Non permettiamo mai, sorelle, che il nostro cuore sia schiavo di alcuno, se non si tratta di colui che l’ha riscattato con il suo sangue; guardate che, altrimenti, senza sapere come, vi troverete in un tale intrico da non poterne uscire. Oh, mio Dio, le puerilità che nascono da queste amicizie particolari non si contano! E siccome sono tali piccolezze che solo chi ne è stato testimone può crederlo e capirlo, non c’è ragione di parlarne qui: basti dire che se ciò è un male per qualunque religiosa, per la priora è una vera peste.
Nell’arginare queste parzialità, occorre molta cura fin dal momento in cui comincia a manifestarsi l’amicizia; bisogna agire con abilità ed amore più che con rigore. Un rimedio eccellente a tal fine è non stare insieme né parlarsi, se non nelle ore stabilite, secondo l’usanza che ora seguiamo, rispettando la Regola che prescrive di non stare insieme, ma di rimanere ognuna nella propria cella. Il monastero di San Giuseppe sia, quindi, esente da avere un luogo di lavoro comune perché, pur essendo questa una lodevole usanza, si osserva meglio il silenzio quando ognuna sta per conto proprio e ci si abitua alla solitudine, ottima disposizione per l’orazione. Ora, siccome questa dev’essere il fondamento di questa casa, è necessario adoperarsi a prendere affezione a ciò che può favorirne la pratica.
Ritornando a parlare dell’amore scambievole, sembra fuor di proposito raccomandarlo; infatti, come si può essere così barbari da non amarsi, trattandosi e vivendo sempre insieme, senza la possibilità di parlare, né aver relazione, né svagarsi con persone estranee alla casa, sapendo, inoltre, che Dio ci ama e che le nostre sorelle amano lui, visto che per amore di Sua Maestà hanno abbandonato tutto? Tanto più che la virtù attira l’amore, e io spero che, con l’aiuto di Dio, essa sarà sempre praticata dalle monache di questa casa. Pertanto, a questo riguardo, mi sembra che non ci siano molte raccomandazioni da fare.
S. Teresa d’Avila
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