domenica 25 aprile 2021

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


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Dopo il castigo, che Iddio versa al presente sulla Francia, ecco alcuni dei motivi, per cui Iddio flagella quel regno: ecco i primi sorsi del calice dell'ira di Dio, che si appressa oramai al labbro di tutte le genti. A me sembra, che vada anche adesso a compirsi la terribile predizione espressa nel salmo secondo di Davidde. Perchè mai, diceva il santo profeta, perchè mai fremetter le genti, e i popoli macchinarono così vani disegni? Insorsero i re della terra, e si col legarono insieme i principi contro il Signore, e contro il suo Cristo. Rompiamo, dissero, i loro legami, e gettiamo lontano da noi il loro giogo (1). Or bene. Dio si prenderà giuoco di loro, e si burlerà dei loro disegni (2). Ma vedendo poi, che ancor si ostinano nella loro empietà, alzerà contro di essi la sua collera, e lasciando correre il suo sdegno gli riempirà di spavento (5). Fa Iddio a nostro modo d'intendere coi superbi increduli quello, che fa un gigante con un rabbioso fanciullo. Questi non misurando le proprie forze con quelle del suo rivale, lo afferra per una mano, e impiega ambe le braccia per muoverlo dalla sua base, e per tirarlo a se. Sorride da prima il gigante, e volendo prendersi giuoco di quel superbo fanciullo non fa altro, che scuotere una e più volte il braccio; e questi ad ogni tratto si rovescia indietro, e percuote su la nuda terra con impeto il capo. Che se tanto e tanto rialzandosi il fanciullo si avventa con più collera al gigante, allora questi cangia il riso in isdegno, e alzando il piede smisurato lo rispinge con urto impetuoso, e lo lascia semivivo sul suolo. Così Iddio vedendo i fanciulli filosofi, che si accostano per volerlo strascinar giù dal soglio, si fa prima scherzo dei loro insulti, e allargando la mano gli abbandona ai vergognosi loro capricci, per cui divengono la favola, e il i", di tutto il mondo. Colui che ne cieli risiede, si burlerà di costoro, e il Signore gli schernirà (1). Ma poichè questo non basta ad uniliare i superbi, chi sa, che Iddio non si levi in alto, e non disperda per sempre la loro collera, e la loro memoria. Ma pure, dirà taluno, costoro intanto vivono, e menano quasi in trionfo la loro iniquità. Perchè vivono gli empi, e sono innalzati, e son possenti per le loro ricchezze (2)? domandava anche il Santo Giobbe Non è così vero, come abbiam veduto, il loro trionfo; ma è ben più probabile la loro totale rovina. Passano felici i loro giorni e in un istante scendono al sepolcro (1). - Intanto Iddio permette in essi questa apparente prosperità, perchè i cattivi vengano puniti dai peggiori di loro, e questi empii aprano la via a se stessi per cadere nel più profondo degli abissi. Si : Iddio col braccio dei peggiori punisce altri cattivi, riflette S. Bernardino da Siena (tom. 1. oper. serm. 22. art. 2. cap. 5). Come, soggiugne il Santo, un re non punisce i malfattori, nè gli sospende al patibolo per mezzo del suo figliuolo; ma è molto più conveniente, che destini a quest'uffizio al cunivili, crudeli, e austeri manigoldi; cosi avviene nel nostro caso. Non è tanto decente, che Iddio assegni gli angeli, o i santi per punire i cattivi, quanto i vili, crudeli, e sanguinarii filosofi; onde in Ezechiele sta scritto: Darò vigore alle braccia del re di Babilonia, e la mia spada porrò in mano a Lui (2), e in Giobbe: Dà il regno ad un ipocrita a motivo dei peccati del popolo (1). E da quest'ordine di provvidenza tre beni ne seguono. Un bene temporale, perchè il denaro accumulato dagli avari si riparte in molte mani, perchè le vesti vane, e superflue si vendono, e si disperdono, e perchè i poderi, e i giardini deliziosi si distruggono in vendetta del mal uso, che si fece di loro. Un bene corporale, perchè di questa guisa si tolgon dal mondo molti perversi. Finalmente un bene spirituale, perchè per tali disgrazie si danma un minor numero di quel, che si dannerebbe per le prosperità. Ma oltre a ciò Dio punisce sempre più i malvagi colla stessa loro prosperità. Primo erchè (Sanct. Bernard Senens. ibid. art. 5. cap. 1) nella felicità si nutre, e si corrobora la loro iniquità, e si moltiplicano le legna del loro incendio. Chi altrui nuoce, noccia tuttora: e chi è nelle sozzura, di. venti tuttavia più sozzo... Ecco ch'io vengo tosto, e meco porto onde dar la merce de, e rendere a ciascuno secondo il suo operare (2). Secondo, perchè costoro gonfi di superbia, rendano tanto più strepitosa la loro rovina. Io vidi l'empio a grande altezza innalzato, come i cedri del Libano. E passai, ed ei più non era, e ne cercai, e non si trovò il luogo dove egli era (1). Ter zo, perchè gli altri conoscano, che costoro sono abbandonati da Dio, giacchè il prospero successo della iniquità è indizio certissimo di riprovazione. Si satollarono oltre il bisogno, ed egli soddisfece a loro desideri, ed ebbero tutto quel che bramavano. Avean tuttora in bocca le loro vivande, quando l'ira di Dio piombò sopra di essi (2). Anche Nabucco, e le genti feroci dell'Aquilone furono il flagello, con cui punì Id dio il popolo di Giuda per non aver prestato orecchio alle sue parole; e non dubitò Iddio di chiamar Nabucco persin suo servo. Perchè voi non avete ascoltate le mie parole: ecco che io prenderò meco, e spesdirò tutte le famiglie del settentrione, dice il Signore, e Nabucodonosor re di Babilomia mio servo: e li condurrò contro questa terra e contro i suoi abitatori (5). Ma che?

Dopo settant'anni visitò Iddio anche Nabucco, e i suoi confederati, e ridusse il lor paese ad una solitudine sempiterna. E passati i settanta anni io visiterò il re di Babilonia, e quella nazione, e la loro iniquità, e la terra dei Caldei, dice il Signore, e la ridurrò a solitudine eterna (1). Resterebbe a dire alcuna cosa della riforma, che Iddio pretende colle presenti calamità della Chiesa gallicana. Ma io mi riserbo a toccar questo punto su la fine della presente operetta, dove parleremo della riforma universale, a cui Dio richiama tutta la Chiesa.

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DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

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