domenica 12 ottobre 2025

L'abbandono dei tabernacoli

 


III. Una digressione necessaria


138. Prima di introdurvi in quel mare amaro e oscuro dell'abbandono dei tabernacoli e per prevenire difficoltà, devo dichiarare:


Ciò che non intendo

La descrizione dell'abbandono interiore che soffre o può soffrire il Cuore di Gesù nell'anima dei suoi amici che lo accolgono e in mezzo a gruppi e persino folle di visitatori e comunicandi, potrebbe suggerire ad alcuni il timore che queste considerazioni possano servire più a scoraggiare e allontanare coloro che si recano al Santuario che a incoraggiarli ad andarci con maggiore disponibilità.

E, in verità, nulla è più lontano dallo scopo di queste righe.

Questo male dell'abbandono interiore è tanto sottile quanto complesso, tanto profondo quanto lungo.

Come se, partendo dalla lieve indelicatezza verso Gesù e passando per la negligenza, la routine, la tiepidezza, la freddezza, la promiscuità, l'incoerenza, il trattamento scarso e distratto, la mancanza di comunicazione affettuosa e la durezza di cuore, si arrivasse fino alla mostruosità del sacrilego tradimento.

Lontano, molto lontano dal mio spirito, nel segnalare questi difetti e pericoli insieme alle loro funeste conseguenze, è far concepire delle disposizioni dell'anima per ricevere e trattare Gesù Sacramentato un'idea così eccelsa e inaccessibile da generare più paura che desiderio.

È vero, molto vero che, nonostante tutti questi abbandoni più o meno volontari, Gesù vuole essere accolto nella Comunione ed essere nel Tabernacolo. Ed è vero che, nonostante la nostra debolezza e la nostra ingrata corrispondenza, anzi, proprio per questo, dobbiamo e ci sta molto a cuore comunicarci di più e avvicinarci di più a Lui.


Ciò che intendo fare

139. Vorrei, e chiedo al Signore di concedermelo, dipingere con tali colori quegli abbandoni interiori di Gesù Sacramentato, che accendessero in tutti il desiderio di affinare e snellire il loro rapporto con Lui, senza suscitare in nessuno il timore di non riuscire a rendere la dovuta compagnia interiore a un Ospite così illustre.

Sicuramente saranno giunte alle vostre orecchie lamentele espresse in toni più o meno simili a quelli dei farisei, secondo cui rendere la Comunione così facile e accessibile e prodigare così tanto i culti eucaristici sta producendo routine, disprezzo e familiarità dannose nei confronti delle cose sacre e del Santo dei santi...

Ebbene, queste righe hanno lo scopo di eliminare tali lamenti, occasioni e pretesti e di dimostrare che la verità è esattamente l'opposto.


Ciò che desidero ardentemente

 140. Chiarire bene due cose:

 1ª Che a causa dei limiti e delle debolezze della nostra condizione per la difficoltà che gli costa vivere nella fede, e per quanto sia penoso andare controcorrente rispetto alla natura sensibile, e nonostante le frequenti Comunioni e visite al Santuario, tendiamo a stancarci, distrarci, rallentare e raffreddarci e persino a isolarci nei nostri rapporti con chi non possiamo conoscere, amare né godere nella vita presente, se non attraverso la fede viva e la propria negazione.

2° Che per contrastare questa tendenza ed evitare il pericolo di quelle stanchezze e incomunicabilità, non c'è altro mezzo né altra via che quella di promuovere quella fede viva e quella propria negazione.

Solo coloro che si avvicinano in questo modo daranno al Cuore di Gesù tutta la compagnia che Egli desidera e ha il diritto di aspettarsi, e riceveranno da Lui tutti i frutti che ci si può aspettare dal mangiarlo e dall'unirsi a Lui. E con loro il frutto dei frutti e il fine supremo del Santuario, vale a dire: la formazione di tanti Gesù quanti sono i comunicandi.

E, al contrario, se questo non c'è; se invece della fede viva c'è languore di fede o ignoranza del catechismo; se invece dell'abnegazione c'è vanità, orgoglio, durezza di cuore, cioè cuori occupati di sé stessi, non sarà strano né inspiegabile che, mangiando il più sano dei cibi, non si sia più sani e forti. Che, aumentando le Comunioni di Gesù, diminuiscano le comunioni con Gesù. Che, sedendosi molti di più alla sua tavola, molti meno lo aiutino a portare la croce. E, in sintesi, che essendo Lui più accompagnato all'esterno, si senta più solo all'interno.

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Manuel González


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