COME UN INDOVINELLO
- Vediamo se riesci a risolvere l'indovinello!
– Vediamo...
– Qual è quella cosa che è un fuoco che brucia e, allo stesso tempo, è acqua profonda; che è piena di veleno mortale, ma può essere chiamata favo di miele e albero della vita che produce la cura; che ha il taglio incisivo di un rasoio affilato e, allo stesso tempo, è benedizione e dolcezza fluida; e che, essendo una spada, è anche lo strumento dell'abile scrittore che trasmette saggezza? – Non è facile... Lasciami pensare un po'. È possibile che, in questo momento, qualche lettore impaziente non riesca ad assistere passivamente al dialogo e voglia intervenire: – L'ho risolta! È la lingua! – Bene – potremmo ribattere –, non è stato difficile azzardare questa risposta dopo aver letto il titolo di quest'opera. Naturalmente, hai pensato: l'autore vuole introdurre l'argomento con un indovinello che attiri l'attenzione, cosa per nulla difficile trattandosi di un membro così versatile, contraddittorio e poliedrico come la lingua. – Ma non era forse questa la sua intenzione? Non si può negare che ci sia ingegnosità... – Sono d'accordo con l'intenzione, ma non con il resto... Non attribuisca il mosaico di simboli e l'apparente nonsense di queste immagini alla mia immaginazione febbrile o feconda. Devo confessare che i paragoni sono tutti copiati; sono, dall'inizio alla fine, un plagio, e un plagio consapevole. Accade però che, in questo caso concreto, l'autore dei paragoni desideri ardentemente essere copiato... Anzi, ha fatto in modo che tutto fosse scritto per poter essere copiato; più viene copiato, meglio è. – In che senso? – Perché l'autore è Dio! Tutte le figure e i simboli intrecciati nell'enigma che il lettore ha ritenuto opportuno interrompere sono tratti dalla Bibbia, che li applica specificamente alla lingua... Se volete un gioco di parole vero come le figure citate, vi direi che la Bibbia – cioè il suo divino Autore – non trova, per così dire, parole per esprimere tutto ciò che, di buono e di cattivo, si può dire della lingua umana e del prezioso strumento della parola che Dio ci ha dato...
METAFORE
Si veda quanto siano realistiche queste comparazioni, anche limitandoci ora a sfiorare alcune metafore sulla lingua che, in gran parte, considereremo più approfonditamente in seguito. Non è forse vero, ad esempio, come dice San Giacomo, che la lingua è un fuoco... e, essendo infiammata dall'inferno, incendia il corso della nostra vita (Gc 3, 6)? Quante vite conosciamo che la lingua propria o altrui ha ridotto in cenere: a volte è stato l'incendio provocato dalla calunnia brutale che ha distrutto un prestigio; altre volte, una parola offensiva, ripetuta tante volte tra marito e moglie, che ha finito per distruggere un focolare domestico? Ma è anche vero, come dice magnificamente il libro dei Proverbi, che le parole dalla bocca di un uomo sono acque profonde e che la fonte della saggezza è un torrente straripante (Prov 18, 4). Pensate solo alle acque profondissime, luminose, vivificanti e curative che sono state e continuano ad essere per gli uomini le parole di Cristo. Pensa a ciò che significano ancora per molti le parole ardenti di coloro che vivono sinceramente la fede di Cristo. E per ricordare le immagini della “indovinello”, vedi se non hanno ragione i Proverbi quando affermano che le parole piacevoli sono come un favo di miele, dolcezza per l'anima... (Prov 16, 24). Non mi direte che non avete mai avuto la fortuna di provarlo nella vostra vita... Ci sono parole il cui dolce e benefico influsso non si dimentica mai. Allo stesso modo, tutti ci sentiamo colpiti quando sentiamo San Giacomo – grande invettore della malelingua! – dire senza mezzi termini che la lingua... è un male irrequieto, pieno di veleno mortale (Gc 3, 8). Non abbiamo forse già provato il maligno prurito di dire ciò che non dovremmo, che prima ancora di averlo detto lascia in bocca il sapore del veleno che la nostra lingua è pronta a instillare...? D'altra parte, non sono certo mancate occasioni felici – per bontà di Dio – in cui la nostra lingua ha avuto il bel privilegio di guarire, di dare salute alle ferite (cfr. Pr 12, 18), sia quelle provocate da noi stessi che quelle causate da altri; e allora la nostra buona lingua è stata un albero di vita – perché ha alimentato speranze, rinvigorito l'amore, sollevato, riabilitato –, al contrario della lingua perversa, che taglia il cuore (Prov 15, 4) come un rasoio affilato (Sal 52, 4).
LA BOCCA E IL CUORE
Quante cose si potrebbero dire della lingua, delle sue vette e dei suoi abissi, delle sue contraddizioni! Basta sfiorarne la superficie, come abbiamo appena fatto nella Sacra Scrittura, per dare ragione al senso di rammarico con cui San Giacomo scrive: Con essa [con la lingua] benediciamo il Signore nostro Padre, e con essa malediciamo gli uomini, fatti a immagine di Dio. Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione. Non è giusto, fratelli miei, che sia così! Forse una fonte fa sgorgare dalla stessa bocca acqua dolce e acqua amara? Forse, fratelli miei, il fico può dare olive o la vite fichi? (Gc 3, 9-12). Sono parole sentite dell'Apostolo, che indicano – parlando sempre con immagini plastiche, come Gesù – direttamente alla «fonte», alla radice da cui sgorgano gli influssi buoni e cattivi della lingua. Ricordano gli insegnamenti di Cristo: un albero buono non produce frutti cattivi, un albero cattivo non produce frutti buoni, perché ogni albero si riconosce dai suoi frutti. Non si raccolgono fichi dai rovi, né si raccolgono uva dai cespugli. L'uomo buono tira fuori cose buone dal buon tesoro del suo cuore, e l'uomo cattivo tira fuori cose cattive dal suo cattivo tesoro, perché la bocca parla di ciò di cui è pieno il cuore (Lc 6, 43-45). Se vogliamo una chiave per tutto ciò che si può dire sulla lingua, queste ultime parole di Gesù ce la danno. Saranno come uno sfondo per tutte le riflessioni che seguiranno e che mirano a contemplare la lingua con occhi cristiani. A questo proposito, mi viene in mente un ricordo d'infanzia, che sicuramente è comune a molti altri un po' meno giovani. Quando – cosa non rara in un bambino – mi veniva un malessere intestinale che andava un po' oltre il banale quotidiano, a casa arrivava il dottore, quella figura impagabile e indimenticabile del medico di famiglia. Il dottor Henrique, sempre un po' spettinato alla Einstein, invariabilmente, dopo essersi informato sui sintomi e sulle possibili cause (“cosa ha mangiato questo ragazzino?”), ordinava: “Mostra la lingua! Tira fuori la lingua!”. E noi bambini sapevamo che, dalle tonalità della piccola lingua biancastra e talvolta solcata da strani solchi, il dottore amico avrebbe tratto conclusioni certissime, che si sarebbero tradotte in una ricetta indecifrabile per tutti tranne che per l'onesto farmacista che l'avrebbe preparata. Penso che anche il Signore potrebbe dirci, come medico divino: "Mostrami la lingua, e ti farò vedere il tuo cuore, perché le tue parole - con le loro mille sfumature, cariche, intenzioni e accenti - sono un ritratto parlato del tuo cuore: dei tuoi sentimenti più intimi, delle tue purezze e sporchezze, dei tuoi tesori spirituali e delle tue pietose mancanze. Non dimenticare mai che la bocca parla di ciò di cui è pieno il cuore». Mostrare la lingua, vedere la lingua e le sue fonti, cercare il modo di purificarla, di elevarla ai livelli dell'amore cristiano e di renderla strumento della carità e della verità di Cristo: ecco l'obiettivo che si propongono queste pagine. In esse inizieremo con alcune considerazioni sulla lingua – la parola – e l'amore, per passare poi a una riflessione sui legami indissolubili che devono esserci tra la parola e la verità.
FRANCISCO FAUS
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