Del mistero di Cristo tre sono, pertanto, gli aspetti che noi dobbiamo contemplare quando parliamo di Nostro Signore come sorgente della nostra santificazione. Ne prendiamo l'idea da S. Tommaso, il principe dei teologi, nella sua dottrina sulla causalità santificatrice di Cristo (2).
Cristo è, nel tempo stesso, la causa esemplare, la causa meritoria e la causa efficiente di tutta la nostra santità, Cristo è il modello unico della nostra perfezione, - l'artefice della nostra redenzione ed il tesoro delle nostre grazie, - la causa efficiente della mostra santificazione.
Questi tre punti riassumono perfettamente ciò che dobbiamo dire di Cristo stesso come vita delle anime nostre.
La grazia, è, infatti, il principio di questa vita soprannaturale di figli di Dio, la quale costituisce il fondo e la sostanza di ogni santità Questa grazia si trova in tutta la sua pienezza in Cristo e tutte le opere, che la grazia ci fa compiere, hanno il loro esemplare in Gesù. Cristo ci ha meritato questa grazia per mezzo della sua vita, della sua passione, della sua morte. Infine, Cristo stesso produce questa grazia in noi per mezzo del sacramento e del contatto che abbiamo con lui nella fede.
Ma queste verità sono così ricche che noi dobbiamo contemplare ognuna in sé. In questa conferenza considereremo Nostro Signore come il nostro. modello divino in ogni cosa, come l'esemplare della santità, alla quale dobbiamo mirare.
La prima cosa da considerare è lo scopo che dobbiamo raggiungere. Una volta compreso questo scopo, l'applicazione dei mezzi propri al suo raggiungimento verrà naturale.
I
Abbiamo visto che la nostra santità è una partecipazione alla santità divina: siamo santi se siamo figli di Dio e se viviamo da veri figli del Padre celeste, degni della nostra adozione soprannaturale. «Siate, dice S. Paolo, gli imitatori di Dio come conviene a dei figli adorati» (1). Gesù stesso ci dice: «siate perfetti» - ed è a tutti i suoi discepoli che si rivolge Nostro Signore - non di una perfezione qualunque (2), «come il vostro Padre celeste è perfetto». E perché ciò? Perché dobbiamo essere all'altezza del posto che occupiamo, perché Dio ci ha adottati come suoi figli, ed i figli devono nella loro vita, assomigliare al padre.
Ma per imitare Dio bisogna conoscerlo e come possiamo conoscere Dio? Egli «abita una luce inaccessibile», dice S. Paolo (3). «Nessuno, dice S. Giovanni, ha mai visto Dio» (4). Come potremo dunque riprodurre ed imitare le perfezioni di colui che non vediamo?
Una parola di S. Paolo ci dà la risposta (5). «Dio si è rivelato a noi per mezzo del Figlio suo e nel Figlio suo Gesù Cristo». Gesù Cristo è «lo splendore della gloria del Padre» (6); «la immagine del Dio invisibile» (7), perfettamente simile a suo Padre, capace di rivelarlo agli uomini, poiché lo conosce come ne è conosciuto: «Il Padre non è conosciuto da nessuno, dice Gesù, eccetto che dal Figlio suo e da coloro ai quali suo Figlio vuole rivelarlo» (1). Gesù Cristo, che è sempre in sinu Patris, ci dice: «Io conosco mio Padre» (2): ma egli lo conosce «per rivelarcelo» (3); Cristo è la rivelazione del Padre.
E come il Figlio ci rivela il Padre? Incarnandosi. Il Verbo. il Figlio, si è incarnato, s'è fatto uomo, e in lui e per lui noi conosciamo Dio. Cristo è Dio messo alla nostra portata sotto una espressione umana; è la perfezione divina che si rivela a noi sotto forme terrestri; è la santità stessa che apparisce sensibilmente ai nostri occhi durante trentatré anni, per rendersi tangibile ed imitabile (4). Noi non potremo mai pensarci troppo: Cristo è Dio che si fa uomo, che vive fra gli uomini, a fine di insegnar loro, con la sua parola e soprattutto con la sua vita, in qual modo devono vivere per imitare Dio e piacergli. Noi, dunque. per vivere da figli di Dio, dobbiamo soltanto aprire gli occhi con fede ed amare e contemplare Dio in Gesù.
C'è nel Vangelo, un episodio semplicissimo, e tuttavia magnifico. Voi lo conoscete, ma è bene ricordarlo. Era la vigilia della passione di Gesù. Nostro Signore aveva parlato, come sapeva far lui, di suo Padre ai suoi apostoli: e questi entusiasmati, desideravano vedere e conoscere il Padre. L'apostolo Filippo esclama: «Maestro, mostraci il Padre, e noi non domanderemo più niente» (5). E Gesù Cristo risponde: «E che? Io sono con voi da tanto tempo, e non mi conoscete ancora? Filippo, chi vede me, vede mio Padre».
Sì, Cristo è la rivelazione di Dio, di suo Padre. Come Dio, egli è uno con lui, e colui che lo contempla vede la rivelazione di Dio.
uando contemplate Cristo, che si abbassa nella povertà della mangiatoia, ricordate queste parole: Qui videt me, videt et Patrem. Quando vedete l'adolescente di Nazaret lavorare pieno di obbedienza, nell'umile bottega, fino a trent'anni, ricordate queste parole: «chi lo vede, vede suo Padre»; chi lo contempla, contempla Dio. Quando vedete Cristo attraversare le borgate della Galilea facendo il bene dappertutto, guarendo gli ammalati, annunciando la buona novella; quando vedete il suppliziato della croce morire per amore degli uomini, oggetto delle risa dei carnefici, ascoltate, egli vi dice: Qui videt me, videt et Patrem, «Chi mi vede, vede Dio stesso». Queste sono altrettante manifestazioni di Dio, altrettante rivelazioni di perfezioni divine. Le perfezioni di Dio sono, in sé stesse, incomprensibili come la natura divina; chi di noi, per esempio, potrebbe capire che cosa sia l'amore divino? È un abisso che sorpassa tutto ciò che possiamo concepire. Ma quando vediamo Cristo - che, come Dio, è «uno con suo Padre» (1), che ha in sé la stessa vita divina del Padre (2) - istruire gli uomini, morire sulla croce, dare la sua vita per amore di noi, quando lo vediamo istituire l'Eucarestia, noi comprendiamo allora la grandezza dell’amore di Dio.
Così è di ognuno degli attributi di Dio, di ognuna delle sue perfezioni. Cristo ce le rivela e, man mano che avanziamo nel suo amore, ci fa penetrare più avanti nel suo mistero (3). Vale a dire: se qualcuno mi ama, mi riceve nella mia umanità, sarà amato da mio padre; e anch'io l'amerò e mi manifesterò a lui nella mia divinità; gliene scoprirò i segreti.
«La Vita è stata manifestata, scrive S. Giovanni (4), e noi l'abbiamo veduta; perciò noi le rendiamo testimonianza, e noi vi annunciamo la vita eterna, che era nel seno del Padre e che si è resa sensibile quaggiù, in Gesù Cristo. Di modo che, per conoscere ed imitare Dio, noi non dobbiamo che conoscere ed imitare suo Figlio Gesù, che è l'espressione umana e divina, ad un tempo, delle perfezioni infinite del Padre: Qui videt me, videt et Patrem.
II
Ma come ed in che cosa Cristo, Verbo Incarnato, è il nostro modello, il nostro esemplare? Cristo è doppiamente modello: nella sua persona e nelle sue opere: nel suo stato di Figlio di Dio, e nella sua attività umana, poiché egli è nello stesso tempo Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, Dio perfetto e uomo perfetto.
Beato Dom COLUMBA MARMION
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