lunedì 26 aprile 2021

TRATTATO DELLA PREGHIERA E MEDITAZIONE

 


ALCUNE AVVERTENZE NECESSARIE PER COLORO CHE SI  DEDICANO ALLA PREGHIERA 

Una delle cose più ardue e difficili di questa vita è saper andare verso Dio e  trattare con lui familiarmente. E non si può certo procedere per questa strada  senza una buona guida né senza qualche avvertenza per non smarrirsi e, per  questo, sarà necessario issarne qui qualcuna con la nostra consueta brevità. 


Prima avvertenza  


La prima riguarda lo scopo che con questi esercizi si deve conseguire. 

Bisogna rendersi conto che (essendo la comunicazione con Dio tanto dolce e  gradevole, come dice il sapiente) molte persone, attratte dalla forza di questa  meravigliosa dolcezza (che trascende tutto ciò che si può dire), giungono a  Dio e si dedicano agli esercizi spirituali, lettura, preghiera, pratica dei  sacramenti, per la gioia che ne ritraggono, così che il fine a cui tendono è il  desiderio di questa meravigliosa dolcezza. Questo è un grande ed universale  inganno in cui molti cadono. Il fine precipuo di tutte le nostre azioni deve  essere amare Dio e cercarlo, mentre questo invece è amare e cercare se  stessi, ossia la propria gioia e il proprio appagamento, che è il fine a cui i  filosofi aspirano nella loro contemplazione. E questa è anche, come dice un  padre della Chiesa, una specie di avidità, di lussuria, di gola spirituale, che è  non meno pericolosa di quella materiale. 

Da questo stesso inganno ne consegue un altro non meno grave, cioè il  giudicare se stessi e gli altri sulla base di questa gioia e sensibilità, credendo  che uno abbia un grado maggiore o minore di perfezione, quanto più o meno  gode di Dio, il che è un grave inganno. Contro questi due inganni è utile  questa avvertenza e regola generale: capire che il fine di tutti gli esercizi e di  tutta la vita spirituale è l'obbedienza ai comandamenti di Dio e il  compimento della divina volontà, per cui deve morire la volontà propria  perché viva e regni quella divina che è ad essa tanto contraria. 

Poiché non si può conseguire una vittoria così grande senza grandi favori e  privilegi da parte di Dio, bisogna impegnarsi nella preghiera proprio per  conseguire questi favori e privilegi che favoriscano l'impresa. In questo  modo e per raggiungere questo fine, si possono chiedere e cercare le gioie  della preghiera (come prima abbiamo detto), come le chiedeva David  quando diceva: "Rendimi la gioia della tua salvezza e rinfrancami di uno  spirito generoso" ( Sal 50, 14). Si comprenderà allora quale deve essere lo  scopo di questi santi esercizi e come si deve considerare e commisurare il  proprio vantaggio e quello degli altri non sulla base della gioia che si sarà  ricevuta da Dio, bensì sulla base di quanto da Dio si potrà avere patito  facendo la sua volontà e sacrificando la propria. 

Che questo debba essere il fine di tutte le nostre letture e preghiere non  voglio spiegarlo con altri argomenti che con quella divina preghiera del  salmo Beati immaculati in via (Sal 118) che nei suoi centosettantasette versi  (è infatti il più lungo del salterio) non ne ha uno che non parli della legge di  Dio e del rispetto dei suoi comandamenti, il che volle lo Spirito Santo  affinché gli uomini si rendessero conto che le loro preghiere e meditazioni  debbono essere ordinate tutte o in parte a un solo fine: l'obbedienza e il  rispetto della legge di Dio. Tutto ciò che da esso si allontana è sottile e  appariscente inganno del nemico, che vuol far credere agli uomini di essere  importanti, mentre non lo sono. 

Per cui dicono molto bene i santi che la vera prova dell'uomo non è la gioia  della preghiera, bensì la pazienza della tribolazione, l'abnegazione di se  stessi, il compimento della divina volontà, anche se a tutto ciò sono di  grande vantaggio sia la preghiera che la gioia e le consolazioni che se ne  traggono. 

In base a ciò, chi volesse vedere quanto ha guadagnato nella strada verso  Dio si deve domandare: Quanto cresce ogni giorno in umiltà interiore ed  esteriore? Come sopporta le ingiustizie degli altri? Come riesce a tollerare le  debolezze altrui? Come provvede alle necessità del suo prossimo? Come  compatisce senza sdegnarsene i difetti altrui? Come ripone la speranza in  Dio nel momento della prova? Come tiene a freno la sua lingua? Come  sorveglia il suo cuore? Come tiene sottomessa la carne con tutti i sensi e le  sue passioni? Come sa giovarsi della prospera e dell'avversa sorte? Come  riesce a comportarsi con previdente gravita e discrezione in tutte le  circostanze? Oltre tutto ciò, guardi se è morto in lui l'amore della gloria,  della gioia, del mondo e si giudichi sulla base del vantaggio o dello svantaggio che avrà in ciò conseguito e non sulla base di ciò che sente o non  sente di Dio. Per questo deve sempre avere un occhio, il più attento, alla  mortificazione e l'altro alla preghiera, perché la mortificazione stessa non si  può conseguire perfettamente senza l'aiuto della preghiera. 


Seconda avvertenza 

Se non dobbiamo desiderare consolazioni o diletti spirituali solo per  fermarci ad essi, bensì per i vantaggi che ci procurano, tanto meno si  debbono desiderare visioni, rivelazioni o rapimenti e cose simili che possono  essere molto pericolose per chi non è ben radicato nell'umiltà. E non si abbia  paura di essere con ciò disobbedienti a Dio, poiché quando egli vuole  rivelare qualcosa, sa manifestarlo in modo tale che, per quanto si cerchi di  fuggirlo, risulta tanto evidente da non poterne dubitare, anche se non lo si  vuole. 

 

Terza avvertenza 

Bisogna inoltre stare attenti a non rivelare i favori o privilegi che nostro  Signore concede, escluso, s'intende, il direttore spirituale. Per cui dice san  Bernardo che l'uomo devoto deve avere scritte nella sua cella queste parole:  Il mio segreto è per me, il mio segreto è per me (Serm. 23 sup. cant.). 


Quarta avvertenza 

Bisogna inoltre stare bene attenti a trattare con Dio con la più grande umiltà  e il maggior rispetto possibile, in modo che l'anima, così favorita e  privilegiata da Dio, non distolga gli occhi da dentro di sé per guardare la sua  meschinità, raccolga le sue ali e si umili davanti a tanto grande maestà, come  faceva sant'Agostino di cui si dice che avesse imparato a rallegrarsi  timorosamente della presenza di Dio. 


Quinta avvertenza 

Abbiamo detto prima che il servo di Dio deve preoccuparsi di avere il tempo  stabilito per occuparsi di Dio, ma che oltre a questo tempo, usuale di ogni  giorno, deve ogni tanto liberarsi da ogni genere di occupazioni, per tante che  siano, per dedicarsi tutto agli esercizi spirituali e dare alla sua anima un  pasto abbondante con cui recuperare quello che ogni giorno si disperde a  causa dei propri difetti e acquisire nuove forze per andare più avanti.  Nonostante ciò si debba fare anche in altri momenti, soprattutto bisogna  farlo nelle feste principali dell'anno e nei momenti di dolore e tribolazione o  dopo lunghi viaggi o affari che abbiano causato distrazione e dispersione nel  cuore, per tornare a raccoglierlo. 

 

Sesta avvertenza 

Ci sono inoltre alcuni che hanno poco tempo e misura nelle loro fatiche  devote, quando si trovano bene con Dio. Per questi la prosperità stessa viene  ad essere occasione di pericolo. Ci sono molti, infatti, a cui pare che questa  grazia sia loro concessa a piene mani e che, trovando così dolce il contatto  con il Signore, si dedicano tanto ad essa e prolungano tanto i tempi della  preghiera, le veglie, i sacrifici fisici che la natura, non riuscendo a sopportare  un peso così continuato, si riduce a terra. 

Da ciò deriva il fatto che molti si rovinano la testa e lo stomaco e si rendono  incapaci non solo di altre fatiche fisiche, ma anche degli stessi esercizi di  preghiera. Per la qual cosa, bisogna avere molta cautela in queste circostanze  soprattutto all'inizio, quando il fervore e le consolazioni sono maggiori e  minori l'esperienza e la misura, per non fiaccarsi le gambe e arrendersi a  metà strada. 

L'altro estremo contrario è quello di coloro che se la prendono comoda e, col  pretesto della discrezione, risparmiano al loro corpo le fatiche, cosa che, se è  molto dannosa a tutti, lo è molto di più per coloro che cominciano, perché,  come dice san Bernardo, è impossibile che perseveri molto nella vita  religiosa colui che si risparmia quando è novizio (Ad frafres de Mont.); da  principiante vuol essere prudente e, da ragazzo ancora novellino, comincia a  risparmiarsi e a prendersela con comodo come un vecchio. 

Non è facile giudicare quale di questi due estremi sia più pericoloso, benché  è certo che alla mancanza di misura (come dice molto bene Gerson), e finché  il corpo è in buona salute, si può porre rimedio, quando è già rovinato dalla  mancanza di misura, si può fare ben poco. 

 

Settima avvertenza 

C'è anche un altro pericolo su questo cammino, forse più grave degli altri ed  è che molte persone, dopo aver esperimentato alcune volte la virtù  inestimabile della preghiera e aver visto per esperienza come tutta l'armonia  della vita spirituale da essa dipenda e che essa è il tutto e che sola basta a  porci in salvo, si scordino delle altre virtù e rifuggano da tutto il resto. Da  ciò deriva che come tutte le altre virtù aiutano questa, mancando il  fondamento, manchi anche l'edificio e così, mentre si cerca questa virtù,  meno si riesce a procedere con essa. 

Per questo dunque il servo di Dio deve porre gli occhi non in una sola virtù,  per grande che sia, bensì in tutte, perché, come nella chitarra una sola corda  non fa armonia se non suonano tutte, così una sola virtù non basta per fare  questa spirituale consonanza, se tutte non si accordano con essa. Come un  orologio se si guasta un solo ingranaggio si ferma completamente, così si  blocca l'orologio della vita spirituale se manca una sola virtù. 

 

Ottava avvertenza 

È necessario ora tenere presente che tutti gli avvertimenti detti sin qui per  promuovere la devozione devono essere presi come preparazione per  accostarsi alla grazia divina, impegnandosi in essi, ma abbandonando la  fiducia in essi per riporla in Dio. Dico questo perché esistono alcune persone  che eseguono a puntino tutte queste regole e disposizioni, credendo che,  come colui che impara un mestiere, una volta che ne abbia osservate tutte le  regole, per merito di esse diventerà un buon artigiano, così chi abbia  rispettato queste regole, possa ottenere, per loro merito, ciò che desidera;  non tengono conto che in questo modo trasformano la grazia in tecnica e  attribuiscono a regole e artifici umani ciò che è pura e spontanea  misericordia del Signore. 

Per questo, bisogna prendere questi consigli non come frutto di tecnica bensì  di grazia, perché in questo modo ci si renderà conto che il primo strumento  che è necessario è una profonda umiltà e il riconoscimento della propria  miseria con una grandissima fiducia nella misericordia divina, perché dal  riconoscimento dell'uno e dell'altra derivino continue lacrime e preghiere  con le quali, entrando per la porta dell'umiltà, si raggiunga ciò che si  desidera e se ne ringrazi senza nessuna punta di presunzione ne’ nel proprio  modo di pregare ne’ in altra cosa che non sia di Dio.  

San PEDRO DE ALCÁNTARA

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