CAPITOLO XIII.
1 GREC I
(Continuazione)
I.
Non era solamente Atene, la Repubblica modello, che sacrificava vittime umane, ma era tutta la Grecia. Ogni anno al mese di maggio, il sesto giorno della nuova luna, la città di Rodi immolava un uomo a Saturno. Col tempo questa costumanza fu modificata, ma non soppressa. A vece d'un prigioniero, o d' uno schiavo, sacrificavasi un condannato a morte. Arrivata la festa de'Saturnali si conducea quest'uomo fuori le mura, in faccia alla dea Aristobula, e li fattogli bere del vino, era scannato.
II.
A Salamina s'immolava regolarmente un uomo ad Àgi aura, figlia di Cecrope e della ninfa Aglauride. L'infelice condannato a morte era condotto da alcuni giovani nel tempio della dea, e faceva correndo tre volte il giro dell'altare; dopo la qual cosa, il sacerdote lo feriva di lancia nello stomaco, e consumavalo interamente su di un rogo preparato a tale effetto.
III.
Diciamo di passaggio ciò che aveva luogo in Egitto, il paese dei dotti. Ad Eliopoli gli Egi ziani erano usi d'immolare degli uomini alla dea, conosciuta in Occidente sotto il nome di Giunone. Questi uomini erano scelti nella stessa maniera, che i tori sacri ; venivano bollati. Se ne immolavano tre nello stesso giorno.
IV.
A Scio, isola dell'arcipelago greco, si squar tava un uomo per immolarlo a Bacco; altret tanto si faceva a Tenedo ed a Sparta in onore del Dio Marte. Aristomene, re di Messina, scannò trecento Spartani in onore di Giove d'Itome, credendo che ecatombe di tal fatta e cosi nu merose dovessero piacergli. Tra le vittime era anche Teopompo, re di Sparta.
V.
A Pella, città di Tessaglia, s'immolava un uomo dell'Acaia in onore di Peleo e di Chirone. I Lizii, popolo di Creta, sgozzavano un uomo in onore di Giove ; i Lesbi in onore di Bacco ; ed i Focesi immolavano in olocausto un uomo a Diana. Eretteo Ateniese immolò la sua propria figliuola a Proserpina.
VI.
Oltre queste immolazioni periodiche, gli Ateniesi ne casi d'avversità non esitavano punto, al pari degli altri popoli della bella antichità, di ricorrere, quando gli dèi volevano, ai sacri fici umani. Giunto il momento di dar battaglia alla flotta di Serse, « mentre Temistocle, scrive Plutarco, sacrificava sopra la trireme capitana, furonglj presentati tre prigionieri, bellissimi d' aspetto, pomposamente vestiti, e d'oro adornati, i quali, per quanto se ne diceva, figliuoli erano di Sandauce, sorella del re, e di un principe nominato Artacto.
VII.
« Come Eufrantide, l'indovino, ebbe veduti costoro, nel tempo medesimo appunto che dalle vittime si alzò una gran fiamma lucida e pura, e che si udi uno starnuto a destra, in segno di buon augurio, preso per mano Temistocle, gli ordinò di sacrificare, facendo sue preghiere, tutti e tre que'giovanetti a Bacco Omeste (di voratore di carne cruda); poiché in un tal sacri fìcio consisteva la salvezza e la vittoria dei Greci. Sbigottissi Temistocle nel sentire un vaticinio si atroce; ma il popolo, siccome addivenir suole ne' gran pericoli e nelle cose difficili, sperando salvezza piuttosto per i mezzi inusitati e stra vaganti, che pei consueti e convenevoli, invo cava ad una voce il Nume, e nel punto medesimo condotti i prigionieri all'altare, volle a forza che fatto fosse il sacrifìcio, come ordinato avear indovino » 1 Lo steso storico Plutarco dice che tutti i Greci immolavano in comune vittime umane, prima di muovere contra i nemici 8.
Vili.
Quale che siasi 1' origine greca* o germanica de'Pelasgi, noi li collochiamo qui, perchè abi tarono la magna Grecia. Tutti sanno che la magna Grecia era contrada situata all'estremità orientale d'Italia. Colà, come in ogni altro luogo, Satana dimandava il sangue dell'uomo, e sopra tutto il sangue dell'innocenza, a Citerò, dice Eusebio, un testimonio non sospetto della ferocia sanguinaria de'demonii, nemici implacabili di Dio e degli uomini : Dionigi d' Alicarnaso, scrit tore versatissimo nella storia romana, da lui tutta abbracciata in un opera scritta colla più grande accuratezza.
IX.
« I Pelasgi, dice egli, restarono poco tempo in Italia, grazie agli dèi che vegliavano sugli Aborigeni. Prima della distruzione della città, la terra era minacciata dalla siccità, di modo che niun frutto maturava sugli alberi. Le biade se germinavano e fiorivano, norj potevan però produrre la spiga. Il foraggio non bastava più al nutrimento del bestiame. Le acque perdevano la loro salubrità, e delle fontane quali disec cavano nell'estate, quali per sempre.
X.
« Una sorte simile colpiva gli animali domestici e gli uomini. Perivano pria di nascere o poco dopo la nascita. Se alcuni scampavano alla morte, erano sopraffatti da infermità o da deformità d'ogni maniera. Per colmo di mali, le generazioni pervenute al loro intero sviluppo, erano in preda a malattie ed a mortalità, che sorpassavano tutti i calcoli di probabilità.
« In tale strettezza, i Pelasgi consultarono gli oracoli per sapere quali dei loro inviavano queste calamità, per quali trasgressioni, ed in fine per quali atti religiosi potevano sperarne la cessazione. Il dio die quest' oracolo : « Rice vendo i beni che avevate domandati, non avete reso quel che avevate fatto voto d'offrire; ma ritenete presso di voi i più preziosi ». In fatti, i Pelasgi avevan fatto voto d' offrire in sacrifizio a Giove, ad Apollo ed ai Cabiri la decima di tutti i loro prodotti.
XI.
« Allorché quest'oracolo fu loro annunziato, non poterono comprenderne il senso. In tale perplessità uno dei vegliardi lor disse: Voi vi ingannate a partito, se pensate che gli dèi vi richiedan ingiuste restituzioni. È vero che voi avete dato fedelmente le primizie delle vostre ricchezze, ma nulla avete dato dell'umana gene razione, eh' è l'offerta più preziosa per gli dèi. Se soddisfate a questo debito, gli dèi si plache ranno, e vi saranno propizii.
« Gli uni trovarono questa soluzione pienamente ragionevole, gli altri ci vider sotto una insidia. In conseguenza proposero di consultare il Nume per sapere se veramente conveniva a lui di ricevere la decima degli uomini. Deputan dunque una seconda volta de'ministri sacri, e il Nume rispose affermativamente.
XII.
« Bentosto si levaron delle difficoltà fra essi pel modo di pagare questo tributo. La dis sensione ebbe luogo primieramente tra i capi delle città; poscia scoppiò fra i cittadini, che supponevano causa di ciò i magistrati. Città intere furon distrutte, una parte degli abitanti abbandonò il paese, non potendo sopportar la perdita degli esseri, che loro erano più cari, e la presenza di coloro che li avevano immolati.
« Tuttavia i magistrati continuarono ad esigere rigorosamente il tributo , parte per es sere accetti agli dèi, parte per timore d' essere accusati d'aver risparmiate delle vittime; sino a che la razza de' Pelasgi, trovando la sua esi stenza insopportabile, si disperse in lontane regioni. 1 »
Ecco quel che prima della predicazione del clericalismo avveniva presso i Greci tanto cele brati. Ed oggidi vogliono esterminarlo ! E si dice che tutte le religioni sono egualmente buone!
Monsignor Gaume
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