giovedì 1 aprile 2021

Aumentava sempre più in me la fiducia in Dio; mi sentivo sempre più attratto verso Gesù;


 EPISTOLARIO

Le sempre nuove e più meravigliose scoperte che l'anima, alla luce di  questa intima contemplazione, va facendo di Dio, dei suoi misteri e dei suoi  attributi, la riempiono d'ammirazione profonda e d'incontenibile gioia, d'una  felicità di paradiso e la inondano di una "quasi continua indigestione di  consolazioni".  

Ci sono, è vero, parentesi dolorose, ma l'anima non le rimpiange come abbandoni  di Dio, ma come "scherzi d'amore", "squisitezza del suo finissimo amore". Le  gioie e le consolazioni non escludono il dolore, ma lo rendono tollerabile,  desiderabile e amabile. Amore e dolore seguono una via parallela; l'uno e  l'altro esercitano un'azione congiunta di purificazione e di trasformazione:

"Gesù non lascia di tratto in tratto di raddolcire le mie sofferenze in altro  modo, cioè col parlarmi al cuore. Oh si, padre mio, quanto è buono Gesù con me!  Oh che preziosi momenti sono questi; è una felicità che non so a che  paragonarla; è una felicità che quasi solo nelle afflizioni il Signore mi dà a  gustare. In questi momenti, più che mai, nel mondo tutto mi annoia e mi pesa;  niente desiderio fuorché amare e soffrire. Si, padre mio, anche in mezzo a tante  sofferenze, sono felice perché sembrami di sentire il mio cuore palpitare con  quello di Gesù. Ora s'immagini quanta consolazione deve infondere in un cuore il  sapere di possedere, quasi con certezza, Gesù [...]. E' anche vero che Gesù  spesso spesso si nasconde, ma che importa, io cercherò col suo aiuto di stargli  sempre intorno, avendomi lei assicurato che non sono abbandoni, ma scherzi di  amore. Oh! quanto bramerei in questi momenti aver qualcuno che mi aiutasse a  temperare le ansietà e le fiamme da cui il mio cuore è agitato" (4 9 1910; cf.  anche 29 11 1910; 20 12 1910).  

"Ho osservato da vari giorni in qua una gioia spirituale da non potersi  spiegare. La causa di ciò l'ignoro. Non sento più quelle tante difficoltà che  sentivo una volta nel rassegnarmi ai divini voleri. Anzi respingo le calunniose  insidie del tentatore con una facilità tale, da non sentirne né noia né  stanchezza" (10 8 1911; cf. anche 13 1 1912; 16 3 1912; 25 3 1912).  

"Questa notte scorsa poi l'ho passata tutta intiera con Gesù appassionato. Ho  sofferto anche assai; ma in un modo ben diverso da quello della notte  precedente. Questo è stato un dolore che non mi ha fatto male alcuno; aumentava  sempre più in me la fiducia in Dio; mi sentivo sempre più attratto verso Gesù;  senza nessun fuoco vicino, mi sentivo internamente tutto bruciare; senza lacci  addosso, mi sentivo a Gesù stretto e legato; da mille fiamme mi sentivo  bruciare, che mi facevano vivere e mi facevano morire. Quindi soffrivo, vivevo e  morivo continuamente. Padre mio, se potessi volare, vorrei parlare forte, a  tutti vorrei gridare con quanta voce terrei in gola: amate Gesù che è degno di  amore" (28 6 1912).  

"In questi giorni tanto solenni per me, perché feste del celeste Bambino, spesso  sono stato preso da quegli eccessi d'amore divino, che tanto fanno languire il  mio povero cuore. Compreso tutto della degnazione di Gesù verso di me, gli ho  rivolto la solita preghiera con più confidenza: Oh Gesù, potessi amarti, potessi  patire quanto vorrei e farti contento e riparare in un certo modo alle  ingratitudini degli uomini verso di te!" (29 12 1912; cf. anche 17 10 1915; 14  10 1917; 29 1 1919). 

"L'anima mia da più tempo si trova immersa giorno e notte nell'alta notte dello  spirito [...]. Addio le delizie delle quali l'aveva inebriata il suo Signore!  Dov'è quel gusto di cui ella godeva dell'adorabile divina presenza?" (lett.  314).  

"In questo stato per la povera anima tutto è tormento. La poverina è posta di  continuo in una contemplazione tormentosissima in cui Dio, con mirabile notizia,  facendosi a lei vedere lontano, le sveglia un dolore sì acuto da ridurla alle  agonie di morte" (9 5 1915; cf. anche 6 9 1916). 

PADRE PIO DA PIETRELCINA 

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