dalla critica di quanti erano contrari a detta scuola, o militavano nelle avanguardie dello «spirito geometrico» e giansenista del tempo.
L'opera restò alla mercé di una delle più accanite controversie che si registrano nella storia della mariologia.
Passata a miglior vita la venerabile suor Maria di Gesù di Agreda il 24 maggio 1665, il p. Salizanes, in quel tempo Ministro Generale dell'Ordine francescano, ordinò che
si raccogliessero tutti i suoi scritti. Il principale di quelli che si ebbero fu la Mistica Città di Dio. Dopo la lettura e l'esame con persone dotte, il p. Salizanes si convinse «che sarebbe di gran servizio a Dio e utilità dei fedeli che venisse alla luce presto... se dopo essere esaminata con diligenza
si trovava corrispondere tutta l'opera, senza alcuna dissonanza, a ciò che promette il suo titolo».
Si formò una giunta esaminatrice, integrata da padri della provincia di Burgos, tra i quali figurava il p. Andrea di Fuenmayor, l'ultimo confessore della Venerabile. Dopo l'esame,
tutti convennero che la sopraddetta opera «niente conteneva contro la fede e i buoni costumi, ed anzitutto era conforme alla dottrina cattolica». La giunta decise, inoltre, di illustrarla con prefazioni e note
esplicative nei passi più oscuri. Incarico che, per lettera del 12 novembre 1669, viene affidato dal p. Salizanes al p. Giuseppe Ximénez Samaniego. Lo si nominava, inoltre, incaricato di stampare l'opera,
con la proibizione di variare il contenuto della medesima.
Completata con il Prologo Galeato, note, relazioni della vita di suor Maria, tavole ed elenchi, licenze dell'Ordinario e del
Consiglio Reale di Castiglia, fu consegnata alla stampa e pubblicata nell'anno 1670.
Mancavano tuttavia per la stampa il prologo, le note, le approvazioni, le tavole e gli elenchi quando l'Inquisizione spagnola già la sequestrava. Il Supremo Tribunale intimò
al religioso incaricato della stampa e allo stesso editore, nella cui abitazione si custodivano i fascicoli stampati, sotto le pene e censure stabilite, di non pubblicare né divulgare l'opera senza nuovo ordine
del Santo Ufficio. All'apparenza il motivo di tale provvedimento fu la diffusione clandestina tra persone particolari di alcuni pieghi stampati: «sia perché essi li presero di nascosto o senza permesso della
Religione, sia per desiderio dello stesso editore o di qualcuno dei suoi dipendenti, sia per lo zelo indiscreto di alcuni devoti curiosi, sia perché presero copia dell'esemplare che persona sovrana, Filippo IV chiese
al Generale passato, senza poter resistere alla somma autorità e desiderio che manifestò di vederlo, sebbene gli fosse fatto presente dal Generale che non erano ancora stampati con le dovute licenze, sia altre
prevenzioni». Questo modo di procedere violava il decreto di Urbano VIII del 3 maggio 1625, che richiedeva l'approvazione di una commissione di teologi e della Santa Sede, in tal modo i libri di questo genere, pubblicati
senza tali requisiti, si consideravano come non approvati.
Il fatto sta che, nonostante le proteste e giustificazioni del p. Samaniego, solo attraverso un esame che durò diciassette anni, durante i quali si celebrarono cinquantasette sessioni,
si espresse favorevolmente l’Inquisizione spagnola il 3 luglio 1686, e con essa diciassette università spagnole e straniere. Nel medesimo tempo ordinava di raccogliere tutte le edizioni anteriori «diffuse
furtivamente» per vedere se concordavano con l'originale, cioè con l'edizione del 1670 stampata in Madrid da Bernardo di Villadiego.
L'Inquisizione spagnola redasse in seguito ai primi esami un elenco di avvertenze e obiezioni contro l'opera, richiedendo espressamente di inviano all'Ordine di san Francesco
per la difesa.
Iniziato il processo diocesano della beatificazione nell'anno 1668, veniva introdotto nella Congregazione dei Riti il 21 giugno 1672. Clemente X, su istanza di Carlo Il, firmò
un decreto, il 28 gennaio 1673, con cui iniziò il processo apostolico, lasciando a carico del cardinale Portocarrero l'esame dei libri. Il 2 settembre 1679 la Congregazione dei Riti consegnò i libri al Santo
Ufficio che, considerando non l'opera in quanto tale ma quello che conveniva all'ambiente, si pronunciò contro la Mistica Città di Dio, finendo per includerla nell'Indice dei libri proibiti il 24 giugno 1681 per decreto di Innocenzo X1. Una delle principali accuse fu che l'Autrice
presentava come divinamente rivelate le dottrine di Scoto. Si segnalano anche come causa di questa condanna i pregiudizi di un certo censore, la violazione del decreto di Urbano VIII, e che si narrino nell'opera storie
apocrife e si esageri il culto a Nostra Signora
Se la decisione dell'Inquisizione spagnola causò stupore, non meno io causò quella della romana, giacché nessuno aveva dato alcuna sentenza in Spagna e la censura
non era basata sull'originale.
Venuto il Ministro Generale a Madrid dopo la visita canonica, chiese protezione ai re Carlo Il, ebbe il patrocinio dei principi e magnati e diresse a sua Santità un memoriale in cui
chiedeva la soppressione dei decreto, fin quando l'Ordine avrebbe dato soddisfazione ai dubbi proposti dalle Congregazioni.
Il Papa, sempre disposto a soddisfare i disegni dei re, ordinò la soppressione del decreto per Spagna e Portogallo, sebbene «il procedimento e la pratica di questa Sacra Congregazione
dispongono il contrario». Questo avvenne il 9 novembre 1681.
L'opera di Maria di Agreda era già conosciuta nei mondo religioso, quando il p. Crosset pubblicò in Marsiglia nel 1695 la versione francese del primo volume della Storia divina. «Fece la traduzione, e la stessa traduzione, come si dice, suscitò l'imitazione», commenta Arbiol
nel prologo del suo Certamen.
Sintetizzando il processo della Sorbona, così come ce lo narra Arbiol, incontriamo in esso le seguenti tappe: il 2 maggio 1696 si convocarono i comizi della facoltà per sottoporre
ad esame il libro di Maria di Agreda. La critica fu affidata a quattro dottori (era costume in tali casi eleggere 10, 14 o 20 dottori). Dopo 61 giorni di studio redassero una summa di 19 articoli in cui si condannavano 60
proposizioni della Mistica Città di Dio. Nelle assemblee del 2 luglio promulgarono la sentenza condannatoria. E cominciò la guerra nella facoltà
teologica. Gli «agredisti» e «mariani» vedevano come buona e retta la dottrina agredana, e proponevano che il giudizio definitivo lo desse la Chiesa. Al contrario, gli «antiagredisti», «antimariani»
o «sediziosi» la condannavano e riscontravano in essa gli errori di Ario, Nestorio, Pelagio, Fozio, Bayo, Giansenio, qualificando la sua Autrice come impudica, sacrilega, idolatra, pelagiana, luterana, quietista.
Il giorno 14 era quello stabilito per la votazione. Furono tanto violente le discussioni tra «mariani» e «antimariani» che fino ai giorno 10 di settembre
non poterono decidere nulla. Nel frattempo, ciò nonostante, i dottori incaricati dell'esame approvarono la censura che avevano presentato per la discussione.
Il primo ottobre 1686 fu resa di dominio pubblico una seconda censura che aveva per titolo Censura Sacrae Facultatis Parisiensis, dove, dopo una introduzione in onore della Vergine, si riferiva quella dei dottori incaricati. Però questa censura non fu sottoposta
a votazione pubblica e nonostante l'opposizione dei «mariani» si sciolsero le assemblee. È la «Censura supposititia», che, ad eccezione del prologo, è simile alla prima
Si è soliti porre come causa della censura parigina il gallicanesimo e il giansenismo regnanti in quei tempo in Francia. Nei quarto periodo della guerra dei trent'anni (1635-1649),
la casa degli Asburgo rimase sconfitta. Richelieu e la sua politica si oppongono alla politica spagnola, e al rinascimento gallico si oppone il tramonto dell’impero spagnolo. D'altra parte, nella seconda metà
dei secolo XVII assistiamo in Francia ad una grande rivolta contro la scolastica e contro i «devoti indiscreti» della Vergine, movimento che aveva come sottofondo io «spirito geometrico» dell'intellettualità
francese, costituiva il germe essenziale del giansemsmo e cuiminò nella «illustrane».
Che le università spagnole assumessero la difesa della Mistica Città di Dio come causa propria e si strappassero le vesti davanti alla «ingiustizia francese», non c'è nulla di strano, se teniamo conto dell'opposizione
esistente tra Francia e Spagna, così come la differente traiettoria culturale e la qualifica di «giansenista» con cui si denominava nella penisola iberica l'università francese. La questione «suor
Maria di Agreda» si trattò in Spagna come causa nazionale, allo stesso modo in cui era stata assunta la causa dell'Immacolata. Le università di Granada, Burgos, Cadice, Madrid, Canarie, Alcalà,
Tolosa, Lovanio, Saiamanca, con i diciassette collegi maggiori, si pronunciarono contro la Sorbona e a favore della Mistica Città di Dio.
Nasce così una delle vertenze più ampie nella bibliografia della controversia agredana. I successori di Innocenzo XI furono coinvolti nella problematica controversia.
Il papa Clemente XI reintegrò la commissione esaminatrice e fece togliere l'opera dall'Indice. In più, avendo chiesto di esaminarla la Congregazione dell'Indice,
rispose che non era necessario, poiché non c'era in essa niente di male e d'altronde esisteva già una congregazione particolare per io scopo. Con tutto ciò, nel 1713, la condannò di nuovo
il Vescovo inquisitore, appoggiandosi al decreto del 1681. Però una volta di più interviene il re di Spagna, ora Filippo V e i libri rimangono autorizzati.
Benedetto XIII determina, nell'anno 1729, che proceda la causa di beatificazione senza nuovo esame dei libri. Però il suo successore, Clemente XII, dispone di fermare la causa
e, come motivazione, adduce che nei decreto del 1681 Innocenzo XI proibisce di proseguire la causa senza previo esame dei libri. Per questo si istituì una commissione per fare una revisione dell'opera, e così
porre fine alla controversia e alla causa.
Muore Clemente XII e tutto rimane sospeso fino all'anno 1743, in cui Filippo V chiede a Benedetto XIV che si prosegua il lavoro. E infine, nel 1747, promulgò un decreto in cui,
senza considerare che sia ancora sottoposta a giudizio l'autenticità della Mistica Città di Dio, permette «gratia speciali» di proseguire la causa di beatificazione, restando sempre in piedi il dubbio sopra le virtù. Dice, dei resto, che, sia come sia, i libri non contengono alcun errore.
L'autenticità delle opere venne approvata nel 1757.
Morto Benedetto XIV il suo successore, Clemente XIV dispone che in virtù dei decreto dei suo immediato predecessore, si possa procedere «ad ulteriora», esaminando prima
l'eroicità delle virtù. I consultori non opposero nulla alle virtù. L'unica obiezione che fecero è che, tuttavia, non si era ancora concluso l'esame delle opere. Si formò una
nuova commissione esaminatrice. Si riunì il 27 aprile 1773 e fece la revisione dei libri conforme ai voti del 1747, fatti da Benedetto XIV e che si conservavano in Castel Sant'Angelo. Però, come il re di
Spagna ricevette notizia della causa, fece scrivere al suo ministro di Roma, perché interponesse la sua supplica in ordine a trasferire la decisione ad altra congregazione.
Si trovò infine la congregazione. Tutto si trattò in segreto e per vari mesi nessuno seppe niente. Secondo il promotore della fede, la maggioranza dei voti della congregazione
furono contrari all'approvazione degli scritti. E alcuni che erano favorevoli, al veder il dictamen di Benedetto XIV, che si conservava in Castei Sant'Angelo, cambiarono opinione. Il Sommo Pontefice disse la cosa come
stava e dispose che non se ne parlasse più.
Così terminò la controversia della Mistica Città di Dio e, parallelamente, il processo di beatificazione della sua Autrice.
Posteriormente, al tempo di Pio IX, Leone XIII e Pio XI, si inviarono ai medesimi Pontefici molte valide raccomandazioni a favore della causa, alle quali fu data attenzione, come conveniva
alle altissime personalità che le scrissero, però, in concreto, non si fece alcun passo utile.
Suor Maria di Gesù Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda
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