domenica 25 aprile 2021

MORTE AL CLERICALISMO o RISURREZIONE DEL SACRIFICIO UMANO

 


CAPITOLO XIII. 

1 GREC I 

(Continuazione) 

I. 

Non era solamente Atene, la Repubblica  modello, che sacrificava vittime umane, ma era  tutta la Grecia. Ogni anno al mese di maggio,  il sesto giorno della nuova luna, la città di Rodi  immolava un uomo a Saturno. Col tempo questa  costumanza fu modificata, ma non soppressa. A  vece d'un prigioniero, o d' uno schiavo, sacrificavasi un condannato a morte. Arrivata la festa  de'Saturnali si conducea quest'uomo fuori le  mura, in faccia alla dea Aristobula, e li fattogli  bere del vino, era scannato. 

II. 

A Salamina s'immolava regolarmente un  uomo ad Àgi aura, figlia di Cecrope e della ninfa  Aglauride. L'infelice condannato a morte era  condotto da alcuni giovani nel tempio della dea, e faceva correndo tre volte il giro dell'altare;  dopo la qual cosa, il sacerdote lo feriva di lancia  nello stomaco, e consumavalo interamente su di  un rogo preparato a tale effetto. 

III. 

Diciamo di passaggio ciò che aveva luogo  in Egitto, il paese dei dotti. Ad Eliopoli gli Egi­ ziani erano usi d'immolare degli uomini alla  dea, conosciuta in Occidente sotto il nome di  Giunone. Questi uomini erano scelti nella stessa  maniera, che i tori sacri ; venivano bollati. Se  ne immolavano tre nello stesso giorno. 

IV. 

A Scio, isola dell'arcipelago greco, si squar­ tava un uomo per immolarlo a Bacco; altret­ tanto si faceva a Tenedo ed a Sparta in onore  del Dio Marte. Aristomene, re di Messina, scannò  trecento Spartani in onore di Giove d'Itome,  credendo che ecatombe di tal fatta e cosi nu­ merose dovessero piacergli. Tra le vittime era  anche Teopompo, re di Sparta. 

V. 

A Pella, città di Tessaglia, s'immolava un uomo dell'Acaia in onore di Peleo e di Chirone.  I Lizii, popolo di Creta, sgozzavano un uomo  in onore di Giove ; i Lesbi in onore di Bacco ;  ed i Focesi immolavano in olocausto un uomo  a Diana. Eretteo Ateniese immolò la sua propria  figliuola a Proserpina. 

VI. 

Oltre queste immolazioni periodiche, gli  Ateniesi ne casi d'avversità non esitavano punto,  al pari degli altri popoli della bella antichità,  di ricorrere, quando gli dèi volevano, ai sacri­ fici umani. Giunto il momento di dar battaglia  alla flotta di Serse, « mentre Temistocle, scrive  Plutarco, sacrificava sopra la trireme capitana,  furonglj presentati tre prigionieri, bellissimi d'  aspetto, pomposamente vestiti, e d'oro adornati,  i quali, per quanto se ne diceva, figliuoli erano  di Sandauce, sorella del re, e di un principe  nominato Artacto. 

VII. 

« Come Eufrantide, l'indovino, ebbe veduti costoro, nel tempo medesimo appunto che dalle  vittime si alzò una gran fiamma lucida e pura,  e che si udi uno starnuto a destra, in segno di buon augurio, preso per mano Temistocle,  gli ordinò di sacrificare, facendo sue preghiere,  tutti e tre que'giovanetti a Bacco Omeste (di­ voratore di carne cruda); poiché in un tal sacri­ fìcio consisteva la salvezza e la vittoria dei Greci.  Sbigottissi Temistocle nel sentire un vaticinio  si atroce; ma il popolo, siccome addivenir suole  ne' gran pericoli e nelle cose difficili, sperando  salvezza piuttosto per i mezzi inusitati e stra­ vaganti, che pei consueti e convenevoli, invo­ cava ad una voce il Nume, e nel punto medesimo  condotti i prigionieri all'altare, volle a forza  che fatto fosse il sacrifìcio, come ordinato avear indovino » 1 Lo steso storico Plutarco dice  che tutti i Greci immolavano in comune vittime  umane, prima di muovere contra i nemici 8. 

Vili. 

Quale che siasi 1' origine greca* o germanica  de'Pelasgi, noi li collochiamo qui, perchè abi­ tarono la magna Grecia. Tutti sanno che la  magna Grecia era contrada situata all'estremità  orientale d'Italia. Colà, come in ogni altro luogo,  Satana dimandava il sangue dell'uomo, e sopra­ tutto il sangue dell'innocenza, a Citerò, dice Eusebio, un testimonio non sospetto della ferocia  sanguinaria de'demonii, nemici implacabili di  Dio e degli uomini : Dionigi d' Alicarnaso, scrit­ tore versatissimo nella storia romana, da lui  tutta abbracciata in un opera scritta colla più  grande accuratezza. 

IX. 

« I Pelasgi, dice egli, restarono poco tempo in Italia, grazie agli dèi che vegliavano sugli  Aborigeni. Prima della distruzione della città,  la terra era minacciata dalla siccità, di modo  che niun frutto maturava sugli alberi. Le biade  se germinavano e fiorivano, norj potevan però  produrre la spiga. Il foraggio non bastava più  al nutrimento del bestiame. Le acque perdevano  la loro salubrità, e delle fontane quali disec­ cavano nell'estate, quali per sempre. 

X. 

« Una sorte simile colpiva gli animali do­mestici e gli uomini. Perivano pria di nascere  o poco dopo la nascita. Se alcuni scampavano  alla morte, erano sopraffatti da infermità o da  deformità d'ogni maniera. Per colmo di mali,  le generazioni pervenute al loro intero sviluppo, erano in preda a malattie ed a mortalità, che  sorpassavano tutti i calcoli di probabilità. 

« In tale strettezza, i Pelasgi consultarono gli oracoli per sapere quali dei loro inviavano  queste calamità, per quali trasgressioni, ed in­ fine per quali atti religiosi potevano sperarne  la cessazione. Il dio die quest' oracolo : « Rice­ vendo i beni che avevate domandati, non avete reso quel che avevate fatto voto d'offrire;  ma ritenete presso di voi i più preziosi ». In­ fatti, i Pelasgi avevan fatto voto d' offrire in  sacrifizio a Giove, ad Apollo ed ai Cabiri la  decima di tutti i loro prodotti. 

XI. 

« Allorché quest'oracolo fu loro annunziato, non poterono comprenderne il senso. In tale  perplessità uno dei vegliardi lor disse: Voi vi  ingannate a partito, se pensate che gli dèi vi  richiedan ingiuste restituzioni. È vero che voi  avete dato fedelmente le primizie delle vostre  ricchezze, ma nulla avete dato dell'umana gene­ razione, eh' è l'offerta più preziosa per gli dèi.  Se soddisfate a questo debito, gli dèi si plache­ ranno, e vi saranno propizii. 

« Gli uni trovarono questa soluzione pie­namente ragionevole, gli altri ci vider sotto una insidia. In conseguenza proposero di consultare  il Nume per sapere se veramente conveniva a  lui di ricevere la decima degli uomini. Deputan  dunque una seconda volta de'ministri sacri, e  il Nume rispose affermativamente. 

XII. 

« Bentosto si levaron delle difficoltà fra essi pel modo di pagare questo tributo. La dis­ sensione ebbe luogo primieramente tra i capi  delle città; poscia scoppiò fra i cittadini, che  supponevano causa di ciò i magistrati. Città  intere furon distrutte, una parte degli abitanti  abbandonò il paese, non potendo sopportar la  perdita degli esseri, che loro erano più cari,  e la presenza di coloro che li avevano immolati. 

« Tuttavia i magistrati continuarono ad esigere rigorosamente il tributo , parte per es­ sere accetti agli dèi, parte per timore d' essere  accusati d'aver risparmiate delle vittime; sino  a che la razza de' Pelasgi, trovando la sua esi­ stenza insopportabile, si disperse in lontane  regioni. 1 » 

Ecco quel che prima della predicazione del  clericalismo avveniva presso i Greci tanto cele­ brati. Ed oggidi vogliono esterminarlo ! E si dice  che tutte le religioni sono egualmente buone!

Monsignor Gaume

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